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Informazione, disinformazione e fake news

2.1. Un’informazione di qualità

Come sottolineato anche dal Papa, quello delle fake news non è un problema nato oggi: «la prima fake news»

risale all’inizio, al peccato originale raccontato nella Genesi e alla strategia diabolica del «padre della menzogna». Oggi più che mai, però, «in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale», si tratta di «smascherare la logica del serpente32, capace ovunque di camuffarsi e di mordere», onde evitare di «abboccare ad ogni tentazione»33.

In appena 60 secondi, vengono pubblicati 3 milioni di contenuti su Facebook, 430mila tweet, compiute 2 milioni e 315mila ricerche su Google, inviate 150 milioni di e-mail e 44 milioni di messaggi su WhatsApp, visualizzati 2 milioni e 700mila video su YouTube.

Questo è il contesto cui va incontro il giornalista, definito dal Papa come il “custode delle notizie” che,

“nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione”. Il giornalista deve tener conto del fatto che all’interno della notizia ci sono le persone e non la velocità nel darla, e nemmeno, l’impatto che possa avere sull’audience.

Il fenomeno delle fake news, le notizie false, o fandonie, come definite da alcuni traduttori italiani, hanno un grande impatto sull’opinione pubblica. Secondo la definizione del vocabolario treccani.it per fake news si intende «un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità (…) ciò ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti». Termine simile alla nostra “bufala34”, con cui facciamo riferimento a notizie prive di veridicità. Accanto a questi termini dobbiamo affiancarne altri due: la disinformazione e la misinformazione.

“La disinformazione è proprio lacreazione di notizie false, una vera e propria fabbricazione di notizie.

Mentre la misinformazione è la diffusione involontaria di notizie false che vengono diffuse senza dolo, o per leggerezza o per mancanza di verifica delle fonti35”.

L’emergenza da Covid-19, non solo sanitaria ma anche sociale ed economica, ha evidenziato la presenza di una sistematica azione di disinformazione. Il professore Antonio Nicita, precedentemente commissario dell’AgCom, l’Autorità di Garanzia nelle Comunicazioni, evidenzia come siano emerse delle cosiddette strategie di disinformazione, ovvero delle campagne volte a manipolare l’opinione pubblica mediante l’utilizzo dei social media, ma non solo, spesso anche la tv e i giornali rincorrono le notizie che hanno maggiore successo sui social.

32 “Si rese artefice della ‘prima fake news’ (cfr. Gen 3,1-15), che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio (cfr. Gen 4) e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato”. Riccardo Benotti, agensir.it, agenzia d’informazione.

33 Gian Guido Vecchi, art. Corrieredellasera.it.

34 Notizia palesemente infondata. Molto spesso usato impropriamente come sinonimo di fake news. La bufala ha, tuttavia, normalmente una sorta di retrogusto di goliardia e ironia, che normalmente le fake news non hanno; tant’è che può capitare di sconfinare nel campo della satira pura.

35 Redazione, articolo, Misinformazione, diffusione involontaria delle notizie false, editorpress.it.

Oggi siamo immersi in un cambiamento epocale: la moltiplicazione all’infinito di mezzi di comunicazione di massa, e la rottura dei tempi di trasmissione dell’informazione. Viviamo in un flusso informativo costante, che non ha pause e non ha più ritmi, diversamente dal passato: se un tempo la nostra dieta mediatica era ritmata dall’orario di uscita in edicola dei quotidiani e dall’orario di trasmissione dei giornali radio e dei telegiornali, oggi non è più così. Siamo immersi da un mare di informazioni nel quale nuotiamo per l’intera giornata.

Come spiega il giornalista e fact checker Nicola Bruno, «non siamo più in un mondo dove c’è chi manda la notizia e chi la riceve. Viviamo in un mondo circolare dove c’è qualcuno che produce la notizia, qualcun altro che la riceve e un altro ancora che la diffonde sui propri canali personali»36.

Come poi evidenzia uno studio del Massachusetts Institut of Technology, una fake news ha il 70% di possibilità in più di essere condivisa rispetto ad una notizia corretta.

La facilità di accesso e lo sviluppo tecnologico permettono terreno fertile ai social per la diffusione di false notizie. Di fatto, sono proprio i social a diffondere false notizie per orientare l’opinione pubblica e ciò, si riversa anche in ambito politico. Tutti produciamo informazioni, il che ha esponenzialmente favorito lo sviluppo di fake news. Riguardo ciò, Umberto Eco ha sentenziato: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività.

Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.37

A tal punto, diventa fondamentale il fact-checking. Questa è stata l’attività principale per snidare e combattere le fake news. Nel lavoro giornalistico è la verifica puntigliosa dei fatti e delle fonti, tesa anche a valutare la fondatezza di notizie o affermazioni riguardanti istituzioni e persone di rilievo pubblico, con particolare riferimento a quanto viene diffuso mediante la Rete. Tanto è vero che, l’articolo 2 (Diritti e doveri, presente nel Testo unico dei doveri del giornalista) della legge professionale 69/1963 recita: “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori”.38

36 Mantineo, Fakecrazia. L’informazione e le sfide del Coronavirus, Media Books, 2020, p.13.

37 “Messaggero.it”

38 “Ordine dei giornalisti” (https://www.odg.it/etica-le-regole).

2.2. Le sfide da “infodemia”

Durante la pandemia da Coronavirus, il problema della disinformazione ha assunto un valore prioritario di fronte alla paura collettiva per un nemico invisibile e sconosciuto. Un nemico di cui non sappiamo nulla e di cui vorremmo sapere tutto in modo da preservarci. Non è solamente questione di buona informazione, ma è questione di salute. Le fake news pesano e hanno pesato, soprattutto nella gestione della pandemia. La cattiva informazione ha evidenziato come la pandemia non fosse soltanto un pericolo per la nostra salute fisica.

Ma perché è così importante la qualità dell’informazione? «L’informazione, sostanzialmente, è il prolungamento dell’istruzione scolastica nell’età adulta: la democrazia, infatti, funziona se si va a votare informati».39 Così, Luca Sofri, direttore del quotidiano online Il Post, evidenzia come il futuro delle nostre società, dipenda proprio dalla qualità dell’informazione.

Durante l’emergenza, abbiamo familiarizzato non solo con dei termini tecnici nuovi, legati al lessico della sanità, ma anche con un termine derivato dalle parole informazione ed epidemia: “infodemia”. Si riferisce alla «Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili»40.

L’organizzazione Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, ha voluto evidenziare che la deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità sui fatti reali o su quelli inventati, sia il maggiore pericolo della società globale nell’era dei social media41.

Secondo uno Speciale Coronavirus dell’Agcom, «L’analisi del contenuto testuale di tutti gli articoli di disinformazione sul coronavirus evidenzia l’emergere di alcune narrazioni prevalenti sull’epidemia, quali i rischi, le teorie complottiste e la cronaca, imperniate su una comunicazione basata sull’utilizzo ricorrenti di termini atti a far leva sulle emozioni negative»42. Si evince così, come sia stata elevata l’attenzione attribuita dalle fonti di disinformazione al coronavirus (37% del totale, nella settimana dal 13 al 19 aprile), pur attestandosi su valori inferiori rispetto a quelli tra il 10 e il 20 marzo. Segue poi una tendenza decrescente per quanto riguarda l’offerta di informazione e aumenta l’incidenza della disinformazione sul totale delle notizie online relative al coronavirus (con un valore compreso tra il 5% e il 6% ).43 In linea generale, in Europa, si riscontra un’impennata dei servizi di comunicazione online.

Nei primi mesi del 2020, si è rilevato un considerevole incremento di minacce informatiche, molte delle quali hanno sfruttato il veicolo sociopsicologico della pandemia in atto.

Sono stati registrati 16.000 nuovi domini internet legati al Covid-19, di cui circa il 20% con finalità malevole44. Facendo leva sulle emozioni negative è emerso come, dal lato degli utenti, si registri una diminuzione sulle ricerche effettuate in rete sul coronavirus, dopo i picchi maggiormente più alti delle

39 “Luz.it”. https://luz.it/spns_article/luca-sofri-intervista-giornalismo/

40 “Treccani.it.”

41 Leonardo Becchetti, “Resistere all’infodemia. I danni alle statistiche alla rovescia”. In: avvenire.it.

42 “Coronavirus, Agcom: In crescita le fake news online”, ansa.it.

43 “Le fake news non si fermano: il 37% sul Covid-19”, CORCOM, corrierecomunicazioni.it.

44 “Coronavirus, Agcom: In crescita le fake news online”, ansa.it.

settimane precedenti. L’Italia, è risultata essere il Paese caratterizzato dai tassi di crescita più alti, sia per la fruizione di informazione online, sia per l’utilizzo di social network e siti e app di messaggistica45.

L’Autorità di garanzia nelle comunicazioni (Agcom), è giunta alla conclusione di come, a livello nazionale e globale, fenomeni patologici di disinformazione tendano ad annidarsi lì dove il sistema dell’informazione fallisce. Appare così un ecosistema mondiale dell’informazione che, da anni, mostra irrisolte criticità strutturali. Da almeno un decennio, il sistema informativo, ha mostrato difficoltà nel sostenere i propri costi. La riduzione dei ricavi, sottostante all’affermazione di un modello informativo online e gratuito, ha contribuito al taglio dei costi e agli investimenti nel mondo informativo. Pertanto, si è innescata una spirale che si è riflessa sulla qualità dell’informazione e quindi sulla reputazione del mondo dei media. È in questo scenario che gli utenti si affidano, rischiando sempre più, di andare incontro a fonti informative alternative, non qualificate, che spesso sono alla base di strategie di disinformazione.

L’osservazione di milioni di dati ha evidenziato come un sistema nazionale che soffre la presenza di un significativo volume di contenuti fake, sembra essersi assestato su un valore sensibilmente più alto rispetto al passato, raggiungendo il livello massimo durante l’ultimo ciclo politico nazionale, in corrispondenza delle elezioni politiche del 2018. In questo contesto, le fonti di disinformazione hanno assunto un ruolo volto a conferire impulso ai contenuti fake che, una volta innescati, vengono immessi e rilanciati nel sistema delle piattaforme online, anche attraverso l’inconsapevole contributo degli utenti che condividono e commentano46.

Le piattaforme online sono i modelli di fruizione e interazione degli utenti con le notizie caratterizzata dalla tendenza alla polarizzazione, esposizione selettiva, omofilia e insorgenza di echo chambers47. Avviene così la trasformazione in virale dei contenuti fake.

Si spera al più presto, sia messo a punto un “vaccino” capace di renderci immuni o quasi, dal virus dell’informazione superficiale e approssimativa, legata al sentito dire, figlia dell’assenza di qualsiasi pur elementare riscontro e verifica, servirà molto più tempo. Ciò accadrà solo se a questa esplosione di contenuti si affiancheranno la pazienza, l’attivismo, la capacità critica dell’utente48.

45 “Rapporto sul consumo di informazione”, agcom.it.

46 “News vs. fake nel sistema dell’informazione”, agcom.it.

47 Dette anche camere dell’eco, descrivono l’amplificazione e il rafforzamento di un’informazione, idea o credenza, tramite la ripetizione all’interno di un sistema. Il fenomeno è particolarmente evidente nel caso dei social media e dell'uso che ne fanno politici, istituzioni e altre organizzazioni con il fine di far circolare i propri messaggi a discapito degli altri, comprese le bufale di vario genere.

48 Mantineo, Fakecrazia: l’informazione e le sfide durante il Coronavirus, Media Books, 2020.

2.3. Il racconto della Pandemia: tra la mancanza di oggettività alle bufale online

Anche in questa delicata pagina, il bene pubblico dell’informazione si è rivestito di notevole importanza, sia per la comprensione della realtà che per l’esercizio dei diritti di cittadinanza.

I giornalisti sono rimasti stabilmente in prima linea per documentare i momenti cruciali della pandemia e hanno dato voce a tutti i protagonisti della lotta alla pandemia, dai decisori istituzionali al personale medico e infermieristico, dai familiari delle vittime ai rappresentanti delle categorie produttive49. Ma in che modo?

Rispettando sempre i codici deontologici dettati a tutela del corretto esercizio di cronaca. Nelle fasi più drammatiche si è ripetutamente riposto il dilemma riguardante i confini del diritto di cronaca. Il giornalista Ruben Razzante ha sottolineato come sia venuto a galla “qualche deprecabile eccesso nel diritto di cronaca”.

Sui social risulta inevitabile lo straripamento lessicale, il cedimento alla morbosità e l’enfatizzazione del clamoroso, ma sui mezzi di informazione tradizionali ci si aspetterebbe maggiore accortezza.

Si tratta di sensazionalismo terroristico, fondato sull’utilizzo di un linguaggio apocalittico (si rivedano le figure n. 1,2,3,4,5) che non è risultato rispettoso dei canoni del corretto esercizio del diritto di cronaca.

Nel giornalismo esiste il diritto di cronaca, e la cronaca va inseguita. Rincorrendo le notizie, i media hanno dimenticato le informazioni. A furia di scrivere titoli “acchiapaclick” o per vendere copie, i giornali hanno dimenticato di essere oggettivi.

Fig.1- “La Repubblica”, 23 febbraio 2020.

49 Mantineo, Completamente falso praticamente vero: le fake news e il racconto dell’emergenza coronavirus. Media books, 2020.

Fig.2 – “Il Messaggero”, 22 febbraio 2020. Fig.3 – “La Repubblica”, 22 febbraio 2020.

Fig.4 - “sanitafuturo.org”.

Fig.5 – “Libero”, 23 febbraio 2020.

“Prove tecniche di strage” scrive Libero, evidenzia proprio come prendere l’oggettività e buttarla via. Usare una parola forte come strage accostata a due termini pratici, come prove tecniche, vuol dire insinuare nel lettore che magari la strage non c’è ancora, ma tarderà poco ad arrivare.

È ovviamente un linguaggio e un lessico voluto, ha il potere di condizionare tanti lettori che seguono quel giornale, di questo modo si fomenta un’opinione alimentando, di conseguenza, una paura. Si può notare come l’occhiello - “Il governo agevola la diffusione del virus” – dia luogo ad un climax ascendente, rafforzato dalla scelta del colore rosso: tutto ciò non fa altro che generare terrore. Ma l’affermazione in sé è puramente un’opinione che non può essere verificata.

Inoltre, sono difficili da dimenticare titoli di apertura di quotidiani nazionali come “Coprifuoco” o espressioni del tipo “Nord nella paura” o, peggio, “Come in guerra”. Ma a quale vantaggio si sacrifica l’elemento della sobrietà e della continenza della forma espositiva? Per un pugno di copie in più? “È necessario porre dei limiti, un confine invalicabile tra la corretta informazione e l’informazione-spettacolo, tra il racconto della realtà e l’enfasi descrittiva”, sottolinea Razzante.50

Mai come in questo periodo sono state utilizzate metafore belliche per parlare della situazione pandemica. Quella contro il Covid-19 viene presentata come una guerra, il virus è un nemico invisibile e l’emergenza un’esplosione silenziosa. Infermieri e medici sono i nostri eroi. Si parla di trincea negli ospedali, di fronte del virus, di economia di guerra, di task force e quant’altro. Per tutti si trattava di trovare le “armi”

per combattere e vincere il nemico.

Diversamente, i social, che vanno per conto proprio, non presentano una mediazione giornalistica.

Ognuno può scrivere quello che gli sovviene, senza alcun tipo di controllo. Per cui, chi magari era più preoccupato, probabilmente si è espresso in dei modi che finiscono per alimentare la paura, chi, invece, prendeva la malattia sottotono, ha cercato di minimizzarla, magari anche fomentando teorie complottiste.

50 Razzante, “Ma quale pandemia? Il vero virus è l’infodemia”, (lanuovabq.it).

In tempi così complicati come quelli che stiamo vivendo per contrastare la pandemia, sono davvero tante le notizie false che circolano. Mischiano al meglio vero e verosimile, alterano piccoli ma strategici particolari di un racconto, utilizzano immagini e testi decontestualizzandoli e ridandogli così un nuovo “volto”, magari più accattivante di quello originale. Provare a elencare tutte le fake che in tema di Covid-19 circolano è praticamente impossibile proprio per la loro straordinaria mole. Si è letto, visto e sentito davvero di tutto e di più circa possibili rimedi “infallibili”, sintomi “segreti”, farmaci “miracolosi”. A mo’ di esempio ecco cosa si poteva leggere sul sito dell’Ansa l’11 marzo 2020.

“La vitamina C “efficacissima” tanto da essere usata come farmaco sui malati in ospedale”. È la notizia lanciata da una dottoressa o infermiera, che fa sapere che in alcuni ospedali milanesi stanno usando con successo sui malati di coronavirus la vitamina C, anche in pillola, come misura di prevenzione. Si evidenzia nella figura n.6, come questa affermazione venga smentita. E poi bere acqua e bevande calde perché le alte temperature uccidono il virus. Falsa anche questa, per uccidere il virus bisognerebbe bere acqua bollente, il che danneggerebbe il tessuto interno della gola ed esofago. C’è anche chi ha suggerito di consumare estratti di cipolla, in questo caso l’unico effetto sarebbe di aiutare a mantenere la distanza interpersonale per evitare il contagio.

Fig.6 – “openonline.it”.

Sul sito del Ministero della Salute si può trovare un elenco dettagliato e in continuo aggiornamento delle fake news più “gettonate”. In questo caso si va dal ribadire che è assolutamente falso che aiuti a combattere il coronavirus “fare gargarismi con la candeggina, assumere acido acetico o steroidi, utilizzare oli essenziali e acqua salata protegge dall’infezione da nuovo coronavirus” a smentire decisamente che “le zampe dei cani possono essere veicolo di coronavirus e vanno sterilizzate con la candeggina”.

Anche l’Agcom ha stilato una sorta di top ten delle bufale più diffuse: “Il virus del Covid-19 contiene sequenze simili all’HIV”, lasciando intendere che si tratti di un virus costruito artificialmente; “Il virus del Covid-19 è stato sottratto da un laboratorio canadese da spie cinesi”; “La pandemia da Covid-19 è un’arma biologica creata dall’uomo”; “L’aglio può curare il Covid-19”; “La tecnologia dei telefoni cellulari 5G è collegata alla pandemia di Coronavirus”. Si riveda la figura n.7, in cui viene smentita questa fake news: dal testo, si evince come il virus non si trasmetta tramite i dispositivi mobili. Il virus si trasmette quando una persona infetta parla o stranutisce o quando, si è a contatto con una superficie contaminata, da cui poi toccandola si trasporta il virus verso gli occhi, la bocca e il naso.

Fig.7 – “World Health Organization”.

L’ultima frontiera è quella del tema che riguarda i vaccini, che troppo spesso viene inquinato da suggestioni e notizie false prive di qualsiasi fondamento. Da “i vaccini non funzionano”; “i vaccini non sono sperimentali”

oppure “modificano il Dna”; a naturalmente la deriva più complottista “non fate il vaccino – ucciderà tutti i pensionati dopo un anno circa e diranno che è stato di morte naturale. È tutto programmato”. Si fondono le teorie “ordinarie” no vax con quelle più specifiche e, pure fantasiose, legate al Covid-19.

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