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L’intelligenza emotiva tramite la ‘parolizzazione’ e la ‘silenziazione’ delle emozion

Un affetto sorprendente

3. L’intelligenza emotiva tramite la ‘parolizzazione’ e la ‘silenziazione’ delle emozion

Ma sento che ancora quanto detto non basta a spiegare l’affetto verso Camilleri perché psicologicamente risulta ancora predominante l’elemento razionale, mentre l’affetto sorprendente ha connotazioni più profonde ed emotive. E allora forse dobbiamo andare più a fondo cominciando a riconoscere a Camilleri la capacità di aver consentito, intanto ai suoi lettori, attraverso le storie e i personaggi, di entrare in contatto con la propria e l’altrui intelligenza emotiva. In psicologia, con il concetto di intelligenza emotiva si intende la capacità di sentire, riconoscere e nominare le emozioni distinguendone le singole sfumature. Certamente nella narrazione di Camilleri l’intelligenza emotiva è stata espressa non solo come narrazione o intuizione ma soprattutto come rappresentazione, come figurazione: il tutto grazie anche a quella che mi piace definire la ‘parolizzazione’ delle emozioni. Una ‘parolizzazione’ ben bilanciata, in una dicotomia solo apparentemente paradossale, dalla ‘silenziazione’ del narratore per dare spazio alla voce narrativa interna del lettore e a quel processo di complicità, completamento, azione attiva tanto valorizzato da Umberto Eco che lega l’autore con il suo lettore3. Una funzione questa della parolizzazione e della silenziazione che da un punto di vista psicologico assume un valore importante: quello dell’ascolto emotivo vicariato. Infatti, attraverso l’ascolto emotivo dei personaggi, il lettore può riconoscere un proprio ascolto emotivo interno, ritrovare dentro di sé emozioni e affetti, riconoscerli o rifiutarli, così come può identificarsi nei personaggi o in parti di essi oppure rifiutarli come altro da sé. Insomma si crea un circuito lettore-storia-personaggi-lettore che determina una partenza e un arrivo senza soluzione di continuità. Il lettore, infatti, viene attirato da Camilleri nella storia narrata quasi come un co-protagonista, un osservatore partecipante alla scena rappresentata (come avviene nella finzione teatrale e nella vita reale). Camilleri lo attira anche nella sua curiosità di conoscere ciò che non c’è, conoscere o, se non è possibile, immaginare quello che manca in una storia e arrivare a delinearla attraverso una connessione di punti, magari lontani tra loro, che alla fine conducono a un disegno compiuto come nelle riviste di enigmistica. E i punti non sono solo i fatti, la trama, la storia: sono soprattutto le persone della storia. I personaggi infatti, in genere, nei racconti di Camilleri, sembrano abbandonare il ruolo e la funzione narrativa per assumere sempre di più la connotazione rappresentazionale di persone in cui i comportamenti, gli affetti,

3 Camilleri solitamente non descrive le emozioni dei suoi personaggi: le fa emergere dai dialoghi, dal

comportamento, dal silenzio valorizzando quella importante quota di ‘non verbale’ che caratterizza le comunicazioni e le relazioni umane.

gli impeti passionali, le sfumature emotive e sentimentali, le regole sociali rappresentano elementi legati tra loro dalla necessità della verosimiglianza narrativa con la realtà. E i ‘punti’ da congiungere diventeranno quindi quelli espressi dagli elementi più interni, più intimi legati al passato, al presente e all’immaginato futuro dei personaggi e, uniti tra loro, daranno la possibilità di conoscerne le emozioni.

Il grande successo mondiale è testimone proprio dell’abilità narrativa di Camilleri non tanto e non solo come costruttore di storie ma soprattutto come evidenziatore di emozioni e di relazioni. Emozioni e relazioni che sono elemento comune del genere umano a qualunque latitudine e contesto. Solo questo può giustificare non solo il successo commerciale delle traduzioni nelle varie lingue ma anche la sfida raccolta da editori e traduttori di impegnarsi a far conoscere un autore le cui peculiarità, specificità, particolarità narrative di luoghi, personaggi, lingua non credo abbiano uguali nel mondo. Paradossale che l’uso della lingua camilleriana, che certamente tiene lontano molti lettori, sorprendentemente ne avvicina e affascina tanti più altri. Ancora più sorprendente il fatto che una volta entrati nel labirinto del linguaggio camilleriano esso non spaventa ma anzi affascina, trattiene, fidelizza, stuzzica, emoziona, trascina.

Chi si ferma davanti alle prime parole nell’idioletto camilleriano è un lettore che sceglie la storia, la fluidità del discorso, la correttezza grammaticale e sintattica, l’esposizione di un quadro da osservare, la purezza e la nitidezza e la facilità di lettura. Chi raccoglie la sfida entra in un mondo più profondo, più intimo che richiama assonanze e dissonanze, che impone di fermarsi e comprendere, che fa risuonare dentro emozioni e riflessioni.

In questo risuonare dentro si ritrovano anche elementi archetipici come la nozione di tempo del racconto e della vita ben espressa da Ricœur. Un tempo raccontato e un racconto del tempo dove i contrasti trovano dignità di esistere allo stesso modo delle armonie, dove la vicinanza e l’allontanamento sono necessario equilibrio dell’espressione del ciclo vitale.

In tal senso è anche possibile comprendere come Camilleri, seppure non abbia mai fatto mistero del suo essere “non credente” e nei suoi libri spesso abbia criticato persone appartenenti all’Istituzione ecclesiastica, abbia allo stesso modo dichiarato la sua devozione a San Calogero e ammirazione verso i sacerdoti impegnati nel sociale. Non a caso lui, intellettuale certamente laico, ha avuto un moto di forte risentimento per la manipolazione dei simboli religiosi a fini strumentali, da qualunque parte provenisse.

Andrea Camilleri quindi ha rappresentato in questo squarcio del nostro tempo una figura sicuramente degna di rispetto, di considerazione ma soprattutto ha riscosso quell’affetto sorprendente cui si fa riferimento nel titolo. Per tutti noi ha rappresentato un modello di attaccamento intellettivo ed emotivo, una base sicura da cui partire per leggere i suoi libri e per leggere i fatti personali e della vita, una poliedrica personalità, capace di sorprenderci per stimolare nuove curiosità e riflessioni, un contastorie da cui ascoltare e apprendere i trucchi per orientarsi nel mondo. Tutti lo abbiamo sentito come ‘uno di noi’. È un’espressione questa che spesso denota l’atteggiamento di un singolo o più spesso di un gruppo che si rivolge a un ‘superiore’ per inglobarlo, per portarlo dall’alto di un immaginario piedistallo sul terreno comune. In Camilleri invece si è potuto comprendere come fosse lui a voler essere ‘uno di noi’, con un senso di reciprocità particolare e completo tra scrittore e lettore. Insomma, come ha concluso nel suo magnifico monologo su Tiresia, in lui persona e personaggio sono sempre stati insieme con una prevalenza della prima rispetto all’effimero apparire del secondo, quando alla parola personaggio si associano il successo, la popolarità, la ricchezza e soprattutto il senso di superiorità.