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Data la molteplicità degli obiettivi di analisi di questo studio e la conseguente varietà dei risultati ottenuti, è necessario fornire un’adeguata interpretazione dei dati. Si è pensato infatti di dare una valutazione indipendente per ogni tematica analizzata e,

successivamente, di proporre un’interpretazione della situazione complessiva emersa dall’analisi. L’intento è di discutere i risultati ottenuti basandosi su concetti ingegneristici, biomeccanici e dell’analisi funzionale, integrandoli con opportune considerazioni sullo stato dei pazienti. Si vuole dare un arricchimento di informazioni sull’immediata situazione post-operatoria dei protesizzati, fin’ora non considerata nel dettaglio.

In questo capitolo verrà inizialmente proposta un’interpetazione dei risultati di Postura, fecendo particolare riferimento ai concetti evidenziati in un modello biomeccanico

presente in letteratura. Si proseguirà poi, seguendo l’organizzazione sequenziale utilizzata nei capitoli 3 e 4, con la spiegazione dei risultati relativi a: STS, Gait Anlysis, TUG test, scala TSK e scala NRS.

Infine verrà data un’interpretazione riassuntiva sulla condizione generale dei soggetti trattati.

5.1 – Interpretazione dei risultati di Standing

5.1.1 – Riferimenti bibliografici e considerazioni

Un modello biomeccanico presente in letteratura è stato utilizzato come ausilio nell’interpretazione dei risultati. Si tratta del sistema di A.H. Vette et al presentato nel capitolo riguardante la revisione bibliografica. Qui di seguito vengono evidenziati gli aspetti del modello più interessanti e le considerazioni ad essi collegate. Tali concetti verranno poi ripresi nel paragrafo successivo di analisi dei risultati.

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Il modello biomeccanico definisce i meccanismi che regolano la mobilità della caviglia e più precisamente il momento torcente da essa prodotto. Questo momento torcente ha lo scopo di opporsi alla forza di gravità che agisce sul corpo umano e di prevenire la caduta del soggetto, mantenendone il Centro di Massa (COM) in equilibrio. I muscoli della caviglia, insieme a quelli dell’anca, collaborano al mantenimento della postura in stazione eretta e orientano il corpo a seconda delle condizioni ambientali. Tutto questo è comandato dal Sistema Nervoso Centrale che coordina i tre principali controllori della postura: il Sistema Somatosensoriale, il Sistema Visivo e il Sistema Vestibolare. In questo modo le informazioni di esterocezione e di propriocezione, attraverso un feedback neuromotorio, arrivano al SNC che riprogramma i comandi più adeguati.

Come si può vedere nella figura 19, che riporta lo schema funzionale del modello

biomeccanico, il momento torcente generato dalla caviglia è continuamente controllato da un feedback che riporta la cinematica del corpo e regola gli altri meccanismi coinvolti. Questo momento torcente è infatti il risultato di due componenti: quella passiva e quella attiva. La componente passiva, anche detta controllore meccanico, è definita dalle proprietà intrinseche di articolazioni, muscoli, tendini e legamenti dell’anca. Per proprietà

intrinseche si intendono la rigidezza e la capacità di smorzamento impiegate durante il mantenimento della posizione eretta, ecco perché si parla di controllore meccanico. La componente attiva invece è definita dalle contrazioni muscolari della caviglia comandate dal SNC. Questo, ricevendo in feedback le informazioni su cinetica e dinamica del corpo e integrandole con il programma motorio prestabilito, comanda un certo tipo di contrazione. Di conseguenza tale componente è detta controllore neurale del sistema.

La componente attiva è affetta da un importante ritardo temporale, definito da tre tipi di ritardo. Essa può infatti essere espressa come la somma di tre contributi, ognuno dei quali esiste per uno specifico motivo.

 : Il tempo necessario per la trasmissione dell’informazione dal sistema somatosensoriale della caviglia al cervello

 : Il tempo impiegato per il processamento dell’informazione sensorimotoria nel SNC e per la trasmissione neurale dal SNC ai muscoli flessori plantari

 : Il ritardo elettromeccanico, ovvero il tempo che intercorre tra l’attivazione dei muscoli e la generazione del momento torcente della caviglia.

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Vette e i colleghi si sono posti come obiettivo quello di capire in che modo il SNC riesca a produrre delle contrazioni della caviglia sincronizzate in modo efficiente al mantenimento della postura, nonostante vi sia questo importante ritardo nel feedback neurale. Seguendo questa linea di pensiero, a me è sembrato sensato interpretare i risultati di questo studio ragionando su cosa potesse interferire e caratterizzare questo feedback nei protesizzati d’anca. In altre parole come possono “essere personalizzati” i blocchi di questo modello biomeccanico per i pazienti analizzati? Quale dato può essere il segno di uno specifico cambiamento di una componente del sistema?

Un sistema somatosensoriale più o meno compromesso può dilatare o accorciare la durata del feedback neurale e peggiorare o mantenere la qualità dell’informazione trasmessa nel loop.

Dato che i pazienti al T1 e al T2 si trovano nell’immediato post-operatorio, hanno una marcata inibizione muscolare dovuta prettamente all’intervento, all’anestesia e al movimento ridotto quasi solamente alle sedute di fisioterapia. Questa condizione

interferisce sicuramente sulla rigidità e sulla capacità di smorzamento di muscoli, tendini e legamenti della caviglia. Di conseguenza la componente passiva del modello viene alterata e indebolita.

Sempre a causa dell’inibizione muscolare post-operatoria, l’attivazione dei muscoli può essere più problematica e di entità molto ridotta. In questo modo anche la componente attiva del sistema è penalizzata.

Nonostante in questo modello non vengano fatti ragionamenti sulla situazione dei muscoli dell’anca, si può pensare che per essi vi siano avvenimenti simili o addirittura analoghi. Ecco che così il paziente appare debilitato il doppio.

L’alterazione della contrazione muscolare, oltre a comportare la generazione di forze di minor entità, determina anche il compimento di movimenti più piccoli, cioè la riduzione del Range of Motion (ROM) articolare.

Siccome il corpo umano è composto da una catena cinematica in cui i vari segmenti sono collegati uno all’altro e lavorano in modo sinergico, un ROM piccolo per un’articolazione, prevede uno sforzo maggiore per un’altra articolazione. Ad esempio, nel caso in cui venga ridotto il ROM della caviglia, per provvedere al mantenimento della postura il soggetto dovrà sfruttare maggiormente il contributo dell’anca. Avendo però pazienti di PTA operati da pochi giorni, è normale che questi non riescano a sfruttare l’anca nel migliore dei modi.

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Dal punto di vista neurale, possibili caratteristiche di un singolo soggetto possono

interferire nel feedback del modello biomeccanico. Anche se sono stati analizzati pazienti che non presentano patologie neurologiche, potrebbero essere coinvolti problemi o conformazioni sconosciute che ritardano o modificano il lavoro del SNC. Se si volessero analizzare in dettaglio questi fenomeni, si potrebbe osservare che anche differenze di milli o micro secondi nell’eccitabilità dei neuroni, se sommate e ripetute nel tempo, potrebbero differenziare parecchio il feedback neurale da un soggetto all’altro. Tali ragionamenti non vengono affrontati perché questo lavoro non è focalizzato sull’aspetto neurale.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la condizione psicologica dei pazienti, che caratterizza molto i meccanismi di mantenimento della postura.

Nella sezione successiva sono riportate le interpretazioni dei risultati di Standing, basate sul modello biomeccanico e sulle considerazioni sopra riportate accompagnate da altri concetti che stanno alla base del controllo posturale.

5.1.2 – Interpretazione dei risultati

Come è stato già anticipato, in questo studio si è voluta porre maggior attenzione sui dati relativi alle prove di Standing, poiché l’analisi Posturale è stata la disciplina più idonea per l’osservazione dei pazienti selezionati.

I risultati ottenuti possono essere schematizzati in tre punti:

1. Entrambi i gruppi di pazienti compiono oscillazioni maggiori a occhi aperti in tutte le fasi temporali

2. Monolaterali e bilaterali a occhi aperti partono da una condizione simile, mentre a occhi chiusi i bilaterali oscillano già di più. Nel post-operatorio i bilaterali oscillano maggiormente, ma hanno una postura molto più simmetrica rispetto ai monolaterali 3. Con il passare del tempo la simmetria posturale e l’entità delle oscillazioni dei

bilaterali aumentano. I monolaterali invece assumono una postura sempre più asimmetrica e compiono oscillazioni più o meno simili.

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Il primo risultato conferma un fenomeno ormai noto, che si verifica generalmente anche nei soggetti sani. Nel momento in cui viene eliminato il contributo del sistema visivo, l’uomo compie involontariamente oscillazioni di entità maggiore. Questo si evince dai dati relativi alla lunghezza della traccia del COP di un singolo arto, dalla lunghezza della traccia del COP totale e dal range di oscillazioni dei due tipi di COP. Come è già stato detto nel capitolo 2, il controllo posturale è coordinato, oltre che dal SNC, da altri tre sistemi: somatosensoriale, vestibolare e visivo. Questi tre collaborano in maniera molto organizzata e, quando uno di essi non dà contributi, gli altri due cercano di andare a

sopperire la mancanza creatasi. Nel caso in questione, in cui i soggetti svolgono la prova di Standing a occhi chiusi, i sistemi somatosensoriale e vestibolare cercano di compensare il mancato contributo del sistema visivo, ma non riescono a risolvere la situazione in modo ottimale.

Figura 43: Schema del controllo posturale

Infatti i pazienti, se pur cerchino di riequilibrare le informazioni sensoriali per modificare la postura, non riescono ad effettuare oscillazioni uguali a quelle compiute a occhi aperti, bensì fanno sway molto più ampi. Tale comportamento è stato riscontrato sia nei

monolaterali sia nei bilaterali, ma dato che succede anche nei soggetti sani non è una conseguenza della protesizzazione.

Invece il fatto che al T0 nella condizione a occhi chiusi i bilaterali oscillano maggiormente, può significare che essi, rispetto ai monolaterali, hanno il sistema somatosensoriale più compromesso. Ragionando sullo schema del controllo posturale si è visto che, quando ai pazienti viene tolto lo strumento visivo, rimangono in azione i sistemi vestibolare e

somatosensoriale. Siccome nei criteri di inclusione/esclusione dello studio è stato scelto di arruolare solo pazienti che non presentino patologie oltre all’artrite, si presuppone che il

AFFERENZE SENSORIALI SOMATOSENSORIALE EAL VESTIBOLARE VISIVO COMANDI NON BEN INTEGRATI

REGOLAZIONE DEL TONO MODIFICHE POSTURALI

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sistema vestibolare sia integro. Di conseguenza l’ultimo componente da indagare è il sistema somatosensoriale. Dal momento che l’intervento di PTA prevede la rimozione della testa femorale, il modellamento dell’acetabolo e del femore e l’innesto delle componenti protesiche che sono elementi sconosciuti per il corpo umano, è chiaro che il sistema somatosensoriale venga alterato fortemente. Oltre alle tecniche chirurgiche invasive, l’artrite è un’altra causa del deficit propriocettivo. Infatti questa patologia causa un deterioramento progressivo delle ossa e, conseguentemente, problemi alle articolazioni, ai legamenti e alle fibre sensoriali presenti nella zona di diffusione. Per tutti questi motivi sembra quindi che il somatosensoriale sia il sistema più debilitato, anche se si presuppone che con il passare del tempo e con la riabilitazione possa migliorare in modo progressivo. Il fatto che i bilaterali abbiano tale sistema più compromesso è motivato dalla loro

particolare condizione fisica: essi hanno entrambe le anche patologiche e quindi sono doppiamente affetti anche a livello somatosensoriale.

La propedeuticità degli operati bilateralmente ad oscillare di più viene riscontrata anche nel post-operatorio, sia nella condizione a occhi aperti sia in quella a occhi chiusi. Tale risultato non può che confermare le analisi appena descritte e indurre ad altri tipi di

ragionamento. Accettando il fenomeno appena esposto, secondo il quale qualsiasi soggetto in posizione eretta a occhi chiusi oscilla di più a causa di un deficit propriocettivo, resta da capire perché anche ad occhi aperti e in qualsiasi giornata post-operatoria i bilaterali ondeggiano maggiormente. È noto che il sinergismo dei muscoli di anca e caviglia

determina un buon mantenimento posturale. Avendo a che fare con pazienti che sono stati operati da soli 3 o 7 giorni è chiaro che i muscoli dell’anca siano debilitati e inibiti. Di conseguenza, soprattutto in questi primi giorni post-operatori, si può pensare che il

contributo di questi muscoli sia inferiore. Per quanto riguarda la caviglia, si può ragionare su cosa succede alle componenti del momento torcente descritto nel modello biomeccanico di A.H. Vette et al. La componente passiva, determinata da rigidezza e capacità di

smorzamento muscolare può subire variazioni dovute al fatto che nei giorni di degenza i pazienti sono più deboli e hanno una riduzione del tono muscolare. Questo avviene perché, oltre alle sedute riabilitative e a qualche passeggiata all’interno del reparto, i pazienti non si muovono. In questo modo la meccanica articolare della caviglia diventa più difficoltosa, si ha più rigidità muscolare e ridotta capacità di effettuare piccole correzioni posturali che prevengano grandi oscillazioni. Analizzando invece la componente attiva e il

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feedback neurale ad essa indirizzato, si può dire che l’informazione somatosensoriale diventa di scarsa qualità in quanto il sistema propriocettivo è debilitato e la contrazione muscolare che viene comandata può essere di piccola entità e affetta da un grosso ritardo elettromeccanico ( ) a causa dell’importante inibizione muscolare che interessa i protesizzati.

Un’altra caratteristica importante espressa nel secondo punto dell’elenco che riassume i risultati di Standing, è che nel post-operatorio i monolaterali assumono una postura molto più asimmetrica rispetto agli altri. Questo è evidenziato dal BWDSI, che analizza la differenza tra le Ground Reaction Forces dei due piedi, in altre parole la differenza di carico tra un arto e l’altro. Tale indice si è verificato maggiore per i monolaterali sia a occhi aperti che a occhi chiusi e in ognuno dei due giorni di analisi post-intervento. Si è scoperto quindi che le persone operate a livello monolaterale, tendono ad appoggiare la maggior parte del peso corporeo su una sola gamba. Di conseguenza si è voluto indicare precisamente su quale gamba i pazienti facessero maggior affidamento, mettendo da parte l’analisi statistica. Andando quindi a vedere, per ogni singola persona, le forze di reazione al terreno espresse in percentuale rispetto alla forza di reazione totale, si è notato che la forza più grossa è quella relativa al lato operato. Questo comportamento era già stato osservato in modo qualitativo dallo staff presente in laboratorio, ma ha avuto una precisa conferma in termini numerici. I motivi che stanno alla base di quanto evidenziato sono vari. In primo luogo vi è un “condizionamento” psicologico dei pazienti monolaterali. Essi hanno affermato, a voce in laboratorio e nella compilazione delle scale di valutazione clinica, di aver paura a caricare la gamba protesizzata e correre il rischio di sentire dolore acuto e/o rovinare l’impianto protesico. Questa condizione non è stata riscontrata nei bilaterali poiché avendo subito la protesizzazione su entrambe le gambe, non hanno un arto ancora naturale su cui fare affidamento e quindi caricano in egual modo i due lati. Oltre all’aspetto psicologico, subentrano l’inibizione muscolare, il momentaneo indebolimento dell’arto trattato e la conseguente compromissione delle fibre sensoriali che obbligano il soggetto a caricare il peso sull’arto sano. Si può dire quindi che il paziente operato a livello monolaterale utilizza l’asimmetria posturale anche come tecnica adattativa. Un’ultima osservazione da fare è che probabilmente il SNC sceglie l’arto non trattato come “struttura portante” e l’arto operato come elemento stabilizzante. Questa teoria spiega perché i

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monolaterali hanno una postura asimmetrica, ma oscillano molto meno rispetto ai bilaterali.

I risultati discussi sono confermati anche col trascorrere del tempo. Infatti, come affermato nel punto 3 e come è riproposto nei grafici seguenti, dal confronto delle situazioni relative alle tre fasi temporali analizzate (T0,T1,T2) il BWDSI migliora sempre di più per i

bilaterali che però oscillano maggiormente.

Figura 44: Andamento del BWDSI nelle tre fasi temporali 0 5 10 15 20 25 T0 T1 T2

BWDSI [%]

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Figura 45: Andamento della lunghezza della traccia del COP singolo nelle tre fasi temporali

Figura 46: Andamento della lunghezza della traccia del COP totale nelle tre fasi temporali 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 T0 T1 T2

Lunghezza della traccia del COP singolo [m]

BILATERALI OA BILATERALI OC MONOLATERALI OA MONOLATERALI OC

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 T0 T1 T2

Lunghezza della traccia del COP totale [m]

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Il fatto che i bilaterali abbiano una postura sempre più simmetrica è uno dei risultati migliori derivanti dall’operazione simultanea. Un corretto bilanciamento del peso previene l’insorgenza di patologie in altre componenti della catena cinematica e assicura anche una miglior funzionalità biomeccanica al soggetto. Nel caso dei monolaterali, l’asimmetria posturale può portare all’insorgenza di artrite e addirittura a una conseguente necessità di intervento di PTA anche sul lato non patologico. Inoltre tale sbilanciamento va ad inficiare sull’intera cinematica del paziente. Ad esempio l’Obliquità Pelvica, può aumentare molto e impedire l’assetto normale secondo il quale il bacino deve essere in asse. Questa

particolarità viene già riscontrata a tre giorni dall’intervento in cui i monolaterali hanno il bacino inclinato, mentre i bilaterali hanno gli angoli di Obliquità Pelvica uguali sui due lati (ma con orientamento opposto) e quindi il loro valore medio complessivo è pari a zero.

Obliquità Pelvica Monolaterali [°] Obliquità Pelvica Bilaterali [°] Occhi aperti 1.460 0.000 Occhi chiusi 1.600 0.000

Tabella 24: Obliquità Pelvica a T1

Un’altra possibile conseguenza della non corretta distribuzione del carico può essere un differente grado di flesso-estensione delle ginocchia. Nel lungo termine infatti il soggetto potrebbe assumere una postura in cui il ginocchio del lato che supporta il carico viene iperesteso e il ginocchio del lato scarico viene flesso leggermente, come è rappresentato nella figura seguente, relativa ai primi giorni post-operatori.

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Per quanto riguarda invece le tracce del COP singolo e totale, dai grafici si nota che nel tempo i bilaterali compiono oscillazioni sempre maggiori, mentre i monolaterali dal T1 al T2 presentano valori un po’ più costanti che fanno pensare ad un assestamento dell’entità delle oscillazioni. Ciò può essere interpretato come un segno che il sistema

somatosensoriale dei monolaterali si sta riattivando più velocemente. Oppure questa può essere un’ulteriore conferma del fatto che i monolaterali trovano più stabilità perché caricano in modo diverso (ma scorretto) i due arti.

5.2 – Interpretazione dei risultati di STS

Per le prove di Stand to Sit, come per le prove di Standing, è stata riscontrata differenza tra monolaterali e bilaterali nella distribuzione di carico durante i test post-operatori. Il

BWDSI di STS, essendo identico a quello di Standing, valuta la simmetria di carico. Esso è l’unico indice analizzato per queste prove e ha riportato valori maggiori di quasi tre volte per i monolaterali sia a T1 sia a T2. Ciò che incide maggiormente in queste prove è la paura generale dei pazienti. Entrambi i gruppi durante l’esecuzione del test hanno

manifestato ancora più timore di quanto espresso per la Stabilometria. Essi infatti avevano paura che sedendosi senza l’ausilio delle stampelle o di un fisioterapista potessero rovinare il lavoro chirurgico, compromettere la loro ripresa funzionale oppure cadere senza trovare il supporto della sedia. Altri fattori che condizionano i pazienti sono il dolore, la debolezza e l’inibizione muscolare abbastanza marcati a causa della vicinanza dall’intervento. I motivi dello sbilanciamento rilevato soprattutto per i monolaterali sono simili a quelli descritti per le asimmetrie di carico riscontrate durante il mantenimento della posizione eretta. Gli operati a livello monolaterale affidano il peso quasi ed esclusivamente alla gamba non trattata, scaricando completamente l’arto protesizzato che dovrebbe invece essere riabilitato ai fini della ripresa funzionale. Questo modo di sedersi, se non corretto con la riabilitazione, può portare alla degenerazione dell’arto che inizialmente pareva sano. È possibile infatti che alla lunga l’arto sovraccaricato diventi affetto da artrite e necessiti poi di una protesi. In aggiunta, tale situazione presenta un nuovo esempio di

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I bilaterali invece, non potendo scegliere il lato più compromesso, sono obbligati ad utilizzare in modo identico i contributi di entrambi gli arti eseguendo fin da subito un task motorio più corretto. Ciò che va a favore dell’intervento bilaterale simultaneo è che la corretta distribuzione di carico durante il STS viene a mancare solamente a causa

dell’intervento monolaterale. Le persone che hanno subito questo tipo di operazione, nel giorno pre-operatorio si sedevano caricando in modo abbastanza simmetrico i due arti, invece dopo l’intervento mostrano un netto peggioramento nell’esecuzione della prova. Tale osservazione è da considerare un dato abbastanza incerto, in quanto i risultati sono relativi ai giorni immediatamente successivi all’operazione e lo sbilanciamento potrebbe essere così marcato per questo motivo. Si pensa infatti che nel giro di alcuni mesi i

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