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L’incrocio agnello-gatto-cane

Nel documento L'immagine del cane in Franz Kafka (pagine 134-166)

4. Il cane come metafora poetologica

4.2 L’incrocio agnello-gatto-cane

Nel capitolo precedente si è aperta la trattazione del primo paragrafo facendo riferimento a un sogno, annotato da Kafka nell’ottobre del 1911, avente per oggetto lo strano incrocio tra asino e cane levriero in cui erano presenti anche tratti umani. Una nota a piè di pagina non mancava di richiamare l’attenzione sulle analogie tra l’animale descritto nel sogno e la strana creatura protagonista del successivo racconto

Eine Kreuzung, nonché, a parere di alcuni critici, sul probabile rapporto tra i due,

avendo potuto proprio quella visione onirica, a distanza di anni, suggerire lo spunto per il racconto.

Contenuto nello Oktavheft D, il quaderno che raccoglie testi la cui stesura è compresa tra il marzo e l’aprile del 191728

, Eine Kreuzung (che si fa risalire

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KKAT, p. 332.

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Annette Schütterle, op. cit., p. 31.

27

Waldemar Fromm, Artistisches Schreiben. Franz Kafkas Poetik zwischen Proceß und Schloß, München 1998, p. 9.

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Il breve Oktavheft D accoglie alcuni importanti testi kafkiani. Oltre al racconto Eine Kreuzung, vi sono contenuti diversi frammenti per la storia Der Jäger Gracchus, il brano Meine zwei Hände

begannen einen Kampf, e il noto racconto Ein Bericht für eine Akademie, anche questo accompagnato

presumibilmente ai primi giorni di aprile), a differenza di quasi tutti gli altri brani e frammenti, è uno dei pochissimi testi a poter vantare un titolo. Ciò non significa tuttavia che il racconto fosse considerato da Kafka concluso o addirittura pronto per le stampe, come dimostra appunto la mancata pubblicazione, ad esempio nella raccolta Ein Landarzt che contiene racconti composti proprio tra il 1916 e il 191729 e, come si vedrà, per certi versi tematicamente affini al brano di cui andiamo ora a occuparci.

Il manoscritto, che consiste di due soli lunghi capoversi, rivela che il breve racconto portava inizialmente il titolo Ein Erbstück, poi cancellato e sostituito da quello attuale, sebbene sia impossibile stabilire a che punto della stesura sia avvenuta tale sostituzione. Ciò nonostante, malgrado la scelta dell’autore sia poi ricaduta su un titolo che rinvia a un ambito prettamente biologico-genetico, il carattere giuridico del titolo iniziale non scompare nel racconto, lo si ritrova anzi subito nelle prime righe, e del resto la nozione di “eredità” rinvia tanto al campo biologico quanto a quello giuridico; stessa cosa vale per il concetto di “famiglia”, anch’esso ricorrente e centrale nella narrazione. Il nuovo titolo appare d’altronde più convincente poiché, indicando il termine Kreuzung (incrocio) tanto il processo quanto il suo concreto risultato finale, sintetizza bene il tema della narrazione.

Così esordisce il racconto:

Ich habe ein eigentümliches Tier, halb Kätzchen, halb Lamm. Es ist ein Erbstück aus meines Vaters Besitz, entwickelt hat es sich aber doch erst in meiner Zeit, früher war es viel mehr Lamm als Kätzchen, jetzt aber hat es von beiden wohl gleichviel.30

Il brano si apre con la presentazione dello strano animale di cui l’io narrante è l’erede. L’animale, metà gattino e metà agnello (proprio la sua singolarità costituisce la ragione della narrazione) è stato ereditato dal padre ma si è sviluppato così come si presenta soltanto da quando è divenuto proprietà dell’io narrante, solo con lui ha raggiunto un equilibro tra le due specie, prima, comunica il suo proprietario, era molto più agnello che gatto. Eccezionale è dunque sia il carattere ibrido dell’animale

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Fa eccezione la parabola Vor dem Gesetz, contenuta nel romanzo Der Proceß e scritta in un periodo presumibilmente compreso tra i primi di ottobre e al più tardi il 13 dicembre del 1914, data in cui Kafka già lavorava all’esegesi della parabola (KKAP Apparatband, p. 78 sgg e 83), e probabilmente anche il racconto Ein Traum, anche questo secondo la critica in rapporto al romanzo (lo proverebbe il nome del protagonista), sebbene non sia né presente nel manoscritto (nemmeno come frammento isolato), né facilmente riconducibile a un qualche capitolo.

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sia le circostanze – un’eredità – che hanno condotto l’io narrante a giungere in possesso dello strano essere.

Inizia a questo punto la descrizione vera e propria dell’incrocio:

Von der Katze Kopf und Krallen, vom Lamm Größe und Gestalt, von beiden die Augen, die flackernd und mild sind, das Fellhaar, das weich ist und knapp anliegt, die Bewegungen, die sowohl Hüpfen als Schleichen sind, im Sonnenschein auf dem Fensterbrett macht es sich rund und schnurrt, auf der Wiese läuft es wie toll und ist kaum einzufangen, vor Katzen flieht es, Lämmer will es anfallen, in der Mondnacht ist die Dachtraufe sein liebster Weg, Miauen kann es nicht und vor Ratten hat es Abscheu, neben dem Hühnerstall kann es stundenlang auf der Lauer liegen, doch hat es noch niemals eine Mordgelegenheit ausgenutzt, ich nähre es mit süßer Milch, die bekommet ihm bestens, in langen Zügen saugt es sie über seine Raubtierzähne hinweg in sich ein.31

Conseguentemente alla sua natura ibrida l’animale riunisce in sé caratteri assolutamente contrastanti non soltanto fisicamente (del gatto possiede ad esempio la testa e gli artigli, dell’agnello la grossezza e la forma), ma anche e soprattutto comportamentali. Dinanzi agli altri gatti si comporta da agnello e fugge, se vede degli agnelli, da buon predatore, li aggredisce; fa le fusa ma non è capace di miagolare e ha ripugnanza dei topi; resta in agguato per ore accanto al pollaio ma non ha approfittato mai di una sola occasione per uccidere.

Fin qui, finché il discorso si limita a un ragguaglio circa l’aspetto fisico e le abitudini dell’animale, la forma narrativa adottata dall’io narrante coincide con una mera registrazione dei fatti. Quando però si informa il lettore del cibo di cui si nutre l’animale, ecco che il rapporto tra i due, finora legati agli occhi del lettore da una questione apparentemente solo giuridica, comincia a diventare più stretto. L’animale non è più solo un “oggetto ereditario” (e in quanto facente parte di un lascito si è tentati di definirlo anche “vecchio”) che conduce una vita indipendente e che il suo proprietario osserva con distacco; al contrario, come fosse un bambino o meglio un neonato, lo strano animale riceve dal suo proprietario solo nutrimento liquido, latte dolce32, che succhia a lunghe sorsate attraverso – paradossalmente – i denti da animale feroce (il che lascia oltretutto pensare a un gatto selvatico piuttosto che a un gattino domestico). Non solo. A partire dal momento in cui si riferisce del nutrimento dell’animale, di cui l’uomo sembra occuparsi personalmente, si assiste a una

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KKAN I, p. 372-373; Racconti, p. 422

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Si pensi al “latte e miele” di cui Kafka, come scrive all’amico Brod nella lettera già citata del 1916, dice di nutrirsi (si rimanda alla nota 14 del capitolo).

duplicazione dell’io; all’io narrante (“erzählendes Ich”), che riferendo sull’animale aveva concentrato l’attenzione esclusivamente su di esso, si va poco alla volta affiancando un io narrato (“erzähltes Ich”) che scopriamo essere altrettanto importante, per certi versi, a dispetto del titolo, il vero soggetto della narrazione.

Il grottesco animale, proprio in virtù della sua diversità, della sua straordinarietà, è diventato uno spettacolo per i bambini del quartiere che curiosi la domenica mattina si riuniscono attorno all’animale e pongono al suo proprietario le domande più strampalate a cui, sostiene quest’ultimo, nessun uomo è in grado di rispondere. Le domande che fanno i bambini non appaiono in realtà tanto assurde, sono le stesse che si pone il lettore alle prese con il racconto. Un brano, successivamente soppresso da Kafka (che anticipa alcune delle tematiche affrontate più avanti nel testo), elenca esplicitamente tali domande: i bambini interrogano sul nome dell’animale, sulla sua provenienza, chiedono se mai un essere simile sia esistito prima, perché lo possegga proprio l’io narrante, il motivo per cui non ha cuccioli, come sarà dopo la morte33. L’uomo, afferma, non si sforza di rispondere alle domande ma si limita a mostrare quello che possiede. In questo senso avviene per così dire una coincidenza tra l’io narrante e l’io narrato: l’atteggiamento dell’io narrato, che dinanzi ai bambini si limita a mostrare cioè che ha, caratterizza anche quello dell’io narrante, che fa altrettanto con i lettori del racconto, per cui – e giungiamo così subito a un primo dato molto importante – nel rapporto tra il proprietario e il suo animale si riflette a ben vedere quello tra l’autore e il suo testo.

Nella speranza di fornire una risposta alle domande a cui il proprietario non è in grado di rispondere, i bambini attuano dei tentativi alla scoperta di qualche novità riguardante lo strano animale. Lo scopo è quello di ricondurre un essere che non ha alcun legame con il mondo reale (esso è semmai il prodotto di più frammenti di realtà – per di più fortemente contrastanti l’uno con l’altro) in una dimensione di senso. Durante le visite domenicali i bambini portano allora dei gatti, una volta perfino due agnelli, per vedere la reazione della strana creatura. Ciò nonostante, contrariamente alle aspettative, non si è mai verificata una qualche scena di riconoscimento; gli animali, informa l’io narrante, si guardano tranquilli, accettano

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KKAN I Apparatband, p. 310; Racconti, p. 422: “Warum es nur ein solches Tier gibt, warum gerade ich es habe, ob es vor ihm schon ein solches Tier gegeben hat und wie es nach seinem Tode sein wird, ob es sich einsam fühlt, warum es keine Junge hat, wie es heisst”.

tolleranti l’esistenza l’uno dell’altro come una realtà divina34

. Quella che appare a prima vista una contraddizione con quanto affermato nelle prime righe del racconto, in cui si dice invece che l’incrocio fugge davanti ai gatti e aggredisce gli agnelli, trova in realtà nel capoverso successivo la sua spiegazione: “In meinem Schooß kennt das Tier weder Angst noch Verfolgungslust. An mich angeschmiegt fühlt es sich am wohlsten”35

. È solo in grembo al suo proprietario che, a differenza di quanto riportato all’inizio del brano, l’animale non conosce paura né aggressività. Stretto a lui, l’animale si sente bene come in nessun altro luogo. Esso, si dice, è legato alla famiglia che lo ha allevato, non tanto per una qualche fedeltà, quanto piuttosto per un normale e comprensibile istinto di un essere che sulla terra ha sì un numero infinito di parenti ma probabilmente nessun consanguineo.

“Manchmal muß ich lachen, wenn es mich umschnuppert, zwischen den Beinen sich durchwindet und gar nicht von mir zu trennen ist”36

. Il legame tra i due diviene sempre più forte, l’animale è inseparabile dal suo proprietario; che sia in grembo o tra le gambe, cerca costantemente la vicinanza e il contatto fisico con l’uomo. Inoltre, la menzione del grembo (Schoß) e precedentemente, si ricorderà, l’accenno al latte dolce con cui l’uomo nutre l’animale, che non beve ma come un lattante ancora succhia, connotano l’io narrante come femminile, addirittura materno.

Per via del desiderio di appartenenza manifestato dall’animale, del suo attaccamento, dell’unione che questo sembra voler costantemente suggellare con il suo padrone, l’incrocio tra gatto e agnello, afferma l’io narrante, sembra alle volte voler essere anche un cane. Il carattere canino dello strano incrocio non viene ulteriormente approfondito, tuttavia nell’apparato dell’edizione critica è oggi possibile rintracciare un passo, poi eliminato dall’autore37

, che messo in rapporto con

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Karl-Heinz Fingerhut (il quale sembra ignorare la spiegazione fornita dal testo nella frase subito successiva) rileva qui una contraddizione da cui, a suo parere, si deduce come Kafka non abbia concepito l’animale in questione, e più in generale le figure di animali in questo tipo di racconti, come allegorie dai contorni netti in un altrettanto preciso contesto concettuale, ma che abbia invece seguito di volta in volta associazioni del momento, senza in effetti conoscere anticipatamente cosa avrebbe prodotto nella pagina successiva (K-H F., op. cit., p. 109). Sebbene il racconto in questione forse non costituisca esattamente la dimostrazione di tale procedimento, Kafka ha in effetti scritto, soprattutto i lunghi romanzi, senza seguire uno schema preciso, un canovaccio.

35

KKAN I, p. 373-374; Racconti, p. 423.

36

KKAN I, p. 374; Racconti, p. 423.

37

Anche in seguito si farà molto spesso riferimento a passi del racconto poi eliminati. Questo perché, trattandosi di un racconto mai pubblicato, Kafka non dovette mai decidersi per una variante piuttosto che un’altra (come invece accadeva normalmente in vista di una pubblicazione), motivo per cui considero anche i brani che presentano molte correzioni o quelli sui cui Kafka traccia dei piccoli freghi come validi e utili ai fini della trattazione.

la constatazione dell’io narrante secondo cui l’incrocio sembra alle volte voler essere anche un cane, può offrire lo spunto per ulteriori e interessanti riflessioni. Si legge:

Einmal als ich, wie es ja jedem geschehen kann, in meinen Geschäften und allem was damit zusammenhing keinen Ausweg mehr finden konnte, alles verfallen lassen wollte und in solcher Verfassung zuhause im Schaukelstuhl lag, das Tier auf dem Schoos, da tropften, als ich zufällig einmal hinunter sah, da tropften von seinen riesenhaften Barthaaren Tränen. Waren es meine waren es seine? Hatte diese Katzen und Lammesseele auch Menschenehrgeiz?38

Non si riscontra una nuova menzione del cane e tuttavia questo passo costituisce a mio parere uno snodo importante della narrazione e in parte proprio perché successivamente rimosso dall’autore. L’io narrante riferisce qui di un episodio singolare: una volta, in un momento di estrema difficoltà negli affari39, quasi sul punto di abbandonare ogni cosa, se ne stava col morale affranto su una sedia a dondolo tenendo l’animale in grembo, quando per caso, guardando verso il basso, si accorse che dai lunghi baffi dell’animale gocciolavano lacrime.

Riferendosi a questo passo, nella sua monografia dedicata a Kafka, Wilhelm Emrich scrive: “In diesem Augenblick, als die Ausweglosigkeit menschlichen Daseins bewußt wird, weint dieses Tier wie ein Hund”40

. Analogamente Karl-Heinz Fingerhut parla ripetutamente di “Hundetränen”41

. Ora, nel racconto non si trova in realtà alcun passo preciso in cui si dica chiaramente che l’animale pianga “come un cane”. E per di più, come osserva giustamente Norbert Kassel, nel racconto non si parla affatto di pianto, ma solo di lacrime42 (che peraltro – aggiungo – gocciolano dai grandi baffi dell’animale e nemmeno dagli occhi), la cui origine rimane pertanto assolutamente incerta: “Erano lacrime mie o erano sue?” si chiede l’io narrante, senza darsi (né darci) una risposta.

Che l’animale sia in grado di piangere, che possa versare delle lacrime, mostrando pertanto ambizioni anche umane, non è provato; che le presunte lacrime appartengano poi al cane piuttosto che al gatto o all’agnello, che siano cioè prodotto

38

KKAN I Apparatband, p. 311; Racconti, p. 423.

39

Il testo che precede immediatamente Eine Kreuzung è il frammento il cui capoverso recita Mein

Geschäft ruht ganz auf meinen Schultern (KKAN I, pp. 370-372). Il tema è presente anche nello Oktavheft C. Si legge (KKAN I, pp. 357-358): “Einmal an einem Winternachmittag nach

verschiedenen geschäftlichen Ärgernisse erschien mir mein Geschäft – jeder Kaufmann kennt solche Zeiten – so widerwärtig, daß ich beschloß, für heute sofort Geschäftschluß zu machen, trotzdem es noch bei hellem Winterlicht früh bei Tage war. Solche Entschlüsse des freien Willens haben immer gute Folgen”.

40

Wilhelm Emrich, op. cit., p. 138.

41

Karl-Heinz Fingerhut, op. cit., p. 111.

42

della sua “caninità”, lo è ancor meno. Certo è invece che il legame profondo tra l’uomo e il suo animale conduce a un vero a proprio processo di identificazione che fa dello strano incrocio uno specchio nel quale si riflette l’uomo che lo possiede. Kafka ha probabilmente rinunciato al passo in questione perché troppo esplicito all’interno di un racconto che trova invece proprio nell’ambiguità, nell’enigmaticità il suo vero motore narrativo.

“Ich habe nicht viel von meinem Vater geerbt, dieses Erbstück aber kann sich sehen lassen. Ähnliches glaube ich nämlich im Ernst”43. Nel momento in cui – agli occhi dell’uomo – l’animale pare partecipare compassionevole delle sue sventure, l’io narrante esprime anche fierezza nei suoi confronti, gli riconosce un certo valore (nonostante la loro convivenza – conseguenza di un’eredità – non sia frutto di una scelta libera). Alle volte, anzi, l’animale ci appare come unico “Lebensbegleiter” dell’uomo, sembra costituire tutto ciò che l’io narrante possiede. Se si considera l’identificazione tra uomo e animale, tematizzata tanto esplicitamente nell’episodio delle lacrime, quale mero gioco speculativo, si potrebbe allora interpretare la grottesca bestia (essere solo al mondo, vittima delle sue contraddizioni) come espressione concreta della situazione interiore e sociale dell’io narrante (fatta di altrettanta solitudine, diversità, isolamento, abbandono). Tuttavia, la minuziosità con cui si avanza sia nella descrizione dell’animale che nelle riflessioni dell’io narrante, fa risultare la tesi ipotizzata non banalizzante ma senz’altro incompleta.

Cionondimeno, che l’immagine del cane compaia appena prima dell’accenno all’episodio delle lacrime non è un dato trascurabile e probabilmente non è casuale. Trovo personalmente azzardato parlare di “Hundetränen”, e tuttavia, nella sua pur fuggevole menzione, il cane rappresenta una tappa importante in quella che mi pare una sorta di evoluzione dello strano incrocio in cui va fondendosi, man mano che si procede, un numero sempre maggiore di elementi. All’inizio del racconto ci è detto che l’animale era in passato molto più agnello che gatto; col tempo – divenuto possesso dell’io narrante – ha avuto luogo uno sviluppo nel corso del quale si sono attenuati i caratteri dell’agnello e rafforzati quelli del gatto, fino a maturarne delle due specie un numero pressoché uguale. L’”essere cane” costituisce a sua volta il passaggio intermedio tra l’agnello-gatto e l’uomo, dato che, si vedrà, lo strano incrocio presenta fino alla fine tratti persino antropomorfi. Lo sviluppo (che è molto

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probabilmente solo sviluppo della descrizione) dell’animale va inequivocabilmente in direzione di una sempre maggiore consapevolezza e percezione di sé, del proprio essere. In questo senso Barbara Beutner sottolinea giustamente come in questo racconto il cane e l’uomo siano accomunati dalla stessa capacità di percepire gli eventi, come essi mostrino una sensibilità da cui animali come il gatto o l’agnello sembrano invece essere ancora lontani: “Das Hündische steht bei der Kreuzung für Einfühlsamkeit und dem Menschen näheres und verständlicheres Gebaren, als es bei dem Tier seiner Abstammung nach – von Katze und Lamm – zu erwarten ist. Hund und Menschen treten in Kommunikation, Hündisches und Menschliches begeben sich auf eine ähnliche Stufe der Sensibilität”44

.

Estremamente interessante è anche il passo successivo, su cui di nuovo Kafka tira poi un frego. Si legge:

Manchmal springt es auf den Sessel neben mir, stemmt sich mit den Vorderbeinen an meine Schulter und hält seine Schnauze an mein Ohr. Es ist als sagte es mir etwas und tatsächlich beugt es sich dann vor und blick mir ins Gesicht, um den Eindruck zu beobachten, den die Mitteilung auf mich gemacht hat. Um ihm gefällig zu sein, tue ich, als hätte ich etwas verstanden und nicke. Dann springt es munter auf den Boden und tänzelt umher.45

Qui è chiaramente argomentata un’impossibilità di comunicazione. Qualche volta l’animale salta sulla sedia e accosta il muso all’orecchio dell’uomo, è come se dicesse qualcosa e infatti poi si sporge e guarda l’uomo in faccia per vedere che effetto gli abbiano fatto le sue comunicazioni. Per essere compiacente l’io narrante finge di aver capito qualcosa e annuisce. Ma il messaggio, il cui contenuto rimane sconosciuto, è in realtà incomprensibile per l’uomo, non arriva a destinazione, la comunicazione tra i due non è perciò che un’illusione46

.

44

Barbara Beutner, Die Bildsprache Franz Kafkas, München 1973, p. 88.

45

KKAN I Apparatband, p. 312; Racconti, pp. 423-424.

46

Questo carattere richiama presto alla mente il messaggio dell’imperatore nell’omonimo racconto contenuto nella raccolta Ein Landarzt. Anche nella breve prosa Eine kaiserliche Botschaft, la cui stesura risale alla metà di marzo del 1917 (dunque in concomitanza con Eine Kreuzung o di poco

Nel documento L'immagine del cane in Franz Kafka (pagine 134-166)

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