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Il metodo traduttivo di Stephen Sartarelli: una prospettiva diacronica sulla resa in inglese delle opere di Andrea Camiller

2. La lingua di Andrea Camiller

Perché piace leggere le opere di Andrea Camilleri? Questa domanda conduce a una lunga lista di motivazioni che costituiscono il sostrato su cui giace ciò che viene definito il fenomeno Camilleri1.

Messi da parte i gusti personali, la domanda cambia forma e, di conseguenza, sostanza: perché è interessante leggere le opere di Andrea Camilleri? La ragione, nel contesto in cui si inserisce questa riflessione, si riconduce all’originalità del linguaggio proposto dall’autore che sfocia in una serie di «testi compositi per la presenza di elementi dialettali, a volte ben distinti, altre volte in netta interferenza con la lingua italiana che costituisce la base della scrittura»2. Secondo questa affermazione, la lingua di Camilleri si potrebbe pensare come campione del cosiddetto italiano regionale, definito da Paolo D’Achille come «quella varietà di italiano parlata in una determinata area geografica, che denota sistematicamente, ai diversi livelli di analisi linguistica, caratteristiche in grado di differenziarla sia dalle varietà usate in altre zone, sia anche dall’italiano standard […] l’italiano regionale è nato dall’incontro della lingua nazionale con il dialetto e rappresenta per molti aspetti la nuova realtà dialettale del nostro paese»3.

1 «L’Andrea Camilleri fenomenico […] designa un’opera, cioè un insieme di testi, e designa una funzione

di quell’opera comunemente detta autore» (N. LA FAUCI, “L’oggetto linguistico di Camilleri”,

«Micromega», 5 [2018], p. 39).

2 M.CERRATO, “Oggetto di indagine: la lingua di uno scrittore sospetto”, in V. SZŐKE (a cura di), Quaderni

camilleriani/5. Indagini poliziesche e lessicografiche, Cagliari, Grafiche Ghiani, «Le collane di Rhesis»,

2018, p. 85.

Tuttavia la lingua camilleriana non deve essere classificata secondo schemi troppo rigidi, poiché al suo interno si trovano espressioni (e non solo) inventate dallo stesso Camilleri, non ascrivibili ad alcun tipo di categoria4. Pertanto, il fenomeno Camilleri sfocia in un linguaggio originale definito camillerese5. Stefano Salis, già dal 1997, aveva definito tale lingua come «un’originale miscela di italiano e siciliano»6 che Jana Vizmuller-Zocco ha poi individuato nelle macro-categorie del «dialetto siciliano locale, varietà mista, uso del dialetto paragonato all’uso dell’italiano e il dialetto di Catarella»7.

Cerrato, in tempi più recenti, ha dispiegato questa articolazione fino a individuare un tipo di scrittura che «comprende almeno: l’italiano regionale, alcuni dialetti italiani, l’italiano ‘maccheronico’ di Catarella, l’italiano neo-standard, la lingua mista italiano dialetto, l’italiano parlato, l’italiano letterario e aulico di fine Ottocento, l’italiano popolare, l’italiano burocratico, l’italiano degli stranieri e tracce di lingue straniere»8.

L’italiano regionale di Camilleri rimane, comunque, il pilastro portante che nutre gran parte dei romanzi dell’autore e la sorgente che ne ha determinato sin dalle origini la produzione letteraria:

Avevo cominciato a scrivere in italiano ma sentivo di non riuscire a rendere tutto quello che volevo. Fu appunto mio padre a darmi la chiave quando mi disse che avrei dovuto scrivere il romanzo che avevo in mente esattamente per come glielo avevo raccontato. Così feci e quel primo tentativo molto immaturo lo portai a Nicolò Gallo, personaggio importantissimo della critica letteraria italiana, che su una serie di foglietti scrisse molti appunti, in cui mi rimproverava di non aver spinto il pedale verso una ricerca assoluta di un’autonomia di linguaggio9.

Lo stile camilleriano deriva quindi anche da una necessità, che a propria volta costituisce la condizione assoluta che determina la nascita di un’opera10.

4 Camilleri ha ereditato l’arte dell’invenzione linguistica da sua nonna Elvira, la quale «spesso, rivolgendosi

ai suoi figli o a me, introduceva all’interno di un discorso comprensibile delle parole inventate, in genere dal suono bellissimo, che dovevamo sforzarci di capire» (A.CAMILLERI, Donne, Milano, Rizzoli, 2014, p.

57). Nonna Elvira «fu la prima lettrice delle mie prime poesie, naturalmente erano a un tempo ingenue e scolastiche. Non ne era soddisfatta. ‘Scrivi comu ti detta ’u cori’. Non le ho dedicato nessuno dei libri che ho scritto. Forse perché so che a scriverli, con me, è stata lei» (ivi, p. 58).

5 «Non si tratta di incastonare parole in dialetto all’interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto

di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c’è dietro, il risultato deve avere la consistenza della farina lievitata e pronta a diventare pane» (A.CAMILLERI,T.DE

MAURO, La lingua batte dove il dente duole, Bari, Laterza, 2013, p. 77).

6 S. SALIS, “In attesa della mosca: la scrittura di Andrea Camilleri”, «La grotta della vipera», 79-80 (1997),

in <http://www.vigata.org/rassegna_stampa/1997/Archivio/Art06_Lett_set1997_Altri.htm> [15 aprile 2019].

7 J. VIZMULLER-ZOCCO, “Il dialetto nei romanzi di Andrea Camilleri”, 1999, <http://www.vigata.org/

dialetto_camilleri/dialetto_camilleri.shtml> [15 aprile 2019].

8M.CERRATO, L’alzata d’ingegno. Analisi sociolinguistica dei romanzi di Andrea Camilleri, Firenze,

Cesati, 2012, p. 40.

9A.CAMILLERI, “Camilleri sono”, «Micromega», 5 (2018), p. 9.

10 Non tutti gli studiosi sono concordi sull’origine del camillerese. N.LA FAUCI (“Prolegomeni ad una

fenomenologia del tragediatore: saggio su Andrea Camilleri”, 2001, <http://www.vigata.org/bibliografia/ prolegomeni.shtml> [15 aprile 2019]), per esempio, suggerisce che nelle opere di Camilleri le scelte linguistiche nascano dalla funzione/finzione tipica dello spirito del tragediatore, ipotesi per cui l’opera

omnia camilleriana porterebbe questa impronta determinante per uno sviluppo tanto linguistico quanto