• Non ci sono risultati.

La stretta connessione che lega questa sezione alla precedente è espressa dalle parole di Polito (2005, p. 70) “c’è una priorità emotiva sulla dimensione cognitiva, l’intelligenza funziona a livello raffinato, se il cuore si è aperto al desiderio di conoscenza; le chiavi dell’intelligenza sono nel cuore, le radici di un’intelligenza elevata sono da ricercare nell’entusiasmo, nelle emozioni, nelle motivazioni”; infatti è ormai assodata la correlazione tra dimensione emotiva e cognitiva che sta alla base di un profondo e significativo processo di apprendimento linguistico, di conseguenza, ai fini di questo scritto, risulta fondamentale indagare entrambi i versanti per poter predisporre una didattica personalizzata.

A livello cognitivo, le differenze di cui il docente deve necessariamente tenere conto per non offrire un insegnamento squilibrato, fanno capo alla teoria delle intelligenze multiple elaborata da Gardner negli ultimi decenni del ‘900 e poi affinata da molti altri studiosi diventando così un caposaldo della letteratura glottodidattica; la costruzione di ogni intervento in classe si fonda sulla consapevolezza di dover coinvolgere, allo stesso tempo o in egual maniera, gli studenti caratterizzati da una spiccata intelligenza spaziale, musicale, cinestetica, naturalistica, inter- ed intrapersonale. Tali predisposizioni di natura cognitiva teorizzate all’interno di una concezione multifattoriale dell’intelligenza, vanno a sommarsi a quella linguistica e logico- matematica che a lungo hanno monopolizzato il concetto di sapere dal momento che “il sistema educativo occidentale tende a favorire esclusivamente, tanto nei contenuti quanto nei processi, la logica e il linguaggio” (Torresan, 2006, p. 69).

In linea generale, i diversi tipi di intelligenza identificati possono essere concepiti come “personal tools that each person possesses to process new information and to store it in easily retrievable ways when

32 needed for use“24

(Gregersen e McIntyre, 2014, p. 75). La teoria di Howard Gardner ha avuto il merito di mettere in discussione la concezione mono-fattoriale che si aveva dell’intelligenza evidenziando l’influenza delle componenti socio-affettive, esperienziali e culturali; aver individuato otto diverse intelligenze non equivale però a dire che ogni persona presenta esclusivamente uno dei tratti sopra accennati ma che “ognuno sia portatore di una rosa di intelligenze diverse, unica come è unico ogni individuo” (Mariani, 2010, p. 116), lo stesso sostiene Torresan (2006, p. 68) “ciascuno di noi viene al mondo con un ventaglio ampio di universali cognitivi: la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, la società contribuiscono a facilitare o a inibire lo sviluppo di tali universali”. Inoltre, Gardner (2007, p.5) sottolinea il fatto che la combinazione delle intelligenze che definisce il profilo cognitivo di ogni persona è un fattore del tutto soggettivo poiché “no two individuals, nor even identical twins or clones, have exactly the same amalgam of intelligences, foregrounding the same strengths and weaknesses”25

.

Di conseguenza, per evitare di fornire agli studenti un’offerta didattica che stimoli solo alcuni tipi di intelligenze o che rifletta quella del docente stesso, è importante conoscere quante e quali inclinazioni intellettive compongono il gruppo di apprendenti. A tal proposito si propone di seguito una breve trattazione delle intelligenze multiple, alla cui classificazione hanno contribuito negli anni numerosi studiosi, si evidenziano inoltre le relative ricadute positive sullo studio della lingua.

In primo luogo, l’intelligenza linguistica associata da Balboni (2014, p. 55) alla “capacità di cogliere sfumature di significato e di scegliere le parole opportune, di usare la lingua per esprimere emozioni e pensieri, e per capire e coinvolgere le altre persone” in termini di apprendimento linguistico fornisce una spiccata sensibilità semantico-

24 “strumenti personali che ogni persona possiede per elaborare nuove informazioni e

immagazzinare in modo da recuperarle facilmente quando servono”.

25 “non esistono due individui, nemmeno gemelli identici o cloni, che possiedono esattamente la

33

lessicale; i soggetti che invece manifestano un’intelligenza logico- matematica più marcata “comprendono i principi sottostanti ai sistemi causali [...] o sono in grado di manipolare numeri, quantità e operazioni” (Mariani, 2010, p. 117) mostrando quindi una buona competenza di analisi formale e grammaticale.

Proseguendo, l’inclinazione alla memorizzazione del lessico è supportata dall’intelligenza spaziale che permette di costruire “mental models of the visual-spatial world with sensitivity to the colors, shape and size and the relationships between them”26

(Gregersen e McIntyre, 2014, p. 74); l’impiego di canzoni o filastrocche volto al fissaggio dei vocaboli e a familiarizzare con il ritmo e l’intonazione della lingua target, fa leva invece sull’intelligenza musicale ovvero “la capacità di pensare in musica, di percepire schemi, riconoscerli, ricordarli e magari manipolarli” (Checkley, 1997, p.12).

Molti degli studenti che in passato venivano semplicisticamente etichettati come vivaci o distratti in realtà sono quelli dotati di una predisposizione all’intelligenza cinestetica o corporea: per molto tempo ignorata dalla letteratura di settore e assente ingiustificata all’interno delle classi di lingua, si definisce come l’inclinazione ad impiegare il corpo per comunicare e trovare soluzioni alle difficoltà e Fonseca Mora (2007, p. 379) afferma che “a los estudiantes que tienen muy desarrollada esta habilidad les gustan especialmente las actividades teatrales, la mímica, las simulaciones, los juegos o los ejercicios físicos”27

.

Nel capitolo precedente relativo alle emozioni si è parlato dell’intelligenza emozionale che fa capo, da un lato, a quella intrapersonale, che consiste nell’abilità di ”understand oneself, knowing self- strengths, weaknesses and emotional states, and to exert self

26

“modelli mentali del mondo visuo-spaziale con sensibilità ai colori, alle forme e alle dimensioni e alle relazioni tra esse”.

27

“agli studenti che presentano questa abilità in maniera molto sviluppata piacciono in particolare le attività teatrali, la mimica, le simulazioni i giochi e gli esercizi fisici”.

34 discipline”28

(Gregersen e McIntyre, 2014, p. 75), è fondamentale per il processo di acquisizione linguistica e in generale per sviluppare autoconsapevolezza dato che “es la inteligencia intrapersonal la que nos permite darnos cuenta de cuáles son nuestras cualidades y cuáles nuestros puntos débiles”29 (Robles, 2002, p. 71); dall’altro, all’intelligenza

interpersonale che Balboni (2012, p. 79) definisce come la propensione “a sapersi mettere facilmente nei panni altrui, quindi ad aiutare nella comunicazione l’interlocutore in difficoltà, a cooperare a costruire insieme un testo”.

La teoria delle intelligenze multiple si è imposta anche grazie allo spessore neurolinguistico in quanto è stato appurato che “la comprensión de un concepto se produce en diferentes áreas del cerebro; esto implica la existencia de distintos tipos de significados que se activan según la relevancia, la conexión emocional y el contexto del mensaje”30

(Fonseca Mora, 2007, p. 381).

Alle sette intelligenze individuate originariamente che sono state analizzate fin qui, Gardner aggiunge in un secondo momento ulteriori declinazione del concetto di intelligenza: nel 1995 introduce l’intelligenza naturalistica intesa come “l’abilità umana di operare distinzioni tra i viventi” (Mariani, 2010, p. 118) e, in termini di apprendimento linguistico, Caon (2008, p. 11) afferma che i soggetti dotati di questa inclinazione primeggiano in “attività orientate alla riflessione sulla lingua che prevedano ad esempio la creazione di insiemi o l’inclusione/esclusione secondo criteri”; nel 1999 invece si configura la nozione di intelligenza esistenziale relativa alla capacità di porre e porsi interrogativi relativi all’esistenza in senso ampio ovvero toccando temi di carattere filosofico come dichiara lo stesso Gardner (2007, p.4) “captures human proclivity

28

“capire se stessi, conoscere le proprie forze, debolezze e condizioni emotive ed esercitare autocontrollo”.

29 “è l’intelligenza intrapersonale che ci permette di renderci conto di quali sono le nostre qualità

e i nostri punti deboli”.

30 “la comprensione di un concetto avviene in aree differenti del cervello; questo implica

l’esistenza di diversi tipi di significati che si attivano in base alla rilevanza, al legame emozionale e al contesto del messaggio”.

35

to raise and ponder fundamental questions about existence, life, death, finitude”31

. In concreto “students favoring this intelligence tend to be the ones who must put everything into a larger framework, a global perspective, a historical context”32

(Lunenburg e Lunenburg, 2014, p. 6). A dimostrazione del fatto che la nozione di intelligenza è dinamica e ricca di sfaccettature, in un video pubblicato dal portale web Big Think33 nel gennaio 2016, Gardner ripercorre sinteticamente le varie intelligenze che costituiscono la sua teoria introducendone un’altra: l’intelligenza pedagogica ovvero la predisposizione ad insegnare ad altre persone in modo efficace.

Come dichiara lo stesso Gardner (1995, p. 208) una delle ragioni per le quali la sua teoria ha riscontrato grande seguito può essere identificata nell’aver messo in luce alcuni assunti chiave che risultano essere centrali anche ai fini del presente elaborato, ovvero “we are not all the same, we do not all have the same kinds of minds, education works most effectively for most individuals if these differences in mentation and strengths are taken into account rather than denied or ignored”34

.

Dopo aver presentato, seppur sinteticamente, l’impianto delle molteplici intelligenze, va ribadito che il naturale orientamento per un determinato tipo di intelligenza trova poi sviluppo in relazione al contesto e alle svariate implicazioni che intervengono in ambito educativo; inoltre, non va sottovalutato il peso della componente culturale posto che, come evidenzia Della Puppa (2006, p. 118), “ci sono culture in cui viene dato un maggior rilievo alle forme di conoscenza spaziale e corporea, altre in cui viene privilegiata la conoscenza linguistica e logico-matematica, altre ancora dove ad avere una rilevanza particolare è la conoscenza

31 “cattura la tendenza umana a sollevare e riflettere sulle questioni fondamentali che

riguardano l’esistenza, la vita, la morte, la finitezza”.

32 “gli studenti che prediligono questo tipo di intelligenza tendono ad essere coloro che devono

mettere tutto in un’ottica più ampia, in una prospettiva globale, in un contesto storico”.

33

Intelligence Isn’t Black-and-White:There are 8 Different Kinds video pubblicato sul portale Big Think in data 13/01/2016 http://bigthink.com/videos/howard-gardner-on-the-eight-intelligences

36

musicale” e questo assume centralità se applicato ad una realtà di classe sempre più multilingue e multiculturale. Alla luce di questo, impostare l’insegnamento linguistico sull’inclusione delle intelligenze multiple consente di trasformare la classe “in una agorà delle competenze, in un modello di relativismo cognitivo in cui gli alunni sperimentano che è possibile apprendere una stessa disciplina in molti modi diversi” (Torresan, 2006, p. 69).

Calando la teoria di Gardner nella dimensione dell’apprendimento linguistico, le varie intelligenze trovano corrispondenza negli stili cognitivi ovvero i processi di acquisizione che i soggetti mettono in atto nel momento in cui devono apprendere ed elaborare nuove informazioni; a questi stili sono associate delle strategie di apprendimento che si possono definire come le azioni concrete e le tecniche che i soggetti attivano in fase di acquisizione a partire appunto dagli stili di apprendimento. Compito del docente è effettuare una sorta di mappatura dei vari stili presenti in classe per predisporre un’offerta didattica coerente alle caratteristiche cognitive del gruppo; in un secondo momento, indirizzare gli studenti verso le tecniche di apprendimento che più vi si addicono. In altri termini, la grossa sfida per il corpo docente consiste in “foster learning environments that nurture the advancement of all seven intelligences”35

(Gregersen e MacIntyre, 2014, p. 76).

Considerando l’importanza e la delicatezza di tale lavoro preliminare, l’insegnante può coinvolgere direttamente gli alunni poiché “una presentazione e discussione in classe delle ‘intelligenze multiple’, magari utilizzando questionari, giochi o altre attività concrete, incontra sempre un grande interesse da parte degli studenti, e può costituire un buon punto di partenza” (Mariani, 2006, p. 81).

Una volta individuate le svariate intelligenze presenti in classe,

34 “non siamo tutti uguali, non abbiamo tutti lo stesso tipo di mente, l’istruzione funziona meglio

per un numero maggiore di soggetti se queste differenze vengono prese in considerazione anziché negate o ignorate”.

35

“promuovere ambienti di apprendimento che favoriscono il progresso di tutte le sette intelligenze”.

37

l’insegnante si occupa di redigere attività didattiche ed esercitazioni che valorizzino i punti di forza di ogni studente e che consentano di lavorare anche sulle debolezze: tutti gli studenti devono fare esperienza di azioni didattiche pensate appositamente sulla base delle loro caratteristiche cognitive in modo da poter vivere serenamente anche situazioni di apprendimento nelle quali si sentono meno a proprio agio poiché “la sensazione di riuscita che proviene all’allievo dal fatto di sentirsi abile nell’uso di strategie che gli sono congeniali, gli permetterebbe di superare l’ansia dinanzi a procedure e a contesti meno familiari” (Torresan, 2007, p. 326).

La teoria delle intelligenze multiple sembra potersi attestare come risposta alla necessità di un insegnamento linguistico personalizzato poiché implica l’adozione di una varietà di tecniche e attività che “non rischia di privilegiare solo alcuni studenti e di condannarne altri all’insuccesso solo perchè si sono fatte attività calibrate per un tipo di intelligenza” (Balboni, 2012, pp. 79-80) e consente ad ogni allievo di sentirsi considerato e rispettato; per muoversi in questa direzione l’insegnante non deve fare altro che utilizzare “un linguaggio molteplice, fatto di immagini, di diversi generi testuali, di supporti multimediali e di codici non verbali” (Torresan, 2006, p. 73), un’azione di questo tipo oltre che assecondare la compresenza di differenti predominanze cognitive, facilita il processo di memorizzazione delle informazioni dato che come ricorda Naldini (2013, p. 61) “l’ideale è che la medesima informazione sia presentata in modi diversi affinché raggiunga la MLT attraverso tutti i sottoinsiemi della MBT”.

Le parole di Torresan (2006, p. 76) mettono in luce il fatto che impiegare gli esiti della teoria di Gardner come riferimento epistemologico alla programmazione didattica consiste nell’effettuare un’operazione cognitivamente profonda dato che “la sola presenza di alcuni materiali (immagini, musica, movimento, testi scritti o orali, numeri) o di alcune condizioni (lavorare da soli o lavorare in gruppo), non garantisce da sola lo sviluppo dell’intelligenza a cui quei materiali o

38

quelle condizioni si possono ricondurre; occorre, in altre parole, un’operazione cognitiva di significato affinché un’intelligenza sia provocata; altrimenti, suddetti materiali e risorse sono ciechi”.

In conclusione, dopo aver dichiarato la necessità di tarare gli interventi didattici sulla base anche delle intelligenze multiple dal momento che costituiscono una variabile sostanziale nel processo di acquisizione, non si può negare che “una scuola può dirsi intelligente solo se rispecchia nei curricula la ricchezza cognitiva di cui ogni mente è portatrice, e non si limita a privilegiare chi è dotato in termini di linguaggio e/o di logica” (Torresan, 2007, p. 324).

39

1.4 La motivazione

“A cosa serve imparare una lingua straniera?” è una domanda che molti studenti si pongono sconsolati davanti ad interminabili sequenze di esercizi di grammatica e il fatto di non trovare una risposta soddisfacente a tale interrogativo consente loro di etichettare come inutile lo studio della lingua giustificando quindi la carenza di risultati e lo scarso impegno.

A prescindere dall’ambito scolastico, la consapevolezza della ragione per la quale si fa una data cosa e dell’obiettivo che si può raggiungere, è ciò che permette di dare senso alla fatica, all’investimento di tempo ed energie che un corso di lingua, di nuoto o di cucina richiedono; d’altro canto, “cuando uno no sabe lo que quiere no puede esforzarse para conseguirlo”36

(Robles, 2002, p. 79).

È la motivazione, infatti, l’elemento che consente di raggiungere le mete prefissate, di qualsiasi natura esse siano, ed è tanto necessaria quanto difficile da definire: analizzando l’etimologia del termine si può richiamare l’idea del movimento (motus) e quindi di tendere a qualcosa. L’accento è posto sul percorso più che sull’effettivo raggiungimento dello scopo infatti “in glottodidattica la motivazione è considerata il motore, l’energia che avvia e alimenta tutto il processo di acquisizione linguistica” (Della Puppa, D’Annunzio, 2006, p.143). Nella dimensione glottodidattica, la motivazione è un fattore cardine a cui fanno capo svariati altri aspetti poiché a volte i fallimenti di alcuni studenti nel corso del proprio processo di apprendimento vengono erroneamente attribuiti a difficoltà di ordine cognitivo, relazionale o comportamentale quando invece il problema è prettamente di natura motivazionale. Il peso della motivazione in ambito scolastico è determinante soprattutto per quanto concerne lo studio delle lingue poiché numerose ricerche in questo campo hanno evidenziato che “a foreign language is more than a mere communication code that can be learnt similarly to other academic

40

subjects, and have therefore typically adopted paradigms that linked the L2 to the individual’s personal ‘core’, forming an important part of one’s identity”37

(Dörnyei, 2009, p. 9).

In altri contesti della loro vita, forse anche inconsapevolmente, gli studenti sperimentano in prima persona gli effetti della motivazione in quanto per scendere in campo la domenica mattina da titolari devono fare almeno tre allenamenti settimanali stancanti, per eseguire alla perfezione il saggio di fine anno devono ripetere decine di volte esercizi e coreografie noiose; in questi casi la fatica, la ripetizione, la difficoltà sono giustificate dal fatto che il calcio, la danza, la pallacanestro sono per loro attività gratificanti, divertenti e stimolanti e quindi “considerano lo sforzo solo come un percorso da attraversare con metodo, per poi gustare pienamente la gioia della conquista” (Polito, 2005, p. 60). Di conseguenza, per colmare la carenza di motivazione nell’apprendimento linguistico è utile fare in modo che gli studenti percepiscano lo studio come attività gratificante, divertente e stimolante; infatti “long-term, sustained learning cannot take place unless the educational context provides, in addition to cognitively adequate instructional practices, sufficient inspiration and enjoyment to build up continuing motivation in the learners”38

(Dörnyei, 2007, p. 639). In questo senso quindi, la motivazione può trarre giovamento da una maggior connessione tra scuola e vita, tanto più per quanto riguarda una lingua straniera dato che può essere spendibile nel futuro di quegli studenti alle prese con gli esercizi di grammatica; per tale ragione “una considerazione attenta dei fattori che predispongono all’apprendimento e la conseguente ricerca di modalità che li attivino si ritiene ormai preliminare a ogni proposta di didattica efficace” (Coppola, 2000, p. 115).

37 “una lingua straniera è più di un mero codice di comunicazione che può essere appreso allo

stesso modo di altre discipline accademiche e si ha perciò tradizionalmente adattato i paradigmi che connettono la L2 all’essenza personale dell’individuo, costituendo una parte importante nell’identità del singolo”.

38 “un apprendimento prolungato e a lungo termine non può avere luogo a meno che il contesto

formativo non fornisca, in aggiunta a pratiche formative cognitivamente adeguate, sufficiente stimolo e appagamento per sostenere una motivazione continua negli apprendenti”.

41

La motivazione non è un concetto monolitico o una meta che una volta raggiunta accompagna il discente lungo tutto il suo percorso di studi, “la motivazione all’apprendimento non è quindi un processo unitario, ma può essere considerata come un insieme di esperienze soggettive, di origine intrinseca o estrinseca, quali gli obiettivi, le aspettative, i processi emotivi, i valori, gli interessi personali, le attribuzioni formulate nelle situazioni di successo e insuccesso, che conducono l’individuo a imparare” (De Beni e Moè, 2000, p. 37). Si identifica come un’ulteriore fonte di differenziazione che si esplica “sia in quanto predisposizioni innate, sia in quanto profili di motivazione derivati dall’insieme di esperienze di apprendimento e socializzazione sperimentate in modo diverso da ogni individuo” (Mariani, 2006, p. 25).

Come sostiene Roberto Dolci nel saggio La partecipazione nella classe di lingua contenuto nel volume Insegnare italiano nella classe ad abilità differenziata, ogni studente, ma più in generale ogni persona, possiede una comunità immaginata alla quale aspira di appartenere e che fa riferimento alle aspettative, alle speranze, ai sogni ovvero tutti elementi che devono essere messi al centro della proposta didattica altrimenti “se l’insegnante non ha accesso a questa comunità immaginata, cioè non conosce quali sono le motivazioni dello studente, ma si concentra solo sulle pratiche che definiscono la classe come comunità, ad esempio sugli obiettivi curricolari, rischia di frustrare le aspettative e le speranze dello studente” (Dolci, 2006, pp. 66-67).

Progettare un’azione didattica che tiene conto dei bisogni e dei desideri dell’allievo fa leva sulla cosiddetta motivazione intrinseca che si manifesta in un contesto nel quale lo studente prova curiosità, interesse e piacere nell’imparare indipendentemente da fattori esterni ovvero la motivazione coinvolge l’intero processo che conduce al raggiungimento del risultato. Dall’altra parte, vi è la motivazione estrinseca che invece sostiene lo studente fintanto che si arriva all’obiettivo prefissato che può essere nell’immediato l’interrogazione settimanale o a lungo termine la promozione; per meglio descrivere l’ambivalenza è utile ricorrere ad un

42

passo di Lettera ad una professoressa di Don Lorenzo Milani “giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma e intanto si

Documenti correlati