5.3 ANTICOAGULANTI ORALI DIRETT
5.3.1 INIBITORI DELLA TROMBINA (DABIGATRAN)
Monitoraggio dell’azione anticoagulante
In pazienti con sospetto sanguinamento associato a dabigatran è necessario misurare i livelli plasmatici dell’anticoagulante: livelli > 200-300 ng/ml sono correlati a tassi di sanguinamento elevati e alla comparsa di sanguinamenti fatali. Se la misurazione diretta di dabigatran non fosse possibile, il tempo di trombina ed il valore dell’aPTT permettono una stima qualitativa della presenza di dabigatran in circolo. [49,63]
Reversal
Oltre alla sospensione immediata della terapia anticoagulante, il trattamento di scelta per il reversal di dabigatran è la somministrazione di idarucizumab (5 g EV) e se non disponibile la somministrazione di un’alta dose di PCC (25–50 U/kg), in entrambi i casi
43 in associazione ad acido tranexamico 1 g EV. L’uso del fattore rVII è considerato principalmente come ultima risorsa se i trattamenti di prima linea falliscono. [49]
Secondo le linee guida EHRA sulla gestione degli eventi emorragici in pazienti in terapia con AOD un’opzione da adottare, quando le altre, più supportate dalle comunque poche evidenze, hanno fallito, nei sanguinamenti che pongono il paziente a
rischio di vita è la somministrazione di aPCC (FEIBA) a dosi di 50 U/Kg fino ad un massimo di 200 U/Kg/die.
Dabigatran possiede un’escrezione prevalentemente renale, è quindi necessario, in caso di sanguinamento, mantenere un’adeguata diuresi e ricorrere eventualmente ad emodialisi nonostante le evidenze scientifiche al riguardo non siano consolidate. È inoltre possibile somministrare carbone attivo per ridurre l’assorbimento di dosi assunte da poco tempo. [69]
5.3.2 INIBITORI DEL FATTORE Xa (RIVAROXABAN, APIXABAN, EDOXABAN)
Monitoraggio dell’azione anticoagulante
È fondamentale misurare la concentrazione plasmatica dei AOD per valutare il grado di attività sulla coagulazione, tuttavia non ci sono valori soglia oltre cui aumenta il rischio emorragico poiché l’effetto è graduale con l’aumento della concentrazione plasmatica.
A bassi valori (< 30 ng/ml) l’effetto è quasi insignificante, ad elevate concentrazioni (> 200–300 ng/ml) il rischio di emorragie è elevato.
Si può misurare l’attività del fattore X con il saggio anti-fattore Xa che però impiega 1-2 h per dare un risultato iniziale e non è quindi utile nel contesto della valutazione in emergenza [49].
Per quanto riguarda i test viscoelastici, studi in vitro dimostrano la variabilità dei parametri R, K ed angolo α sia all’analisi TEG standard (con aggiunta di solo caolino) sia all’analisi rapid-TEG (caolino + fattore tissutale).
Da notare che l’ECT (ecarin clotting time) permette di differenziare fra inibitori Xa e inibitori diretti della trombina all’analisi TEG poiché vede una significativa riduzione del parametro R solo nel caso degli inibitori Xa. [64]
44 Reversal
Attualmente non esistono studi clinici sull’efficacia dei vari metodi di reversal, studi animali ed ex-vivo dimostrano che il trattamento con alte dosi di PCC a 3 o 4 fattori e rVIIa (non in prima linea) sono in grado di riportare i valori di coagulazione nella norma. Si tratta comunque di dati isolati e poco omogenei. [65] La somministrazione di aPCC
(FEIBA) si è dimostrata in grado di correggere i parametri coagulativi più efficacemente della somministrazione di PCC in volontari sani in terapia con rivaroxaban o apixaban. In aggiunta è consigliata la somministrazione di acido tranexamico 15 mg/kg (o 1 g). [1]
In conclusione, non esiste ancora un metodo comprovato di reversal degli effetti degli inibitori Xa, questi possono persistere per almeno 10-30 ore dopo l’ultima dose (circa la durata di 2 emivite), inoltre, per la loro farmacocinetica, non sono ben rimossi dall’emodialisi, il rivaroxaban ad esempio è legato per il 95% a proteine plasmatiche, rendendo inefficace la dialisi. [66]
L’utilizzo di carbone attivo riduce l’assorbimento di rivaroxaban e apixaban diminuendone l’emivita, anche se in misura ridotta. [64]
Nuovi antidoti
Si stanno sviluppando antidoti specifici contro gli inibitori del fXa, fra questi:
- Andexanet alfa: proteina ricombinante che agisce come analogo del fattore X ache lega gli inibitori del fXa senza innescare alcuna attività protrombotica. - Ciraparantag: lega direttamente gli antagonisti del fattore Xa, in particolare
45 6. TERAPIE ANTIAGGREGANTI E SANGUINAMENTO MAGGIORE
In pazienti con sanguinamento maggiore in atto e concomitante assunzione di agenti antiaggreganti è utile somministrare piastrine, soprattutto in caso di emorragia intracranica.
La funzionalità piastrinica si può valutare grazie agli esami viscoelastici che possono evidenziare una disfunzione indotta da antiaggreganti o una condizione di piastrinopenia, se viene accertata la disfunzione piastrinica in pazienti con sanguinamento microvascolare si può somministrare concentrato piastrinico. In pz in terapia antiaggregante o con la malattia di von Willebrand si può somministrare desmopressina 0,3 mcg/kg per stimolare l’aggregazione piastrinica. [49]
46 7. MATERIALI E METODI
Il presente studio è un’analisi retrospettiva dei sanguinamenti maggiori giunti al Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) di II livello dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) durante il periodo di un anno compreso fra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2016.
L’obiettivo dello studio è di effettuare un’indagine statistica che individui:
- le caratteristiche epidemiologiche, anamnestiche ed obiettive dei pazienti in esame,
- le associazioni fra tipo di eventuali farmaci antiaggreganti e/o anticoagulanti assunti e la sede di sanguinamento,
- le misure terapeutiche adottate nelle specifiche sedi di sanguinamento
Lo studio cerca inoltre di:
- correlare i risultati ottenuti con la mortalità precoce in DEA, tardiva durante il ricovero e con la durata della permanenza intraospedaliera.
- individuare fattori predittivi di outcome avverso che possano migliorare la gestione del paziente attraverso una personalizzazione degli interventi diagnostico-terapeutici.
Selezione dei casi di sanguinamento maggiore
I pazienti costituenti la popolazione dello studio sono stati selezionati secondo i criteri riportati di seguito:
- Età ≥ 18 anni
- Diagnosi di dimissione dal DEA corrispondente ad una delle seguenti: • Emorragia congiuntivale
47 • Emorragia cerebrale parenchimale spontanea
• Emorragia subdurale
• Emorragia da varici esofagee • Ulcera peptica con emorragia • Gastrite acuta con emorragia • Rettorragia • Ematemesi • Melena • Metrorragia • Epistassi • Emoftoe / emottisi
• Emorragia subaracnoidea traumatica • Emorragia subdurale traumatica • Emorragia extradurale traumatica • Emotorace
• Rottura di milza • Politrauma
• Shock ipovolemico
Le diagnosi di dimissione sono state scelte secondo i codici classificativi ICD-9 e comprendono tutte le possibili condizioni di sanguinamento. Le diagnosi di politrauma e shock ipovolemico sono state aggiunte ai criteri di inclusione in quanto possibilmente associate a sanguinamento maggiore come causa (nel caso di shock ipovolemico) o conseguenza dell’evento (nel caso di politrauma).
L’unico criterio di esclusione dallo studio è stata l’età minore di 18 anni al momento dell’accesso al DEA.
In figura 4 è riportato il disegno dello studio comprendente i criteri di inclusione, i criteri di esclusione e gli outcome primari e secondari.
48 Figura 4 – Disegno dello studio
Pazienti con sanguinamento maggiore o minore, in trattamento o meno con anticoagulanti e/o antiaggreganti.
Periodo 01/01/2016 – 31/12/2016