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La definizione di controllo, com’è noto, dal 1991261 non ha più subito alcuna

modificazione. Nonostante la sua immutata formulazione, nel corso degli anni, si è resa necessaria una rivalutazione della norma in virtù dell’introduzione di nuovi istituti nel diritto societario262. Questo si è reso, in particolare, necessario quando

con la riforma del 2003263 il legislatore, ha trasversalmente toccato tutta la

disciplina in merito alle società di capitali264. Un breve cenno, pare dunque

opportuno fare, alle principali novità, introdotte dalla riforma, con cui la nozione di controllo si è dovuta confrontare.

Nel 2003 venne introdotta la disciplina perle categorie speciali di azioni che, con particolare riguardo all’art. 2351 c.c., introdusse “la facoltà di modulare il diritto di voto”, dando “legittimazione normativa” a quella dissociazione tra “proprietà” e “potere” cui già più volte, nel corso di questo lavoro, si è fatto cenno265. In questo

modo si creava una differenziazione sui diritti che venivano ricollegati alle varie categorie di azioni, sia sotto il profilo sostanziale (nel senso che il diritto di voto veniva attribuito al titolare dell’azione solo in virtù di particolari materie), sia sotto il profilo delle condizioni in cui detto diritto di voto dovesse essere esercitato (il riconoscimento di detto diritto poteva essere subordinato al realizzarsi di determinati eventi), sia sotto il profilo dell’ “incisività” dello stesso (nel senso della

261 D.lgs. 127/1991

262M.NOTARI, Commentario, p.699

263di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 e al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 264M.NOTARI, Commentario, p. 699

265 Con la riforma del 2003 si è introdotta nell’ordinamento “una varietà di azioni a voto non pieno” v. M.NOTARI, Commentario, p. 699

diversa rilevanza attribuita al voto266)267.Ulteriore innovazione, la possibilità di

emettere una serie di strumenti finanziari partecipativi che, seppur privi di diritto di voto in assemblea ordinaria, sono comunque forniti di diritti patrimoniali o diritti amministrativi268 di altra natura269.

La riforma, oltre che all’assetto finanziario della società per azioni, ha guardato

anche al suo assetto amministrativo.

Così si è introdotta la possibilità di adottare sistemi di amministrazione e controllo che fossero alternativi a quello tradizionale270. Particolare rilievo rispetto alla

nozione di controllo, ha evidentemente assunto, il diverso ruolo rivestito dall’assemblea, in detti sistemi, e nello specifico in quello dualistico. Non ultimo per rilevanza, la disciplina dei patti sociali, all’interno del quale sono stati inseriti anche i patti che “al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della

società hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante271272.

In ultimo tuttavia, si ritiene che l’ambito, più rilevante ai fini di una nuova reinterpretazione e valutazione dell’art. 2359 c.c., sia esterno alla disciplina della società per azioni273. Si tratta dell’introduzione dell’istituto di direzione e

coordinamento, al cui studio si vogliono dedicare le prossime pagine, nella convinzione che esso abbia fornito un profondo stimolo per una rivalutazione del

266 Esempio ne è il c.d. “voto determinante”. 267M.NOTARI, Commentario, p. 699

268 Art. 2346, comma 6, c.c.

269 Viene riconosciuto il diritto di voto solo in materie specifiche e/o il diritto di nominare un componente indipendente del collegio sindacare e del consiglio di amministrazione.

270 Regime comunque residuale che trova applicazione se non diversamente previsto nello statuto. Cfr. M.NOTARI, Commentario, p. 700

271 Art. 2341 bis, lett. c, c.c.

272M.NOTARI, Commentario, p. 700 273M.NOTARI, Commentario, p. 700

controllo, in particolare con riguardo alla centralità che esso rivestiva in materia di aggregazioni societarie274.

La disciplina in materia di direzione e coordinamento si ritiene possa considerarsi la risposta del legislatore all’esigenza di fornire una soluzione a quei problemi che, il fenomeno, economico, dei gruppi, generava. Con una disciplina che detti norme cogenti, dall’art.2497 c.c. al 2497septies c.c., in tema di responsabilità275,

pubblicità276, motivazione delle decisioni277, diritto di recesso278 e

finanziamenti279, il legislatore ha tentato di sopperire alla mancanza di una nozione

e una disciplina giuridica unitaria di gruppo, nell’ordinamento italiano. Ancor oggi l’ambito delle aggregazioni societarie, per la persistente assenza di una completa definizione della materia, è tessuto nelle cui pieghe si insinuano numerosi dubbi e contraddizioni del sistema. Così, in primo luogo, la portata applicativa della disciplina degli artt. 2497 ss. c.c. e la sua coincidenza totale o parziale con l’art. 2359 c.c..

I confini dell’istituto di direzione e coordinamento sono tracciati dal legislatore nel combinato disposto degli artt. 2497 sexies e septies, in cui si fa espresso riferimento a quelle fattispecie che risultano essere rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina. A norma dell’art. 2497 sexies “si presume salvo

prova contraria che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359 c.c.”280. Dall’altra parte, l’art. 2497septies

fornisce un’integrazione alla definizione del perimetro di applicazione della disciplina, statuendo che essa si estenda “altresì alla società o all’ ente che, fuori

274M.NOTARI, Commentario, p. 700 275 Art. 2497 c.c. 276 Art. 2497 bisc.c. 277 Art. 2497 terc.c. 278 Art. 2497 quaterc.c. 279 Art. 2497 quinquiesc.c. 280 Art. 2497 sexiesc.c.

dalle ipotesi di cui all'articolo art. 2497sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti”281. In virtù di quest’ultima disposizione, vengono

ricomprese nella sfera di applicazione degli artt. 2497 ss. anche l’ipotesi dei gruppi c.d. paritetici282.

Nella morfologia di gruppo, tratteggiata dagli artt. 2497 ss., come si inserisce la nozione di controllo? La nozione dell’art. 2359 c.c. e la disciplina contenuta negli artt. 2497 ss. sono tra loro correlate? Attengono essi ad un medesimo fenomeno, al suo momento potenziale e al suo momento effettivo, oppure devono dirsi sostanzialmente diversi nei diritti e nei doveri di cui si sostanziano?

Possono, entrambe, dirsi parte di un medesimo disegno legislativo che risponda all’esigenza di porre l’Italia su un piano di “parità d’armi” con i maggiori

competitors europei, già da tempo forniti di una disciplina in materia di gruppo?

Sono interrogativi alla cui analisi (più che alla risposta283) saranno volte le pagine

seguenti, nell’intenzione di mettere ordine in una costellazione di opinioni discrepanti.

5.1 Controllo e direzione e coordinamento

5.1.1 “La teoria della separazione dei concetti”

281 Art. 2497 septies c.c.

282 Art. 2497 septies c.c.

Per indagare sulla possibilità di ricondurre la nozione di cui agli art. 2359 c.c. e la disciplina di cui all’art. 2497 ss., ad un disegno unitario, si ritiene debba partirsi da una serie di considerazioni in merito alla natura del potere di controllo (cui in precedenza si è rimandato)284.

Com’è noto l’art. 2359 c.c. designa taluni presupposti al ricorrere del quale ricollega un potere di controllo285.

Una prima strada interpretativa opta per l’attribuzione alle fattispecie enucleate ai nn. 1,2 e 3 dell’art. 2359 c.c. di una natura potenziale286. In tal senso il controllo,

sia esso interno od esterno, si risolverebbe in “un potere” detenuto da una società287, in virtù di una partecipazione al capitale della controllata o di “un

particolare vincolo contrattuale” con essa, e non avrebbe invece alcuna attinenza con l’effettivo esercizio delle prerogative che, da detto potere, discendono288.

L’art. 2359 c.c. dovrebbe interpretarsi non nel senso di qualificare come controllata una società su cui venga esercitata effettivamente un’influenza dominante, ma nel senso di identificare come “controllo” la mera ed astratta potenzialità di esercitare un’influenza dominante sulla controllata289.

Se la questione appare più pacifica per il controllo c.d. di diritto di cui al n. 1 della norma290, più discussa è la riconducibilità del controllo di fatto e del controllo

esterno ad una dimensione che sia esclusivamente potenziale291.

284M.NOTARI, Commentario, p. 701 285Idem

286Idem

287Definita, in forza di questo, “controllante”.

288Assumere la natura potenziale del controllo vorrebbe dire ammettere che un soggetto che detiene il potere di esercitare un’influenza dominante sulla controllata, di fatto, non lo eserciti. In questo modo, l’art. 2359 c.c. si interpreta nel senso di ritenere che da determinati presupposti (partecipazione al capitale o controllo contrattuale) sorga un potere cui il codice ricollega una particolare disciplina in materia di partecipazioni incrociate o di bilancio. Gli obblighi che sorgono da tale potere, sorgerebbero indipendentemente dell’esercizio che di detto potere si scelga di farsi.

289L’esercizio di detta influenza diverrebbe irrilevante per la qualificazione o meno di un dato rapporto come di controllo.

290M.NOTARI, Controllo, p.701 291M.NOTARI, Controllo, p. 703-705

Per quanto attiene alla prima ipotesi, prima della riforma del 2003 era dubbia la possibilità di valutare il controllo di fatto in maniera disgiunta dall’effettivo esercizio delle prerogative che ne discendono, considerandosi, invece, necessario accertare che effettivamente in virtù di determinate circostanze di fatto si realizzi l’esercizio di un’influenza dominante sull’assemblea della partecipata292. Ciò da

cui si riteneva si dovesse far dipendere la qualificazione di una società come controllante, era il ruolo che effettivamente quella partecipazione “aveva giocato” all’interno delle dinamiche assembleari per l’adozione di una determinata delibera. Mentre il controllo di diritto, come più volte anticipato, attribuisce in maniera automatica al suo titolare un determinato potere, per quanto attiene al controllo di fatto, è necessario, perché questo stesso potere si concretizzi, che altre condizioni, di fatto o di diritto, congiuntamente o alternativamente, vengano ad esistenza. Accertato il realizzarsi di detti presupposti, tuttavia, la maggior parte della dottrina ritiene oggi che la situazione in cui si trovi chi abbia la disponibilità dei voti sufficienti ad indirizzare la voluntas assembleare, sia comunque solo potenziale293.

Ragioni della stessa natura sono state addotte alla possibilità di ricondurre anche il controllo esterno ad una dimensione che sia solo potenziale e non necessariamente anche effettiva294. In merito, sul piano letterale, si è sostenuto che,

nel testo della norma, l’esplicito riferimento all’influenza dominante fosse decisiva per ricondurre la fattispecie alle due precedenti295, attribuendo al concetto (ancora

una volta) una funzione unificante della fattispecie. Sul piano sistematico, si è

292M.NOTARI, Controllo, p. 703

293 Anche nel controllo di fatto, pertanto, l’esercizio dell’influenza diverrebbe poi “fatto altro” rispetto a quelli analizzati all’art. 2359 c.c.: ai fini della qualificazione di una situazione come di controllo ciò che effettivamente rileverebbe non è il suo esercizio in concreto ma la possibilità in astratto di esercitarla. Cfr. M.NOTARI, Commentario, p.703

294M.NOTARI, Commentario, p.705

295NOTARI sostiene che in questo caso appaia più significativa la differenza con il terzo comma il quale fa, invece, riferimento ad un diverso tipo di influenza.

sostenuto che la natura potenziale della definizione di cui all’art. 2359 c.c.296 sia

diretta conseguenza del suo ruolo di “fattispecie di pericolo”297. In particolare si

argomenta che le discipline che vengano ricondotte alla fattispecie di controllo debbano applicarsi a priori, indipendentemente dall’effettivo esercizio di detto controllo, sulla base di una valutazione prognostica dell’esistenza del potere298.

Pertanto si assume che il realizzarsi dei tre presupposti enucleati all’art. 2359 c.c.299 sia di per sé idoneo a giustificare l’applicazione della disciplina dettata in

riferimento alla nozione di controllo300. Questo vale tanto con riguardo al divieto

di partecipazioni incrociate, quanto con riguardo alle disposizioni materia bilancio consolidato301. Entrambe le discipline devono considerarsi, sulla scorta delle

considerazioni appena svolte, come legate alla mera possibilità in astratto di esercitare un’influenza dominante sulla controllata e non al suo effettivo esercizio302. Eventuali divieti e obblighi dettati dal legislatore in relazione ad una

situazione di controllo prescinderebbero dalla circostanza che il controllante assuma la direzione gestionale e strategica della controllata. In quest’ottica le discipline ricollegate alla nozione di controllo assumono un carattere esclusivamente “preventivo”303.

Seppur questo sia vero per quanto disposto agli artt.2359 bis ss. c.c., si ritiene che lo stesso non possa dirsi con riguardo ad alcune discipline settoriali, per esempio, in materia di antitrust. In questa sede, il legislatore antitrust, si preoccupa di

296 E dunque anche del controllo esterno. 297M.NOTARI, Commentario, p.706 298 Idem

299 Indipendentemente dal fatto che da essi discenda o meno l’effettivo esercizio di un’influenza dominante sulla controllata.

300M.NOTARI, op. cit., p.706 301Idem

302 Dette discipline si applicano (e pertanto sono strettamente interconnesse) ai presupposti, fonte del potere, e non alla circostanza che venga effettivamente esercitata un’influenza dominante sulla controllata.

303 Che d’altronde si coniuga con l’assunto per cui la nozione di controllo è una “fattispecie di pericolo”.

“rimodellare” 304 la definizione di controllo 305, in quanto l’attribuzione di una

valenza solo astratta farebbe perdere, alla norma, attinenza con il fenomeno economico che nel concreto si propone di disciplinare306.

Pertanto, dalla natura potenziale dell’art. 2359 c.c. si desume che il mancato esercizio del potere, da una parte, non faccia venire meno la fattispecie di controllo, ma dall’altra, non dia luogo a direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c..

Una dimostrazione in tal senso si ritiene sia fornita dalla lettera dell’art. 2497

sexies il quale assume l’art. 2359 c.c. come presunzione di direzione e

coordinamento, “salvo prova contraria”. La natura relativa della presunzione si ritiene implichi che il controllo non sempre dia luogo anche a direzione e coordinamento, potendosi comunque sempre dimostrare che il soggetto qualificato come controllante non sia in grado di esercitare un’influenza dominante sulla controllata307.

Così assumendo si determinerebbe una dissociazione tra un potere in astratto (di controllo) ed uno in concreto (di direzione e coordinamento) che non solo non atterrebbero alla medesima dimensione (potenziale o effettiva) ma neanche sarebbero espressione dello stesso potere.

Tale ragionamento porta ad ipotizzare tre situazioni che siano tra loro non coincidenti e pertanto in grado di rompere di fatto l’assioma per cui “il controllo

304 Poiché si ritiene, adattandolo al concetto di impresa, che il significato di controllo risulti diverso da quello riferibile alla “società”.

305 Art. 7 l. 287/90

306Questo non può prescindere dalla considerazione che il nostro diritto antitrust, di matrice e derivazione europea, recepisce completamente quella “politica degli effetti” che viene attuata dall’Unione nella regolamentazione giuridica di ogni fenomeno economico. La disciplina europea nel qualificare un fenomeno guarda agli effetti che esso sostanzialmente produce sul mercato. Questo pare chiaramente giustificato dalla natura dell’Unione, il cui primario obiettivo è sempre stata l’istituzione di un mercato unico (e, solo conseguentemente, l’armonizzazione di istituti giuridici appartenenti ai vari ordinamenti).

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