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Gli inibitori di ROCK nel trattamento delle patologie cardiovascolar

Spasmo cerebrale, angina , infarto, ipertensione polmonare

6.1 Gli inibitori di ROCK nel trattamento delle patologie cardiovascolar

Gli inibitori della via di trasduzione del segnale Rho\ROCK si sono dimostrati particolarmente efficaci nel trattamento di patologie cardiovascolari; studi riportati in letteratura descrivono l’impiego di tali composti nella prevenzione del vasospasmo dopo emorragia subarachinoidea. Similmente studi

condotti su modello animale hanno dimostrato che tali farmaci vanno ad inibire lo sviluppo dell’aterosclerosi e del rimodellamento atriale dopo danno vascolare (Zhou et al, 2009).

L’attività di ROCK è coinvolta nell’espressione di PAI-1 mediata dalla iperglicemia indicando che ROCK funziona come regolatore del danno cardiovascolare in pazienti con diabete mellito.

In letteratura sono riportati diversi studi volti a verificare l’azione della via di trasduzione del segnale Rho\ROCK nella patologia dell’angina.

In uno studio clinico multicentrico randomizzato condotto in doppio cieco e con placebo viene valutata l’efficacia e la sicurezza di fasudil in 206 pazienti con angina pectoris. Tale studio è stato pubblicato nel 2005 ed ha dimostrato che tale farmaco, somministrato alla dose di 80 mg due volte al giorno, determina un aumento della soglia ischemia in pazienti sottoposti ad esercizio fisico e quindi si registra un conseguente aumento della durata dell’attività fisica (Vicari et al, 2005).

Otsuka et al nel 2006 hanno pubblicato un lavoro condotto su pazienti affetti da angina pectoris dimostrando che l’effetto vasodilatorio di fasudil è maggiore rispetto a quello della nitroglicerina confermando che la via di trasduzione del segnale Rho\ROCK regola la motilità dei vasi coronarici e le lesioni aterosclerotiche. In particolare in questo studio sono state valutate, durante angiografia, le variazioni del diametro a livello del sito di stenosi in pazienti con angina dopo somministrazione di fasudil (30 mg per 30 minuti) e di nitroglicerina (200 microg). Dai dati ottenuti è emerso che in seguito a somministrazione di fasudil si registra un aumento staticamente significativo del diametro rispetto a quello rilevato dopo somministrazione di nitroglicerina (Otsuka et al, 2006).

In un trial clinico condotto su 26 pazienti con età media di 61 anni con documentato vasospasmo a livello dell’arteria coronarica discendente sinistra è stato valutato, mediante il test di stress all’acetilcolina, il diametro a livello del sito dello spasmo sia in condizioni basali che dopo trattamento con agenti con azione vasodilatatoria somministrati nel seguente ordine: nitroglicerina intracoronarica (300microg) e fasudil intravenoso (30 mg). Da tale indagine è emerso che fasudil dilata ulteriormente il sito di spasmo coronarico dopo somministrazione di nitroglicerina (Otsuka et al, 2008).

In un recente articolo pubblicato in letteratura (Akihiro et al, 2012) viene descritto uno studio che ha l’obiettivo di analizzare gli effetti di fasudil in pazienti con angina e che presentavano spasmo coronarico. La popolazione è stata divisa in due gruppi e al primo gruppo è stata effettuata una somministrazione intra-coronarica di una soluzione salina mentre al secondo è stato iniettato fasudil. Lo studio ha dimostrato che fasudil riduce la costrizione coronarica indotta dall’acetilcolina ed è stato inoltre evidenziato che il farmaco inibitore di ROCK non modifica il flusso sanguigno coronarico. Fasudil è

risultato efficace nel prevenire lo spasmo coronarico indotto dall’acetilcolina e la conseguente ischemia del miocardio in pazienti affetti da angina. Quindi, gli inibitori di ROCK possono essere un nuovo intervento terapeutico per il trattamento dell’ischemia coronarica causata dallo spasmo.

Figura 6.2 Arteriogramma coronarico in pazienti trattati con fasudil

Un altro studio, in cui sono stati arruolati pazienti con angina, ha dimostrato che dopo somministrazione intracoronarica di fasudil (3000microg\min per 15 min) si registra un aumento della saturazione dell’ossigeno a livello coronarico che va dal 37% al 41%. Inoltre il trattamento con fasudil migliora lo stato ischemico del miocardio in pazienti con angina (Fukumoto et al, 2007).

Inoltre, in uno studio clinico condotto in doppio cieco su pazienti con patologia coronarica è stato dimostrato che la via di trasduzione del segnale Rho\ROCK promuove disfunzioni endoteliali in pazienti caratterizzati dal processo aterosclerotico, quindi in seguito a somministrazione di uno specifico inibitore di ROCK si può regolare la biodisponibilità di NO determinando un miglioramento della patologia (Nohria et al, 2006).

In letteratura è inoltre riportato un case report in cui viene descritto il caso clini co relativo ad una donna di 41 anni con insufficienza cardiaca decompensata e dall’angiografia della paziente si evidenzia inoltre un quadro di multipli spasmi coronarici. La somministrazione di nitroglicerina e di nicorandil si è dimostrata inefficace mentre un’iniezione intra-coronarica di fasudil ha risolto i vasospasmi (Arakawa et al,2014).

Quindi da questi studi emerge che ROCK rappresenta un nuovo bersaglio terapeutico per il trattamento di pazienti con angina pectoris.

In uno studio riportato in letteratura condotta da Hirooka e collaboratori (2004) viene analizzato su modello animale il ruolo della proteina ROCK nella patologia dell’ipertensione. Da questa ricerca emerge che a livello dell’aorta di ratti ipertesi si registra un aumento di espressione e di attività della proteina RhoA, ed in particolare tale variazione è stata osservata sia in ratti ipertesi geneticamente che in ratti in cui è stata indotta ipertensione in seguito a somministrazione di un agente vasocostrittore. Dall’indagine si registra che in seguito a somministrazione nell’animale iperteso di fasudil o di Y-27632 si verifica una diminuzione dei valori pressori sanguigni, mentre nei topi normotesi non si rileva nessuna variazione di pressione. Inoltre nel medesimo studio è stato anche dimostrato che i due inibitori di ROCK ostacolano la formazione delle lesioni vascolari che si verificano in seguito all’evento ipertensivo (Hirooka et al, 2004).

Come già descritto, molti studi affermano che la proteina ROCK è coinvolta nella patogenesi del processo aterosclerotico. Uno studio riportato in letteratura esamina l’effetto del fasudil sullo sviluppo e l’accrescimento della placca in modello sperimentale murino. Sono stati infatti impiegati 60 topi knockout per l’apolipoproteina E (apoE KO) sottoposti ad un regime alimentare ricco di grassi. Un gruppo di topi è stato sottoposto a trattamento farmacologico subito dopo l’inizio della dieta mentre un secondo gruppo ha ricevuto il farmaco dopo 12 settimane dall’inizio del regime alimentare. Per analizzare la dimensione della placca è stato impiegato un biomicroscopio ad ultrasuoni ed è stata eseguita una successiva analisi istologica. I dati così ottenuti hanno dimostrato che il farmaco riduce sia il primo sviluppo che la progressione della placca aterosclerotica in quanto è stata registrata una riduzione dell’area della placca del 54% e una diminuzione dell’accumulo dei macrofagi a livello della lesione aterosclerotica (Wu et al, 2009).

In un recente studio è stato dimostrato che numerosi processi patologici come le disfunzioni emodinamiche e le reazioni infiammatorie sono legate alla patogenesi dello spasmo cerebrale che determinano le cause del danno ischemico dopo operazione chirurgica. Nello studio che ha dimostrato che fasudil possiede degli effetti pleiotropici che determinano un miglioramento delle disfunzioni emodinamiche e del processo infiammatorio determinando quindi una diminuzione dei danni a livello del sistema nervoso centrale (Satoh et al, 2014).

In letteratura è inoltre descritto uno studio eseguito con lo scopo di verificare l’effetto farmacologico degli inibitori di ROCK nel trattamento dell’ictus. In particolare lo studio ha l’obiettivo di

valutare la farmacocinetica, la farmacodinamica, l’efficacia e la sicurezza di un farmaco di nuova sintesi, SLx-2119, un inibitore specifico dell’isoforma ROCK2. L’indagine è stato condotto in modello animale di topo in cui era stata indotta l’ischemia cerebrale. Nello studio è stato dimostrato che la somministrazione di SLx-2119 riduce in maniera dose-dipendente il volume di infarto dopo l’occlusione dell’arteria cerebrale, ed è dato inoltre dimostrato che il tempo finestra per intervenire è di circa 3 ore dopo il verificarsi dell’ictus e l’efficacia del farmaco ha la durata di almeno 4 settimane. Il meccanismo di protezione identificato deriva dal fatto che SLx-2119 migliora la perfusione corticale. Quindi dai dati riportati nello studio è possibile affermare che SLX-2119 è efficace e sicuro in modello di topo con ischemia cerebrale acuta e lo studio ha dimostrato inoltre, che l’isoforma ROCK2 è quella che ha una maggiore rilevanza nell’ictus ischemico (Lee et al, 2014).

6.2 Gli inibitori di ROCK nel trattamento delle patologie oculari

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