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L’intellettuale: tra intrecci e solitudini.

2.5 Per gli intellettual

Bauman, insieme a Cornelius Castoriadis, rifiuta di accettare l’idea per la quale la realtà “è come deve essere”, senza alternative. Per il sociologo l’alternativa esiste, perché la morale esiste e ci porta comunque a compiere delle scelte. Il problema è che “abbiamo smesso di porci delle domande”106, scrive ricordando Castoriadis. Altro tratto distintivo della società attuale consiste nel fenomeno per il quale la globalizzazione non ha generato uno scenario di universalità, unificazione per la specie umana. L’assenza di “un’unione immaginata”107

102 Z. Bauman, Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari, 2005.

103 R. Rorty, La filosofia dopo la filosofia, Sagittari Laterza, Roma-Bari, 1989. 104 Z. Bauman, Paura liquida…Op. cit., pp. 182-184

105

Z. Bauman, Il disagio della postmodernità, Mondadori, Milano, 2002, cit. p. 74.

106 Z. Bauman, Dentro la globalizzazione…Op. cit., cit. p. 8. 107 K. Tester, Il pensiero di Zygmunt Bauman…Op. cit.

impedisce all’immaginazione pubblica di rendere operativa e promuovere una prassi globale, di favorire la proliferazione di istituzioni globali, la cui azione si propaghi a livello planetario. Bauman volge lo sguardo, dunque, con speranza all’utopia di un’Europa realmente unita (e non in termini solamente economici!); essa, secondo la prospettiva dell’autore, potrebbe favorire l’immaginazione della comunità umana globale, in quanto, facendo riferimento ad un’identità sopranazionale, richiama l’universalità. Quest’ultima, a sua volta, facendo perno sul rispetto dell’altro108, si avvale della sostanza morale che dovrebbe estendersi all’intero pianeta, perché il postulato dell’assunzione della responsabilità per la responsabilità comporta la diminuzione della sofferenza, il conforto nel dolore, ovunque esso si manifesti. In questo contesto, quale ruolo spetta dunque agli intellettuali?

Secondo il pensiero dello studioso polacco, essi non possono limitarsi a descrivere e rispecchiare le condizioni dettate dal fenomeno globalizzazione e dalle evoluzioni della modernità liquida. Per umanizzare il mondo (perché anche questo è compito degli intellettuali!) occorre sollecitare l’immaginazione sociologica, canalizzandola nell’impegno verso la prassi politica: la convivenza umana, attraverso la politica intesa come dialogo improntato sul reciproco rispetto, può essere ricomposta, laddove presenta fratture e ridisegnata, laddove è alla ricerca di forme nuove di socialità. Affinché ciò di realizzi occorre apprendere l’arte della traduzione, senza la quale il dialogo non è possibile. Così, la metafora dei legislatori, oramai inadatta a cogliere quale può essere, oggi, il ruolo degli intellettuali, viene progressivamente sostituita dalla metafora degli interpreti. Senza dimenticare che le analisi della postmodernità devono essere considerate valide “fino a nuovo ordine”, senza pretese. Il passaggio da legislatori ad interpreti sancisce una tras-formazione109, dunque un’occasione rigogliosa e prospera per gli intellettuali del nostro tempo. Non ci sono garanzie certe o convinzioni rassicuranti, ma in fondo, quest’incertezza potrebbe essere preludio alla democrazia. Di più, è l’esaltazione della moralità, quindi dell’umanità.

108 Il riferimento è, ancora una volta, a Lévinas.

109 A. Gramigna, L’ontologia della differenza nella relazione tras-formativa, in A. Gramigna (a

L’atteggiamento di Bauman si declina, ancora una volta, nel ruolo di ermeneuta che non cerca soluzioni, ma domande, non certezze, ma giustizia. Non ama l’ordine, ma il fermento della concertazione. E traccia così orizzonti di senso. E li fonde110 e infonde speranza: “il dovere della speranza”111. In accordo con Pierre Bouridieu, Bauman esorta quanti hanno la possibilità di dedicare la propria vita allo studio del mondo sociale: essi non possono riposare, indifferenti112, quando accanto a loro si decide per il futuro del mondo. Il pensé unique113, il senso comune114 continua ad atrofizzare le coscienze e a svilire il pensiero critico dell’essere umano, che da sempre necessita di cure. Agli intellettuali il dovere di questa cura; che è premura verso i deboli, impegno contro l’ingiustizia, indignazione di fronte all’umiliazione, esortazione alla speranza, offerta di orientamento etico, esaltazione dell’essere morale. Costitutivamente ermeneutica, perché nasce dalla concertazione sociale e non può prescindere da essa. Al di là di ogni neutralità o di ogni sguardo vizioso, la postura dell’intellettuale, in Bauman, si fonda sull’integrità, l’impegno politico, la dedizione etica. Ma, soprattutto, incontra l’altro ed è rivolto all’Oltre e procede interpretando, perché l’onestà intellettuale ha bisogno di tentativi ed errori, “forse più errori che tentativi azzeccati.”115

Lo studio del pensiero di Bauman da una prospettiva pedagogico-sociale, approfondisce alcuni aspetti specifici delle riflessioni dell’autore. In particolar modo la nostra analisi intende rintracciare quegli elementi relazionali, sociali, culturali che, muovendo itinerari formativi, vanno definendo l’identità dell’uomo contemporaneo. La volontà di un dialogo continuo con l’esperienza e il coinvolgimento relazionale sono, per il pedagogista, un momento imprescindibile. Anche quando si dedica alla ricerca, allo studio, agli aspetti intellettuali più elevati, egli intesse relazioni di senso e, così, ne è responsabile. La formazione, che appartiene intrinsecamente all’esperienza quotidiana, necessita di

110 Il riferimento è a Gadamer.

111 Z. Bauman, Paura liquida…Op. cit., cit. p. 218.

112 P. Bourdieu, La responsabilità degli intellettuali, Laterza, Roma-Bari, 1991. 113

Il riferimento è a Pierre Bourideu.

114 Z. Bauman, R. Caccamo De Luca (a cura di), Critica del senso comune…Op. cit. 115 Z. Bauman, Una nuova condizione umana…Op. cit., cit. p. 68.

quell’atteggiamento critico sul quale Bauman insiste in più occasioni. Il rischio consta nella travisazione dei contenuti, nell’aureferenzialità degli interventi, insomma, nell’incomprensione.

In questa stretta aderenza con la morale, in questa relazionalità sempre sottesa, in questa visione ecologica della prassi sociale, intravediamo importanti snodi epistemologici che lasciano presagire una reale possibilità di creazione di una visione unitaria e complessa, pur nella specificità di ogni apporto disciplinare. Perseguire un approccio sincronico tra le scienze sociali, non solo è possibile, ma è anche doveroso. Del resto, la quotidianità dell’esperienza, quanto l’indagine scientifica sono attraversate dalla stessa essenza interpretativa.