• Non ci sono risultati.

Innovazione ed equità nello sviluppo rurale

di N i e l s Rfiling, J o s e p h Ascroft e Fred W a Chege

Introduzione

Presso un Centro di addestramento per agricoltori in una zona rurale africana, un gruppo di divulgatori agricoli, tratti dalla popolazione locale, per la prima volta riceve un addestramento sistematico. Siamo presenti nel momento in cui l'istruttore, egli stesso divulgatore agricolo diplomato, spiega la teoria della diffusione delle innovazioni con l'aiuto di un manuale AID. L'argomento del giorno è la presentazione della curva a cam-pana della diffusione: 2 1/2 per cento di innovatori; 12 1/2 per cento di adottanti precoci; 34 per cento di maggioranza precoce; 34 per cento di maggioranza tardiva... A questo punto viene fatta una domanda: « Scusi, perché tanto la maggioranza tardiva che quella precoce sono del 34 per cento? ». Il manuale ha teso una vera e propria trappola all'istruttore, che esita un momento e poi risponde: « Penso che si tratti di vicini ».

Questo aneddoto illustra due cose: anzitutto la misura in cui la teoria della diffusione delle innovazioni è circolata, e secondariamente che i processi di diffusione hanno anch'essi i loro punti deboli per quanto riguarda la disse-minazione delle idee e quindi per quanto riguarda l'ingenerarsi di un cam-biamento.

Prenderemo in considerazione anche il primo punto, ma il presente saggio riguarda soprattutto il secondo. Vorremmo infatti esaminare l'influenza dei processi di diffusione delle innovazioni sull'equità dello sviluppo rurale. In generale, la diffusione è considerata come un processo autonomo caduto dal cielo, il quale garantisce che le idee generatrici di reddito e di benessere passino dall'alto verso il basso, e perciò stesso si distribuiscano fra tutti i membri della popolazione, senza particolari sforzi da parte degli agenti del cambiamento.

Di conseguenza, quel che in genere viene preso in considerazione è quanto Gli autori desiderano ringraziare il prof. A.W. van den Ban, del Dipartimento di Extension Education di Wageningen per i suoi utilissimi commenti al presente saggio.

bene i processi di diffusione distribuiscano i benefici della nuova tecnologia. Un punto di vista che era sufficiente quando l'accento era posto sulla crescita economica e sulla necessità di spezzare le barriere poste dal tradizionalismo. Ma i tempi sono cambiati: invece dei tradizionali guerrieri e membri di tribù più o meno primitive, siamo di fronte ad agricoltori che coltivano piccoli appezzamenti di terreno ed è una loro mancanza di possibilità, non una loro resistenza al cambiamento, che veramente appare come la fonte principale di difficoltà allo sviluppo. Inoltre, siamo di fronte al rapido insorgere di disegua-glianze in società tribali un tempo egalitarie. Vanno ora emergendo intere classi di contadini senza terra, disoccupati rurali, abitanti di slums e braccianti stagionali, là dove un tempo ognuno aveva il diritto di coltivare la terra e di avere un'esistenza indipendente. Se a questo aggiungiamo il fatto che, nella maggior parte delle nazioni in via di sviluppo, la possibilità di occupazioni alternative all'agricoltura si estende in maniera così lenta che una proporzione sempre crescente della popolazione in aumento deve trovare di che vivere nelle zone rurali, almeno per i prossimi decenni — e questo contrariamente alle aspettative che tale proporzione dovesse invece diminuire, — si comprende come queste condizioni abbiano condotto ad un interesse maggiore per la ditribuzione e l'equità, oltre che per la crescita. « Sappiamo infatti che non esiste un'alternativa razionale a politiche di maggiore equità sociale » (Me Namara, 1972), o che « Non esiste alternativa valida all'accrescere la produt-tività della piccola agricoltura, se si vuole compiere un progresso significativo nella soluzione dei problemi della povertà assoluta nelle aree rurali... o arrivare ad una crescita economica stabile a lungo termine » (McNamara, 1973).

E' chiaramente troppo presto per sperare che nasca una piccola élite di agricoltori altamente produttivi, capaci di fornire alimenti a masse di lavo-ratori delle industrie e dei servizi; consideriamo perciò non quanto bene, ma quanto male i processi di diffusione distribuiscano i benefici della nuova tecnologia.

Tale impostazione potrebbe ricondurci alla pratica del vino nuovo negli otri vecchi, cioè alla reinterpretazione di fatti noti. Il presente articolo certo mira a dare un contributo a tale reinterpretazione, però tenta anche di offrire nuove direttive. Infatti, dopo aver esaminato gli effetti sull'equità della diffusione di innovazioni, sia teoretici sia empirici, cercheremo di presentare alcuni risultati di un tentativo svolto a modificare sperimentalmente le prassi correnti per ottenere sviluppi più equi in un'area rurale del Kenya.

Anzitutto vorremmo sottolineare un punto: che noi lavoriamo secondo il « modello africano », cioè postuliamo società aventi un passato tribale piuttosto egalitario, le quali cominciano appena a imparare il significato della ricchezza e della povertà relative. Questo va rilevato, perché chi lavora secondo il « modello dell'America latina » e quindi postula una società tradizionale,

caratterizzata dal latifondismo e dalle relazioni di dipendenza, troverà diffi-coltà a capire che noi ci preoccupiamo della diffusione di innovazioni in quanto fattore di inequità prevalente su fattori strutturali e in particolare sulla distri-buzione della proprietà terriera.

La teoria della diffusione e la divulgazione

La tradizione delle ricerche sulla diffusione delle innovazioni è probabilmente unica nelle scienze sociali per l'ampiezza della sua base empirica (Havelock e altri, 1969, p. 11). Il suo corpo di generalizzazioni è stato disseminato con entusiasmo, chiarezza e cura (ad es. Rogers, 1962 e Rogers e Shoemaker, 1971), eppure tale circostanza può avere i suoi inconvenienti: le generalizzazioni delle ricerche in materia di diffusione traggono conclusioni adeguate circa le pratiche correnti, cosa molto diversa dal proporre suggerimenti di pratiche ottimali. Però, proprio perché si sono diffuse così largamente, esse diventano spesso normative in sede pratica.

1. Le generalizzazioni rafforzano un interessamento dei divulgatori per gli agricoltori progressivi, in quanto mostrano che le innovazioni, partendo da questi agricoltori, penetrano realmente, per stillicidio, negli strati inferiori. Natural-mente, le generalizzazioni derivano dal fatto che la maggior parte dei servizi di assistenza tecnica in agricoltura segue la strategia della minima restistenza — il che non significa che si tratti di una strategia che ottiene l'effetto ottimale.

2. Le generalizzazioni rafforzano e sistematizzano l'uso delle categorizza-zioni degli agricoltori. Sono pochi i divulgatori agricoli che non classificano i propri clienti in termini di « progressività » o di « innovatività », servendosi di tale classificazione per concentrare i loro sforzi sugli agricoltori più pronti a seguire i loro consigli, che possiedono mezzi sufficienti, che sono in possesso di certe conoscenze, che simpatizzano con loro. Le norme della diffusione dicono che questi sono gli agricoltori che hanno un buon contatto con il divulgatore, giustificando così i principi correnti cui richiamarsi per la selezione dei gruppi da seguire, in situazioni in cui il divulgatore deve in qualche modo operare delle scelte, dato che non è in grado di seguire tutti.

Inoltre, le generalizzazioni circa la categorizzazione degli adottanti le inno-vazioni permettono una reificazione. Per esempio, quelli che restano indietro, che si preoccupano, come si dice, « di guardare nello specchietto retrovisore » (Rogers, 1962, p. 71), sono giudicati incapaci di cambiare, frustrati, fatalisti, refrattari, anche in società dove il cambiamento è così recente che l'adesione tardiva o assente è spesso ancora effetto di incapacità, anziché di resistenza al cambiamento dovuta ad una lunga storia di insuccessi, di oppressione, di frustrazione e di deprivazione relativa.

Per esempio, i soli « refrattari » veri da noi incontrati nel Kenya, erano i « politicanti locali », gli ex-combattenti Mau-Mau e i loro sostenitori, così profondamente frustrati nel periodo succeduto all'indipendenza, che oggi si oppongono attivamente ad ogni cambiamento.

3. La norma fondamentale delle ricerche sulla diffusione, che cioè le innova-zioni si diffondono autonomamente da chi è a contatto diretto con le fonti di informazioni esterne agli altri membri della comunità, garantisce un effetto moltiplicatore alle attività dei divulgatori sul campo, in situazioni in cui essi possono aver contatto diretto soltanto con una piccola parte degli agricoltori, specialmente quando si affidano, come metodo principale, soprattutto alle visite alle singole aziende agrarie. Le ricerche sulla diffusione dimostrano infatti che non è necessario occuparsi altro che di una piccola parte degli agricoltori.

A questo proposito, bisogna aggiungere che i divulgatori in genere non hanno ancora imparato una lezione: le dotazioni di semi e concimi per l'anno venturo non si possono basare su calcoli lineari, ma debbono tener conto del fatto che l'adozione si accelera con la velocità di un processo a catena.

4. « La più importante singola strategia del cambiamento, su cui insistono i ricercatori nei loro consigli ai divulgatori, è che bisogna agire tramite i leaders dell'opinione pubblica » (Sen e Bhowmik, 1970, p. 1). La maggioranza dei divulgatori ha imparato bene questa lezione, sia pure in forma semplificata. Infatti, considerano leaders dell'opinione pubblica quegli agricoltori progres-sivi che siano anche leaders. Quello che per solito viene dimenticato è che « la diffusione interpersonale è quasi sempre omofila » (Rogers e Shoemaker, 1971, p. 212) o che « il leader d'opinione pubblica è molto simile alla persona cui dà consigli » (Robertson, 1971, p. 184); si dimentica anche che in una società che va rapidamente stratificandosi, può accadere che ogni strato sociale abbia i propri leaders di opinione, invece di esservi alcune persone che svolgono tale funzione per tutta le comunità (comunicazione personale di Kees van Woerkum, Dept. of Extension Education, Wageningen. Van den Ban [1963, pp. 182-188] ha trovato inoltre che gli agricoltori seguono i consigli di altri agricoltori non molto progressivi, ma in qualche modo un poco più progressivi di loro).

La citazione che segue illustra la scorciatoia che di solito ne risulta (Repub-blica dell'Indonesia, 1973, p. 61 e segg). Dopo aver detto che « gli agricoltori dimostratori ideali » debbono essere progressivi, influenti, sufficientemente istruiti, rappresentativi e forniti di mezzi, l'autore del rapporto prosegue: « Non sarà facile certamente trovare questi agricoltori dimostratori ideali... ma si deve considerare perfettamente possibile trovare sempre un agricoltore disposto a

seguire i consigli e a rappresentare una parte di leader in una riunione di agricoltori senza pretendere di esser pagato per questo » (corsivo nell'originale).

L'effetto netto dell'ampia circolazione delle norme emerse dalla ricerca sulla diffusione, norme basate sull'osservazione della prassi corrente, è stato proprio quelli di rafforzare, legittimare e sistematizzare la prassi corrente, secondo la quali si devono fornire servizi intensivi di assistenza tecnica ad un piccolo numero di agricoltori innovatori, agiati, istruiti, e desiderosi di imparare, nella attesa che l'effetto di questi servizi giunga fino ad altri agricoltori mediante processi di diffusione spontanea. La questione è: fino a che punto questa aspettativa è realistica? Si tratta ancora del fatto che « a chi ha sarà dato », oppure di una strategia elaborata per uno sviluppo equo? Rispondendo a questo quesito, ci assumiamo una responsabilità, perché se dimostrassimo che la « strategia dell'agricoltore progressivo », come viene abitualmente praticata, è dannosa per raggiungere uno sviluppo equo, toccherebbe poi a noi fornire alternative a questa praticissima strategia. Infatti:

1. Gli agricoltori progressivi hanno aziende agricole estese, di modo che l'effetto diretto dei divulgatori agricoli sulla produzione totale è maggiore di quanto sarebbe se agissero con agricoltori meno progressivi.

2. Gli agricoltori progressivi sono quelli che formeranno, si spera, il futuro nucleo degli agricoltori commerciali, i quali forniranno alla nazione le derrate alimentari e i proventi dell'esportazione.

3. Gli agricoltori progressivi hanno un alto senso di efficienza (Smith e Inkeles, 1966), e quindi desiderano vivamente nuove cognizioni. Inoltre seguono i consigli; non si perde tempo per convincerli. Si ottiene rapidamente un risultato che è utile ai fini dei rapporti annuali e della promozione del divulgatore.

4. Gli agricoltori progressivi richiedono i servizi, non è possibile metterli da parte. Quando vengono trascurati si lamentano; alcuni sono abbastanza influenti da minacciare la carriera dei divulgatori stessi (Léonard, in pre-parazione).

5. Gli agricoltori progressivi hanno i mezzi per sperimentare idee nuove. Non si lamentano sempre della mancanza di denari. Gli altri hanno bisogno di credito, che notoriamente è difficile da concedere ai piccoli proprietari delle nazioni in via di sviluppo. Anche per questo motivo, le unità dimostrative sono sempre impiantate sulle terre dei progressivi. Per solito, non è il governo a sostenere le spese degli investimenti necessari.

6. Gli agricoltori progressivi sono per solito omofili con il divulgatore agricolo e trovano facile comunicare con esso. In alcuni casi, sono addirittura meglio informati e più accorti degli agenti sul campo, e si rivolgono diretta-mente agli alti funzionari. Situazioni simili sono considerate imbarazzanti: « i nostri divulgatori non sanno tenere testa agli agricoltori ».

7. Gli agricoltori progressivi rappresentano una sfida per gli agenti sul campo, li tengono all'erta e così rafforzano il servizio.

8. I divulgatori agricoli imparano dagli agricoltori progressivi quel che devono dire agli altri agricoltori (comunicazione verbale di van den Ban).

Tutto considerato, la strategia « dell'agricoltore progressivo » è molto efficace ed attraente, specialmente dal punto di vista degli enti di assistenza tecnica. Il fatto che le ricerche sulla diffusione, con la loro insistenza sui metodi di rilevazione, abbiano prodotto generalizzazioni che presuppongono questa stra-tegia, dimostra che detta strategia è veramente applicata largamente. Dovreb-bero forse gli studi sulla diffusione abbandonare le rilevazioni usuali, e comin-ciare a fare ricerche sui prototipi alternativi alle prassi correnti? Esamineremo la questione partendo dal giudizio di valore che lo sviluppo equo è desiderabile. Definiamo come sviluppo equo quei processi di cambiamento sociale che aumentano la misura in cui i membri di una popolazione sono in grado di ottenere dal proprio ambiente naturale risultati simili, ai fini di ovviare ai loro bisogni fisici, sociali e di sicurezza.

Diffusione ed entropia

I processi di diffusione, in teoria, sono egualizzatori. Prendiamo un qualsiasi villaggio tribale di circa un secolo fa: in gran parte chiuso alle cognizioni nuove, esso era di conseguenza caratterizzato da monotonia e entropia. In realtà, un antropologo poteva visitarlo, descrivere una casa o un'azienda agricola, e le aveva descritte tutte. Non c'era bisogno di statistiche.

Qualche anno più tardi, alcuni abitanti, portati via come schiavi per lavorare nelle piantagioni di cacao brasiliane, ritornano. Si sono disfatti degli indumenti di corteccia intessuta indossati prima, e si drappeggiano invece di stoffe a vivaci colori. Coltivano il cacao, per poter aver denaro e comprare lamiera ondulata per fare i tetti alle capanne. Questi effetti, positivi per alcuni, provo-cano negli altri la sensazione di esser poveri, di una povertà relativa. E la reazione normale alla povertà relativa è l'innovazione. Così anche gli altri piantano cacao, e comprano tessuti di cotone colorato e lamiera ondulata. Questa versione caricaturale dello sviluppo iniziale nel territorio degli Yoruba dimostra nondimeno che i processi di diffusione si possono anche considerare come fattori di restaurazione dell'equità dopo che siano state introdotte delle differenze nei risultati. Si potrebbe anche arrivare a dire che la « tendenza naturale » delle comunità è quella di raggiungere uno stato stabile, e che i processi di diffusione sono il meccanismo principale per raggiungere tale stato stabile, cioè uno stato di parità o equità. La curva ad S che descrive la

diffusione di una innovazione in una comunità, descrive come la condizione di equità si è ristabilita nel tempo.

E così, l'antropologo potrebbe ritornare a descrivere una sola piantagione di cacao Ma potrebbe davvero farlo? Se i processi di diffusione veramente tendono a ristabilire l'equità, perché 1UNSRID (Griffin, 1972) ed altri (Freebairn, 1973) si preoccupano tanto delle conseguenze sociali della « rivolu-zione verde?» E perché emergono inequità così grandi anche in società in un primo tempo più egalitarie?

Le i m p e r f e z i o n i d e l l ' e g u a l i z z a z i o n e m e d i a n t e d i f f u s i o n e

I processi di diffusione sono in realtà egualizzatori imperfetti. Varie ragioni di questo fatto si possono dedurre logicamente ed esporre empiricamente.

1. Le innovazioni non arrivano nelle comunità rurali una alla volta, e manca il tempo ai processi di egualizzazione di ristabilire l'equità dopo cia-scuna innovazione. Invece le innovazioni si succedono rapidamente l'una alla altra. Mentre alcuni membri della comunità stanno ancora adottando una innovazione più antica, altri già traggono vantaggi da innovazioni introdotte più recentemente. Si consideri ad esempio, il caso I.

CASO I . PROGRESSIVITÀ NELL'ADOZIONE

Innovazione Più

Medio Medio Meno

Totale

%

progr. sup. inf. progr. Totale

% % % % % Totale % 93 70 49 11 60 72 68 30 0 45 22 12 3 0 10 22 13 10 0 12 63 32 22 0 31 9 2 1 0 21 30 31 16 0 21 57 35 21 0 30 368 263 152 11 212 92 97 102 63 354 1. Bestiame selezionato 2. Caffè 3. The 4. Piretro 5. Granturco ibrido 6. Patate controllate 7. Nocciole maccadamia 8. Maiali

Totale per cento Base

Fonte: J. Ascroft ed altri, 1973, p. 23.

Spiegazione:

Nel 1970 conducemmo una rilevazione (Ascroft ed altri, 1971) nella Divisione di Tetu della Provincia Centrale del Kenya, su di un campione casuale di 354 agricoltori registrati come tali. Usando le 8 innovazioni della tab. qui sopra, venne dato agli agri-coltori un indice di « progressività » basato sulla somma del nu-mero di anni durante i quali ciascun agricoltore aveva introdotto una qualsiasi delle otto innovazioni. Questi indici vennero poi

usati per collocare gli agricoltori nelle categorie: più progressivi, medio superiori, medio inferiori e meno progressivi.

Le due variabili nelle tabella qui sopra non sono dunque indi-pendenti. Eppure le cifre dimostrano la grandezza della differenza fra gli agricoltori più progressivi e quelli meno. Il totale per cento dimostra che i più progressivi avevano adottato una media di 3,7 innovazioni, mentre i meno progressivi avevano adottato una media di 0,1 innovazioni.

2. Le innovazioni hanno bisogno di tempo per diffondersi. Ma anche se sono necessari soltanto dieci anni perché si possa diffondere una nuova coltivazione redditizia, quelli che l'hanno impiantata per primi ricevono un reddito per un numero maggiore di anni, e questo può collocarli in una posizione così avanzata che gli adottanti più tardivi ritengono impossibile competere. Si veda il caso II.

CASO I I . PROGRESSIVITÀ PER REDDITO

Reddito in KSHS Più Medio Medio Meno (scellini del Kenya) progr.

% sup. % inf. % progr. % Totale %

299 o meno 11 13 35 81 32

300-999 19 43 35 16 30

1000 e oltre 70 44 30 3 38

Totale 100 100 100 100 100

Base 79 91 112 59 341

Fonte: F. Chege (in preparazione).

Spiegazione:

Nel 1973 gli stessi agricoltori intervistati nel 1970 vennero intervistati di nuovo per uno studio ulteriore (Chege, in prepa-razione). Nel 1970 non era stato studiato il reddito per timore di ottenere dati inutilizzabili. Abbiamo cercato di farlo nel 1973, chiedendo a ciascun agricoltore quanto aveva ricavato dai fagioli, dal the, dal latte, dal lavoro fuori dell'azienda, ecc. Sommando per ciascun agricoltore tutti questi redditi parziali si ottiene una cifra che forse non riflette il reddito reale, ma che però è paragonabile per tutti i rispondenti. Questa variabile discrimina positivamente fra le categorie di progressività, dato che il 70% degli agricoltori più progressivi hanno un reddito di 1000 scellini o più, mentre l'81% di quelli meno progressivi raggiungono solo 299 scellini o meno.

3. Gli adottanti iniziali ottengono utili rilevanti (Rogers, 1962, p. 276). Essi cominciano a produrre in un momento in cui il prodotto è ancora relativamente scarso ed i prezzi son alti, oppure quando sovvenzioni o inputs vari vengono ancora offerti quali incentivi. Gli adottanti successivi possono trovare prezzi bassi, mentre altri possono venir frustrati da

proibi-zioni o limitaproibi-zioni. Un esempio in questo senso è la quota relativa al caffè, imposta in seguito ad accordi internazionali in materia di merci.

4. Il fatto di aver danaro, o maggiori quantità di danaro, relativamente prima degli altri, permette di acquisire risorse ulteriori quando sono ancora

a buon mercato. Si veda il caso III.

Più Medio Medio Meno

Totale % progr. % sup. % inf. % progr. % Totale % 60 76 91 96 80 32 18 7 2 15 8 6 2 2 5 100 100 100 100 100 92 97 102 63 354

CASO I I I . PROGRESSIVITÀ PER FRAMMENTAZIONE FONDIARIA

1 appezzamento 2 appezzamenti 3 appezzamenti e più Totale

Base

Fonte: ). Ascroft ed altri, 1973, p. 29.

Spiegazione:

Quando nel 1959 l'assegnazione e registrazione degli appezza-menti di terreno venne terminata, ogni agricoltore aveva un ap-pezzamento. Nel 1970, il 40% degli agricoltori più progressivi aveva acquisito uno o più appezzamenti addizionali, mentre sol-tanto il 4% di quelli meno progressivi era riuscito a sol-tanto. 5. Le idee si diffondono facilmente. Non sono un bene di cui si può avere scarsità: si può trasmettere un'idea e averla ancora. Ma il mettere in pratica quanto suggerito dall'idea richiede delle risorse che, invece, possono essere scarse. Le differenze nella dotazione iniziale di risorse, come per esempio il potere derivato da diritti tradizionali sulle terre o da certi tipi di rifornimenti, oppure differenze nello stato di salute, nell'avere o meno una famiglia che fornisca le braccia per dissodare terre vergini al fine di impiantare coltivazioni commerciabili, diversi livelli di intelligenza, ecc., pos-sono portare come conseguenza lo svilupparsi di grandi differenze fra famiglie

Documenti correlati