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L’intervento pubblico in agricoltura

La politica comunitaria: il primo pilastro

Nel 2013 sono terminate le trattative sul Quadro finanziario pluriennale (Qfp)

2014-2020, che ha il compito di dotare di risorse finanziarie le priorità politiche

dell’Unione europea (ue) per i prossimi 7 anni e quelle sulla Politica agricola

comune (paC). Sul primo tavolo l’accordo politico tra Parlamento europeo, Com-

missione e Consiglio (il cosiddetto “trilogo”) è stato raggiunto il 28 giugno 2013.

Due giorni prima era stato invece raggiunto l’accordo sulla riforma della paC al

quale, il 24 settembre, si sono aggiunte le ultime decisioni relative agli elementi finanziari che erano rimasti fuori dal più ampio accordo di giugno, vale a dire: convergenza esterna (definizione dei massimali nazionali per i pagamenti diretti), degressività e capping, flessibilità tra pilastri. Sulla base delle bozze di regola- mento circolate successivamente alle ultime decisioni, si può tracciare un quadro piuttosto preciso di quale sarà la paC per il primo pilastro del prossimo settennio

di programmazione (2014-2020). Sebbene, nella realtà, il protrarsi delle trattative abbia fatto slittare di un anno l’avvio della riforma, che sarà applicata dal 2015.

Per quel che riguarda le prospettive finanziarie 2014-2020 l’accordo è stato

raggiunto su un ammontare complessivo di risorse per l’ue-28 e per l’intero set-

tennio pari a circa 959,9 miliardi di euro (prezzi costanti 2011), l’1% del Reddito

nazionale lordo rnl. Questa decisione ha una portata storica in quanto, per la

prima volta, un quadro finanziario fissa risorse inferiori a quelle del precedente

(-3,4% rispetto al periodo 2007-2013). La rubrica 2 del Qfp (Crescita sostenibi-

le: Risorse naturali) raggiunge nel settennio 2014-2020 un importo pari a 373,2 miliardi di euro (-11,3%). La sua quota sul bilancio complessivo scende così dal

42,3% del 2007-2013 al 38,9% del 2014-2020. Alla paC sono complessivamente

assegnati 362,8 miliardi di euro di cui 277,8 miliardi per il primo pilastro (misure di mercato e pagamenti diretti) e 84,9 miliardi per lo sviluppo rurale. Si tratta di

importi decisamente inferiori al precedente periodo di programmazione: per il primo pilastro, infatti, la perdita si attesta al 17,5%, per il secondo all’11%.

Per quel che riguarda i pagamenti diretti, l’ammontare di risorse che spet- ta all’Italia sarà complessivamente pari a 24 miliardi di euro (-6,5% rispetto al 2007-20113). Lo sviluppo rurale, invece, fa registrare un aumento dell’1,4%, gra- zie ai fondi aggiuntivi ad hoc di 1,5 miliardi di euro ottenuti in sede di negoziato.

Seguendo la struttura delle proposte iniziali, la nuova paC prevede un sistema

di pagamenti diretti, a cui avranno diritto gli “agricoltori attivi”, che affianca al pagamento di base, destinato al sostegno del reddito, un set di nuovi aiuti, alcuni dei quali obbligatori per lo Stato membro (pagamento verde e pagamento per i giovani agricoltori) e altri facoltativi (pagamento redistributivo per i primi ettari, pagamento per le aree con vincoli naturali, pagamento accoppiato e un regime particolare per i piccoli agricoltori).

Per quel che riguarda le altre questioni relative ai pagamenti diretti, nell’ac- cordo del 24 settembre 2013 è stato stabilito che sugli aiuti superiori a 150.000 euro (al netto di pagamenti verdi e, a scelta dello Stato membro, dei salari e degli oneri previdenziali pagati e dichiarati in un anno) si applica un taglio minimo del 5%, che può essere aumentato fino al 100%, trasformando di fatto la riduzione in un capping degli aiuti.

Sul fronte della flessibilità tra pilastri, ogni Stato membro potrà decidere di spostare fino al 15% della propria dotazione finanziaria da un pilastro all’altro (dai pagamenti diretti allo sviluppo rurale o viceversa).

Nell’oCm unica le principali novità riguardano il settore vitivinicolo, per il

quale la riforma introduce, a partire dal 2016, un sistema di autorizzazione per i nuovi impianti. Resta invece confermata l’abolizione delle quote zucchero, dal 2017, e quella delle quote latte dal 2015. Nell’oCm unica sono inoltre ricondotte

le decisioni relative ai prodotti lattiero-caseari contenute nel “pacchetto latte”. La riforma, poi, prevede l’estensione a tutti i settori del sistema delle Organizzazioni dei produttori e delle loro associazioni e la costituzione di organismi interprofes- sionali.

Infine, la gestione del rischio cambia collocazione, passando dal primo pilastro (in particolare dall’art. 68 del reg. (Ce) 73/2009) al secondo pilastro, affiancando

le misure già previste negli specifici settori (ortofrutta e prodotti vitivinicoli, ad esempio) all’interno dell’oCm unica.

Con riferimento al 2012, il bilancio dell’ue prevedeva stanziamenti per im-

pegni pari a 147,2 miliardi di euro e stanziamenti per pagamenti pari a 129,1 mi- liardi di euro. I pagamenti di esecuzione sono stati pari a 138,7 miliardi di euro. Il 44% riguarda la rubrica 1 − Crescita sostenibile, mentre la rubrica 2 − Conserva- zione e gestione delle risorse naturali si è attestata su una quota pari al 42,6%, per una spesa complessiva di 59,1 miliardi di euro. Di questa, 44,9 miliardi di euro

sono da attribuire al primo pilastro della paC (il 17,1% delle spese ue), mentre lo

sviluppo rurale ha fatto registrare una spesa di 13,3 miliardi. Per il 2013, invece, il bilancio ammonta complessivamente a 150,9 miliardi di euro di stanziamenti per impegni (l’1,7% in più rispetto al 2012) e a 132,8 miliardi di euro di stanzia- menti per pagamenti (-2,2%).

Nel 2012 la spesa del feaga relativa al finanziamento degli interventi del pri-

mo pilastro della paC si è attestata su poco meno di 45 miliardi di euro, facendo

segnare una diminuzione dell’1,8% rispetto al 2011. Le risorse per l’Italia si sono attestate a 4,8 miliardi di euro, il 10,7% del totale comunitario.

L’analisi delle erogazioni per voce di spesa conferma la struttura rigida dei

diversi tipi di intervento nell’ue, mentre qualche lieve scostamento, rispetto a

quanto registrato nel 2011, si rileva per l’Italia. A livello comunitario gli aiuti diretti pesano per il 91% sulla spesa agricola totale e gli interventi sui mercati agricoli per il 7,6%. In Italia, invece, gli aiuti diretti si fermano all’84,2% (in aumento rispetto all’anno precedente), così come in aumento è anche la spesa per gli interventi sui mercati agricoli, che pesano per il 15,2%.

I pagamenti disaccoppiati del regime di pagamento unico (rpu) hanno or-

mai raggiunto nell’ue una quota dell’84% della spesa agricola (79% in Italia),

un peso che è destinato a crescere ulteriormente a seguito dell’ultimo passaggio nell’applicazione dell’Health Check, che prevede l’inclusione nel rpu degli aiuti

accoppiati di un numero consistente di prodotti (riso, colture proteiche, frutta in guscio e sementi).

La distribuzione regionale della spesa per il primo pilastro della paC, relati-

vamente al 2012, conferma le regioni settentrionali come quelle che hanno mag- giormente beneficiato dei trasferimenti, con oltre il 51% del totale, seguite da quelle meridionali (34,2%) e infine da quelle del Centro (14,3%). Nelle regioni meridionali le politiche del primo pilastro si realizzano essenzialmente attraverso gli aiuti diretti al reddito, che si attestano all’86,7% circa delle risorse erogate; in quelle centrali e settentrionali, invece, la quota destinata agli interventi sui mer- cati agricoli supera il 20%.

La politica comunitaria: il secondo pilastro

Nel marzo 2012 la Commissione ha presentato il quadro comunitario di so- stegno (QCS), che fissa gli orientamenti strategici da seguire per l’attuazione del

secondo pilastro della paC nel periodo di programmazione 2014-2020 e, succes-

sivamente, ha pubblicato le “Linee guida sui contenuti dell’Accordo di Partena- riato” (ap); tali documenti saranno il riferimento per l’impostazione della nuova

territoriale, d’intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e con il Mi- nistro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha reso noto, a fine 2012, il

documento di apertura del confronto pubblico per la definizione dell’ap, denomi-

nato “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”. Si è avviato così il percorso che dovrà portare alla definizione e adozione, da parte della Commissione, dell’accordo per il nostro Paese.

Il QCS ha lo scopo di tradurre gli obiettivi dell’Unione in azioni chiave per i

fondi, così da indicare una direzione strategica più chiara per il processo di pro- grammazione all’interno degli Stati membri. A tale scopo, la Commissione ha indicato una lista di undici obiettivi tematici in linea con la strategia Europa 2020.

L’ap stabilisce, invece, le priorità dello Stato membro e le modalità di impiego

dei fondi ai fini del perseguimento della strategia dell’Unione per una crescita in- telligente, sostenibile e inclusiva. Tra l’altro, l’ap definisce il sistema di obiettivi

rispetto al quale verificare il raggiungimento dei risultati dei programmi ai fini dell’assegnazione della riserva di performance. Quest’ultima, fissata nella misura del 6% delle risorse totali, rappresenta una novità dell’impianto comunitario. Le risorse accantonate saranno destinate nel 2019 ai soli programmi che dimostre- ranno di essere riusciti a raggiungere le tappe fondamentali stabilite per ciascuna priorità – in termini di indicatori finanziari e di realizzazione – nel rispettivo contratto di partenariato e nei programmi.

Per quel che concerne lo sviluppo rurale non si prevede più un piano strate- gico nazionale, ma l’elaborazione da parte degli Stati membri di programmi di sviluppo rurale a livello nazionale o regionale. Nel caso in cui si opti per una programmazione regionalizzata, gli Stati membri dovranno presentare un quadro nazionale che faciliti il coordinamento tra Regioni sui temi a valenza nazionale. Sarà possibile, inoltre, inserire all’interno dei pSr dei sottoprogrammi tematici

indirizzati a fabbisogni specifici (giovani e piccoli agricoltori, zone di montagna, filiere corte, donne in aree rurali, cambiamento climatico e biodiversità). Gli Stati membri, in casi debitamente giustificati, potranno presentare sia programmi na- zionali che regionali. Tale opzione consentirà, ad esempio, una migliore gestione del pacchetto di misure per la gestione del rischio in agricoltura (assicurazioni agevolate; fondi di mutualizzazione e stabilizzazione del reddito) e, più in ge- nerale, degli interventi che si prestano meglio a una programmazione a livello nazionale, piuttosto che a livello regionale.

In Italia, come per il passato, la politica di sviluppo rurale andrà declinata a livello regionale e per le diverse tipologie di aree secondo le priorità strate- giche fissate a livello comunitario e il quadro di riferimento delineato nell’ap.

Quest’ultimo documento, nel declinare secondo le specificità nazionali gli orien- tamenti rilevanti per i programmi operativi previsti dalle prossime politiche di coesione e di sviluppo rurale, individua tra le opzioni strategiche il rilancio delle

aree interne del Paese. Queste ultime sono identificate rispetto alla loro distanza da centri d’offerta di servizi di base, oltre che alla forte decrescita economica e demografica. La strategia nazionale per le aree interne persegue tre obiettivi interconnessi, alla realizzazione dei quali è chiamata a contribuire anche la poli- tica di sviluppo rurale: la messa in sicurezza del territorio (prevenendo gli effetti disastrosi di fenomeni naturali quali le alluvioni); la promozione della diversità naturale e culturale presente in queste aree; il rilancio dello sviluppo e del lavoro attraverso l’uso di risorse potenziali sottoutilizzate.

Mentre sono fissati gli elementi principali dell’assetto attuativo per la nuo- va fase di programmazione, l’analisi dell’avanzamento finanziario della spesa relativa al periodo che sta volgendo al termine evidenzia ancora una situazione di complessivo ritardo. L’importo pagato nel 2012, pari a circa 13,1 miliardi di euro, è più alto rispetto al dato 2011 (+11,2%), con più della metà degli Stati (18) che ha fatto registrare pagamenti superiori rispetto all’anno precedente, sebbene i valori della variazione solo in alcuni casi superino il 30% (Bulgaria, Lettonia, Malta, Portogallo). I pagamenti per paese hanno raggiunto in media il 62,2% del- le risorse stanziate. Sono 12 i paesi che hanno speso meno del 60% delle risorse totali, e sono solo cinque (Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Austria e Finlandia) quelli i cui pagamenti superano invece il 78%. I paesi che presentano un livello della spesa sotto alla media rimangono quelli che, fin dall’avvio della program- mazione, hanno evidenziato un ritardo nell’attuazione degli interventi (Bulgaria, Romania, Grecia e Italia).

La spesa (feaSr) resta concentrata nei primi due assi (competitività 46% e

ambiente e risorse naturali 32%). L’asse III (diversificazione e qualità della vita) e IV (governance locale) si attestano, rispettivamente, intorno al 15% e al 5%. La misura con i livelli di spesa più alti si conferma quella relativa ai pagamenti agro- ambientali (24%), seguita con circa il 16% dalle indennità compensative per le zone svantaggiate (misure 211 e 212) e dagli investimenti nelle aziende agricole e di trasformazione (misura 121, con 13% del totale). A livello di singolo Stato membro, permane un ritardo soprattutto nell’attuazione degli assi III (48%) e IV (31%).

A livello nazionale, nel 2012, la dotazione finanziaria dei programmi regionali è stata rimodulata per trasferire alle Regioni Abruzzo ed Emilia-Romagna nuove risorse utili a fronteggiare la crisi innescata dagli eventi sismici del 2009 e 2012. Tale rimodulazione interesserà l’annualità 2013 per un importo complessivo pari

a quasi 50 milioni di euro, di cui circa 43,5 milioni saranno assegnati al pSr

dell’Emilia-Romagna e poco più di 6 milioni a quello dell’Abruzzo.

Anche quest’anno le Regioni e Province autonome italiane, nonché il pro-

gramma della Rete rurale nazionale (rrn), sono riusciti a evitare il disimpegno

rendicontate entro due anni dal loro impegno, così come previsto dal meccanismo noto come n+2. Questo risultato è stato raggiunto grazie a una forte accelera- zione della spesa nell’ultimo trimestre dell’anno e alla stretta cooperazione tra mipaaf, agea e opr che si sono coordinati per migliorare l’efficienza di alcuni

meccanismi procedurali. Le due Province autonome di Bolzano e di Trento hanno proseguito nel trend di avanzamento degli anni precedenti, superando la quota del

70% di spesa sul programmato feaSr. Buone performance sono state registrate

anche dai programmi di Valle d’Aosta e Lombardia (con una spesa pari, rispetti- vamente, al 67,4% e al 62,6%), mentre la maggior parte degli altri programmi si è attestata su un livello attorno al 50%. In questo contesto va sottolineato il pro- gresso di spesa conseguito da molte Regioni dell’obiettivo convergenza, anche se si evidenzia il ritardo di Campania e Abruzzo (41,4% e 46,1%, rispettivamente). Tale ritardo è in parte imputabile al limitato progresso delle misure per le quali sono previsti dei consistenti interventi di cofinanziamento pubblico e sulle quali ha gravato il vincolo imposto dal patto di stabilità. Su questo fronte una novità importante è stata rappresentata, all’inizio del 2013, dalla decisione della Com- missione ue di far uscire l’Italia dalla procedura di infrazione per deficit ecces-

sivo di bilancio. Il graduale allentamento del rigore imposto da Bruxelles ha così garantito nuovi margini di flessibilità, consentendo che si liberassero risorse utili

per favorire la spesa feaSr nella fase finale di programmazione. Sempre nel 2013

un importante impulso alla spesa dovrebbe arrivare anche dal decreto attuativo della delibera Cipe 82/2012 che, rideterminando per ciascun pSr gli importi e le

percentuali di cofinanziamento tra Stato e Regione, sblocca una serie di investi- menti altrimenti fermi per esaurimento delle risorse.

Dall’esame dei dati della spesa a livello nazionale, alla fine del 2012 emer- ge che le politiche agro-ambientali, quelle sul ricambio generazionale e quelle per gli interventi strutturali (assi I e II) hanno fatto registrare complessivamente un buon andamento di spesa, peraltro perfettamente il linea con quello medio a livello di Ue. Questione aperta, invece, resta quella degli interventi sulla diver-

sificazione dell’attività agricola (asse III) e sul Leader (asse IV) che scontano un forte ritardo nell’attuazione, con una spesa sensibilmente più bassa della media europea.

Nel complesso si conferma il trend di spesa già registrato alla fine del 2011, che vede una lieve riduzione delle erogazioni per gli interventi dell’asse II, a fa- vore di quelle realizzate per gli interventi dell’asse I. Sostanzialmente immutata rimane, invece, la spesa degli assi III e IV, i cui interventi scontano più degli altri una serie di difficoltà burocratiche e amministrative che rappresentano il primo ostacolo per chi intende intervenire sul territorio.

Per ciò che riguarda l’asse I, le misure che hanno mostrato una maggiore capa- cità di spesa sono state la 112 (insediamento di giovani agricoltori; 70%), la 121

(ammodernamento aziende agricole; 54%), la 124 (cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e processi; 53%) e la 123 (accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli; 40%). L’asse II è quello cui è stata destinata la maggior parte di risorse e la cui attuazione, quindi, ha determinato i maggiori impatti in termini di soggetti coinvolti e di superficie agricola interessata. In particolare, le azioni volte ad accrescere la sostenibilità ambientale delle aziende agricole (misura 214 per i pagamenti agro-ambientali) hanno consentito di realizzare più di 150.000 contratti con oltre 113.000 beneficiari fra aziende agricole e altri soggetti gestori del territorio, su una superficie di oltre 2,5 milioni di ettari. L’asse II, dunque, continua a essere quello su cui si concentra la maggior parte della spesa, sia per effetto del trascinamento dei pagamenti riferiti a impegni assunti nel corso della passata programmazione, che per le più rapide modalità di erogazione dei paga- menti previsti. A livello regionale lo sbilanciamento della spesa verso l’asse II ha continuato a essere più marcato nell’area meridionale e insulare, oltre che in alcu- ne regioni settentrionali (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e le due Province autonome di Bolzano e Trento).

Nell’ambito dell’asse III, le misure che hanno mostrato una maggiore capa- cità di spesa sono state la 311 (42% della spesa), la 321 (38%), la 323 (35%), la 312 (27%) e la 313 (23%). A fine 2012, sull’intero territorio nazionale sono stati finanziati oltre 4.100 progetti di diversificazione delle attività agricole (misura 311), per una spesa pubblica complessiva di oltre 245 milioni di euro. La misura, in particolare, ha sostenuto la creazione e lo sviluppo di oltre 2.500 attività di in- teresse turistico in aree rurali (61% dei progetti approvati e 70% della spesa pub- blica complessiva), la creazione e lo sviluppo di 1.300 progetti per la produzione di energie rinnovabili (32% dei progetti e 19% della spesa) e circa 280 progetti per lo sviluppo di attività artigianali, commerciali e di servizio specializzato (il restante 7% dei progetti e 10% della spesa).

L’asse IV mostra un livello di attuazione molto basso, tanto che la spesa rea- lizzata rappresenta solo il 2,2% di quella complessiva di tutti i pSr. Complessità

delle procedure, continua evoluzione del quadro giuridico, importi di spesa pro- grammati poco significativi rispetto ai fabbisogni dei territori e sovrapposizione, nello stesso contesto territoriale, della strategia con altri strumenti che supportano azioni analoghe rappresentano le principali criticità che ne hanno ostacolato l’ef- ficace ed efficiente attuazione.

La politica nazionale

La durissima crisi finanziaria che ha colpito il nostro Paese nel 2012 si è ri- verberata anche nella politica agricola nazionale, caratterizzata da misure mira- te essenzialmente alla riduzione della spesa pubblica nel settore agricolo e con

un’incidenza modesta rispetto alle necessità del settore produttivo, ai fini del suo rilancio competitivo. In questo quadro si comprende come i pochi interventi di politica agricola, operati nel 2012, abbiano riguardato in prevalenza aspetti di semplificazione normativa e, in molti casi, siano stati effettuati attraverso disegni di legge che poi non hanno visto concretizzazione nel corso della legislatura, interrottasi, come noto, nei primi mesi del 2013.

I pochi interventi con riflessi sul settore agro-alimentare varati dal Governo Monti possono riassumersi nei decreti legge: “liberalizzazioni”, “semplificazio- ni”, “spending review” e “sviluppo”. Invece, in chiusura di anno, la legge di stabilità (l. 228/2012) ha ulteriormente acuito i tagli al settore, attraverso misure di riduzione nell’erogazione di sostegno tramite il gasolio agricolo ad accisa age- volata.

Per quanto riguarda il decreto “liberalizzazioni”, le norme più rilevanti han- no riguardato la disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agro-alimentari (art. 62); il rilancio dei contratti di filiera e di distretto nel settore agro-alimentare (art. 63); le misure di sostegno per l’accesso al credito in attuazione di una specifica decisione comunitaria che istituisce il “Fondo credito” (art. 64); l’eliminazione degli incentivi per gli impianti fotovol- taici a terra su terreni agricoli (art. 65); la dismissione di terreni demaniali (art. 66). Di tali misure, al 30 giugno 2013, l’attuazione è stata molto diversificata. Re- lativamente al decreto “semplificazioni”, le previsioni di un alleggerimento am- ministrativo per le imprese si sono rivelate ottimistiche, poiché gli adempimenti concreti sono rimasti spesso inattuati, soprattutto a causa della concomitanza di competenze con le Regioni. Anche la prevista semplificazione delle procedure agea per la piena attivazione del fascicolo aziendale ha subìto forti rallentamenti,

a causa della complessa situazione dell’agenzia, commissariata per l’ennesima volta nel giugno del 2012. Infine, con il decreto sulla “spending review” l’am- ministrazione agricola è stata ulteriormente tagliata e riformata e con il decreto “sviluppo” il tentativo di passare dalla fase del rigore a quella del rilancio degli investimenti è stato frenato dall’esiguità delle risorse stanziate per il settore agri- colo.

Gli stanziamenti 2012 sul bilancio del mipaaf sono stati pari a 1.511 milioni

di euro che, al netto delle riassegnazioni di fondi colpiti da perenzione ammini-

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