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– l'informazione societaria, l'insider trading e gli abusi di mercato

Il buon funzionamento del mercato mobiliare richiede la diffusione continua di informazioni, complete e attendibili, sugli strumenti finanziari e gli emittenti quotati, anche al fine di reprimere il fenomeno dell'Insider Trading, che si riferisce a tutti quei comportamenti che si sostanziano nello sfruttamento abusivo delle informazioni che non siano ancora state rese pubbliche, da parte di chi ne sia venuto in possesso a causa dei rapporti intrattenuti con l'emittente. Pertanto, gli emittenti quotati sono soggetti a degli specifici obblighi di informazione societaria volti a contrastare gli abusi di mercato: così, nell'ambito dell'Unione Europea si è sviluppata una disciplina che si muove essenzialmente su due piani – di cui, il primo è costituito dalla disciplina delle informazioni privilegiate, mentre il secondo vieta la “manipolazione del mercato”. Infatti, la normativa di riferimento è la Direttiva di primo livello 2003/6, che giustifica

l'emanazione delle direttive di secondo livello da parte della Commissione Europea.

Comunque, gli articoli dal 113 al 117 del TUF sono interamente dedicati alla disciplina delle comunicazioni al pubblico; infatti, l'articolo 114 stabilisce che: “gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano devono comunicare al pubblico le informazioni privilegiate, stabilite dall'art.181, che riguardino anche le società controllate”

Quindi: l'obbligo di informazione continua non si riferisce solo all'emittente quotato, ma a tutti i soggetti che lo controllino o che siano da questo controllati. Inoltre, il soggetto che viene colpito per primo

dall'obbligo si ricava dal 2°comma, che, da un lato, stabilisce che gli emittenti quotati abbiano l'obbligo di impartire alle Controllate le disposizioni necessarie per adempiere agli obblighi di comunicazione, e,

dall'altro, pone a carico delle società controllate l'obbligo di trasmettere tempestivamente le notizie richieste.

Poi, per quanto riguarda il rapporto tra l'art.114 e l'art.181, c'è da considerare che il divieto di abuso di informazioni privilegiate copre un ambito più vasto di quello delle informazioni soggette agli obblighi di informazione. Infatti, l'art.181 dispone che l'informazione privilegiata dev'essere un'informazione precisa,

che non è stata resa pubblica, e che deve essere capace di influire direttamente o indirettamente sul prezzo degli strumenti finanziari – e quest'ultimo profilo può essere provato mediante il ricorso al “test

dell'investitore ragionevole” , con cui si valuta la probabilità che un investitore ragionevole possa sfruttare quell'informazione per le future decisioni di investimento. Proprio per questo, nella nozione di informazione privilegiata rientra anche la conoscenza di un ordine rilevante trasmesso da un cliente, a cui si connette il divieto di abuso dell'informazione: tuttavia, questo divieto di abuso non può spingersi fino al rifiuto di dare esecuzione all'ordine per il solo fatto che questo possa avere un impatto rilevante sui prezzi degli strumenti finanziari; infatti, lo scopo della norma è solo quello di evitare che gli intermediari possano sfruttare indebitamente l'informazione di cui sono in possesso per effettuare operazioni nell'interesse proprio o di soggetti diversi dal cliente che abbia trasmesso l'ordine!

L'adempimento dell'obbligo di informare il pubblico si realizza mediante la predisposizione di un

comunicato, che dev'essere diffuso secondo le modalità stabilite dalla Consob nel Regolamento Emittenti, che prevede il ricorso ai cosiddetti “SDIR”. Tuttavia, uno dei temi più dibattuti è quello che attiene alla possibilità che gli emittenti possano ritardare la diffusione delle informazioni nel caso in cui questa possa pregiudicare gli interessi legittimi del pubblico: pertanto, questa soluzione può essere adottata quando ci sia una trattativa ancora in corso, il cui normale andamento potrebbe essere compromesso dalla divulgazione dell'informazione. Tuttavia, spetta alla Consob stabilire le ipotesi e le condizioni che legittimino il ricorso al ritardo, che comunque è ammissibile soltanto quando i soggetti siano in grado di garantire la riservatezza dell'informazione e a patto che il ritardo stesso non sia capace di fuorviare il pubblico.

Poi, la comunicazione a terzi delle informazioni privilegiate è possibile soltanto quando essa avvenga nel normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio; tuttavia, gli effetti della selective disclosure sono diversi a seconda che il terzo sia o meno tenuto ad un obbligo di riservatezza, perchè, infatti, se il terzo non è soggetto ad alcun obbligo, la norma impone l'immediato ripristino delle condizioni di parità informativa con il pubblico – e questa comunicazione deve essere simultanea, nel caso di divulgazione intenzionale al terzo; e, fatta senza indugio, in caso di divulgazione non intenzionale.

Comunque, la repressione del fenomeno dell'Insider Trading si accompagna all'introduzione di nuove forme di prevenzione delle condotte illecite, che hanno l'obiettivo di assicurare una maggior tracciabilità di queste condotte (mediante il registro delle persone in possesso delle informazioni privilegiate) e quello di

assicurare la trasparenza delle operazioni che vengano realizzate da potenziali insiders (mediante obblighi di comunicazione delle informazioni). In pratica, gli emittenti quotati e i soggetti che con essi abbiano un rapporto di controllo devono istituire ed aggiornare un registro che consenta di identificare preventivamente le persone che siano in possesso di informazioni privilegiate; inoltre, gli obblighi di comunicazione vanno adempiuti sia nei confronti del pubblico che della Consob, ma hanno una portata episodica rispetto a quelli sanciti dal 1°comma dell'art.114. Infatti, questi obblighi sono relativi ad alcune materie specifiche, come le operazioni straordinarie – a cui, ad esempio, si aggiungono i verbali assembleari, le modifiche del capitale o l'offerta di diritti di opzione. In particolare, le operazioni straordinarie sono: le fusioni, le scissioni, gli aumenti di capitale mediante conferimenti in natura, l'acquisto e la vendita di azioni proprie, l'emissione di obbligazioni e così via.

Invece, l'articolo 115 elenca gli obblighi di comunicazione alla Consob; infatti, quest'ultima può chiedere notizie e documenti, assumere notizie mediante l'audizione dei soci, procedere ad ispezioni ed esercitare ulteriori poteri al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni che devono essere fornite al pubblico.

D'altro canto, non esistono solo misure di prevenzione, ma anche di repressione; infatti, per quanto riguarda le sanzioni penali, l'articolo 184 prevede la reclusione da 1 a 6 anni e una multa compresa tra 20.000 euro e 3 milioni per chi, sfruttando le informazioni privilegiate:

– acquisti, venda o compia altre operazioni su strumenti finanziari, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi;

– per chi comunichi tali informazioni a terzi estranei al normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio;

– e per chi raccomandi o induca altri al compimento di acquisti, vendite o altre operazioni facendo leva sulle informazioni privilegiate.

Inoltre, la stessa pena si applica a chiunque compia tali atti per preparare o eseguire delle attività delittuose (allo scopo di contrastare il coinvolgimento di organizzazioni criminali e gruppi terroristici in attività di manipolazione del mercato). Da ciò si ricava che l'insider può essere tanto un socio, quanto un soggetto che abbia acquisito l'informazione in relazione alla carica ricoperta.

Oltre alle sanzioni penali (che in realtà erano facoltative), la Direttiva 2003/6 aveva imposto l'adozione di sanzioni amministrative per le stesse condotte che configurano il reato di abuso di informazioni

privilegiate; tuttavia, le fattispecie rilevanti sul pano delle sanzioni amministrative contemplano anche l'ipotesi dell'abuso commesso da chiunque compia uno degli atti vietati per il solo fatto di conoscere o riconoscere il carattere privilegiato delle informazioni sulla base dell'ordinaria diligenza = quindi, in questa categoria rientrano i cosiddetti “insider secondari”.

La manipolazione del mercato comprende tutti i comportamenti atti a perturbare il funzionamento normale del mercato mobiliare, di cui possono essere esempio: la diffusione di informazioni false sugli strumenti finanziari; il compimento di operazioni fuorvianti sulla situazione di mercato di uno specifico strumento finanziario; o il compimento di ordini che utilizzino artifizi o raggiri. Tuttavia, questa materia non era ignota al sistema italiano, perchè poteva essere ricondotta al reato di aggiotaggio – che ora vale per gli strumenti non quotati.

Comunque, a volte non è semplice tracciare il confine tra la manipolazione del mercato e l'attività speculativa, per cui un criterio discretivo – sul piano penale – può essere rintracciato nel fatto che queste condotte devono essere concretamente idonee a provare “una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari”; sul piano amministrativo, invece, l'impostazione risulta più vaga, sicché spetta alla Consob individuare gli elementi e le circostanze da prendere in considerazione per la valutazione dei comportamenti che configurino manipolazioni del mercato, prendendo in considerazione gli esempi elaborati a livello comunitario.

E, infatti, il CESR ha individuato alcune esemplificazioni di pratiche manipolative.

E ne sono esempi: il Painting the Tape (che consiste nel realizzare un'operazione che viene mostrata al pubblico su strutture telematiche al fine di creare l'apparenza del movimento di prezzo di uno specifico strumento finanziario), il Marking the Close (che consiste nell'acquistare o vendere strumenti finanziari verso la fine delle negoziazioni, così da alterarne il prezzo finale), l'Abusive Squeeze (che, in sostanza, costituisce un abuso di posizione dominante), il Trash and Cash (che si realizza quando un soggetto prenda una posizione ribassista su uno strumento finanziario, diffondendo informazioni negative false, così da ridurne il prezzo e acquistare gli strumenti a prezzi sensibilmente più bassi) e il Pump and Dump (che è un comportamento speculare al T&C).

Tuttavia, la disciplina europea ha voluto considerare come “legittime” alcune prassi che normalmente

vengono adottate nei mercati, e che, in effetti, sono solo potenzialmente manipolative - però è chiaro che non possano beneficiare dell'esenzione tutte quelle operazioni che richiedano artifizi, inganni e notizie

palesemente false o fuorvianti. Comunque, ai fini del riconoscimento dell'esenzione è necessaria

un'omologazione da parte dell'Autorità di Vigilanza, mediante un procedimento consultivo che coinvolge emittenti, intermediari, consumatori e altre autorità, sia italiane, che estere.

La direttiva 2003/6 tratta anche della disciplina degli studi e delle ricerche, allo scopo di assicurare una certa trasparenza nelle raccomandazioni di investimento – dove quest'ultime sono informazioni volte a proporre o raccomandare una specifica strategia d'investimento. Pertanto, la linea di demarcazione rispetto al servizio di consulenza sta nel fatto che le raccomandazioni devono essere rivolte al pubblico, mentre il servizio di consulenza offre consigli personalizzati.

D'altro canto, anche i giornalisti e le agenzie di rating sono state oggetto di una precisa disciplina: infatti, l'agenzia di rating (o agenzia di valutazione) è una persona giuridica che assegna un giudizio sulla solidità e la solvibilità di una società che emetta dei titoli sul mercato finanziario; quindi, i rating sono dei voti che vengono assegnati su una scala prestabilita. In pratica, nell'Unione Europea, queste agenzie devono registrarsi: cioè, devono presentare la domanda al CESR, e quest'ultimo deve darne informazione alle

competenti Autorità degli Stati Membri, esprimendosi sulla completezza della domanda. Ovviamente, le agenzie di rating sono tenute ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che l'emissione dei voti non sia influenzata da relazioni d'affari o da conflitti di interesse.

Ancora, i divieti sull'abuso di mercato rischiano di rendere del tutto irrealizzabili alcune operazioni

legittime, come le operazioni di acquisto di azioni proprie e le operazioni stabilizzazione (cioè le operazioni di compravendita di strumenti finanziari svolte in concomitanza con l'ammissione alla quotazione degli strumenti stessi): e queste operazioni sono oggetto del cosiddetto Safe Harbour, cioè sono escluse dai divieti della Direttiva 2003/6.

Nell'ambito della prevenzione, la Direttiva 2003/6 prevede anche che gli Stati Membri debbano adottare delle disposizioni volte ad imporre agli intermediari abilitati dei precisi obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, che risponde all'obiettivo di coinvolgere direttamente i soggetti nella prevenzione delle condotte illecite. Tuttavia, qui si può porre un problema di bilanciamento tra l'obbligo di segnalazione e l'obbligo di esecuzione degli ordini, ma la questione non è stata risolta né sul fronte comunitario né sul fronte interno.

Infine, con il recepimento della Direttiva 2003/6 sono stati rafforzati anche i poteri della Consob, che, infatti può irrogare direttamente le sanzioni amministrative stabilite per la violazione della disciplina sugli abusi di mercato. Inoltre, può avvalersi di altre amministrazioni e richiedere la comunicazione di dati personali anche in deroga alle disposizioni in tema di privacy; e, infine, ulteriori attribuzioni derivano anche dall'interazione tra il procedimento penale e il procedimento amministrativo, perchè, infatti: se il PM abbia notizia di uno dei reati previsti dalla disciplina sull'abuso di mercato è tenuto ad informare senza ritardo il Presidente della Consob, così che quest'ultimo possa trasmettergli la documentazione da cui possa evincersi l'esistenza di un reato – fermo restando che la Consob sia sempre legittimata a costituirsi parte civile nel processo penale.

Infine, le fattispecie di abuso del mercato rientrano tra i “reati presupposto” in tema di responsabilità amministrativa degli enti – e la responsabilità dell'ente può essere esclusa solo se gli autori materiali del reato abbiano agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi, o se l'ente provi di aver adottato dei modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire il reato commesso.

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