per nulla d'accordo 2
3 4
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Tabella VI.41: dati aggregati per RELAZIONE TUTORIALE 0 5 10 15 20 25 per nulla 2 3 4 tot acc 10% 21% 34% 22% 13% 35%
relazione tutoriale
per nulla d'accordo 2
3 4
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Relazione tutoriale Per nulla
d’accordo 2 3 4 d’accordo TOT
10% 21% 34% 22% 13%
Complessivamente la relazione tutoriale ottiene un consenso chiaramente positivo solo dal 35% degli intervistati; i vari item mettono in evidenza aspetti diversi che sono stati valutati in modo diverso.
Circa il 60% della popolazione statistica ha giudicato la relazione studente- tutor clinico di ottimo livello in relazione al reciproco rispetto e riconoscimento ed al senso di fiducia, arrivando a valori del 90% con l’inclusione del livello di sufficienza.
Il livello di soddisfazione comincia a scendere negli item relativi al divario tra la teoria e la pratica clinica con valori negativi superiori al 30% ed appena sufficienti nel 39% delle risposte; anche la concretezza degli obiettivi di tirocinio al fine di colmare tale gap presenta ampi margini di miglioramento.
L’ambito che necessita di maggior approfondimento è quello relativo alla figura del tutor universitario ed al suo rapporto con il tutor clinico e l’ambiente di apprendimento: il tutor universitario viene visto come parte dell’equipe infermieristica di reparto solo dal 21% degli studenti con un 52% di risposte negative.
Tale criticità trova conferma anche nelle risposte successive in cui si evidenzia come il tutor universitario non condivida la competenza pedagogica con l’ambiente di apprendimento e venga meno la collaborazione per favorire l’apprendimento dello studente.
Critico, con valori negativi vicini al 50%, risulta anche il fattore relativo agli incontri tra tutor universitario e tutor clinico con lo studente: incontri scarsi, poco gradevoli e non centrati sugli obiettivi di apprendimento dello studente e quindi poco efficaci dal punto di vista didattico.
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I percorsi formativi universitari sono volti a favorire l’apprendimento e l’attività di tutorato clinico è orientata allo sviluppo della professionalità del futuro infermiere.
La professionalità non è legata ai soli atti pratici, ma a competenze acquisite che permettono l’esecuzione di tali attività secondo i principi di efficacia ed efficienza e sulla base delle evidenze scientifiche.
L’importanza della pratica infermieristica è relativa alla cura del paziente all’interno di un sistema multi professionale: lo studente familiarizza con il contesto lavorativo, sviluppa capacità di lavoro in equipe implementando il pensiero critico, acquisisce autonomia nel processo decisionale e comunicazione terapeutica.
Per il raggiungimento di questi obiettivi, la letteratura evidenzia la rilevanza dell’ambiente clinico di tirocinio con il suo clima interno e le figure del tutor clinico e del tutor universitario che favoriscono l’applicazione del sapere teorico nella pratica clinica.
L’utilizzo del test validato CLES+T ha permesso di valutare il grado di soddisfazione degli studenti del 3° anno dei Poli Didattici di Lucca e Massa relativamente a questi aspetti, evidenziando gli ambiti che necessitano di maggiori approfondimenti.
I discenti si sono sentiti accolti favorevolmente dall’equipe infermieristica che ha mostrato interesse e collaborazione verso i loro bisogni di apprendimento; il clima di reparto è stato vissuto come positivo ed ha facilitato l’apprendimento.
Il Coordinatore, pur considerando il personale una risorsa fondamentale per la qualità dell’assistenza, non viene visto come membro del team e questo costituisce un primo aspetto da approfondire e da rafforzare potenziandone gli aspetti formativi e relazionali.
Gli studenti hanno evidenziato alcune perplessità anche relativamente al modello assistenziale infermieristico utilizzato nei reparti, ma, complessivamente,
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la qualità dell’assistenza è risultata buona e supportata da una documentazione infermieristica completa e di chiaro utilizzo.
Il fattore che ha evidenziato maggiori criticità è quello relativo alla relazione di tutoraggio ed al gap esistente tra la teoria appresa all’Università e la pratica clinica.
Negli ambienti clinici l’attività del tutor clinico viene svolta dagli infermieri presenti secondo turnazione che faticano a pensarsi come formatori e viene a mancare la funzione di “accompagnamento e sostegno che è estremamente importante, perché, come è stato messo in luce dagli studi sull’hidden curriculum in ambito infermieristico, il caring può essere imparato attraverso l’esperienza di presa in carico tra insegnante e studente” (Tanner, 1990).
Il tutor clinico deve conoscere il ciclo educativo delle persone in formazione, valutando gli obiettivi del singolo e le competenze da acquisire per un apprendimento significativo; ma tali requisiti richiedono l’individuazione di alcune figure ben identificabili all’interno di ogni reparto ed una formazione complementare a quella di base, poiché il possesso di una competenza tecnica non determina automaticamente la capacità di trasmetterla.
Malgrado questa carenza, la relazione con il tutor clinico viene vissuta positivamente, lo studente si sente accolto e si crea un clima di fiducia, al contrario delle percezioni relative al tutor universitario che non viene visto come parte attiva dell’equipe di reparto e non collabora per favorire l’apprendimento.
Gli incontri con il tutor clinico e lo studente sono pochi e non risultano particolarmente graditi ai tirocinanti, il clima non è molto partecipativo e le conversazioni sono scarsamente incentrate sulle necessità di apprendimento; viene a mancare il coordinamento didattico tra le due figure tutoriali.
Limiti dello studio sono: il numero di soggetti che compongono il campione, la mancanza di un gruppo di controllo ed i risultati legati alle percezioni, con la conseguenza che, come confermato dallo stesso Tomietto, “il test CLES+T è uno strumento atto a valutare la soddisfazione, quindi potrebbe risultare di immediata compilazione per i soggetti sperimentanti un’esperienza molto positiva
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rispetto a coloro che risultano non molto soddisfatti o che hanno difficoltà nell’apprendimento clinico” (Tomietto et al, 2009).
Per trasmettere le competenze e soddisfare le necessità di apprendimento e la crescita professionale dello studente, è necessario parlare un linguaggio che consenta interscambio, è necessaria la formazione dei formatori o meglio deve essere costruita una “cultura della formazione”.
Bisogna investire nel processo di accompagnamento alla pratica clinica e devono essere coltivati una relazione di collaborazione tra tutor clinico e tutor universitario ed il trasferimento delle informazioni per migliorare le interazioni, condividere esperienze e competenze, guidare e supportare lo studente nel suo percorso ed arrivare a colmare il gap esistente tra la teoria e la pratica.
La consapevolezza dei problemi offre la possibilità di dirigere al meglio la formazione infermieristica e la disponibilità periodica dei dati sul grado di soddisfazione degli studenti rispetto ai loro tirocini, magari somministrando il test al termine di ogni anno di tirocinio, permette di monitorare i contesti di apprendimento, gli ambiti critici ed attivare strategie di miglioramento.
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