• Non ci sono risultati.

Come disse, dopo essere stato testimone delle violenze fasciste a Maiorca, il fervente cattolico francese Georges Bernanos:

La tragedia spagnola è un carnaio. Tutti gli errori di cui l’Europa sta mortalmente soffrendo, e che essa si sforza di rigurgitare tra spaventose convulsioni, vengono a raccogliersi e imputridire qui.32

Nel settembre di quel '36, il Times, autorevole quotidiano conservatore inglese, scrisse che la guerra civile spagnola poteva essere considerata come «uno specchio deformante nel quale l’Europa vedeva riflessa un’immagine delle proprie divisioni».33 Questi due esempi, tra loro distanti, testimoniano l’assoluta consapevolezza, tra i contemporanei, di quanto le vicende spagnole fossero strettamente legate al complesso della situazione europea; era inevitabile che gli stati del vecchio continente fossero chiamati a confrontarsi con quel carnaio scatenatosi in una sua periferia: lo fecero, e lo fecero praticamente da subito. Per capire l’importanza delle implicazioni internazionali del conflitto iberico basterà citare alcuni tra i più importanti studi apparsi negli ultimi anni. Angel Viñas ha voluto intitolare la prima parte della sua imponente trilogia sulla guerra civile La soledad de la República; Julián Casanova ha invece scelto, per il capitolo centrale del suo ultimo lavoro, il titolo Una guerra internacional, mentre Gabriele Ranzato ha preferito optare per Spagna ed Europa, una miscela esplosiva.34 Sarebbe difficile poter contestare a questi autori che un conflitto, scatenatosi sostanzialmente per cause intestine non sia divenuto, nel giro di pochissimi giorni, un vero e proprio scontro internazionale: Enrique Moradiellos ha parlato di una “sincronia temporale” tra la crisi bellica spagnola e                                                                                                                

32 Georges Bernanos. I grandi cimiteri sotto la luna, Il Saggiatore, Milano 2004, p. 127 [ed. orig. Les grands

cimetieres sous la lune, 1938].

33 Citato in: Enrique Moradiellos. 1936 – Los mitos de la guerra civil, Península, Barcellona 2004, p. 148. 34 Viñas, op. cit.; Ranzato, op. cit.; Casanova, República y guerra… cit.

la crisi europea degli anni trenta.35 La guerra civile si venne cioè ad inserire in uno scenario già ampiamente compromesso; quello spagnolo sarebbe divenuto un momento in più nella crisi che, dalla Manciuria all’Abissinia, passando per la Cecoslovacchia, avrebbe portato allo scoppio della seconda guerra mondiale.36

Il sostegno di Mussolini ai militari insorti fu immediato: senza gli aerei italiani, le migliori truppe del futuro caudillo non avrebbero infatti potuto neanche lasciare il Marocco spagnolo, dove si trovavano al momento dell’insurrezione, e raggiungere l’Andalusia.37 Anche la Germania nazista, da parte sua, fornì prontamente alcuni aerei ai militari insorti; «El apoyo a los “nacionales”», ha recentemente scritto Yuri Ryblakin, «encajaba perfectamente en los planes de las potencias fascistas. En primer término se plantearon el objetivo de atraer e España como aliada. En segundo término, deseaban desplazar a los competidores ingleses, franceses y norteamericanos para asegurarse un acceso mas amplio a las materias primas estratégicas».38 Nel giro di poche settimane l’intervento crebbe esponenzialmente: ad inizio agosto erano ormai presenti unità navali tedesche ed italiane a pattugliare le acque territoriali spagnole; secondo alcuni dati considerati ormai definitivi, durante il conflitto sarebbero passati dal “poligono spagnolo” almeno 80.000 soldati ed ufficiali italiani e circa 18.000 tedeschi. Nel ’40 Adolf Hitler avrebbe ammesso che senza l’aiuto militare tedesco-italiano, Franco non avrebbe mai potuto vincere.39 Ha giustamente ricordato Ranzato come l’intervento delle due potenze fasciste fu decisivo nel trasformare un golpe abortito in una guerra civile di lunga durata, e come questo momento possa essere visto come il punto di confluenza della storia della Spagna con quella dell’Europa; non v'è quindi dubbio che fu la precoce ingerenza fascista nelle vicende iberiche ad accelerare il processo di internazionalizzazione del conflitto.40

                                                                                                               

35 Moradiellos, op. cit., pp. 148-170.

36 Casanova, República y guerrra… cit., p. 262

37 «Il 30 luglio il generale Valle (sottosegretario e capo di stato dell’aeronautica) precedette con un

idrovolante verso il Marocco spagnolo i 12 trimotori S.81 inviati in aiuto del generale Franco, un gesto politicamente insensato (due S.81 furono costretti ad atterrare nel Marocco francese, se fosse successo a Valle le conseguenze politiche sarebbero state esplosive), ma caratteristico dello “stile fascista” e del protagonismo del generale, che nei mesi successivi si diede ad alimentare l’invio in Spagna di aviatori e materiali». (Giorgio Rochat. Le guerre italiane 1935-1943 – Dall’impero d’Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino 2008, p. 100 [ed. orig. 2005]).

38 Yuri Rybalkin. Stalin y España, Marcial Pons, Madrid 2007, p. 35 [ed. orig. Operacija “X”. Sovetskaja

voennaja pomosc, republikanskoj Ispanii (1936-1939), Airo-XX, Mosca 2000].

39 Ivi, p. 37.

Rivolgendo lo sguardo all’altro bando, ci si trova anche qui innanzi ad un processo che, per quanto diverso rispetto a quello appena citato, vede il progressivo coinvolgimento di stranieri. Può essere utile precisare che i primi volontari a combattere nelle file repubblicane si trovavano già nel Paese al momento dello scoppio del conflitto; si trattava, in larghissima parte, di rifugiati politici provenienti dai paesi fascisti, principalmente anarchici tedeschi ed italiani. Il trotskista svizzero Pavel Thalmann, volontario in una colonna del POUM, riferì come nel suo gruppo ci fosse un buon 80% di esuli tedeschi, la maggior parte di loro già residenti in Spagna nel luglio del ’36.41 La Spagna repubblicana era stata una delle tante mete delle emigrazioni politiche che si erano registrate in Europa tra le due guerre mondiali; emigrazioni delle quali avremo modo di parlare diffusamente più avanti in questo lavoro. Per avere un’idea sommaria su quale fosse della presenza di esuli politici nel luglio del '36 può essere utile scorrere le liste delle espulsioni dal Paese; ci si riferisce, in particolare, ai dati che emergono analizzando quelle decretate tra la vittoria elettorale del Fronte Popolare, nel febbraio ’36, e lo scoppio del conflitto. 42 Tra il 26 febbraio ed il 18 giugno furono obbligati a lasciare la Spagna 150 stranieri: 33 erano italiani (il 22% del totale, la nazionalità “più espulsa”), 19 tedeschi (12,6%) e 11 polacchi (7,3%); i francesi, nonostante la contiguità territoriale che poteva facilitare la mobilità tra i due paesi, furono solamente 12 (8% del totale).43 Il fatto che ci fossero molti italiani e molti tedeschi non può che segnalarci una spiccata presenza di esuli politici; ad ulteriore conferma in questo senso ci sono dei dati, rintracciati in uno schedario del Ministero degli Interni (largamente incompleto, sono infatti andati presi tutti i documenti compresi tra la G e la M) conservato oggi presso l’Archivo General de la Guerra Civil Española di Salamanca, relativi agli italiani espulsi dalla Spagna tra il '24 ed il '38.44 In totale ci sono 101 schede, la maggioranza delle espulsioni (84, quindi l’83% del totale) vennero eseguite durante gli anni repubblicani (’31-’36): una simile impennata (tra il ’24 ed il ’31 erano state solo 8) non può non segnalarci un aumento nell’afflusso di italiani in Spagna una                                                                                                                

41 Rémi Skoutelsky. Novedad en el frente. Las Brigadas Internacionales en la guerra civil, Temas de Hoy,

Madrid 2006, p. 37.

42 Si veda le liste rintracciabili presso il Ministerio de Asuntos Exteriores y de Cooperación, Archivo

General, Madrid (AMAE). Caja RE-99, Carpeta 6. Relacion de extranjeros expulsados de España a partir de las elecciones del 16 de febrero 1936, 03/05/1938.

43 Interessante sottolineare come 3 dei 33 italiani, un volta scoppiata l’insurrezione militare, sarebbero

tornati in Spagna per arruolarsi proprio nella Sezione Italiana. Si tratta di: Anchise Bertelli, espulso l’11 marzo del ’36; Francesco Barbieri, espulso ad inizio marzo e di Giuseppe Corpora, 11 aprile ’36. Ibidem.

volta instaurata la Seconda Repubblica. Evidentemente il nuovo regime democratico aveva attirato molti oppositori del fascismo italiano. Il reggiano Enrico Zambonini, classe 1893 e futuro volontario nella Sezione Italiana, era arrivato in Spagna nel ’32 e venne espulso il 17 ottobre del ’34 per aver minacciato fisicamente il console italiano.45

Stringendo lo sguardo sull’universo libertario, la Spagna, ed in particolare la Barcellona dei primi anni repubblicani, esercitò sicuramente un fascino tutto particolare; come ha ben sottolineato Dieter Nelles riferendosi agli esuli anarchici tedeschi, la CNT ed il movimento libertario iberico funsero, molto spesso, da fattore di attrazione nel momento di scegliere la meta del proprio esilio.46 La possibilità di potersi muovere in un ambiente politicamente, e socialmente, affine fu per molti un fattore determinante, un fattore che poteva anche fare da contraltare alle numerose difficoltà della vita da esiliato. Chris Ealham ha ricordato come i libertari stranieri formassero spesso dei gruppi di “illegalistas armados”, generalmente costretti a vivere in clandestinità e obbligati a confrontarsi con la costante minaccia di essere espulsi.47 Nonostante tutto, la prospettiva di poter vivere in una città dove buona parte del proletariato sosteneva di ispirarsi a quegli ideali libertari che, in quel momento storico, non godevano di buona salute negli altri stati europei, convinse molti: «Aunque llevaba mucho tiempo atrayendo anarquistas españoles y extranjeros, la consolidación de unas redes de sociabilidad exclusivamente libertarias entre finales de 1920 y principios de 1930, hizo que los recién llegados pudiesen localizar a los grupos de afinidad y integrarse con facilidad en la ciudad».48 La presenza di una consistente comunità anarchica straniera è suggerita anche da una nota della polizia italiana risalente all'estate del ’33:

Barcellona, 10 agosto 1933.

La FAI, per evitare persecuzioni, ai compagni italiani, portoghesi, francesi e costì residenti, ha deciso di sciogliere i vari gruppi e fonderli in uno solo, che si chiamerà gruppo internazionale e che si riunirà ogni volta in un ambiente differente. Poiché sino ad ora sono parecchi i compagni stranieri arrestati per il solo fatto di essere stati sorpresi a partecipare ad una                                                                                                                

45 Ibidem.

46 Dieter Nelles. “La légion étrangère de la révolution”, les anarcho-syndacalistes allemands dans les

milicies anarchistes durant la guerre civile espagnole in: Stéfanie Prezioso, Jean Batou e Ami-Jacques Rapin

(a cura di). Tant pis si la lutte es cruelle – Volontaires internationaux contre Franco, Editions Syllepse, Parigi 2008, pp. 214-215.

47 Ealham, La lucha por Barcelona… cit., p. 209. 48 Ivi, p. 152.

riunione di compagni spagnoli.49

Tra gli italiani sarebbe stata centrale la figura di Egidio Benvenuti, che viveva in Calle Vilà 84: «Il Benvenuti è un vecchio anarchico, oggi innocuo», riferì un confidente, «però è vero che in casa sua convengono connazionali sovversivi […] è vero che ospitò Bruzzi e Daminani»;50 tra gli anarchici era prassi, come si vedrà meglio nel corso del lavoro, utilizzare per gli incontri le abitazioni private, da qui la centralità di una figura come quella del Benvenuti. Passando ai futuri partecipanti alla Sezione Italiana, per almeno una trentina di loro abbiamo notizie che li vogliono in Spagna già prima dell’estate del ’36:51 il ferroviere bolognese Lorenzo Giusti venne arrestato, secondo quanto riporta una nota dell’ambasciata italiana a Madrid del febbraio ’35, «durante i moti rivoluzionari dell’ottobre scorso [’34, N.d.A.], perché ritenuto sospetto di attività estremiste».52 Fosco Falaschi, che sarebbe stato uno dei primi volontari italiani a cadere nella guerra civile, viveva dal 1934 a Barcellona ed era uno stretto collaboratore di Solidaridad Obrera. Sempre secondo le fonti poliziesche fasciste, anche Gino Bibbi, impulsivo ingegnere originario di Avenza (MS), si sarebbe stabilito in Spagna, a Gandia, dove aveva messo in piedi una piccola impresa e si era sposato con una donna del luogo.53 Il ragioniere

fiorentino Gino Ciuffi, riferendosi al marzo del ’36, avrebbe in seguito ricordato: «A Barcellona mi fu presentato il cappellaio Nozzoli Quisnello, del quale avevo già sentito parlare a Parigi. Mi consta che detto Nozzoli era stato espulso dalla Francia, ed era uno dei capi del movimento comunista della Spagna».54 Il Nozzoli, in realtà anarchico, viveva in casa del fratello Artorige, anarchico a sua volta, in Calle de l’Hospital numero 67; entrambi si sarebbero arruolati nella colonna italiana. L'abruzzese Giuseppe Bifolchi avrebbe così                                                                                                                

49 ACS, Divisione Polizia Politica (DPP), Fascicoli per Materia (FM), Pacco 51, Fascicolo 4. Relazione

informatore C20/30, 10/08/1933.

50 ACS, DPP, FM Pacco 51, Fascicolo 10. Relazione informatore C20/30, 25/10/1935.

51 Colgo l’occasione per ricordare che quando nel corso di questo primo capitolo si farà riferimento a dati

sia biografici che quantitativi sui partecipanti alla Sezione Italiana rimando automaticamente ad una base di dati che si basa su quanto rinvenuto nei fascicoli contenuti presso l’Archivo General de la Guerra Civil Española di Salamanca (AGGCE), casse PS Barcelona 454, PS Barcelona 455, PS Madrid 485, PS Madrid 486 e PS Madrid 487, nonché sui fascicoli personali custoditi presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, Casellario Politico Centrale (ACS, CPC).

52 ACS, CPC b. 2464, f. 93758 Giusti Lorenzo. Telespresso della Regia Ambasciata d'Italia a Madrid,

04/02/1935.

53 ACS, CPC b. 635, f. 13835 Bibbi Gino. Lettera alla sorella Maria, 08/04/1934.

54 Archivio di Stato di Firenze (ASF), Questura di Firenze (QF), Gabinetto, cat. A/8, Nozzoli Quisnello.

ricordato il gruppo di anarchici italiani residenti a Barcellona: «Gli anarchici, nella loro maggioranza, avevano preferito fermarsi in Catalogna, bene accolti dalle organizzazioni della CNT. Tra di essi s'era distinto Fosco Falaschi, uomo di 50 anni, d'una certa levatura intellettuale, esule dal 1925 ed espulso dalla Francia, donde era passato in Argentina, ove aveva pubblicato il giornale Protesta. Costretto ad uscire anche da quella nazione s'era stabilito in Barcellona, pubblicando articoli in Solidaridad Obrera ed in Tierra y Libertad. Intorno a lui s'era riunita una piccola cellula anarchica nella quale figuravano, tra gli altri, Gino Baleschi, Lorenzo Giusti, Settimo Guerrini, Mario Margherite, Giuseppe Pessel ed Enrico Zambonini (detto “Lucifero”), ammogliato con una catalana. Tutti essi avevano preso parte ai combattimenti in Barcellona quando s'era prodotto l'”alzamiento”, incorporandosi in seguito alle colonne che erano partite per l'Aragona».55

Tra i futuri volontari già residenti a Barcellona non ci furono esclusivamente dei militanti libertari: un esempio per tutti può essere quello del genovese Enrico Giussani. Classe 1906, secondo una nota della polizia politica datata 30 giugno 1932, il Giussani avrebbe avuto «un ufficio di rappresentanze» e sarebbe stato «un elemento avverso al Regime, di accesi sentimenti popolari ed in rapporti con repubblicani. Ha dimorato per qualche tempo a Milano, ove ha tutt’ora la famiglia in via Jenner N.49. Fu impiegato nell’Opera del cardinal Ferrari ed era solito portarsi a Bologna presso la redazione del noto giornale cattolico “l’Avvenire d’Italia”».56 Secondo un’altra nota si sarebbe dedicato addirittura «all’organizzazione di pellegrinaggi per la Santa Sede» e sarebbe stato «in buone relazioni con Vescovado locale».57 Nel luglio del ’35 vennero fornite altre informazioni sulla sua condotta: «Un antifascista certamente non ortodosso né pericoloso perché non fa il militante al sole (come Marcolin, Calligaris, Pisani ecc), ma che dichiarandosi “apolitico” semina veleno […] è ammogliato con una tedesca ed ha un figlio. Suole frequentare un certo “Club degli undici” che si riunisce, di solito, al caffè “Germania” nel Paseo de Gracia, noto ritrovo di cretini, che si spacciano per intellettuali, e che dicono peste e vituperio del Fascismo e delle istituzioni».58 Giussani sarebbe stato, come si vedrà, un elemento molto importante nel processo che avrebbe portato alla                                                                                                                

55 Giuseppe Bifolchi. La colonna italiana sul fronte di Huesca in: “Rivista Abruzzese di Studi Storici dal

Fascismo alla Resistenza”, anno I numero 3, 1980, p. 143.

56 ACS, CPC b. 2462, f. 127012 Giussani Enrico. Nota Divisione Polizia Politica, 30/06/1932. 57 Ibidem.

formazione della Sezione Italiana. Un altro interessante caso è quello del rappresentante fiorentino Luigi Balleggi: emigrato già dal ’23, dopo aver vissuto per anni a Marsiglia, in Francia, era passato in Spagna all’indomani della nascita della Seconda Repubblica, nel ’31. Nonostante, come venne riferito in una nota del consolato di Barcellona dell’agosto ’35, «non sembri che egli sia figura di marcato rilievo nel campo antifascista», il quattro novembre del ’36 si sarebbe arruolato volontariamente nella Sezione Italiana per poi avviarsi verso il fronte con la spedizione partita da Barcellona il 10 dello stesso mese.59 Che in Spagna, e a Barcellona in particolare, fosse presente una comunità di antifascisti italiani è testimoniato anche da un elenco stilato per conto del Casellario Politico Centrale il 20 febbraio del ’35 (numero di protocollo 441/03947): nel suddetto elenco sono elencati ben 44 nominativi dei «più noti sovversivi italiani che a tutto lo scorso dicembre risiedevano a Barcellona».60 Sempre secondo la polizia fascista, «il bar Tranquilidad è il

ritrovo degli anarchici spagnoli e di altre nazionalità, italiani compresi; e ciò per ragione di ubicazione. Alle spalle di detto caffè c’è un quartiere chiamato “Pueblo Seco””, ove abitano e hanno abitato sempre tutti, da Ghillani a Damiani, a Bruzzi, Lucchetti, Capuana, ecc».61 Nell’aprile del ’34, un giovane anarchico italiano che si dedicava ad atti di espropriazione, Bruno Alpini, venne ucciso durante uno scontro a fuoco con la polizia nella zona del Parallelo. Dopo le elezioni del febbraio '36, infine, un altro informatore presente in città riferì: «La situazione politica locale è in uno stato terrificante. Tutto va di male in peggio e non c'è da stupirsi che possano attecchire presto i Soviets. Succedono aggressioni ed omicidi per le strade. Figuriamoci come vivono bene e vegetano i nostri connazionali fuorusciti! Pochi giorni fa una signorina, che non è stato possibile identificare, ha collocato nella facciata della Generalità la seguente scritta indirizzata all'ex detenuto Companys, ora capo del Governo di Catalogna: “Gli italiani antifascisti proscritti dal loro paese, ospiti della libera Catalogna, vi salutano”. Poi in un recente corteo, un grande cartellone era portato ed agitato da un gruppo di connazionali, e portava la scritta:                                                                                                                

59 ACS, CPC b.291, f. 43367 Balleggi Luigi. Nota del Consolato italiano di Barcellona, 17/08/1935

60 Ivi, Appunto direzione generale Affari Generali e Riservati, 20/02/1935. Questo interesse degli organi di

polizia fascisti verso la Spagna non deve sorprendere, come ci ricorda anche Mimmo Franzinelli, l’affermazione del regime repubblicano ed il conseguente afflusso di antifascisti «ridestò l’attenzione fascista verso i connazionali recatisi nella penisola iberica; in una prima fase l’ambasciata italiana accentuò il lavoro spionistico, in seguito sopraggiunsero emissari della Divisione Polizia Politica». (Mimmo Franzinelli. I

tentacoli dell’OVRA – Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Bollati Boringhieri,

Torino 2000, p. 261).

“Gli esuli italiani perseguitati dal Fascismo, vi salutano”».62 In sintesi, alla vigilia della guerra civile era stata presente in città una discreta comunità di antifascisti italiani.

Tra i primi stranieri a combattere non vi furono però solamente coloro che già vivevano da tempo in Spagna. Era prevista, proprio per il 19 luglio a Barcellona, la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi dei Lavoratori, le Espartaquiades; una manifestazione pensata in opposizione alle Olimpiadi che si sarebbero tenute ad agosto a Berlino e che sarebbero state una vetrina importantissima per il Terzo Reich.63 La città era quindi invasa, al momento dell’insurrezione militare, da centinaia di lavoratori venuti da tutta Europa per partecipare o per assistere alle competizioni; nonostante fosse stato tempestivamente deciso dalla Generalitat di annullare l’evento sportivo e di rimpatriare gli atleti, un gruppo decise di rimanere e di arruolarsi nelle milizie. C’erano poi anche altri, come i due operai londinesi Sam Masters e Nat Cohen, che si trovavano in Spagna semplicemente in vacanza: la rivolta militare sorprese i due inglesi mentre attraversavano i Pirenei in bicicletta e anche loro decisero di rimanere.64 «Los extranjeros que pasaban las vacaciones en nuestro país», riportò in quei giorni La Vanguardia, «van a los Sindicatos y se ofrecen incondicionalmente. Acuden franceses, polacos, rusos, suecos, irlandeses y americanos. Entre ellos hay catédraticos, médicos, ingenieros, periodistas y otras profesiones. Unos vienen porque simpatizaban hace tiempo con las ideas libertarias y otros porque consideran que el golpe más certero al fascismo, lo han dado los valientes catalanes».65

L’eco dei fatti spagnoli si diffuse rapidamente in tutta Europa, come avrebbe poi ricordato anche il comandante del battaglione britannico delle Brigate Internazionali, Bill Alexander:

From the first days of the generals’ revolt in July 1936 progressive people everywhere began to realize the International significate of the fate of the Spanish Republic. At first spontaneously, as individuals or in small groups, later in larger numbers and organized, volunteers went to Spain to                                                                                                                

62 ACS, DPP, FM Pacco 51, Fascicolo 10. Relazione informatore C20/30, 12/03/1936.

63 Sabato 18 luglio il più importante periodico della città, La Vanguardia, riportava la notizia: «Los Juegos

Populares de Barcelona, el programa de la inauguración. Mañana, las cuatro de la tarde en el Estadio apertura oficial de los juegos. Presentación de los deportistas por le secretario del Comité esecutivo, don Jaime Miravitilles; ofrecimiento de los fuegos por el presidente de los juegos, don José A. Trabal». (La

Vanguardia, 18/07/1936, p. 6).