FENOMENO CORRUTTIVO NEL SETTORE SANITARIO Carlo Mancinell
1. Inquadramento della tematica.
Vorrei iniziare con la sintetica narrazione di tre diverse fattispecie, quasi tre aneddoti, per inquadrare a grandi linee il tema oggetto del mio intervento.
Il primo di essi si riferisce al periodo in cui ho vinto il concorso nella magistratura della Corte dei conti ed ho preso servizio presso la sede di prima destinazione, Palermo. Avevo da poco subito un incidente stradale, le cui conseguenze mi obbligavano a sottopormi a un periodo di riabilitazione. Mi ero già sottoposto all’accertamento radiografico a Trento, subito dopo l’incidente, ma ero impossibilitato a seguire il ciclo di fisioterapia in questa città, poiché l’attività di servizio mi obbligava ad una presenza assidua a Palermo; mi sono, quindi, rivolto a una struttura di Palermo (convenzionata con il SSN) per chiedere se avrei potuto svolgere la riabilitazione presso la medesima. La risposta fu: “Certamente, non si preoccupi, lei viene qua, noi prima le facciamo la radiografia, e poi facciamo la riabilitazione”; al che obiettai: “Ma io sono già in possesso della radiografia, quindi non ho intenzione di rifarla perché non voglio espormi nuovamente ed inutilmente a radiazioni”. “Noi la rifacciamo ma non si preoccupi, lei non deve pagare niente, perché a noi la rimborsa il servizio sanitario”. E questo è il “primo contatto” con uno degli aspetti del tema odierno.
Il secondo episodio riguarda sempre il mio periodo palermitano: per motivi di servizio mi sono trovato ad avere a che fare con il mondo della sanità, in particolare con quella convenzionata; come è ben noto, prevalentemente al sud (ma un po’ dappertutto in Italia) la sanità convenzionata rappresenta quasi – ed uso un termine forte – una piaga,
per la sua diffusione. Tra l’altro, generalmente funziona molto bene, laddove la sanità pubblica invece presenta molte pecche; anzi, quanto più la sanità pubblica è carente, tanto più quella privata arriva a livelli elevati di prestazioni erogate. Ed anche questo aspetto potrebbe costituire argomento di ampia discussione, qualora volessimo indagare sulle ragioni di questo fenomeno.
Agli esiti di un’indagine ho emesso un atto di citazione per rimborsi a una struttura sanitaria che era stata accreditata ma che in realtà non presentava i requisiti per l’accreditamento: infatti, era stato concesso il pre-accreditamento alla struttura sulla base (della normativa regionale, ma soprattutto) di alcune fatture false emesse, per un totale di circa 600 euro di prestazioni fittiziamente eseguite l’anno precedente (le fatture riguardavano tutte le medesime 2-3 persone, parenti tra loro e del direttore della struttura).
Il budget assegnato era quello minimo previsto dalla normativa regionale, pari a 22 mila euro; il che stava a significare che avrebbero potuto essere rimborsate dal servizio sanitario regionale prestazioni per un importo complessivo non superiore a detta cifra.
Di fatto, nel primo anno la struttura (un centro di riabilitazione e fisioterapia) aveva fatturato, e aveva ottenuto il rimborso, per prestazioni pari a quasi 500 mila euro. In questa fattispecie, tra l’altro, è stata la Procura della Corte dei conti ad avere per prima la segnalazione (la c.d. notitia damni). Al termine delle indagini, essendo evidente l’esistenza anche di fattispecie di rilevanza penale, ho trasmesso il mio atto di citazione alla Procura della Repubblica, che ha svolto le indagini di propria competenza e – da notizie ricevute in seguito – ho appreso che alla fine si è avuta anche la condanna penale.
La terza fattispecie cui voglio far cenno riguarda una vicenda recentissima e piuttosto eclatante successa qui a Trento (per la quale è già intervenuta sentenza di condanna) mi riferisco ad una persona, un livello medio basso nell’ambito dell’Azienda sanitaria, che ha gestito per anni cifre rilevanti in perfetta autonomia e senza alcun meccanismo di controllo, riuscendo ad appropriarsi di oltre 3 milioni di euro di denaro pubblico attraverso il pagamento di false prestazioni o la finta fornitura di ausili sanitari a propri parenti.
Considerata la complessità della struttura dell’APSS e la presenza di una ben retribuita classe di dirigenti, il fatto che una semplice impiegata abbia potuto portare avanti per anni un sistema fraudolento di tali dimensioni sta a significare che i controlli non hanno funzionato, rivelando una criticità di sistema cui si auspica che l’Azienda abbia posto rimedio. Non ci si può basare semplicemente sulla fiducia che ciascuno faccia il proprio dovere in onestà (anche se sarebbe senz’altro auspicabile).
Quelli appena descritti sono tutti esempi di gestioni deviate di denaro pubblico, ciascuno con un diverso livello di gravità. Ovviamente, tutti questi esempi interessano il pianeta sanità, perché è l’argomento che stiamo trattando. Si tratta di un settore particolarmente rilevante, sia per l’entità degli importi in gioco (essendo la sanità il settore di maggior rilievo della spesa pubblica) sia perché queste devianze si ripercuotono non solo sulle tasche dei cittadini ma, trattandosi di sanità, vanno a colpire la cittadinanza in uno stato di debolezza, di inferiorità, vale a dire quando viene ad essere carente la salute psico-fisica.
L’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Eppure, chi non ha mai sentito parlare, ad esempio, di medici che “dirottano” pazienti dalle strutture pubbliche verso quelle private, dove magari (sempre loro) forniranno a (salato) pagamento quelle prestazioni che avrebbero potuto / dovuto fornire gratuitamente? L’obiezione potrebbe essere facile: il cittadino non pagherà presso la struttura convenzionata, come non avrebbe pagato presso quella pubblica. A prescindere dal fatto che ciò non è sempre vero, in ogni caso è necessario verificare quanto costa al Servizio sanitario pubblico il rimborso della prestazione eseguita altrove.
Ci sono poi i casi di cronaca, spesso raccapriccianti, che vengono alla nostra conoscenza attraverso gli organi di stampa: pensiamo alla “clinica degli orrori”, alle valvole cardiache difettose, che hanno causato vittime e giri di denaro elevatissimi.
Si potrebbe parlare anche dei famosi (quasi famigerati) “costi standard”, sempre all’attenzione generale e mai veramente attuati, che fanno sì che la stessa siringa o la stessa apparecchiatura sanitaria acquistata dalle
varie strutture ospedaliere abbia costi sproporzionatamente differenti tra Milano, Trento, Roma, Napoli, ecc.
Tra l’altro, è vero che il costo della maxi apparecchiatura può creare in un colpo solo un ammanco molto evidente, in caso di condotta fraudolenta o comunque non regolare. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, è nel piccolo che si annidano le maggiori irregolarità (ed anche i maggiori danni), perché nessuno farà caso all’acquisto delle siringhe, mentre magari in molti potrebbero porre l’attenzione sull’acquisto delle grandi apparecchiature.
O potremmo parlare delle liste di attesa, con tempi spesso molto lunghi quando si debba accedere alle prestazioni sanitarie in regime pubblicistico, che “magicamente” si riducono a pochi giorni, se non a poche ore, quando qualcuno possa permettersi di pagare la prestazione. E, passando ad esaminare il settore sanitario “non propriamente pubblico” (vale a dire quello dell’attività sanitaria a pagamento), il famigerato sistema dell’onorario “variabile” (con o senza fattura?) ci fa fare conoscenza anche con il lavoro “grigio”, se non proprio nero, e con il fenomeno dell’evasione fiscale.
Del resto il rapporto di Transparency International Italia segnala tra i fenomeni di devianza del settore sanitario alcuni casi riconducibili anche agli esempi presentati.
2. Corruzione e concussione.