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2° Indirizzo – Posizionamento catetere di PORT

Introduzione

Si tratta di un accesso venoso centrale a lungo termine, totalmente impiantato, indicato per uso discontinuo extraospedaliero (CDC, 2011; Dougherty L, 2010). È costituito da una camera (re-servoir), dotata di membrana in silicone autosigillante, collegata con un sistema di raccordo ad un catetere che raggiunge una posizione centrale e rimane completamente impiantato sottocute senza elementi esterni (Pittiruti M, 2017).

In base al patrimonio venoso del paziente l’impianto può essere effettuato in vene sovra o sottoclaveari (port toracico), in vene degli arti superiori (PICC Port), oppure in vena femorale (port femorale). Nello specifico è costituito da due elementi:

1. Camera serbatoio detto “reservoir”: generalmente in titanio e/o plastica dotato di uno spesso setto in silicone autosigillante perforabile migliaia di volte e collocato in una tasca sottocuta-nea confezionata chirurgicamente.

− Può variare per dimensione, forma (rotonda, ovale, quadrata), altezza (very low < 0,9 cm, low 0,9-1,0 cm o standard profile 1,0-1,2 cm) ed avere una o più camere.

− Per evitare il decubito della camera e migliorare l’aspetto estetico sono consigliabili i Port low profile utilizzando lo standard profile solo nei pazienti con sottocute ben rappresentato.

− Per i PICC port si utilizzano quasi sempre camere very low profile.

− La presenza di un reservoir metallico impiantato nel sottocute può creare artefatti alla tomo-grafia computerizzata o alla risonanza magnetica ed in previsione di tali studi si può pro-grammare l’impianto in sedi non oggetto di studio radiologico (ex PICC port) od utilizzare port in plastica (Pittiruti M, 2017). Verificare sempre le indicazioni del produttore.

− Se il paziente deve essere sottoposto a defibrillazione bisogna evitare che le piastre siano posizionate sopra al reservoir (rischio ustione) (Pittiruti M, 2017).

2. Catetere: connesso al reservoir tramite un sistema di raccordo. Può essere a punta aperta, chiusa, valvolato, in poliuretano o in silicone, a lume singolo (reservoir singolo), a lume dop-pio (reservoir dopdop-pio). Attualmente è consigliabile scegliere cateteri di piccolo calibro (il flusso nel sistema è condizionato dal calibro dell’ago di Huber) a punta aperta: 6/7Fr (1F=

0.3 mm) per i port toracici e femorali e 4/5 Fr per i PICC port.

L'accesso al PORT avviene mediante puntura percutanea con un ago non-carotante, l’ago di Huber (INS, 2016). Il setto in silicone può essere così perforato fino a circa 2000 volte. Gli aghi di Huber sono disponibili in diverse lunghezze e diversi calibri. La lunghezza va scelta in base al soma del paziente e il calibro in base al tipo di infusione. Nello specifico le indicazioni relative all’utilizzo/ge-stione del catetere di Port sono:

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− scegliere un ago non carotante di lunghezza appropriata tale da consentire alle alette dell’ago di poggiare sulla cute ma simultaneamente alla punta dell’ago di essere con certezza all’interno del Port;

− il fissaggio dell’ago deve avvenire con medicazione semipermeabile trasparente (Queesland - Departmente of Health, 2018);

− non vi sono evidenze sufficienti per raccomandare una frequenza ottimale di lavaggio di un port in cui non sia inserito l’ago. Consultare le istruzioni per l'uso del produttore e rispettare la procedura aziendale (INS, 2016);

− la maggior parte dei documenti basati su opinioni di esperti raccomandano di non lasciare l’ago di Huber inserito per più di 7 gg a causa del rischio di decubito cutaneo indotto dall’ago (Pittiruti M, 2017);

− valutare le esigenze e le preferenze del paziente in termine di gestione del dolore durante l’accesso al Port (INS, 2016).

Molti dei port oggi in commercio consentono infusioni ad alte pressioni (Power port). L’uso di questi sistemi per l’infusione di mezzo di contrasto è sconsigliato, salvo casi selezionati, per il rischio di occlusione e/o infezione del sistema se gestito da personale non adeguatamente formato all’ap-plicazione di un protocollo ben definito (Bonciarelli G., 2011). Qualora sia strettamente necessario occorre rispettare le seguenti indicazioni:

− verificare che il port e l’ago di Huber siano specificatamente adatti a tale utilizzo attenendosi alle istruzioni del fabbricante (INS, 2016);

− utilizzare tecnica asettica nell’approccio al sistema;

− procedere ad un corretto posizionamento dell’ago di Huber;

− aspirare sangue dal sistema prima dell’iniezione di Mezzo di Contrasto (MdC);

− essere sicuri che non vi siano kinking nel sistema;

− dopo l’infusione di MdC lavare tempestivamente con lavaggio pulsato a mano libera con al-meno 20 ml di fisiologica lasciando una pressione positiva all’interno del sistema;

− al termine verificare la presenza di dolore o segni clinici di stravaso.

PORT toracico

La tasca del port toracico viene confezionata nella zona sottoclaveare a distanza variabile dalla clavicola poggiando sulla fascia del muscolo grande pettorale a garanzia di stabilità. La di-stanza dalla testa omerale di circa 3 cm permette al presidio di non risentire di ogni movimento della spalla.

La camera del port deve essere allocata su un piano di appoggio stabile e la tasca deve essere delle dimensioni minime per garantire l’ingresso del presidio, non troppo profonda né troppo superficiale. Normalmente la camera del port non viene fissata con punti alla fascia muscolare, ma può diventare necessario in caso di tasche accidentalmente troppo grandi.

45 La sutura del sottocute va fatta con punti riassorbibili invertenti e quella della cute preferibil-mente con colla in cianoacrilato per diminuire il rischio infettivo. (Pittiruti, 2017; Pittiruti, 2010) PICC PORT

L’impianto può avvenire con o senza tunnellizzazione ed è possibile anche l’accesso diretto nella zona gialla di Dawson (vedi ZIM- Zone Insertion Metod) (Dawson, 2011) in vena ascellare. La tasca viene confezionata sopra il muscolo bicipite evitando possibili decubiti del reservoir sui fasci vascolo nervosi. Trova indicazione soprattutto in:

− pazienti sottoposte a chirurgia della mammella controlaterale;

− pazienti con tracheostomia;

− pazienti con neoplasie testa-collo;

− pazienti con pregressi trattamenti radioterapici o cicatrici da ustioni toraciche;

− richieste del paziente per motivi estetici o religiosi;

− pazienti in terapia con anticorpi monoclonali (Cetuximab) che sviluppano follicoliti localizzate soprattutto al tronco e al collo (Holcmann M., 2015).

Alle comuni controindicazioni dell’impianto dei PICC, si aggiunge la controindicazione relativa di impianto di PICC PORT nelle persone assistite che effettuano la chemioterapia con elastomero a domicilio per maggior rischio di dislocazione dell’ago di Huber.

PORT femorale

La scelta della vena femorale per il posizionamento di un port è indicata solo in caso di inac-cessibilità del distretto cavale superiore. La tasca può essere confezionata o sulla coscia o sulla parete addominale. La punta del catetere deve arrivare in vena cava inferiore.

Razionale

È un dispositivo utilizzato a partire dagli anni 90 per l’infusione periodica di farmaci chemio-terapici o altri farmaci con l’obiettivo di garantire un accesso venoso centrale a lungo termine, a basso rischio di complicanze e poco impattante sulla qualità di vita del paziente

Tipico accesso venoso per terapie a lungo termine (superiori ai 4-6 mesi) che prevedono un uso infrequente del presidio (meno di una volta a settimana) (Loveday H., 2014)

Il vantaggio maggiore di questi sistemi è dato dal fatto che l’ago può essere rimosso dopo ogni infusione e la cute che ricopre il dispositivo funge da barriera naturale contro le infezioni.

I motivi principali che influenzano la scelta del posizionamento di un port sono, oltre alla tipologia del trattamento terapeutico, la compliance e la soddisfazione estetica del paziente. I vantaggi sono:

− peserva l'immagine corporea con miglior risultato estetico (CDC, 2011; Chopra V, 2015);

− permette una vita sociale attiva;

− permette una corretta igiene personale (bagno);

− consente attività fisiche come il nuoto;

− comodità di gestione (non occorre medicazione periodica) ;

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− basso rischio di infezione (CDC, 2011) e dislocazione Gli svantaggi sono:

− impianto e rimozione chirurgiche;

− la puntura può essere dolorosa, poco tollerata da pazienti ago fobici;

− necessita di ago dedicato non carotante (ago di Huber) per non danneggiare la membrana in silicone;

− rischi di puntura accidentale per il personale sanitario durante la manovra di rimozione/posi-zionamento dell'ago di Huber (ridotti con i dispositivi “safety”).

Indicazioni

− Pazienti in trattamento chemioterapico (>4-6 mesi);

− pazienti in NPT intermittente (casi selezionati);

− pntibioticoterapie croniche (ex fibrosi cistica);

− terapie sostitutive in sindromi dismetaboliche (Pittiruti M., 2017).

Ambiente strutturale

L’impianto può avvenire in un Ambulatorio Chirurgico (miglior costo-beneficio), in sala ope-ratoria o sala angiografica (casi selezionati).

Posizionamento Fase preimpianto

La fase pre-impianto prevede le seguenti fasi:

− valutazione delle condizioni igieniche del paziente;

− valutazione clinico assistenziale del paziente, compresi i parametri vitali e l’assetto emocoa-gulativo del paziente. Prima del posizionamento di un sistema totalmente impiantabile in sede toracica o femorale viene accettata una conta piastrinica >50.000 ed un INR<1,5 (Pitti-ruti M., 2017; Bishop L., 2007). La terapia con singoli antiaggreganti non controindica l’im-pianto. Per gli altri farmaci attivi sulla coagulazione attenersi alle indicazioni per le procedure chirurgiche a moderato rischio di sanguinamento (Patel IJ, 2012). È possibile impiantare PICC-port anche in pazienti con alterazioni dello stato coagulativo. NB: Possono presentarsi problemi nei pazienti refrattari alle piastrine, che hanno una porpora idiopatica trombocitope-nia o una porpora trombotica trombocitopetrombocitope-nia o in presenza di alterazioni della coagulazione come nella leucemia promielocitica (Bishop L., 2007); in tali casi è sempre preferibile un PICC (Pittiruti M., 2017);

− profilassi Antibiotica - La profilassi antibiotica (per os o via endovenosa) somministrata prima o durante l’inserzione del port non è raccomandata (Chopra V., 2014; Pinelli F., 2018);

− verifica disponibilità del materiale ed il funzionamento delle attrezzature.

Fase intra-impianto

La fase di impianto prevede le seguenti fasi:

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− identificare il paziente, verificare la consegna dell’informativa e l’acquisizione del consenso;

− depilare il sito di inserzione soltanto quanto necessario per facilitare l’applicazione della medicazione. Utilizzare forbici monouso o tricotomi con testina monouso; non utilizzare ra-soi, perché questo può aumentare il rischio infettivo (Dougherty L., 2010; INS, 2016);

− effettuare sempre la puntura del vaso con eco guida (Bodehlam, 2016) e con eventuale kit da microintroduzione (presidio utile soprattutto nei posizionamenti più difficili);

− attuare le massime protezioni di barriera per paziente, operatore e sonda ecografica (CDC, 2011; INS, 2016); il coprisonda deve rivestire l’intero cavo (la sonda wireless offre maggiori garanzie di sterilità);

− utilizzare come antisettico di prima scelta la clorexidina al 2% in alcool isopropilico al 70%, da sostituire con Iodopovidone al 10% in casi di allergia documentata alla clorexidina (Lo-veday H., 2014). È preferibile l’uso di anestetici locali a lunga emivita per diminuire il di-sconfort postoperatorio del paziente;

− monitorare il paziente (saturimetro, ECG) e reperire una via venosa periferica per seda-zione o somministraseda-zione di atropina per eventuali crisi vagali;

− scegliere la via venosa di accesso con esplorazione ecografica secondo il Protocollo Ra-CeVA (Rapid Central Vein Assessment) per Port toracici e secondo il protocollo RaPeVA (Rapid Peripheral Vein Assessment) per i PICC Port (Pittiruti, 2010); L’Ecografia permette anche il controllo della direzione della guida metallica, della punta del catetere (operatore dipendente) e delle potenziali complicanze (ematomi, PNX) (Pittiruti M, 2010).

Tabella 3 - Sede e via venosa di accesso del catetere di PORT SEDE IMPIANTO CAMERA VIA VENOSA DI ACCESSO PORT TORACICO

I momenti che caratterizzano la fase post-impianto sono in sintesi:

− valutazione clinico-assistenziale del paziente tra cui la rilevazione dei parametri vitali, il mo-nitoraggio della ferita chirurgica, il momo-nitoraggio del dolore e la sua registrazione,

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− educazione del paziente per l’osservazione del punto di inserzione, il rispetto delle norme igieniche e del corretto stile di vita;

− registrazione nella cartella clinica della procedura eseguita, della tipologia device utilizzato, della vena incannulata, delle eventuali complicanze e compilazione delle istruzioni per l’uso, da consegnare al paziente al momento della dimissione.

Controindicazioni e complicanze

Oltre alle controindicazioni all’impianto previste per i CICC-FICC-PICC, si aggiungono:

− anomalie cutanee nella sede di confezionamento della tasca di reservoir (es. ustioni);

− anomalie della coagulazione -TP anticoagulante.

Le complicanze correlate all’impianto dei cateteri venosi centrali totalmente impiantabili (in parte riconducibili a quelle di tutti i tipi di CVC) sono state per lungo tempo classificate in immediate, pre-coci e tardive. Attualmente è preferibile una classificazione che le suddivide in complicanze diretta-mente correlate con la manovra di impianto (variabili nella tempistica di insorgenza) e complicanze tardive collegate alla gestione.

Il momento dell’impianto dei cateteri venosi a lungo termine risulta essere cruciale ai fini della prevenzione di molte complicanze sia immediate che tardive e ne garantisce la longevità e per que-sto la manovra deve essere affidata ad operatori esperti.

L’uso di checklist e bundle di impianto come ad es. il Protocollo ISALT2 (GaVeCeLT, 2010) protegge dall’errore e dal fallimento della manovra, avvicinando le complicanze al targeting zero.

Sono fondamentali l’impianto in ambiente idoneo, il lavaggio delle mani o l’uso di gel idroalcolico, le massime protezioni di barriera e l’antisepsi cutanea con clorexidina al 2% in alcool isopropilico al 70% (tranne i rari casi di documentata allergia alla clorexidina).

La profilassi antibiotica è sconsigliata da tutte le linee guida. Non è efficace e si associa al rischio di selezione di ceppi resistenti.

L’utilizzo globale dell’ecografia per la scelta della vena, la puntura, la tip navigation, la tip location ed il controllo post procedurale delle complicanze associato all’uso dell’ECG intracavitario per la verifica intraprocedurale dell’esatta posizione della punta, rivestono un ruolo determinante per la sicurezza, il successo e la durata dell’impianto. La fluoroscopia per accuratezza, sicurezza e costo-efficacia risulta meno vantaggiosa dell’ECG intracavitario.

La valutazione dei valori della coagulazione e del numero delle piastrine volti al riconoscimento di diatesi emorragica e la sospensione in tempi congrui dei farmaci antiaggreganti e anticoagulanti diminuiscono il rischio di sanguinamento.

Le possibili complicanze collegate all’inserzione sono:

− wrong target: puntura di arteria – pleura – nervo - dotto toracico;

− missing target: insuccesso per fallita puntura della vena;

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− embolia gassosa: più frequente in fase di posizionamento (il tunnel protegge in fase di rimo-zione);

− aritmiche: da eccessiva progressione della guida metallica all’interno dell’atrio o da posizione troppo profonda del catetere;

− malposizioni primarie: da catetere corto, lungo o maldirezionato omo o controlateralmente;

− malfunzioni tipo withdrawal occlusion: catetere che infonde ma non aspira riferibile a diverse cause fra cui la guaina fibroblastica o la sindrome del pinch-off - storicamente in punture blind sottoclaveari della vena succlavia, con schiacciamento del catetere fra clavicola e prima co-sta e possibile fissurazione ed embolizzazione dello stesso. La mancata aspirazione di san-gue quando si accede ad un PORT oltre alle cause già elencate può essere dovuta ad una trombosi localizzata alla punta del catetere, alla malposizione del catetere (vena minore -catetere a parete) od al malfunzionamento della valvola nei cateteri Groshong. Possono ri-velarsi utili un controllo radiologico del torace (volto a identificare malposizioni o kinking) ed in casi selezionati un cateterogramma (per escudere la presenza di una guaina fibroblastica);

− infezione precoce: da criticità nella tecnica asettica o per impianto in pz immunodepressi non idonei all’impianto;

− trombosi: prossimali o centrali da manovre particolarmente endotelio lesive, da mancato ri-spetto calibro vaso/ calibro catetere, da malposizione primaria;

− meccaniche della camera: per posizione troppo superficiale o profonda con possibile rischio di decubito ed esposizione nel primo caso oppure dislocazioni, difficoltà di puntura e stravasi nel secondo. Tasche troppo grandi predispongono al ribaltamento della camera. Sedi di in-tascamento errate possono portare a decubito o a discesa della camera con dislocazione successiva del catetere che risulterà troppo corto;

− deiscenza o mancata cicatrizzazione della ferita: possono derivare da precoce somministra-zione di Bevacizumab, anticorpo monoclonale che inibisce angiogenesi per inibisomministra-zione del VEGF (Vascular Endotelial Growth Factor) con rischio aumentato se somministrato nei primi 14 gg dall’impianto (Holcman M, 2015; Tatabaie, 2017; Zawacki WJ, 2009; Erinjeri JP, 2018);

− deconnessione camera - catetere: conseguente stravaso di chemioterapici e possibile em-bolizzazione del catetere, spesso correlata ad inesperienza dell’impiantatore (errata connes-sione camera-catetere con sistema di raccordo).

50 Tabella 4 - Principali complicanze collegate all’inserzione del catetere di PORT

51 Le possibili complicanze collegate alla gestione sono:

− Occlusione intraluminale: da coaguli, precipitati di farmaci o mezzo di contrasto, può essere parziale o completa. Prevenibile con accurati protocolli di gestione è sempre una compli-canza iatrogena. La pervietà viene garantita dal lavaggio pulsato (a scatti di 2-3 ml ciascuno) a pressione positiva con siringhe da 10 ml con Soluzione Fisiologica e dalla rimozione dell’ago di Huber lasciando una pressione positiva all’interno del sistema. La tecnologia po-wer protegge dall’occlusione permettendo l’uso di siringhe più piccole. Fondamentale la co-noscenza delle incompatibilità farmacologiche (per le quali esistono apposite tabelle) al fine di evitare precipitati di farmaci. La somministrazione del mezzo di contrasto attraverso il PORT può avvenire solo dopo aver verificato che il dispositivo sia certificato per l’uso ad alte pressioni e deve essere riservata a casi selezionati ed effettuata secondo protocolli specifici e da operatori adeguatamente preparati.

− Decubito: collegato a prolungata permanenza dell’ago di Huber in sede, a dimagrimento con sproporzione profilo camera/sottocute.

− Infezione: l’incidenza di infezioni dei sistemi totalmente impiantati è stata recentemente ri-portata fra lo 0,018 eventi/1000 GG catetere e lo 0,035 eventi/1000 giorni catetere nel pa-ziente oncologico adulto ed è la causa più frequente di rimozione del presidio (Pinelli, 2018).

Considerate le possibili gravi conseguenze (shock settico – decesso) è essenziale una dia-gnosi precoce ed accurata della complicanza infettiva. Particolare attenzione va rivolta alle categorie di pazienti a maggior rischio: pazienti oncoematologici, immunodepressi, ospeda-lizzati. L’infezione del port può essere locale (tasca o tunnel) e/o sistemica:

1. infezione della tasca o del tunnel: da migrazione extra luminale per inappropriata anti-sepsi della pelle prima dell’inserzione dell’ago di Huber (Pinelli, 2018; Isidoro di Carlo 2012). Nei sistemi totalmente impiantabili l’infezione locale può coinvolgere il tunnel del catetere (edema, dolore, eritema estesi per più di 2 cm lungo il decorso del catetere) o la tasca (edema, dolore, eritema con possibile rottura spontanea della cute con fuoriuscita di materiale purulento e/o necrosi dei tessuti) associati o meno a segni di sepsi (Mermel LA 2009). Non procedere a prelievo colturale ematico dalla camera del Port per evitare disseminazione sistemica dell’infezione (Mermel, LA 2009; Pinelli, 2018). L’infezione della tasca o del tunnel è spesso indicazione alla rapida rimozione del presidio con inci-sione e drenaggio in caso di raccolta purulenta e 7/10 gg di terapia antibiotica modifica-bile in base al referto degli esami colturali.

2. CRBSI - Catheter-related bloodstream infections: è la complicanza più grave con elevata morbilità e mortalità e la più frequente causa di rimozione del presidio. Il paziente può presentare febbre, brivido o altri segni di sepsi associate o meno a segni locali di infe-zione. La principale via di contaminazione è quella intraluminale (attraverso l’hub del

ca-52 tetere o dell’ago di Huber o soluzioni contaminate). La via extra luminale è meno fre-quente e collegata al momento della puntura della camera con migrazione batterica per inappropriata antisepsi durante l’inserimento dell’ago di Huber. Ancora meno frequente la colonizzazione per via ematogena. Il sospetto di infezione locale o sistemica basato su segni e sintomi deve essere sempre confermato da esami microbiologici che rispet-tano precisi criteri (Mermel LA, 2009; Pinelli, 2018). Quando un Port infetto viene rimosso effettuare sempre l’esame colturale del materiale all’interno della camera del Port: per la diagnosi di CRBSI può essere più sensibile dell’esame colturale della punta del catetere.

− Stravaso: è spesso una complicanza sottodiagnosticata con un’incidenza che arriva al 6%

per i Port (Isidoro di Carlo, 2012); può avvenire per rottura del catetere o deconnessione dello stesso dal reservoir o per malposizionamento dell’ago di Huber (errata lunghezza e/o inesperienza dell’operatore) o dislocazione dello stesso dalla camera (errato sistema di fis-saggio). Prima dell’infusione di chemioterapico verificare sempre il reflusso di sangue dal sistema. Ogni nuovo sintomo riferito (dolore, gonfiore, eritema) dal paziente durante od al termine dell’infusione deve essere sempre tenuto in massima considerazione perché lo stra-vaso di chemioterapici richiede la pronta interruzione dell’infusione e un’azione immediata secondo protocolli ben definiti in base al farmaco coinvolto. Si deve eseguire un’ecografia dei tessuti molli mentre la radiografia del torace e/o il cateterogramma possono essere utili per l’identificazione di rotture, dislocazioni o la presenza di una guaina fibroblastica (Pittiruti, 2017). La mancata tempestività nella diagnosi può condurre a necrosi tissutale con gravis-sime conseguenze che oltre alla rimozione del presidio, possono prevedere ospedalizzazioni prolungate e procedure chirurgiche complesse (Perez J.A., 2012).

53 Tabella 5 - Complicanze legate alla gestione del catetere di PORT

Antisepsi inadeguata all’impianto

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3° Indirizzo – Posizionamento catetere centrale a inserzione