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1 – Individuazione, nel divieto di abuso del diritto, di una clausola generale antielusiva non scritta

LA PORTATA INNOVATIVA DELL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI ABUSO DEL DIRITTO IN FUNZIONE

III. 1 – Individuazione, nel divieto di abuso del diritto, di una clausola generale antielusiva non scritta

Vi sono ordinamenti il cui codice civile contiene enunciazioni generali del divieto di abuso. È il caso del diritto svizzero e del diritto tedesco. Il nostro codice civile invece non conteneva, fino alla recente riforma della disciplina di abuso ed elusione, una clausola generale, ma norme specifiche antiabuso.

Analogamente, vi sono ordinamenti fiscali che contengono una clausola generale antielusiva, come l’ordinamento tedesco, quello francese, quello belga e quello spagnolo.

Il nostro ordinamento, fino a prima dell’entrata in vigore dell’art. 10-bis dello Statuto dei Diritti del Contribuente, conteneva solo norme specifiche con ratio antielusiva oltre alla clausola di settore contenuta nell’art. 37-bis. Ora, nel diritto privato, la mancanza di una clausola generale antiabuso non ha impedito di affermare la vigenza di un

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principio generale antiabuso, senza bisogno di fondamenti costituzionali. 60

In diritto privato, la ragione per invocare la repressione dell’abuso risiede normalmente in una lacuna delle regole puntuali in base al principio che, quando un soggetto con la sua azione oltrepassa i limiti entro i quali va contenuto il suo diritto, egli viene ad abusare del diritto stesso onde la sua attività assume carattere illecito e il danno che ne deriva è antigiuridico.61

Consultando i repertori e le moderne banche dati, non è difficile rintracciare sentenze che applicano il divieto generale di abuso nel diritto privato. La casistica è ricca e si possono citare, a titolo esemplificativo, le sentenze che reprimono l’abuso del diritto di proprietà62; l’abuso, da parte della banca, del diritto di recesso ad nutum dall’apertura di credito a tempo indeterminato63; il recesso abusivo dal contratto di fornitura64; l’esercizio abusivo del diritto di voto da parte del socio di una società di capitali65; l’abuso del creditore, che fraziona la pretese creditoria66; l’abuso del diritto di chiedere il fallimento del proprio debitore67; l’abuso del diritto di recesso del concedente nel contratto di concessione di vendita di autovetture68.

Se questo è lo stato delle cose nel diritto civile, non possiamo fare a meno di notare che nei sistemi fiscali in cui non vi è una clausola

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U. Natoli, Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento

giuridico italiano, in Riv. trim. dir. e proc civ., 1958, 26; P. Rescigno, L’abuso del diritto in Riv. Dir. civ., 1965, I, 205.

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Cass. Civ., 27 febbraio 1953, n. 476 in Giur. It., 1954, I, 1, 106

62

Cass. Civ, 15 novembre 1960, n. 3040, in Foro It., 1961, I, 256

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Cass. Civ, 21 maggio 1997, n. 4538, in Foro It.,1997, I, 4697

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Cass. Civ, 16 ottobre 2003, n. 15482 in Giur. It., 2004, 2064

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Cass. Civ, 26 ottobre 1995, n. 11151, in Giur. Comm., 1996,II, 329

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Cass. Civ, Sez. Un., 15 novembre 2007, n.23.726, in Corr. Giur., 2008, 745

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Cass. Civ, 19 settembre 2000, n. 12045, in Foro It., 2001,I, 2326

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generale espressa, la giurisprudenza ha ugualmente affermato la vigenza di un principio antiabuso immanente.

In assenza di una clausola generale espressa, la nostra giurisprudenza ha seguito indirizzi formalisti e non ha sviluppato strumenti antielusione fino a 2005. Avendo per lungo tempo negato la vigenza di un principio generale antielusivo, la giurisprudenza tributaria non ha seguito la via della giurisprudenza civilistica o di quella tributaria anglosassone e comunitaria, ma ha ritenuto necessario un fondamento positivo esplicito. Nel 2005 lo ha ravvisato nell’art. 1344 c.c., secondo cui è nullo per illiceità della causa il contratto che costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa, secondo quanto affermato in una pronuncia rimasta isolata69; sempre nel 2005 sono state emanate delle sentenze che hanno ritenuto nulli per difetto di causa i negozi stipulati per fini di risparmio fiscale70, come descritto nel precedente capitolo. Il 2006 è stato l’anno della sentenza Halifax nella quale la Corte di Giustizia ha affermato che il soggetto passivo Iva non ha il diritto di detrarre l’imposta assolta a monte quando la detrazione è basata su un comportamento abusivo, applicando in tal modo alla fiscalità un principio generale già da tempo affermato e sviluppato in altri settori del diritto comunitario, il principio secondo cui i singoli non possono avvalersi abusivamente delle norme comunitarie71.

La nostra Cassazione, essendo alla ricerca di un aggancio positivo, ha subito utilizzato la giurisprudenza comunitaria e ne ha desunto l’applicabilità nel diritto interno del principio antiabuso comunitario, principio che a sua volta è racchiuso in una clausola inespressa. Il

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Cass. Civ, 26 ottobre 2005, n. 20.816, in Giur. It, 2006, II, 248

70 Cass. Civ, 14 novembre 2005, n. 22932, in Giur. It., 2006, II, 1077; Cass. Civ, 21 ottobre

2005 n. 20398 in Giur. It., 2007, 867

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principio antiabuso comunitario è stato esteso dalla nostra giurisprudenza, e dopo poco tempo dall’emanazione della sentenza Halifax, dai settori armonizzati a quello delle imposte dirette72, ma l’applicazione di un principio comunitario nei settori non armonizzati non poteva non apparire poco convincente.

La nostra giurisprudenza, pur avendo ritenuto l’immanenza del principio, si è allora posta alla ricerca di un fondamento positivo che le consentisse di affermare il principio antiabuso nei settori fiscali non armonizzati ed ha creduto di averlo scovato direttamente nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, così come indicato nelle famose 3 sentenze a sezioni unite n. 30055, 30056 e 30057 del 2008.

In tal modo si è consolidato nella nostra giurisprudenza l’assunto che nel nostro ordinamento il divieto di abuso del diritto trova la sua derivazione, per quel che concerne i tributi armonizzati e cioè Iva, accise, diritti doganali ecc.., da un principio comunitario, e per gli altri tributi dall’art. 53 Cost.

Però, secondo una parte della dottrina, l’art. 53 Cost. mal si presta a tale funzione perché le norme costituzionali sono norme-parametro e dunque non sono self-executing; esprimono principi, ai quali il legislatore deve conformarsi, non sono norme concrete. Questo orientamento dottrinale ritiene che la clausola generale antielusiva può essere anche non scritta, immanente nell’ordinamento, senza bisogno di un’enunciazione espressa e dunque di un fondamento legislativo. Infatti, che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle prerogative di cui dispongono è un principio di qualsiasi ordinamento, la cui vigenza del diritto comunitario e nel diritto civile è stata affermata in via generale

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senza agganci al diritto scritto. L’esistenza del suddetto principio può dunque essere affermata anche nel diritto tributario, senza bisogno di richiamare il diritto europeo o le norme costituzionali, analogamente a ciò che avviene nel diritto privato.

III.2 – Erronea interpretazione del principio di abuso del diritto