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Multifunzionalità, ambiente e territorio

La gestione delle risorse naturali e l’agricoltura sostenibile

I sistemi agricoli sono in grado di favorire la conservazione della biodiversità e degli habitat di numerose specie animali e vegetali. Misurare il loro grado di naturalità è diventato importante e, pertanto, indicatori come la superficie agrico- la ad alto valore naturale (aVn) e l’indice dell’avifauna agricola (Farmland Bird

Index, fbi) sono stati inclusi nella lista degli indicatori di impatto per la valuta-

zione dei prossimi programmi di sviluppo rurale. A livello nazionale si stima che le aree aVn coprano potenzialmente una superficie pari a 6,2 milioni di ettari, di

cui 2 milioni nelle classi di valore più elevato. Il valore del fbi nel 2012 è stato

pari all’88%, in calo rispetto al valore iniziale (posto uguale a 100% nel 2000), a conferma di un graduale declino in linea con la tendenza emersa negli ultimi anni.

Esistono anche altri indicatori basati sulla misurazione del benessere degli individui che, unitamente ai risultati economici, dovrebbero rendere più esaustiva la valutazione sullo stato e sul progresso della società. Alcuni di questi riguardano il paesaggio e il patrimonio culturale e sono stati pubblicati nel primo “Rapporto sul benessere equo e sostenibile”. In particolare, il paesaggio rurale, collocando- si in una zona intermedia fra area urbanizzata e naturale, è considerato un’area molto vulnerabile la cui salvaguardia non si è ancora affermata nella legislazione nazionale e stenta ad essere riconosciuta dall’opinione pubblica. Secondo il Rap- porto, la crisi del paesaggio rurale è da ricollegare all’espansione delle città verso le aree agricole stabili o attive (urban sprawl, le cui aree interessate rappresenta- no il 20% del territorio nazionale) e all’abbandono delle campagne (che interessa il 28% del territorio). Tra le diverse iniziative prese a livello nazionale per la valorizzazione e la tutela del paesaggio rurale, si ricordano l’istituzione dell’Os- servatorio del paesaggio rurale (che gestisce un registro in cui sono stati rilevati più di 130 siti ritenuti interessanti su tutto il territorio nazionale) e la campagna

di Italia Nostra relativa ai Paesaggi sensibili che ha avuto come oggetto anche il paesaggio agrario. Il patrimonio forestale nazionale copre una superficie di circa 11 milioni di ettari, pari al 34% della superficie italiana (Forest resources asses-

sment - fra 2010). Nell’ultimo secolo si è assistito a un progressivo aumento

della superficie forestale legato ai continui processi di riforestazione, sia naturale sia artificiale, e di riduzione delle superfici agricole. Nonostante il numero delle tagliate e la superficie soggetta a taglio negli ultimi anni siano leggermente e progressivamente cresciuti, anche grazie all’aumento nella richiesta di materia- le legnoso a fini energetici, permane un generale disinteresse nelle utilizzazioni forestali. Ciò è legato non solo ai limiti orografici e alle ridotte dimensioni delle proprietà forestali private (il 66% della superficie forestale nazionale), ma anche all’approccio politico e culturale degli ultimi decenni, molto legato alla conserva- zione tout court del patrimonio ambientale, che si è spesso tradotto in un aggravio di vincoli e limitazioni per le attività selvicolturali, comportando una forte ridu- zione nella gestione delle risorse forestali.

L’indagine sullo stato di salute delle foreste europee, del 2012, evidenzia come rispetto al resto dell’Europa, dove la defogliazione, per le latifoglie temperate e le conifere, è leggermente aumentata (nei valori medi), le foreste italiane e tutta l’area mediterranea siano maggiormente sensibili e vulnerabili ai fattori di stress, tra i quali le variazioni del clima, l’inquinamento atmosferico e l’attacco di agenti patogeni. I risultati evidenziano, per i 253 punti di campionamento dei boschi italiani, un livello di defogliazione medio/alto nel 31,3% delle piante rilevate rispetto al 30% dell’anno precedente.

Nell’area mediterranea l’Italia è uno tra gli Stati europei più a rischio di incen- di, con una media negli ultimi decenni di circa 8.967 incendi l’anno e una super- ficie media di 49.316 ettari di bosco danneggiati o distrutti ogni anno. Nel 2012 è aumentato sia il numero di incendi (+0,9% rispetto al 2011) che la superficie per- corsa dal fuoco (+94%). La superficie forestale percorsa dal fuoco, pari a 130.814 ettari, è ben al di sopra della media annuale degli ultimi decenni e inferiore, negli ultimi 20 anni, solamente al dato registrato nel 2007.

Nella proposta di riforma della paC la politica per le risorse idriche e la poli-

tica per l’agricoltura risultano ancora più connesse e integrate rispetto al ciclo di programmazione in corso. La tutela qualitativa e quantitativa della risorsa idrica rimane uno degli obiettivi prioritari per lo sviluppo sostenibile del territorio rura- le, strettamente connesso con l’evoluzione delle superfici irrigate (in base ai dati del censimento 2010, il 19% circa della Sau è irrigata ), che evidenziano, rispetto

al 2000, un lieve aumento al Nord e una leggera riduzione al Centro e al Sud. Gli ultimi monitoraggi sulla qualità delle acque superficiali mostrano che cir- ca l’84% delle stazioni ricade nella classe “elevato” o “buono” per quanto riguar- da lo stato ecologico dei corpi idrici superficiali, mentre per le acque sotterranee

(indice SCaS) la percentuale è del 70% per la classe “buono”, a causa della pre-

senza di sostanze inorganiche quali nitrati, solfati, fluoruri, cloruri, boro, insieme a metalli, sostanze clorurate e fitofarmaci.

Lo stato di contaminazione delle acque dovuto a pesticidi è abbastanza eleva- to, come già nei precedenti monitoraggi; si tratta di residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura, e di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attività. I livelli di contaminazione appaiono più elevati nella pianura padana per via delle caratteristiche idrologiche e della maggiore intensità produt- tiva agricola.

L’iSpra ha elaborato un indice sintetico relativo all’inquinamento da nitrati dal

quale si desume che la situazione sta migliorando per le acque superficiali, ma rimane stabile per le acque sotterranee.

Infine, la Commissione europea ha pubblicato una prima valutazione sull’ap-

plicazione della direttiva 2000/60/Ce e ha individuato gli ostacoli che ad oggi

non hanno permesso la sua completa attuazione (Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee - Blueprint, Com/2012/673). Oltre all’analisi delle proble-

matiche, il documento individua una serie di azioni supplementari che potrebbero migliorare la gestione quantitativa delle acque e l’efficienza idrica in Europa, contribuendo anche a raggiungere gli obiettivi riguardanti la qualità delle acque.

La diciottesima Cop (Conference of Parties) della Convezione quadro delle

Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha rappresentato un momento di transi- zione tra il vecchio e il nuovo regime delle negoziazioni sul clima. Gli elementi chiave dell’accordo siglato riguardano la conferma del secondo periodo di impe- gni (dal 2013 al 2020) sotto il Protocollo di Kyoto (Pk) per i paesi sviluppati e

l’inizio di un nuovo regime di negoziati per un trattato globale legalmente vinco- lante da stipulare entro il 2015.

Sul fronte comunitario, nel 2013 è stata pubblicata la decisione 2013/529/Ue

sulle norme comuni di contabilizzazione degli assorbimenti e delle emissioni di

gas serra per il settore Lulucf (Land Use, Land Use Change and Forestry) ed è

stata lanciata la strategia Ue per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Com

2013/216). In Italia, il Ministero dell’ambiente ha avviato i lavori per la defini- zione di una strategia nazionale di adattamento, sulla quale è in corso una consul- tazione pubblica con le parti interessate e con la società civile.

Nel 2011, secondo i dati diffusi dall’Agenzia europea per l’ambiente, le emis-

sioni dell’ue-15 sono diminuite del 4,2% rispetto al 2010 e del 15% rispetto

all’anno base, per cui l’Ue-15 è rimasta al di sotto del suo obiettivo per Kyoto

(-8%). Anche l’Italia, secondo i dati diffusi dall’Ispra, ha ridotto le emissioni nel

2011 (-2% dal 2010). Rispetto al 1990 le emissioni sono invece diminuite del 5,8%, a fronte di un obiettivo di riduzione del 6,5% per il Pk.

minuite dello 0,5% rispetto al 2010 e del 18% circa dal 1990 al 2011, per effetto del calo delle emissioni di metano da fermentazione enterica (-12%) e da suoli agricoli (-21%). Il settore luluCf, che contabilizza le emissioni e gli assorbimenti

di anidride carbonica dovuti a cambiamenti d’uso del suolo e alle foreste, offre un significativo contributo alla mitigazione delle emissioni nazionali con un au- mento del 152% rispetto al 1990, dovuto in larga misura all’incremento della su- perficie forestale. L’ISpra ha pubblicato i dati provinciali sulle emissioni a livello

settoriale. Per quanto riguarda il settore agricolo, ne emerge un quadro composito delle emissioni che sostanzialmente ricalca quello delle produzioni agricole.

Secondo i dati forniti dall’Ispra, anche nel 2011 è stato rispettato il tetto di

emissioni di ammoniaca imposto dalla direttiva Nec-National Emission Ceilings

(2001/81/ce). Le emissioni agricole costituiscono il 95% delle emissioni nazio-

nali di ammoniaca e sono diminuite del 21% dal 1990 per effetto del minore utilizzo di fertilizzanti azotati, della riduzione dei capi bovini e dell’applicazione delle migliori tecnologie di abbattimento previste dalla direttiva 2008/1/ce Ippc

(Integrated Pollution Prevention and Control) e relative all’allevamento dei suini e degli avicoli.

Durante gli ultimi decenni in Italia si è registrato un declino molto significa- tivo dell’estensione della superficie agricola, che dal 1970 al 2010 si è ridotta di oltre un quarto, attestandosi, nel 2010, intorno ai 12,9 milioni di ettari. Dai

dati dell’Istat sull’uso del suolo è possibile osservare come la riduzione della

sau abbia riguardato prevalentemente i seminativi (-20%) e i prati permanenti e

pascoli (-37%), mentre osservando le tendenze nelle diverse zone altimetriche si riscontra una riduzione particolarmente elevata nelle aree montane e collinari del Paese (rispettivamente -35% e -28%).

I dati recentemente pubblicati dall’Ispra mostrano come a livello nazionale il

suolo impermeabilizzato sia passato da circa 8.000 km2 nel 1956 a oltre 20.500

km2 nel 2010, corrispondenti al 6,9% della superficie territoriale. Per arginare

questo fenomeno sono state intraprese una serie di azioni volte a sviluppare una regolamentazione più stringente, tra cui il disegno di legge recentemente appro- vato per contenere il consumo del suolo e favorire il riuso dei terreni già edificati.

Il contenimento del consumo di suolo può incidere in maniera significativa anche sulla manutenzione del territorio e sulla prevenzione dei fenomeni di disse- sto idrogeologico. Secondo un recente rapporto curato da iSpra, in Italia le frane

(attive e non) sono oltre 486.000 e coinvolgono un’area di oltre 20.000 km2 in

5.708 comuni, pari al 70,5% del totale. I dati sull’erosione idrica evidenziano in- fine come circa il 30% del territorio nazionale presenti una perdita di suolo molto elevata, superiore a 10 tonnellate a ettaro l’anno.

Nel corso del 2012 uno dei temi più dibattuti è stato quello dell’utilizzo degli agrofarmaci a base di neonicotinoidi, poiché la Commissione europea ha annun-

ciato una moratoria di due anni dell’utilizzo di questi prodotti, che prima della fioritura non potranno essere utilizzati in nessuna forma (rivestimento delle se- menti, granulati per il suolo o spray). Il quadro normativo comunitario è stato recentemente rafforzato attraverso l’attuazione della dir. 2009/128/Ce, che ha in-

trodotto l’obbligatorietà della difesa integrata per tutte le aziende agricole euro- pee da gennaio 2014. In Italia tale direttiva è stata recepita con il d.lgs. 150/2012, in applicazione del quale è stata predisposta una prima bozza del Piano di azione nazionale (pan) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.

I dati iStat sull’utilizzo degli agrofarmaci, relativi al 2012, mostrano un calo

del 5,7% rispetto all’anno precedente, con una diminuzione particolarmente si- gnificativa dell’utilizzo di prodotti a tossicità più elevata (-9,4%) e dei prodotti nocivi (-14,8%).

Nel 2012, per il settimo consecutivo, si assiste a un nuovo incremento della domanda di prodotti e alimenti biologici, mentre l’offerta è ancora caratterizza- ta da fenomeni contrastanti. Rispetto all’anno precedente, infatti, cresce il nu- mero di produttori biologici esclusivi e produttori-trasformatori di circa 2.000 unità (+4,8%) e torna ad aumentare la superficie condotta con metodi biologici (+6,4%), che con 1,167 milioni di ettari rappresenta il 9,1% della Sau totale. Tut-

tavia, diminuisce il numero dei preparatori (-8%), soprattutto quelli esclusivi. Nel complesso, gli operatori biologici raggiungono le 49.709 unità.

La distribuzione della Sau biologica complessiva per tipologia di coltura indi-

ca una prevalenza dei seminativi (62% del totale), in cui si distinguono le forag- gere, i cereali e i prati permanenti e pascolo. Tra le colture permanenti prevalgono olivo (14% della Sau biologica nazionale) e vite (4,9%).

Nel 2012, le aziende zootecniche biologiche, pari a 7.714 unità, aumentano del 12,1% rispetto all’anno precedente. Cresce in modo sensibile il numero dei capi per gli allevamenti suini e caprini e quello delle arnie. Le aziende che prati- cano l’acquacoltura biologica, invece, sono 21.

Sulla base del 6° censimento generale dell’agricoltura si rileva come le azien- de biologiche e la relativa Sau biologica si concentrino nelle zone collinari. La

presenza di aziende biologiche relativamente più grandi rispetto al dato medio censuario contribuisce a spiegare anche il loro maggior grado d’innovazione, testimoniato da: maggiore diffusione dell’informatica in azienda, più elevata incidenza delle aziende con forma giuridica di tipo societario rispetto a quelle individuali, maggior ricorso all’affitto per ampliare le superfici aziendali, età dei conduttori mediamente più contenuta, grado di istruzione più elevato e maggiore propensione a diversificare le attività aziendali.

Tra i produttori certificati biologici, 353 sono anche biodinamici in conver- sione o già certificati da Demeter associazione italiana o Demeter International, per una Sau di 9.560 ha. Nel complesso, la Sau italiana certificata Demeter o in

conversione all’agricoltura biodinamica rappresenta il 6,2% di quella mondiale e lo 0,8% di quella biologica italiana. In Italia, inoltre, sono presenti 52 trasfor- matori con certificazione Demeter (l’8,7% a livello mondiale) e 28 distributori (13,7%).

Nel 2011 il fatturato mondiale dei prodotti e degli alimenti biologici cresce del 6,3% rispetto al 2010, portandosi sui 47,8 miliardi di euro, cui l’Italia, con un valore del mercato pari a 1,72 miliardi di euro (3,1 miliardi se si include il valore delle esportazioni), contribuisce per il 3,6%. Il valore dei consumi pro ca- pite di prodotti e alimenti biologici (26 euro) è sensibilmente inferiore a quelli di Svizzera (177 euro) e Danimarca (162 euro). Nel 2012, i dati iSmea/gfk-euriSko

evidenziano un aumento del fatturato interno relativo ai prodotti biologici confe- zionati e commercializzati tramite la gdo pari al 7,3%. In termini di valore, i pro-

dotti maggiormente rappresentati sono ortofrutta fresca e trasformata (30,5%), lattiero caseari (22,6%) e uova (12,5%). Aumentano, tuttavia, soprattutto biscotti, dolciumi, snack e le bevande analcoliche.

Le importazioni si riducono in termini quantitativi del 57%, ma i cereali e so- prattutto le colture industriali, provenienti in particolar modo dall’Europa non ue

e dall’America del Nord, evidenziano decrementi pari, rispettivamente, al 74% e all’83%. Frutta, fresca e secca, e prodotti trasformati, invece, mostrano le mag- giori variazioni positive, collocandosi tra i prodotti che incidono maggiormente sulle quantità importate totali insieme, ancora, ai cereali.

La diversificazione dell’agricoltura

Nel 2012 il settore turistico italiano, come quello della Grecia, del Portogallo e della Spagna, ha registrato un calo degli ospiti di oltre il 10%, dovuto soprat- tutto alla contrazione del turismo interno colpito dalla crisi economica. I risultati economici per le aziende sono in peggioramento a causa della stabilità dei prezzi dell’offerta agrituristica negli ultimi anni, che non compensa l’inflazione, e alla diffusione di servizi di prenotazione online con crescenti costi di intermediazio- ne, malgrado il turismo rurale sia ritenuto in questi ultimi anni come “emergente” rispetto a mete più tradizionali.

Le aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’agriturismo nel 2012 regi- strano una sostanziale tenuta, con un numero di unità che si attesta a 20.474, lo 0,3% in più rispetto al 2011. Gli agriturismi aumentano soprattutto al Nord (+2,9%) e al Centro (+2%), mentre calano nel Sud (-8,3%). Le aziende agri- turistiche autorizzate all’alloggio rappresentano l’82,6% del totale, dato stabile rispetto al 2011 (+0,9%), e la maggior parte è collocata nel Centro-Sud (circa il 60% del totale nazionale). L’offerta di posti letto ammonta, nel 2012, a 217.946

unità, in aumento del 3,4%, mentre la dinamica è negativa (-8,2%) per le piazzole di sosta per agricampeggio.

Le aziende agrituristiche che offrono il servizio di ristorazione ammontano, nel 2012, a 10.144 unità, equivalenti al 49,5% del totale, in lieve crescita rispetto all’anno precedente (+1,1%) e relativamente più presenti nelle regioni centro-me- ridionali. Le aziende espressamente autorizzate alla degustazione costituiscono il 16,8% degli agriturismi in complesso e registrano un consistente calo (-11%) rispetto al 2011.

L’offerta di altre attività proposte dalle aziende agrituristiche comprende una vasta gamma, da escursionismo, equitazione e sport vari alle osservazioni natura- listiche fino ai corsi. Sono interessate a questo tipo di business oltre la metà delle aziende (58,5%), in aumento dell’1,7% rispetto al 2011.

L’attività dedicata all’educazione e alla didattica appare in continuo aumen- to, con 2.363 fattorie didattiche accreditate nel 2012; le regioni che presentano un maggior numero di realtà sono l’Emilia-Romagna (330), la Campania (308), il Piemonte (274) e il Veneto (233). Nell’ambito dell’offerta educativa, stanno emergendo anche altre esperienze di servizi per l’infanzia, come gli agri-nidi (in tutto 24, distribuiti in maniera non uniforme soprattutto nelle regioni del Nord) e le agri-tate in Piemonte.

Per quanto riguarda il tema della legalità, si è inoltre consolidata l’azione dell’anSbC1, anche attraverso protocolli e accordi con altri enti pubblici per la

stima, la catalogazione e il monitoraggio dell’utilizzo dei beni. I terreni confiscati sono in totale 2.245, di cui 1.368 destinati e consegnati; i terreni con fabbricati rurali sono invece 362 di cui 236 destinati e consegnati; i fabbricati urbani con terreno sono 146 (71 consegnati) e le aziende 1.708.

È proseguita l’attività di discussione sull’agricoltura sociale (aS), che

ha portato le Regioni e il Parlamento ad adottare alcuni atti normativi e alla definizione di una proposta di legge a livello nazionale. Continuano il fenomeno di emersione delle pratiche di aS e l’avvio di iniziative, ma manca ancora un chiaro

quadro conoscitivo sul fenomeno. Negli ultimi anni sono nate anche associazioni,

a livello locale o nazionale, che si occupano della promozione dell’aS, della

raccolta delle esperienze e dei bisogni che emergono dalle pratiche sul territorio. Le due associazioni nazionali – la Rete delle fattorie sociali e il Forum nazionale dell’agricoltura sociale – cui aderiscono diverse realtà operative, sono state consultate dalla Commissione agricoltura della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva realizzata nel 2011-2012 e dei successivi momenti di confronto sulla proposta di legge nazionale sull’aS.

1 Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla

Nel 2012 il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambien- te hanno presentato congiuntamente alle parti sociali la Strategia energetica na-

zionale (Sen), in ottemperanza a quanto previsto dalle direttive comunitarie. Il

documento traccia gli interventi che saranno attuati in Italia in vista del raggiun- gimento degli obiettivi stabiliti a livello comunitario per il 2020 e per il 2050. I risultati attesi al 2020 riguardano: a) una significativa riduzione dei costi energe- tici; b) il raggiungimento degli obiettivi energetici europei di riduzione del 24% dei consumi primari e di incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi finali lor- di al 19-20%; c) maggiore sicurezza, minore dipendenza di approvvigionamento e maggiore flessibilità del sistema energetico nazionale; d) un impatto positivo sulla crescita economica.

La domanda di energia ha continuato a diminuire anche nel 2012, conferman- do una tendenza che prosegue dal 2006 con l’unica eccezione di un consistente aumento avvenuto nel 2010. Il consumo interno lordo è pari a 177,8 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (tep), che si trasformano in 129 milioni di tep

a seguito della trasformazione di una quota parte in energia elettrica. La riduzione pari al 4,2% dei consumi finali rispetto al 2011 − seconda soltanto alla contrazio- ne verificatasi tra il 2008 e il 2009 − è dovuta in buona misura alla battuta d’arre- sto del settore industriale e dei trasporti causata dalla perdurante crisi economica. Anche il settore agricolo non si è sottratto alla tendenza generale, evidenziando una riduzione del 2,4%.

È proseguita con ritmi accentuati la crescita delle fonti energetiche rinnovabili

(fer) anche nel 2012. L’aumento del 17% rispetto al 2011, probabilmente, si

deve al contributo crescente delle fonti fotovoltaiche ed eoliche che hanno ormai

acquisito un peso relativo considerevole nell’ambito delle fer (5 e 10% rispet-

tivamente). Negli ultimi dieci anni il numero di impianti fer per la produzione

di energia elettrica è raddoppiato, raggiungendo nel 2012 una consistenza pari a 335.151 impianti con una potenza installata pari a 47.345 MW, oltre il doppio dei 18.335 MW installati nel 2000. Il 75% degli impianti è installato su edifici soprat- tutto nel Nord Italia, mentre gli impianti a terra, che coprono una superficie pari a 13.370 ha (+21% rispetto al 2011), risultano relativamente più frequenti nel Cen- tro-Sud. Anche gli impianti a biogas hanno evidenziato un notevole incremento nel 2012. Gli impianti nel 2012 sono 848 con una potenza installata di 765 MW e più dell’80% degli impianti agrozootecnici ha un’età inferiore ai cinque anni, segno di un interesse molto recente per queste tecnologie da parte delle aziende agricole. Per quanto riguarda il tipo di alimentazione, prevale l’utilizzo di ef- fluenti zootecnici ma con uso di colture energetiche o di sottoprodotti industriali.

Gli incentivi per l’energia elettrica da fonte rinnovabile sono stati completa-

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