• Non ci sono risultati.

Innumerevoli sono i “fattori secondari” che si pongono come “effetto” o “sintomo” dei due “fattori principali” dianz

CRISI ECONOMICA MONDIALE

2. Lo schema teorico interpretativo di Fisher

2.3. Innumerevoli sono i “fattori secondari” che si pongono come “effetto” o “sintomo” dei due “fattori principali” dianz

richiamati.

Tra quelli secondari, però, ve ne sono alcuni di speciale importanza.

Per comprendere questo punto, è d’obbligo delineare il qua- dro fisheriano della successione logica secondo cui i vari “fattori secondari” più rilevanti tendono a scendere in campo nella fase di contrazione dell’economia, una volta che siano stati messi in moto dall’ “eccessivo indebitamento”.

Veniamo al suddetto quadro.

Si assuma che, ad un certo momento, si maturi in una eco- nomia capitalistica “uno stato di eccessivo indebitamento” (a

state of over-indebtedness) da parte delle imprese.

È chiaro che una tale situazione non può durare illimitata- mente, ma, prima o poi, dovrà provocare la “liquidazione dei debiti” (debt liquidation) attraverso “l’allarme” (the alarm) che si avrà o tra i debitori che non sono in grado di pagare, o tra i creditori che non sono in grado di riscuotere, o tra entrambe queste categorie.

Questa [] “liquidazione dei debiti” dà luogo: a) alla svendita dei beni,

b) e alla [2] “contrazione” sia dei “depositi bancari” sia della stessa “velocità di circolazione” della moneta.

Di qui, come ben si comprende dai fenomeni poc’anzi ri- levati, la [3] “caduta del livello dei prezzi” (a fall in the level of

prices).

a questo punto della successione logica dei fattori, secondo Fisher, possono formularsi due ipotesi strategiche alternative:

α) la “caduta del livello dei prezzi” non è ostacolata da forze di segno opposto;

β) quella “caduta” è ostacolata da tali forze.

Se si accetta l’ipotesi α), è evidente che nel sistema econo- mico considerato si determinerà:

- una [4] caduta dei “valori netti delle imprese” ben più grande di quella che si verificherebbe in presenza del- l’ipotesi β,

- e, ovviamente, una [5] “caduta dei profitti” così elevata da generare, anche attraverso i fallimenti, una [6] riduzione

nei volumi della produzione e del commercio, nonché nel livello

d’impiego della forza-lavoro.

Caduta dei profitti, fallimenti, contrazione del grado di uti- lizzazione della capacità produttiva, riduzione nei volumi della produzione e del commercio, e crescita della disoccupazione della forza-lavoro danno luogo ad uno stato di [7] “pessimismo e sfiducia”, che spinge al [8] “tesoreggiamento” ed al “rallenta- mento ulteriore della velocità di circolazione della moneta”.

I succitati otto fattori provocano, a loro volta, [9] “complicati disturbi nei tassi d’interesse” e, più in particolare, un rialzo dei “tassi reali d’interesse”, cioè dei tassi d’interesse in termini di potere d’acquisto dei beni6.

Il rialzo dei tassi reali d’interesse si spiega, molto sempli- cemente, in virtú della circostanza che la deflazione influenza a sua volta i debiti nei loro valori reali.

Cosí il Fisher:

“ogni dollaro di debito non pagato diventa un dollaro più grande, e se l’eccessivo indebitamento era in partenza già suffi- cientemente grande, la liquidazione dei debiti non può stare al passo con la caduta dei prezzi di cui è causa. In questo caso, la liquidazione annulla se stessa. Nel mentre essa riduce il numero dei dollari da restituire, provoca, con una velocità maggiore, l’aumento del valore in ciascun dollaro da pagare”.

6 Si è occupato dell’importanza della distinzione fisheriana tra interesse nominale

ed interesse reale Casarosa (982).

Ecco, quindi, “il grande paradosso” (the great paradox), che è un po’, per il nostro studioso, “il segreto principale della maggior parte delle grandi depressioni”: “Più i debitori pagano,

più essi debbono” (The more the debtors pay, the more they owe),

(Fisher 933, p. 344).

In merito al “grande paradosso” della liquidazione dei debiti, va osservato che esso non è, per Fisher, una semplice ipotesi teorica, avendo trovato un effettivo riscontro negli Stati Uniti d’america dopo il 929.

Nel 933, secondo stime dello stesso Fisher, il livello dei de- biti interni, espresso in termini reali, si era accresciuto, rispetto al 929, di ben il 40%! Di qui il marasma economico.

l’incapacità delle imprese statunitensi ad estinguere i propri debiti con i flussi di contante generati dai redditi della depres- sione sarà ribadita pienamente - a circa mezzo secolo di distanza dalla riflessione fisheriana - da Hyman P. Minsky (984).

Cosí il Minsky:

“ (…) Nel 929, anno della prosperità, il Prodotto Nazionale lordo era 03,4 miliardi di dollari e le spese totali del Governo Federale, considerando sia gli acquisti di beni e servizi che le spese per trasferimenti a persone, erano 2,6 miliardi di dollari. Nello stesso anno l’investimento era 6,2 miliardi di dollari. Nel 933, l’anno in cui la grande contrazione raggiunse il punto di svolta inferiore e in cui venne dato inizio al New Deal (Roosevelt fu eletto nel novembre del 932 ed entrò in carica nel marzo del 933) il Prodotto Nazionale lordo era 55,8 miliardi di dollari e le spese totali del Governo Federale erano 4,0 miliardi di dollari. Nel 933 l’investimento era ,4 miliardi di dollari.

(…) In nessun modo un Governo Federale che spende in totale 4,0 miliardi di dollari può controbilanciare con il suo disavanzo l’effetto sui profitti delle imprese di una caduta dell’investimento privato di 4,8 miliardi di dollari [da 6,2 a ,4 miliardi di dollari]. Nel 929 gli utili lordi non distribuiti delle imprese furono ,7 miliardi di dollari. Nel 933 furono 3,2 miliardi di dollari. Poiché i debiti del 933 erano per la maggior parte un retaggio degli anni precedenti, il problema

finanziario delle imprese era quello di far fronte agli impegni di pagamento dei debiti assunti negli anni di prosperità con i flussi di contante generati dai redditi della depressione”.

È doveroso aggiungere che, nella logica del Fisher, ogni “inversione” di tendenza che si manifesta nel passaggio da un’economia in contrazione ad un’economia in ripresa non è mai determinata esclusivamente da fattori d’ordine quantitati- vo; anche alcuni elementi qualititativi, come l’instaurazione di un clima di fiducia nell’avvenire, vi giuocano un ruolo di primaria importanza (Fisher 933, p. 347). Va notato, inoltre, che la mente del Fisher non si è limitata a considerare la successione logica dei fattori secondari più rilevanti che entrano in azione durante un processo deflazionistico, ma ha pure tentato di cogliere la

successione cronologica degli stessi fattori, sulla quale, in questo

lavoro, non ci sembra opportuno soffermarci.

3. Alcune considerazioni in merito all’analisi fisheriana della