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1.5 Gli ordinamenti di Common Law

1.5.1 Inghilterra

L’ordinamento inglese non contempla disposizioni esplicite sull’adempimento di un dovere e in particolare sull’ordine.

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Per riferimenti più approfonditi agli autori, consulta Provolo, op. cit., pgg. 185 e ss.

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In generale la Common law non ammette l’ordine come defence ogni volta che esso risulti criminoso.

La House of Lords lo ha escluso esplicitamente nel caso Clegg e il giudice Hailsham, nel caso Howe and Bannister, ha fatto riferimento ai principi di Norimberga, ammettendo che l’ordine possa rilevare ai soli fini della riduzione della pena.

Anche in Inghilterra è valido il principio per cui un subordinato è vincolato ad adempiere soltanto gli ordini legittimi e deve essere ritenuto individualmente responsabile per qualsiasi crimine commesso. Secondo un principio costituzionale, naturalmente non scritto, gli ufficiali non hanno il potere di trasformare in lecito ciò che la legge considera illecito. Questo è il motivo principale per cui un subordinato, conscio dell’illegittimità della condotta, non può nascondersi dietro l’ordine del proprio superiore117.

In ambito militare si esprime specificamente il Manual of Service Law, che però non si atteggia come fonte di produzione vera e propria, ma viene utilizzato a soli fini interpretativi118.

Secondo il Manual, sussiste sempre nel subordinato l’obbligo di disobbedienza nei confronti di un ordine manifestamente illegittimo. Ma anche nel caso di ordine non manifestamente criminoso, il subordinato è punibile se, con l’esecuzione, ha commesso un reato. Il

117 Shlomit Wallerstein, Why English law should not incorporate the defence of

superior orders, in Criminal Law Review, 2010, pg. 10.

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Manual of Service Law, Vol. 1, Chap. 12, Sec. 28: “Una persona vincolata ad obbedire al superiore è obbligata a rifiutarsi di adempiere ad un ordine di fare o di non fare ricevuto dal superiore, se l’ordine è manifestamente illegale. Se l’ordine illegale è adempiuto, potrebbe essere commessa un’offesa. Laddove l’ordine non sia manifestamente illegale, un accusato non verrà scusato se ha adempiuto all’ordine e nel farlo ha commesso un’offesa. L’accusato può beneficiare comunque di una difesa sulla base di altre cause, per esempio, l’ordine potrebbe negare un particolare intento da parte dell’accusato (ciò che potrebbe costituire una difesa completa), o potrebbe rendere l’offesa meno grave, oppure potrebbe scusare un atto che altrimenti apparirebbe negligente. La prova di aver agito su ordine

superiore che non riesce a fornire una difesa all’accusato, potrebbe sempre risultare un forte fattore mitigante la pena”.

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manuale non esclude che il subordinato possa essere sollevato dalla responsabilità sulla base di altre defences; per esempio l’ordine potrebbe rivelare un’assenza o un’attenuazione dell’ “intent” nell’azione del subordinato oppure potrebbe giocare un ruolo fondamentale nell’accertamento della “negligence” dell’esecutore materiale e quindi della colpa.

E’ interessante notare come l’approccio del Manual of Service Law si avvicini moltissimo a quello propugnato dalla dottrina della mens rea. In questo l’ordinamento inglese si dimostra un unicum: esclude la rilevanza dell’ordine come defence per se, ma ammette che esso possa giocare un ruolo importante nell’ambito di altre defences, facilitando il processo di distaccamento dell’agente dal fatto criminoso, da queste ultime prodotto.

Il Manual of the Law of Armed Conflict, invece, si occupa dell’ordine in relazione al problema dell’errore di fatto e solleva dalla responsabilità il soldato che, per colpa dell’ordine, sbagli nel rappresentarsi le circostanze di fatto119.

La dottrina ha preso in considerazione l’idea dell’introduzione di una disciplina più specifica in materia di ordini nell’ordinamento inglese, sulla scorta dell’art 33 dello Statuto ICC. Una voce in particolare120, tuttavia, ne ha sottolineato l’inutilità, in quanto la causa di giustificazione costituirebbe un doppione dell’errore di fatto e della duress. L’errore di diritto non potrebbe neppure essere preso in considerazione, dato che la sua rilevanza è esclusa in tutti i casi dal diritto inglese.

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“Se ad un comandante d’artiglieria viene ordinato di sparare ad un commando nemico in un particolare edificio, ed egli lo fa credendo che quell’edificio sia davvero un posto di commando ma dopo scopre che, a sua insaputa, si trattava di una scuola, egli non può essere considerato colpevole di un crimine di guerra, dal momento che non voleva attaccare la scuola”

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Col riferimento all’efficacia scusante nei confronti di un comportamento che altrimenti potrebbe apparire “negligente”, il Manual ammette la possibilità che l’ordine giochi un ruolo nell’errore di fatto scusante. Nessun riferimento esplicito viene fatto, invece, dal Manual alla categoria della duress, più o meno un equivalente del nostro stato di necessità. Non si dubita, però, che l’ordine possa influenzare anche la defence in parola.

Lo stato di necessità, a differenza dell’ordine, è stato a lungo oggetto del discorso della dottrina inglese121. Non è questa la sede per soffermarsi sul tema122, ma è utile ricordare che la dottrina inglese ha da sempre escluso l’applicabilità della defence della duress ai casi di omicidio (murder). Ciò equivale a negare, in tali casi, anche la rilevanza dell’ordine come elemento fattuale rivelatore di una causa d’esclusione della responsabilità più ampia come la duress. La dottrina motiva questa scelta affermando che nessuna minaccia, per quanto grave, può giustificare l’omicidio.

C’è da segnalare, infine, che certi autori inglesi sarebbero propensi a sposare la teoria della “manifest illegality”, riconoscendo nell’ordine una causa che scusa l’errore di diritto123. Un caso giurisprudenziale sud-africano ha adottato, nel 1900, il criterio in parola124.

121 La dottrina inglese ha distinto duress e necessity, la prima basata sull’inesigibilità

di un comportamento diverso da quello tenuto, la seconda riferita ad una coercizione derivante da circostanze naturali e incontrollabili e basata sul bilanciamento degli interessi in gioco. La duress è divisa a sua volta in duress by

threat, se la minaccia proviene dall’uomo e duress of circumnstances, se la minaccia

proviene da circostanze di fatto.

122

Per un esame ampio consulta Caccamo, Lo stato di necessità, in Amati, Caccamo, Costi, Fronza, Vallini, Introduzione al diritto penale internazionale, Milano, 2010, pgg. 297 e ss. e Venafro, Lo Stato di necessità in Problemi attuali della giustizia

penale internazionale, a cura di Cassese, Chiavario, De Francesco, Torino, 2005, pgg.

103 e ss.

123

Brownlee, Superior orders – Time for a new realism?, in Criminal Law Review, 1989, in Provolo, pgg. 191 e ss.

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Anche la prassi giurisprudenziale scozzese sembra avallare il principio della manifesta criminosità, ma la dottrina risalente aveva anche abbracciato l’idea che responsabile dell’ordine fosse sempre e solo il superiore.

L’ordinamento irlandese, in linea di principio, segue quello inglese nell’escludere la rilevanza autonoma dell’ordine come scusante, ma in un caso giurisprudenziale del 1886125 si fece riferimento al criterio della manifesta criminosità.

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