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L’intervento dell’Agcom nel caso in esame è giustificato dall’esigenza di proteggere un ambito particolarmente sensibile per i servizi offerti: il settore delle telecomunicazioni. L’Autorità assume il ruolo, in tale settore, di garante della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, reprimendo e sanzionando tutte quelle condotte che risultino essere pregiudizievoli del diritto, costituzionalmente garantito, all’informazione. Si può dunque ritenere che a giustificare e richiedere l’intervento dell’Autorità, in generale come nel caso di specie, sia la lettera della Costituzione, la quale, cristallizzando all’art. 21Cost. la libertà alla manifestazione del pensiero quale “libertà fondamentale” dell’individuo233, riconosce e garantisce indirettamente, ad ognuno, un interesse

generale all’informazione234.

Nel caso di specie, l’Agcom nella delibera N. 178/17/CONS emessa a Roma il 18 aprile 2017235 in merito alla vicenda Vivendi Tim, ha indagato circa la conformità

della posizione di rilievo acquisita da Vivendi in detto settore (a causa della partecipazione azionaria rilevante detenuta in Mediaset ed in Tim e la conseguente influenza esercitata su entrambe società) alla normativa dettata in materia dal

233A.PACE, Problematiche delle libertà costituzionali, Padova, 2003, p. 117

234 Nella sentenza 15 giugno 1972, n. 105, la Corte costituzionale ha statuito che “Esiste un interesse generale alla informazione - indirettamente protetto dall'articolo 21 della Costituzione - e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.

235 Si noti come la pronuncia dell’Agcom sia antecedente a quella emessa dalla Commissione europea in data 30 maggio 2017 e dalla Consob, emessa il 13 settembre dello stesso anno.

d.lgs.117/2005236, il c.d. Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici237

(di seguito anche solo “Testo Unico”.

Il Testo Unico, si pone oggi nell’ordinamento italiano quale omogeneo complesso normativo a tutela del sistema delle comunicazioni, nazionali ed europeo, e del pluralismo informativo che ne deve costituire l’essenza e la struttura238. In virtù di

tale normativa l’Agcom si erge quale paladina della “pluralità di voci diverse”239

la cui esistenza e sopravvivenza è funzionale a “la concreta possibilità che i

soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati a causa di processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi”240.

Nello specifico l’Agcom ha ritenuto che la posizione assunta da Vivendi violasse quanto prescritto all’art. 43, comma 11 del Testo Unico241.Detta disposizione

normativa contiene una “ownership rule”242in virtù del quale si vieta che un

medesimo soggetto detenga “anche attraverso società controllate e collegate” più del 40% dei ricavi nella divisione delle comunicazioni elettroniche e più del 10% dei ricavi nel Sistema integrato delle comunicazioni (SIC)243. Per fornire una

specificazione di cosa si intenda per “collegamento” e “controllo” ai sensi del comma 11 dell’art. 43, il legislatore, al comma 14 dello stesso articolo rinvia alla nozione dettata in merito dalla norma contenuta nel codice civile all’art. 2359, ai commi primo e terzo, mentre con il comma 15 aggiunge al rimando codicistico

236 d.lgs.117/2005 come modificato dal d.lgs.44/2010 in attuazione della direttiva 2007/65/CE, poi sostituita dalla direttiva 2010/13/UE

237 Delibera n. 178/17/CONS 238 Delibera n. 178/17/CONS p. 33 239 Corte Cost. sentenza n.112/1993 240 Corte Cost. sentenza n.826/1988

241 All’ interno del quale sono stati trasposti i contenuti già sanciti dall’art.14 della l. 112/2004, la c.d. Legge Gasparri.

242 Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N.178/17/CONS del 18 aprile 2017 p. 5

alcune presunzioni da cui, “salvo prova contraria”, è ragionevole presumere l’esercizio di un’influenza dominante di un soggetto su un altro.

All’esito di un’approfondita indagine istruttoria244, in virtù delle disposizioni

dell’art. 43 del TU, l’Agcom ha accertato l’esistenza di un collegamento tra Vivendi e le società Tim e Mediaset, operanti nel medesimo settore. Così accertato la società francese rivestiva nel mercato delle telecomunicazioni una posizione dominante che, in quanto tale, risultava essere lesiva della libertà e della pluralità dei mezzi di comunicazione che la normativa in esame, e l’ordinamento italiano nel suo complesso, si propongono di tutelare. All’ esito della delibera, l’Agcom intimava alla società francese di rimuovere la posizione lesiva, adottando, entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento, misure adeguate perconformarsi al disposto dell’art. 43, comma 2.

Si noti come a differenza di altre autorità indipendenti (CONSOB e Commissione europea245)246, l’Autorità garante delle comunicazioni ha qualificato il rapporto

partecipativo Vivendi-Tim quale fattispecie di collegamento, pertanto riconducibile al comma terzo dell’art. 2359.

La diversa qualificazione effettuata della vicenda, dall’Agcom, ed in un secondo momento, dalla Commissione, appare giustificata dal diverso riferimento normativo cui le Autorità hanno fatto appello. Mentre l’Agcom per la qualificazione del rapporto fa riferimento alla disciplina de codice civile cui il

244 Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N.178/17/CONS del 18 aprile 2017, pp. 10-33

245 Le quali, come anticipato, con decisioni convergenti, avevano concluso la sussistenza di un rapporto di controllo tra Vivendi e Tim.

246 Non si dimentichi che la Commissione europea e della Consob sono intervenute successivamente all’emissione della suddetta delibera Agcom.

Testo Unico rimanda, la Commissione basa le sue valutazioni sulla definizione di controllo offerta dalla disciplina europea in materia antitrust247248.

Appare invece curiosa la diversa qualificazione che del medesimo rapporto partecipativo hanno fatto l’Agcom e la Consob. Entrambe le autorità indipendenti infattihanno basato il loro giudizio sulla nozione di controllo fornita dal codice civile, la cui essenza è riassunta nell’influenza dominante che un dato soggetto è in grado di esercitare in una società, tramite l’assemblea della stessa. Ora, se ai fini della tutela del corretto andamento del mercato finanziario, la Consob ha statuito che la partecipazione rilevante che Vivendi deteneva in Tim attribuiva alla prima “una reale posizione di potere” in virtù del quale essa poteva indirizzare le decisioni assembleari e le scelte strategico-gestionali della società, l’Agcom qualificava detto rapporto partecipativo come mero collegamento, in forza del quale il gruppo francese era titolare del potere di esercitare un’ influenza che fosse “notevole” e non anche “dominante”.

La diversa qualificazione che le varie autorità hanno fornito della medesima situazione concreta deve servire per comprendere come il controllo di fatto di una società su di un’altra di cui al n. 2 del 2359 sia in realtà un concetto sfuggevole e non univoco che, proprio perché manca di una fonte che sia certa e per sua natura stabile (quale la proprietà di un pacchetto azionario di maggioranza o un contratto) è spesso affidata alla discrezionalità delle autorità che prendono in esame il caso e del grado di tutela che, la norma assunta come parametro di giudizio, si accinge ad apprestare.

Non sfugga inoltre, in questa sede, la rilevanza della differenza di significato, sottile ma eloquente, tra i due aggettivi (“notevole” e “dominante”) utilizzati dal

247 Art. 3 co 2 del regolamento CE 139/2004

248 Si rimanda al terzo capitolo l’analisi sull’accezione da attribuirsi alle due espressioni “influenza dominante” (ex art. 2359 co 1, n.2 c.c.) e “influenza determinante” (ex art.3 co 2 del regolamento sulle concentrazioni n. 139 del 2004).

legislatore civile per qualificare l’influenza, al cui studio, per la complessità e la necessità di approfondimento, si rimanda al prossimo capitolo.

4.1 Controllo e collegamento nell’ art. 43 comma 11 del Testo Unico dei

servizi media audiovisivi e radiofonici

Il gruppo Bolloré, chiamato a difendersi anche su questo fronte, ha sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 43 co 11 in quanto i divieti qui contenuti (che, nello specifico, impediscono ad una data società di realizzare dei ricavi che siano superiori al 40% dei ricavi totali di quel settore e al 10% dei ricavi complessivi del Sistema Integrato delle Comunicazioni249) fanno riferimento a delle soglie di

ricavato che, per la natura stessa del rapporto, non possono realizzarsi attraverso una società collegata250. Queste ultime, si sosteneva restassero entità indipendenti

dalla cui attività, a norma del comma 3 dell’art. 2359, non si potessero generare ricavi ma quanto più dividendi, nel caso in cui ne fosse stata deliberata la distribuzione.

Arroccata su questa tesi Vivendi arrecava quale argomento a sostegno la disciplina dettata in materia di consolidamento251 ( la quale imponendo alla società

controllante di redigere il bilancio consolidato del gruppo, presuppone l’esistenza di un rapporto di controllo tra le società che ne fanno parte) e la normativa antitrust252 (la quale a sua volta, per accertare il superamento di determinate soglie

249 Art. 43, comma 11 TU

250 Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N.178/17/CONS del 18 aprile 2017, p.7

251 IFRS 10

fa riferimento a società appartenenti ad un gruppo e dunque, tra loro legate da un rapporto di controllo). In questo modo la società sosteneva l’inadeguatezza della fattispecie di collegamento a generare una restrizione del mercato tale da minare al bene del pluralismo dell’informazione.

In risposta alla società, nella sua decisione, l’Agcom proponeva una lettura della disposizione in chiave teleologica e funzionale attribuendo al termine “influenza” un significato che, seppure ispirato alla definizione generale di diritto societario, fosse funzionale alla realizzazione della tutela che la norma si propone di apprestare253.

In quest’ottica si comprende come la volontà generale di un ordinamento democratico, quale il nostro, di tutelare una libertà fondamentale, quale quella all’informazione, giustifichi, di fatto, l’ampliamento delle soglie di punibilità delle posizioni dominanti che un’impresa può assumere in detto settore, attuando in questo modo una tutela che sia rafforzata rispetto a quella attuata in materia di concorrenza contro le stesse254.

Le due discipline, portatrici di due diverse ratio, sono ispirate da finalità differenti che giustificano la maggiore o minore tutela prestata. Se, infatti, a norma del Testo Unico, un mero collegamento tra due società è suscettibile di generare una concentrazione di interessi che sia pregiudizievole per il bene dell’informazione255,

per quanto concerne la disciplina antitrust, l’esercizio di un’influenza determinante di un’impresa su di una concorrente pare l’unica condizione idonea perché si realizzi una concentrazione suscettibile di generare dei turbamenti nell’andamento concorrenziale del mercato256.

253 Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N.178/17/CONS del 18 aprile 2017, p. 35

254 Idem

255 Art. 43 co 11 del d.lgs. 117/2005

Secondo l’opinione espressa dall’Agcom nella lettera della delibera, il legislatore, in virtù di una gerarchia dei beni protetti dalle diverse norme257, considera la

concorrenza quale strumento funzionale e servente alla realizzazione di “un mercato dell’informazione” che sia libero e plurale. In questo modo si assiste ad una degradazione di “un bene giuridico che da primario diventa strumentale al

perseguimento ed alla garanzia di un altro bene costituzionalmente garantito”258.

Tale ribaltamento di tutele e gerarchie pare, in conclusione, giustificare una diversa qualificazione di “controllo” e “collegamento” in virtù del contesto economico (il mercato delle comunicazioni) e normativo (il Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici) in cui esse si collocano, così smentendo la difesa in merito eretta dalla società francese.

Sulla scia di quanto affermato, nel quadro di una sistematizzazione del concetto di controllo, detta delibera, alla luce delle tesi e antitesi che la animano, acquisisce oggi il valore di prezioso reperto di un tentativo di mettere tra loro in relazione diverse nozioni di una medesima fattispecie, individuando un ordine ed una regola che possano trascendere il caso specifico ed esser messe al servizio di un più ampio piano di “narrazione univoca” della fattispecie.

257 Tale gerarchia si basa su un unico criterio discretivo: la maggiore o minore tutela garantita, al bene protetto, dalla Costituzione.

258 Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni N.178/17/CONS del 18 aprile 2017, p.35

CAPITOLO II

1. D

EFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI

:

L

ART

.2359

C

.

C

.

Il controllo societario è un concetto per sua natura bipolare che interessa, parimenti, la struttura interna della società e l’ecosistema in cui essa si muove. L’identificazione di assetti di potere è funzionale a garantire il corretto funzionamento della società e del mercato in cui essa opera. L’assunzione del controllo, incide dunque, tanto nei meccanismi interni di formazione della volontà della singola persona giuridica, quanto nelle relazioni che questa intrattenga con suoi pari.

Il concetto di “controllo” appare appartenere a due momenti diversi della vita dell’impresa: il primo, momento intimo di formazione dell’ “identità societaria”; il secondo, esterno, in cui l’impresa, ormai formata nella sua corporatura, diviene soggetto competitivo, agente del mercato. La definizione del concetto di controllo, la ratio della normativa di cui è oggetto e la disciplina che si propone di regolare il fenomeno, rispondono ad esigenze e finalità differenti, che, pertanto rendono il concetto variabile nelle sue forme e nei suoi caratteri. La disciplina del controllo, così come presentata, pare dunque essere, congiuntamente o alternativamente, di pertinenza e del diritto societario e del diritto antitrust che governa il mercato. Le due discipline si implicano, convergono e talvolta si respingono in un gioco d’attrazione e repulsione che sarà oggetto del presente scritto.

Si ritiene dunque che, così come anticipato, per fornire una descrizione che sia completa del fenomeno, sia necessario partire dalla rilevanza che esso assume

all’interno del “sistema società”, per poterlo estendere solo in un secondo momento al “sistema mercato”. Questo modo di precedere ci consentirà di analizzare la disciplina dettata in merito partendo dal diritto nazionale, per passare al diritto europeo1. Dunque si procederà allo studio della fattispecie di controllo,

partendo dalla definizione del codice civile. Essa verrà analizzata nei suoi elementi strutturali e nella sua dimensione interattiva (ponendola in rapporto con altri istituti di diritto societario). Una volta chiaro il ruolo che il concetto di controllo riveste nell’ordinamento italiano, lo stesso verrà astratto dal contesto nazionale e collocato nel più ampio panorama europeo, per comprendere quali siano gli effetti macro- sistemici che un’organizzazione monocratica della società produca sul più ampio mercato competitivo europeo.

1.1 Introduzione alla definizione di controllo: la lettera dell’articolo 2359

Si ritiene necessario anzitutto fare chiarezza sul valore lessicale del termine “controllo” all’interno dell’ordinamento italiano2. L’intento di queste pagine è di

indagare sulle scelte lessicali operate dal legislatore3, per riuscire, con coscienza,

a discernere i termini da valorizzare4da quelli, per così dire, privi del “crisma

legislativo”5. In questo modo si vuole provare a sistematizzare, lì dove è

1 Rispetto alla disciplina dettata in materia di antitrust l’Italia, è solo mero recettore di una normativa elaborata in sede europea.

2M.SPOLIDORO, Il concetto di controllo nel codice civile e nella legge antitrust, in Riv. soc., 1995, 467 ss.

3 Si chiarisce che l’interpretazione non può esaurirsi al solito ambito letterale, in quanto questo spesso conduce a soluzioni parziali e tutt’altro che univoche.

4 Per così dire, da enfatizzare nel loro valore normativo. 5M.SPOLIDORO, op. cit., p. 466

consentito, le scelte sintattiche del legislatore6, in modo da evitare che si crei quella

“babele di linguaggi”, che Marchetti aveva sapientemente tratteggiato nei suoi

scritti in merito alla nozione di controllo7.

Nella sua prima e più immediata accezione, nel diritto societario, il termine “controllo”8 viene inteso quale sinonimo di “sorveglianza” o “verifica”9 con cui si

intende la possibilità di porre in relazione una porzione della realtà (atti o comportamenti), così come manifestatasi e percepita, con modelli prestabiliti. A tale accezione del termine, sono annessi poi, il potere di raccogliere elementi che siano funzionali all’accertamento della conformità di una fattispecie concreta con quanto prescritto dalla legge10 e la, conseguente ed eventuale, facoltà di adottare

misure idonee a ripristinare la situazione antecedente a quella lesiva verificatasi11.

6 L’avvento della Carta repubblicana ha segnato una data di passaggio dalla monolitica legislazione ottocentesca a quella “polisistemica” attuale, causa dell’aspetto frammentario e disorganico del nostro ordinamento normativo. La molteplicità di leggi speciali che vengono oggi a costituire il panorama del diritto positivo italiano, inducono l’interprete ad indagare sui concetti facendo sempre più riferimento a metodi ermeneutici sperimentali e sempre meno affidamento alla razionalità del sistema (figlio -ed estremo rimedio- di quest’epoca si ritiene si impersoni nella criticata figura del “giudice legislatore”). Dunque, per lo svolgimento di uno studio esegetico della lettera dell’art. 2359 c.c., che avrà luogo in questa e nelle prossime pagine, si partirà dalla duplice premessa che “i principi del

sistema non vanno più indotti dal sistema, ma invece dedotti dalle norme costituzionali” e che “il codice non è più il sistema, né la sede deputata ad accogliere i principi generali dell’ordinamento: questi sono emigrati altrove”.N.IRTI,Metodo sistematico e leggi speciali (ovvero Del diritto come

ricerca), in La sistematica giuridica, Storia, teoria e problemi attuali, Roma, Istituto della

Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani, 1991, pp. 295 ss.

7P.MARCHETTI, Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Riv.soc., 1992, 2. 8 Etimologicamente il termine deriva dalla contrazione dell’idioma francese “contre-role”, contro elenco che abbia la funzione di certificare l’esistenza di un altro elenco. v. L.SCHIUMA, Controllo,

governo e partecipazione al capitale, Padova, 1997, p.19 nota 30

9N.ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1970, p. 414

10 Il giudizio che si svolge in virtù di un potere di vigilanza attiene alla regolarità di quanto manifestatosi e realizzato con quanto astrattamente prescritto in merito. Il termine legge deve essere inteso non in senso formale ma nel suo senso più ampio, per tale ricomprendendovi, in generale il concetto di legalità e di ordine pubblico.

11 Quanto appena esposto e il compito ed in generale i poteri che, il diritto societario attribuisce al collegio sindacale (quale organo interno alla società) ed alla Consob (inteso quale ente di controllo esterno, del mercato finanziario in generale).

Tuttavia il significato che in questa sede sia da attribuirsi al termine, è ben lontano da quello di “esame” appena descritto12.

L’ulteriore accezione della voce “controllo” che qui si propone, rimanda al potere di un soggetto di indirizzare la decisione e l’azione di un terzo13. Il termine

controllo, pertanto in questa sede prende i connotati delle espressioni “dominio14

ed “influenza15”, vocaboli che, non a caso, costituiscono l’essenza più pura della

fattispecie descritta all’art. 2359 c.c..

Tuttavia, neanche questo significato attribuito al termine è scevro di contraddizioni al suo interno.

12 Si introduca qui la differenza tra le due accezioni del termine controllo facendo un’analisi comparativa dell’art. 3 lett. g l.216/1974 e dell’art. 2359. All’art. 3 l.216/1974 è statuito che la Consob

“controlla il funzionamento delle singole borse e accerta la regolarità e i modi di finanziamento delle operazioni”, in virtù del potere di verifica che essa in generale esercita nel mercato. All’art. 2359 c.c.,

com’è noto, viene definita controllata, attraverso l’enucleazione di una pluralità di ipotesi, quella società su cui un’altra, in virtù della propria partecipazione azionaria o di un contratto, eserciti influenza dominante “sono considerate controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della

maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria 2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria 3)le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con la essa…”. Il termine in questo caso assume il significato di influenza, perdendo quello di verifica di cui

alla l. 216/1974.

13N.ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Bologna, 1970, p. 414

14 Il termine dominio, come in precedenza anticipato, si ritiene, abbia in sé insito il requisito della stabilità non potendosi dire “dominante” quell’influenza che il soggetto eserciti su un altro soggetto solo in virtù di occasionale contingenza. In quest’ultimo caso, pare più opportuno potersi parlare di “prevalere”.

15 Il termine, nonostante, dalla comune dottrina si ritenga essere quale essenza propria del controllo, viene esplicitamente citato ai solo al n. 2 e al n. 3 del comma 1 dell’art. 2359 c.c., nelle fattispecie che si suole definire di controllo interno di fatto e controllo esterno contrattuale, e non anche nell’ipotesi descritta al n.1 di controllo interno di diritto. Tale contraddizione può essere risolta dall’interprete seguendo una duplice via d’interpretazione. Da una parte può intendersi la fattispecie di cui al n. 1 dell’art. 2359 quale presunzione, in re ipsa, dell’esercizio di un’influenza dominante da parte del

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