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A seguito della trattazione dei paragrafi precedenti, si può riscontrare chiaramente quanto complesso risulta essere il quadro delle differenze di cui si deve necessariamente tenere conto per predisporre le condizioni per un apprendimento personalizzato; per quanto concerne i fattori di differenziazione che “definiscono i profili personali di studenti (e insegnanti) e, quindi, i diversi gradi di reattività nei confronti delle caratteristiche dei compiti di apprendimento” (Mariani, 2006, p. 116), non va tralasciata l’influenza esercitata dalle preferenze sensoriali.

Per parlare di modalità sensoriali bisogna partire dal presupposto che “il primo approccio con il mondo esterno e l’apprendere passa attraverso i sensi” (Vettorel, 2006, p. 96), ma ciò non si riduce alla mera predilezione per un preciso canale sensoriale in termini di ricezione di un stimolo esterno infatti, come sostiene Mariani (2010, p. 94) “un’eventuale preferenza sensoriale implica anche una relativa preferenza per il modo in cui le informazioni percepite dai sensi vengono sottoposte a una prima rielaborazione mentale”. In altri termini, i sensi giocano un ruolo determinante sia a livello di percezione che di elaborazione dell’input ricevuto in quanto “compiti che coinvolgano le varie modalità sensoriali creano stimoli diversificati per le informazioni in entrata e rendono il loro reperimento successivo più efficace” (Vettorel, 2006, p. 89).

Di questo si è occupata ampiamente anche la Programmazione Neurolinguistica (PNL) la quale sostanzialmente studia il modo in cui gli individui filtrano gli eventi e le informazioni provenienti dal mondo esterno perciò, di conseguenza quanto accade non è neutro e quindi uguale per tutti ma assume valore differente in base agli elementi soggettivi che ognuno mette in atto; sostiene che “the broad tools which each person use to process the world (sight, sound, sensation, etc.) are the same, yet the way in which they use those tools is individual”51

(Grayson e Proctor, 2000, p. 160). La PNL, in linea con altri soggetti impegnati in questo campo d’indagine, ha individuato tre

51 “gli strumenti generali che ogni persona utilizza per esaminare il mondo (vista, suono,

sensazione, etc.) sono gli stessi, invece è soggettivo il modo in cui tali strumenti vengono utilizzati”.

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principali percorsi sensoriali tramite cui analizzare gli stimoli: visivo, uditivo e cinestetico.

In primo luogo, in riferimento alla preferenza visiva è necessario distinguere tra “un orientamento visivo-verbale (la preferenza, cioè, per informazioni veicolate attraverso il linguaggio verbale scritto) e un orientamento visivo non-verbale [...] (non solo immagini, illustrazioni, simboli, disegni, grafici, forme e colori, ma anche il linguaggio corporeo, come le espressioni del viso, i gesti, le posture, i movimenti, la vicinanza/lontananza)” (Mariani, 2010, p. 93).

Seguendo la stessa logica, anche la preferenza auditiva non è da intendersi esclusivamente come predilezione alla comunicazione orale, quanto invece associabile anche all’attenzione per i tratti paralinguistici o all’influenza di musica, suoni e rumori.

Infine la modalità cinestetica comprende sia la predilezione per il movimento e la gestualità, sia il coinvolgimento emotivo.

Nel tentativo di progettare una didattica variegata e quindi personalizzata, il docente deve fare i conti anche con le modalità sensoriali privilegiate dai suoi studenti per poter impiegare metodologie e tecniche tarate sulla conformazione della classe; dopo aver sviscerato differenze individuali di altra natura, può sembrare superfluo tenere in considerazione i canali sensoriali attraverso i quali si preferisce intercettare ed elaborare un’informazione in fase di apprendimento linguistico ma “l’attenzione che noi mettiamo nelle persone passa attraverso delle azioni anche minime ma significative” (Caon, 2006, p. 33).

Possedere una precisa consapevolezza circa le preferenze sensoriali dei propri alunni consente di perseguire in modo efficace il processo di apprendimento linguistico e per fare ciò è necessario osservare i comportamenti che palesano il canale sensoriale prediletto di un individuo; per rispondere alla “necessità quindi di evitare in modo assoluto generalizzazioni ed etichettature” (Vettorel e Della Puppa, 2004, p. 23) può essere utile, in questo senso, per l’insegnante servirsi di strumenti di osservazione come la seguente tabella tratta dal saggio Uno, Nessuno, Centomila: riconoscere e valorizzare le differenze individuali presenti in classe (Vettorel, 2006, p. 97):

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Visivo Auditivo Cinestetico

Si veste facendo attenzione a colori e accessori, a come appare

Non mostra particolari preferenze

Si veste badando prima di tutto a sentirsi comodo Ordinato e organizzato Si distrae facilmente Usa il tatto e di stare vicino

alle cose e alle persone Organizzato, spazio di lavoro

ordinato

Organizza in sequenza, parla a se stesso

Disordinato, organizza il lavoro ‘su varie postazioni’ Impara vedendo, leggendo Impara ascoltando Impara facendo

Buone capacità di lettura Muove le labbra quando legge

Ha bisogno di ‘sentire’ un testo, di farne esperienza Posizione ferma, di

osservazione

Annuisce, movimenti ritmici Non riesce a stare fermo a lungo, gestualità marcata Memorizza per immagini Memorizza per suoni, in

sequenza

Memorizza attraverso i muscoli, cioè facendo

Sguardo in altro, respiro alto Respiro a mezzo petto Respiro diaframmatici, sguardo in basso

Tono di voce alto, veloce Schema ritmico, ‘effetto metronomo’

Tono basso, più lento Ha bisogno di una visione

generale, e di avere un chiaro schema mentale

Ricorda ciò che viene discusso, detto

Ricorda quello che viene fatto

Immaginazione vivida; bravo nella pianificazione a lungo termine

Sente i suoni ‘dentro la mente’

Ha bisogno di agire, di mettere in pratica; buona intuizione, più debole nei dettagli

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1.7 Le attitudini

Può accadere che, durante il percorso scolastico, uno studente si senta dire “per questa materia non ci sei tagliato” (Milani, 1967, p. 68), molto spesso i risultati poco soddisfacenti vengono giustificati dagli studenti, dai genitori e, fortunatamente sempre meno, dagli insegnanti come mancanza di predisposizione alla disciplina, ovvero qualcosa che esula dalla volontà del soggetto essendo considerata “un tratto indifferenziato, che non lascia margini di manovra al suo portatore” (Mariani, 2006, p. 83).

Tra gli esperti di glottodidattica si è dibattuto a lungo circa l’esistenza o meno del concetto di attitudine e soprattutto della sua influenza sull’apprendimento, Skehan (1991, p. 277) innanzitutto ha sancito che non si tratta di una realtà monolitica facendo quindi dell’attitudine un ulteriore elemento di differenziazione tra gli allievi poiché afferma che “a talent for learning languages is not an undifferentiated ability, but it has several component parts that may vary relatively independently, with the consequence that there may be patterns of aptitude”52

, lo stesso dichiara Dörnyei (2010, p. 249) dato che il concetto di attitudine include “a range of different cognitive factors making up a composite measure that can, in turn, be referred to as the learner’s overall capacity to master a foreign language”53

. Di conseguenza, più che di attitudine alle lingue, è possibile parlare di maggiore o minore predisposizione nei confronti di alcuni aspetti della lingua mettendo in rilievo il “carattere componenziale che la rende uno strumento promozionale di una didattica differenziata, atto a rilevare i punti di forza e i deficit degli apprendenti” (Coppola, 2000, p. 134); Skehan (1994, pp. 24-25) ha individuato tre principali aree di attitudine alle lingue: abilità di codificazione fonetica ovvero discriminazione auditiva e analisi di materiale audio, abilità di analisi linguistica ovvero attenzione agli aspetti formali e strutturali della lingua e memoria cioè immagazzinare la mole di nozioni e recuperare quanto necessario; in

52 “un talento per l’apprendimento delle lingue non è un’abilità indifferenziata ma ha numerose

componenti che possono variare abbastanza autonomamente con la conseguenza che ci possano essere schemi di attitudine”.

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“una gamma di differenti fattori cognitivi costituisce una disposizione composita che può essere riferita alla capacità globale dello studente di padroneggiare una lingua straniera”.

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riferimento a questa tripartizione della nozione di attitudine alle lingue, Caon (2008, p. 29) evidenzia che “tali componenti sono collegate a tre fasi dell’elaborazione del materiale linguistico, precisamente l’abilità di codificazione fonetica è collegata all’input, l’abilità di analisi linguistica all’elaborazione, la memoria alla capacità di richiamo di tale materiale”. Va segnalato che per quanto concerne la dimensione grammaticale, l’abilità di analisi linguistica ingloba la sensibilità grammaticale e l’abilità di apprendimento linguistico induttivo identificate da Carroll (1981, p. 105) rispettivamente come “the ability to recognize the grammatical functions of words” e “the ability to infer or induce the rules governing a set of language materials”54

.

L’identificazione di molteplici ambiti attitudinali, inoltre, supporta il concetto di sapere una lingua inteso qui come “non un’abilità indifferenziata, ma un insieme di abilità diverse che servono per raggiungere obiettivi diversi” (Mariani, 2006, p. 84).

Da questo è possibile comprendere come uno studente non sia completamente negato o del tutto portato per l’apprendimento linguistico e ciò che conta è mettere ognuno nelle condizioni di imparare in quanto, come sostiene Fonseca Mora (2007, p. 373) “todos somos capaces de aprender si el modelo de aprendizaje es el adecuado”55

; detto ciò, si possono però riscontrare competenze più sviluppate di altre spiegando così la facilità con la quale si portano a termine determinate attività didattiche a discapito di altre: “some individuals seem to be able to acquire foreign languages easily and quickly, even when not particularly well motivated to do so; on the other hand, some individuals have marked difficulty in acquiring a foreign language, even when highly motivated and interested in doing so”56

(Carroll, 1981, p. 85).

Le differenze di carattere attitudinale vanno così ad integrare il ventaglio di variabili individuali presenti in classe che nel loro insieme “hanno contribuito

54 “la capacità di riconoscere la funzione grammaticale delle parole” e “la capacità di inferire le

regole che governano un gruppo di materiale linguistico”.

55 “tutti siamo capaci di apprendere si il modello di apprendimento è quello adeguato”. 56 “alcuni individui sembrano capaci di acquisire lingue straniere facilmente e velocemente

anche quando non sono particolarmente ben motivate nel farlo; d’altro canto, alcuni individui hanno manifestato difficoltà nell’acquisire una lingua straniera anche quando la motivazione e l’interesse nel farlo sono alti”.

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in modo rilevante a orientare l’insegnamento delle lingue verso l'individualizzazione degli obiettivi didattici e la promozione di un apprendimento consapevole e autonomo” (Coppola, 2000, p. 133). Ai fini dell’attuazione di un insegnamento differenziato ed inclusivo, diviene determinante anche in questo caso l’intervento del docente volto a carpire quante e quali attitudini sono presenti in classe: a tal proposito è possibile ricorrere a molteplici strumenti di indagine come il classico MLAT test realizzato da Carroll e Sapon nella seconda metà degli anni ‘50 oppure, lo studente stesso può condurre un’azione di auto-osservazione nel corso di tutta la propria esperienza da apprendente di lingua mediante la Scheda di attitudine a LS-L2 elaborata da Balboni57.

In linea con l’obiettivo di questo scritto, ovvero offrire un insegnamento linguistico quanto più personalizzato e vicino al vissuto degli allievi, appare essenziale lo sforzo di proporre esperienze di apprendimento positivamente coinvolgenti sia a livello cognitivo che emozionale poiché “foreign language aptitude [...] is crucially dependent upon past learning experiences”58 (Carroll, 1981, p. 86).

In conclusione, per riprendere la citazione che dà il titolo al presente paragrafo, non ci sono persone del tutto non inclini all’apprendimento linguistico in quanto, in riferimento ai fattori che compongono l’attitudine linguistica, “tutti gli individui sono portatori di queste aree di attitudini, anche se in misura diversa; il che significa che essi saranno facilitati, o avranno minori difficoltà, a compiere alcune tra le diverse operazioni in cui si articola l’apprendimento linguistico” (Mariani, 2006, p. 84).

57 Appendice 1 – Scheda di auto-osservazione dell’attitudine LS/L2 di P.E. Balboni 58

“l’attitudine per le lingue straniere è fortemente connessa alle precedenti esperienze di apprendimento”.

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In chiusura, la prima parte ha offerto una panoramica su alcune delle variabili presenti in classe con le quali l’insegnamento linguistico si trova ad avere a che fare per essere efficace ed inserirsi nella vita degli studenti in qualità di esperienza arricchente; riconoscere l’importanza di tutti i livelli di diversità in ambito glottodidattico è da tempo una tematica centrale come dimostra persino un estratto di Lettera a una professoressa: “Poi forse si scoprirà che [la pedagogia] ha da dirci una cosa sola: che i ragazzi sono tutti diversi, son diversi i momenti storici e ogni momento dello stesso ragazzo, son diversi i paesi, gli ambienti, le famiglie” (Milani, 1967, p. 101).

Una didattica sensibile a tutti questi aspetti è frutto di una scuola accogliente che, come sostiene Polito in Educare il cuore, “è capace di prendersi cura di tutti, è attenta a tutte le risorse cognitive, affettive, emotive, motivazionali e sociali di ogni studente; sa valorizzarle e convogliarle verso l’apprendimento e la sensazione di competenza, dà il benvenuto a tutte le forme di intelligenza e la sa agganciare continuamente” (2005, p. 36).

La seconda parte si occuperà di evidenziare in che modo è possibile far confluire le peculiarità fin qui analizzate nel contesto della classe di lingua attraverso attività e metodologie attente a stabilire un contatto significativo tra vita e scuola.

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PARTE SEGUNDA – COMO GESTIONAR LAS PECULIARIDADES EN LA

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