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Interventi atti alla riduzione dei consumi elettric

Distribuzione circuito mensa

MESSA IN FUNZIONE IMPIANTO

5.3 Interventi atti alla riduzione dei consumi elettric

5.3.1 Sostituzione dei corpi illuminanti

Al fine della riduzione dei consumi registrati nella fascia F23 si consiglia la sostituzione dei 2 faretti esterni esistenti e funzionanti con lampade a vapori di mercurio con altrettanti a LED. Considerando un’efficienza di 45 lumen/Watt per le prime e di 75-100 lm/W per le seconde è facile capire che a parità di intensità luminosa la tecnologia LED richiede meno della metà della potenza in ingresso. Quindi la sostituzione delle due lampade esterne comporterebbe una riduzione dei consumi di quasi 1000 kWh annui. Oltre alla bassa efficienza luminosa le lampade a vapori di mercurio presentano una minor durata (circa 6000 ore contro le oltre 20000 delle lampade a LED) e una maggior difficoltà per il loro smaltimento.

Per quanto riguarda l’illuminazione interna, un intervento poco costoso sarebbe quello di installare direttamente le nuove lampade tubolari a LED nei porta lampade esistenti andando a modificare la parte elettrica di alimentazione della plafoniera sostituendo gli starter presenti con altrettanti idonei per il funzionamento.

Tuttavia questo tipo di intervento non è idoneo perché la sostituzione delle lampade fluorescenti con tubi LED tramite modifica elettrica del porta lampade richiede una modifica del prodotto esistente. Difatti la plafoniera deve essere smontata, aperta (con possibilità di rottura di alcune sue parti) e modificato lo starter. Tutto ciò comporta la perdita della certificazione del prodotto e che, di conseguenza, rende l’impianto non conforme alle normative di riferimento.

La sostituzione di tutte le plafoniere esistenti con altrettante a LED comporta una spesa superiore ma anche per questo tipo di intervento, per le pubbliche amministrazioni, vi è la possibilità di ottenere gli incentivi previsti dal conto termico. Questi coprono il 40 % delle spese totali sostenute nelle quali concorrono quelle per la fornitura e messa in opera dei nuovi apparecchi, quelle per l’adeguamento dell’impianto elettrico, ivi compresa la messa a norma, nonché i costi necessari per lo smontaggio e la dismissione dei sistemi per l’illuminazione preesistenti.

Come esempio per effettuare una stima dei risparmi energetici ottenibili si considera l’intervento di sostituzione delle lampade fluorescenti nella sala da pranzo della mensa. Come è già stato detto in questa stanza sono presenti 23 plafoniere 120x60 da incasso, una delle quali è visualizzabile in fig. 5.3.1, posizionate nel controsoffitto e costituite da 4 lampade fluorescenti da 36 W ciascuna.

Figura 5.3.1 Esempio di plafoniera ad incasso della mensa

Risulta che ciascuna plafoniera richiede una potenza in ingresso di 144 W alla quale andrebbe aggiunto il carico dovuto agli starter i quali con il passare degli anni si usurano e tendono a consumare maggiormente. Andando a sostituire il corpo illuminante si ottiene una riduzione dei consumi superiore al 50 % poiché, come riportato nella tab. 5.3.1.1, la potenza di una lampada T8 a LED di lunghezza 120 cm è la metà.

Tipo Lampada Potenza lampada fluorescente Potenza lampada LED

T8 lunghezza 120 mm 36 W 18 W

T8 lunghezza 150 mm 58 W 24 W

Compatta Edison e27 20 W 9 W

Tabella 5.3.1.1 Confronto potenza lampade fluorescenti e a LED

Inoltre se andiamo a considerare le lampade fluorescenti da 58 W, presenti nelle aule della scuola, il consumo si riduce ulteriormente fino a -60%. Di contro, però, diminuisce l’illuminamento sui piani di lavoro perché anche se le nuove lampade hanno un’efficienza

luminosa elevata e superiore a quelle esistenti, la bassa potenza in ingresso fornisce un flusso luminoso sensibilmente più basso. Effettuando un semplice calcolo si nota che, essendo il flusso luminoso delle 4 lampade a LED da 18 W che compongono la plafoniera ad incasso pari a 7200 lumen, l’illuminamento raggiunge i 400 lux, i quali sono più che sufficienti e rientrano appieno nel valori imposti dalla normativa di riferimento (UNI 12464).

Il costo è però il maggior svantaggio di una lampada a LED poiché è circa 3 volte quello di una lampada fluorescente anche se questo maggior costo si ripaga nell’arco di alcuni anni. Ammettendo infatti di ottenere una riduzione del 60 % dei consumi per l’illuminazione interna e del 50 % per quella esterna si risparmiano all’anno più di 6000 kWh cioè quasi 1400 €/anno in bolletta. Per l’acquisto di tutti gli apparecchi illuminanti, interni ed esterni dello stabile, è stato stimato un costo di investimento iniziale di 8000 € il quale sarà ripagabile, grazie al risparmio conseguito nella bolletta e agli incentivi del conto termico, in tempi molto ridotti.

anno Investimento iniziale [€] Incentivi GSE [€] Risparmio bolletta [€] Flusso di cassa [€]

0 -8000 0 0 -8000 1 0 640 1400 -5960 2 0 640 1400 -3920 3 0 640 1400 -1880 4 0 640 1400 160 5 0 640 1400 2200

Tabella 5.3.1.2 Flussi di cassa per l’intervento di sostituzione dei corpi illuminanti

Come si può notare nella tabella precedente, il pay-back time è inferiore ai 4 anni e il valore attuale dell’investimento al quinto anno è di 2200 €. Inoltre si dovrebbe tener conto dell’ulteriore risparmio economico conseguito dalla maggior durata delle lampade che rappresenta quindi un flusso di cassa positivo da inserire nei successivi anni.

Ulteriori vantaggi da considerare sono la migliore resa cromatica e l’accensione immediata degli apparecchi poiché a differenza le lampade fluorescenti impiegano un certo tempo per andare a regime in funzione della temperatura raggiunta.

5.3.2 Modifica impianto di produzione di ACS della mensa

Il principale provvedimento da prendere in considerazione è quello dell’inserimento nel circuito di un addolcitore. Questo è uno strumento atto a diminuire la durezza dell’acqua, ovvero ad eliminare la concentrazione di sali di calcio e magnesio perché quest’ultimi tendono a precipitare e formare incrostazioni di calcare sulle superfici.

La maggior parte degli addolcitori sfrutta lo scambio degli ioni di calcio e magnesio con ioni di sodio facendo fluire l'acqua da addolcire su un letto di resina a scambio ionico. Tale resina infatti reca sulla propria struttura dei gruppi solfonato SO3- ai quali sono legati ioni di sodio Na+ e permette lo scambio ionico fino alla sua saturazione dopo di che si deve provvedere alla rigenerazione.

Il sodio non incrosta e quindi si evitano i problemi di calcare in modo tale da salvaguardare gli impianti e mantenere alta l’efficienza energetica, però il ciclo di rigenerazione comporta dei consumi di acqua e sale da non sottovalutare. Difatti per un consumo di 500 l/giorno di acqua occorre un addolcitore con resina da 25 litri che, per la sua rigenerazione, comporta un consumo di oltre 300 litri/ciclo d’acqua e 3,5 kg di sale. La rigenerazione della resina, per legge, deve essere effettuata almeno una volta ogni 4 giorni per un totale di 90 cicli all’anno e quindi risulta che per garantire il corretto funzionamento dell’impianto occorrono 28000 litri d’acqua e 330 kg di sale all’anno.

28000 litri/anno

330 kg/anno

sale acqua

Figura 5.3.2.1 Portate annuali richieste per il processo di rigenerazione

Nonostante il dispendio di acqua l’addolcitore si rende necessario per la salvaguardia dell’impianto poiché a San Vincenzo la durezza dell’acqua supera i 50°f.

Realizzato questo primo intervento si può decidere di:

-

Mantenere l’integrazione elettrica a patto di aggiungere un interruttore, a servizio delle resistenze e comandato da un temporizzatore, in modo tale da spegnerle durante la notte e i giorni di chiusura della mensa in cui non vi è richiesta di ACS;

-

Dismettere i serbatoi di accumulo presenti sulla copertura e procedere alla sostituzione delle resistenze elettriche con un sistema di integrazione alla produzione di ACS più efficiente e meno energivoro, come un boiler solare a pompa di calore.

L’intervento da realizzare nel primo caso è molto economico e la spesa totale è limitata dal prezzo dell’addolcitore. Considerando, oltre a quest’ultimo, anche i costi per l’acquisto degli interruttori e della manodopera si stima una spesa di poco superiore ai 1000 € conseguendo però una riduzione dei consumi di energia elettrica maggiore del 20 % con ritorno economico inferiore ad 1 anno.

Il secondo intervento invece comporta delle modifiche più importanti dell’attuale sistema di produzione e distribuzione di ACS. Difatti scegliendo di togliere i due accumuli presenti sulla copertura e di inserire nel circuito un boiler solare a pompa di calore (andando però a posizionarlo all’interno dell’edificio) si deve provvedere alla modifica dell’impianto solare termico e passare da un sistema a circolazione naturale ad uno a circolazione forzata. Ciò è possibile inserendo una pompa di circolazione comandata da una centralina elettronica.

Quest’ultima funge da termostato differenziale cioè chiude il circuito elettrico, avviando di conseguenza il circolatore, quando la differenza di temperatura rilevata tra i due sensori, posti, uno nella parte bassa del bollitore dove vi è acqua a temperatura più fredda (TF in fig. 5.3.2.2) e l’altro direttamente sul pannello solare (TP in fig. 5.3.2.2), supera un certo delta di temperatura. Ovviamente il boiler in questione dovrà essere provvisto di uno scambiatore ausiliario per l’integrazione con il solare termico. La linea tratteggiata nello schema d’impianto della fig.5.3.2.2 rappresenta il collegamento elettrico realizzato tra le due sonde, la centralina di comando e la pompa di circolazione.

Figura 5.3.2.2 Schema impianto produzione ACS mensa

Lo scaldacqua a pompa di calore si basa sullo stesso principio delle più note pompe di calore per la climatizzazione invernale, tuttavia si differenzia poiché presenta un diverso campo di funzionamento e di utilizzo. La principale differenza consiste nella temperatura dell’acqua da ottenere e dal salto di temperatura che le deve essere fatto compiere: in generale, le pompe di calore per la climatizzazione invernale non devono innalzare la temperatura dell’acqua dell’impianto sopra i 50°C e comunque si trovano a dover eseguire piccoli salti termici (l’acqua circola in un circuito chiuso e si mantiene a temperature medie alte); al contrario, gli scaldacqua a pompa di calore devono portare l’acqua dell’acquedotto, a temperatura compresa tra 10-15°C, fino a 60°C, temperatura alle quale l’acqua viene mantenuta nel bollitore per rispondere ai fabbisogni dell’utenza e ciò si riflette su di una inevitabile riduzione del COP.

Nonostante questa differenza quest’ultimo, è molto alto e per esempio nel caso di installazione all’interno dei locali, dove la temperatura è fissata a 20°, per portare l’acqua della rete fognaria a 15° alla temperatura di esercizio di 55° il COP è pari a 3,4.

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