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A ben vedere dal cambiamento di paradigma e dalla conseguente innovazione sociale e culturale avutasi con l'introduzione dell'approccio housing first, l'elemento della stabilità abitativa è considerato, oggi, il “bisogno guida” in grado di orientare la comprensione e la lotta all' homelessness (Santinello et al., 2016). Tale approccio considera infatti l’elemento dell'assistenza abitativa il principale presupposto all'avvio di un percorso più generale di risoluzione dei problemi della persona senza dimora, siano essi a carattere sociale, sanitario oppure occupazionale. È dunque la casa l'elemento dal quale si ritiene possa ripartire la persona, rimettendo a posto i pezzi della propria esistenza, negli altri ambiti di vita (Tsemberis et al., 2004; in Santinello et al., 2016).

Nonostante gli indubbi benefici di un simile approccio, il solo supporto abitativo non risulta, tuttavia, sufficiente ad assicurare un completo stato di benessere della persona:

fondamentale è altresì costruire, attorno alla stessa, delle reti di sostegno sociale in grado di spezzare “il ciclo dell’homelessness” (Santinello et al., 2016: 131), fornendo una via di fuga dalla condizione di senza dimora. Ciò, è tanto più comprensibile se si considera la più ampia cornice entro la quale si colloca il fenomeno – quella della marginalità grave – che attraverso un processo dinamico e progressivo di esclusione sociale fa mancare alla persona

non soltanto un'abitazione, bensì dei canali di integrazione sociale rispetto al contesto di appartenenza. Per quanto centrale nei modelli HF, disporre di un’abitazione si rivela infatti condizione necessaria ma non bastevole, nella sua singolarità, a contrastare processi di stigmatizzazione ed esclusione non solo abitativa, bensì sociale, cui la persona senza dimora è spesso soggetta (Santinello et al., 2016).

L'integrazione delle persone senza dimora entro il tessuto sociale appare dunque, oggi, un fondamentale obiettivo dei servizi offerti dal sistema (Gaboardi et al., 2019 in Gaboardi e Santinello 2020). Se in passato la ricerca aveva discusso di integrazione nei termini dell'utilizzo e della frequentazione di luoghi di vita comune all'interno di un territorio – ad esempio negozi, bar – l’integrazione è poi stata analizzata nella sua intrinseca multidimensionalità.

In particolare, Wong e Solomon (2002; in Santinello. 2016) hanno costruito un concetto multidimensionale di integrazione, al fine di cogliere il ruolo rivestito dalle caratteristiche dei programmi attuati, secondo cui l'integrazione viene discussa e disarticolata in molteplici dimensioni: innanzitutto una dimensione fisica, che si esplica nella partecipazione a determinate attività, dunque nell’utilizzo di risorse del territorio; una dimensione sociale, la quale inerisce al grado di sviluppo della dimensione relazionale e delle interazioni (dentro e fuori ai servizi) ed una psicologica, con riferimento al consolidamento di un senso di appartenenza alla comunità di riferimento. Insieme, queste tre dimensioni vanno a costituire quella che gli autori definiscono community integration, ritenuta il frutto dei processi di interazione tra fattori individuali e caratteristiche dei programmi.

A questo proposito, la ricerca condotta da Santinello et al. (2016) ambisce a sondare il concetto di integrazione sociale delle persone senza dimora, coinvolte in programmi attuati dal Network di Housing first Italia (NHFI), ponendosi come obiettivo lo studio della relazione tra grado di integrazione sociale degli aderenti, soddisfazione connessa al servizio offerto e qualità dell’esperienza abitativa.

I risultati della ricerca evidenziano che, in una scala da 0 a 8, l'integrazione fisica si attesta su un valore medio di 3,06. Per quanto riguarda l'integrazione psicologica, il valore medio riscontrato è di 14,83 su una scala da 4 a 25, mentre la percezione di godere della libertà di scelta, la percezione di qualità dell'abitazione, assieme al grado di soddisfazione per il servizio esprimono valori prossimi ai punteggi massimi.

La soddisfazione nei confronti del servizio manifesta, inoltre, una correlazione con la dimensione dell’integrazione psicologica e con la percezione di qualità dell'abitazione.

Quest'ultima variabile appare, invece, correlata con la possibilità di scelta.

Per quanto concerne poi l'integrazione sociale, dal confronto con un campione di individui coinvolti in programmi differenti dall’HF non emergono significative diversità nei valori medi riscontrati sul piano dell’integrazione fisica, mentre l'integrazione psicologica manifesta un valore medio più elevato all’interno del collettivo di individui inclusi in programmi HF.

La ricerca in questione dimostra dunque come le persone coinvolte da programmi HF esprimano un alto grado di integrazione psicologica (traducibile nello sviluppo di un senso di appartenenza non solo alla propria casa, ma più in generale al quartiere in cui essa è collocata) a dispetto, invece, del livello di integrazione fisica.

Tuttavia, presentando la ricerca alcuni limiti, gli autori suggeriscono di realizzare studi longitudinali che vadano a considerare le caratteristiche individuali delle persone coinvolte – nonché del programma – in modo da indagare i fattori in grado di esercitare l'influenza più significativa sull'integrazione sociale, nelle sue molteplici articolazioni. L’intento dei ricercatori è, infatti, quello di dimostrare quanto la declinazione sociale dell'integrazione rappresenti uno dei traguardi fondamentali dei programmi a sostegno delle persone gravemente emarginate: ciò, dal momento che l'integrazione sociale accresce il grado di autonomia entro un contesto sociale, abbattendo stigma e processi di emarginazione. Una conoscenza approfondita delle modalità di integrazione sociale delle persone senza dimora risulta pertanto necessaria, ai fini di adeguate ed opportune scelte operative in tale ambito.

Per quanto concerne tale dimensione, Cortese e Pascucci (2020) identificano poi una serie di fattori in grado di funzionare come leve, o al contrario come barriere, all'integrazione socioeconomica delle persone in condizione di homelessness: essi vengono identificati in fattori functioning o non functioning. A questo proposito, le ricercatrici identificano tre livelli attraverso cui i diversi fattori vengono catalogati nelle due categorie menzionate: il livello individuale, strutturale e relazionale.

Per quanto riguarda le leve, sembrano costituire fattori di integrazione sul piano individuale elementi quali la motivazione a fuoriuscire dalla propria condizione, l’agency, le scelte personali, i propri desideri e la capacità di riconoscere il giusto valore alle proprie abilità, dandone anche dimostrazione; sul piano strutturale, si individuano gli elementi dell'inserimento in percorsi abitativi, la partecipazione a laboratori di inclusione e l'instaurazione di opportune relazioni di fiducia con il Servizio sociale di riferimento, in grado di offrire supporto alla persona; sul piano relazionale, infine, si riconosce il peso dei legami non solo familiari ma anche con i peers75 (come fonte di nuove amicizie, fattore di

75 In questo ambito, si intende fare riferimento con tale termine a tutti quegli individui che condividono una medesima condizione di grave deprivazione e i quali, avendo affrontato situazioni

socialità e scambio di informazioni sui servizi), l'utilizzo del meccanismo del passaparola e dei social network.

Per ciò che riguarda le barriere, sul piano individuale si rilevano invece la presenza di forme di adattamento passive, eventuali fragilità e disturbi emotivi, cattive condizioni di salute, dipendenze e scarsa autodeterminazione; a livello strutturale, sembrano rivestire un ruolo l'inadeguatezza dei servizi, nonché tempi di attesa troppo lunghi, risposte non sufficientemente personalizzate e la mancata tutela da alcuni rischi; infine, a livello relazionale un ruolo determinante rivestono, certamente, l'assenza di legami familiari (o la sussistenza di legami disfunzionali, i quali fungono da “propulsore di problematicità”, specialmente per l’universo femminile), insieme a condizioni di isolamento e a situazioni sentimentali complicate (ibid.: 129).

Si rammenti, inoltre, l’importanza che il fattore tempo riveste ai fini dell'integrazione, dal momento che di fronte alla cronicizzazione della condizione di homelessness ha luogo una corrispondente diminuzione delle occasioni lavorative, formative e sociali esterne ai servizi: è sulla base di simili considerazioni che un intervento precoce si ritiene, pertanto, fondamentale (ibid.)

Tuttavia, l'integrazione non è un concetto interpretato in maniera univoca all'interno della letteratura di settore, potendo includere al suo interno molteplici sfere di vita, quali ad esempio il lavoro, la casa, la spiritualità e la partecipazione civica e politica. In conseguenza di una simile eterogeneità di definizioni, valutare se un servizio sia in grado di produrre miglioramenti nell’utenza diviene un compito piuttosto arduo. Pertanto, al fine di cogliere i significati individuali dell'integrazione si espone, di seguito, uno studio condotto nel 2018, volto ad indagare il punto di vista delle persone senza dimora sul concetto di integrazione sociale (Gaboardi, Santinello, 2020).

Dai risultati di quest’ultimo emerge come le persone senza dimora sentano il desiderio di essere considerate persone “normali” (facendo riferimento, con tale espressione, al sentirsi liberi di esprimere a pieno la propria personalità, al nutrire stima per se stessi, all’essere persone che lavorano e sono in grado di occuparsi di se stesse in una propria abitazione, in uno stato di buona salute e in grado di autodeterminarsi), vedendosi rispettate e riconosciute nel loro valore (in questa categoria rientra la capacità di costruire relazioni, di sentirsi accettati nel proprio essere, il poter fare affidamento su qualcun altro e sentirsi sostenuti etc.), oltre a sentirsi utili per la società (con riguardo alla percezione di avere una

simili, sono in grado di fornire un apporto particolarmente rilevante nel sostegno alle persone senza dimora (ibid.).

responsabilità verso gli altri, nonché obiettivi e attività da portare a termine, dunque sentire di rivestire un ruolo sociale).

La ricerca descrive pertanto come l'integrazione, per le persone intervistate, rappresenti un costrutto multidimensionale, che ricomprende al suo interno tre livelli in grado di intersecarsi: quello dell'identità individuale, il livello dell'interazione con le altre persone e infine quello dei ruoli sociali. In questa prospettiva, l'integrazione sembra essere il frutto della relazione tra persona e contesto in cui la stessa vive: nell'affrontare la lotta al fenomeno dell’homelessness è dunque fondamentale anche tenere in alta considerazione il punto di vista delle persone che, per prime, lo vivono direttamente (ibid.).

Infine, anche l’approccio HF può favorire l'integrazione sociale della persona senza dimora, attraverso il supporto di un team multidisciplinare, volto alla sua attuazione: a tale scopo, quest’ultimo potrà mettere in pratica una serie di macro-azioni, proposte all’interno del cosiddetto approccio ecologico (Ornelas, 2013; in Cortese, Iazzolino, 2014). Esse riguardano, in primo luogo, la necessità di rendere più facilmente accessibili i servizi, favorendo il processo di riappropriazione, da parte dei beneficiari, della propria identità sociale (ad esempio con azioni di affiancamento all'interno di uffici amministrativi, legali, sociali eccetera). Ulteriori macro azioni di reinserimento sociale consistono nello sviluppo di competenze sociali, tese a favorire e a sostenere le relazioni sociali entro diversi contesti (ad esempio pubblici o lavorativi), nel fornire supporto ai beneficiari del progetto nella gestione dell'alloggio (anche attraverso un’attività di mediazione con i relativi affittuari), nel coltivare le occasioni di partecipazione attiva alla vita di comunità, in ogni sua sfumatura (sociale, ricreativa ma anche politica e religioso/spirituale), lavorando anche sul senso di cittadinanza. Un’ultima categoria di macro-azioni può, infine, riguardare la capacità di alimentare il valore della solidarietà sociale a partire dal rapporto con il vicinato, per poi ampliarsi alla comunità più estesa.