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Intervista a Fabio Bistoncini

Di seguito viene riportata l’intervista a Fabio Bistoncini, lobbista di professione, avvenuta il 4 novembre 2020.

IM: Dai risultati del questionario si evince che anche nelle “nuove generazioni” perdura una percezione negativa del fenomeno lobbistico. A cosa pensa sia do-vuta questa impressione?

FB: Al fatto che il discorso pubblico attorno ai gruppi di interesse e all’attività di lobbying non è modificato. Se uno fa un’analisi da un lato delle comunicazioni social, dall’altro della carta stampata, dei programmi televisivi, ecc., la narrazio-ne dominante, il mainstream - come si dice in gergo - è comunque narrazio-negativo narrazio-nei confronti dell’attività di rappresentanza di interesse. Quindi, non vedo perché le nuove generazioni dovrebbero cambiare idea.

IM: Quindi, questo è dovuto solamente a una costruzione da parte dei media del discorso attorno alle lobby. Nella sua esperienza, comunque, i social media non hanno contribuito per nulla ad una modificazione di questo stereotipo?

FB: Assolutamente no. Dal momento che i social media si muovono su dinami-che dinami-che sono da un lato autonome, ma da un lato andinami-che molto simili ai media tra-dizionali, è ovvio che, da questo punto di vista, non ci potesse essere alcun cam-biamento, o almeno, alcun cambiamento sostanziale.

IM: Secondo lei, quali potrebbero essere, in un futuro, delle azioni da compiere per arrivare ad una modificazione della percezione nei confronti delle lobby? Un cambiamento solo dei messaggi portati dai media, o ci può essere anche qual-cos’altro?

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FB: Dunque, da un lato dovrebbe crescere la consapevolezza che qualsiasi deci-sione pubblica è frutto di un’attività di contrattazione tra interessi e quindi di una mediazione tra interessi che sono necessariamente divergenti, se non contrappo-sti. Però è difficile che possa aumentare perché la stessa politica dovrebbe am-mettere che le decisioni che vengono prese sono frutto di questo ascolto dei gruppi di interesse, mediazione e poi scelta. Questo significa far venir meno il concetto, il simulacro, di quello che è l’interesse generale, che tutti dicono di vo-ler perseguire. È un processo molto lungo perché, soprattutto nel nostro Paese, non c’è l’idea di associarsi per tutelare i propri interessi (per associarsi intendo raggrupparsi in gruppi di interesse) a tutti i livelli, sia a livello locale, sia a livello nazionale. Ciascuno di noi pensa sempre che il problema venga risolto da altri. Pur criticandola, tutti fanno affidamento sulla politica, che dovrebbe risolvere i problemi. È ovvio che questo sia un processo molto lungo. In mancanza di questo processo, i media non possono far altro che recepire e indirizzare quello che loro ritengono più opportuno. Gli stessi media sono in realtà dei gruppi di interesse, soprattutto nel nostro Paese dove non c’è l’«editore puro». L’«editore puro» non esiste in Italia, tutti i grandi giornali (con alcune eccezioni) e quotidiani nazionali appartengono ad aziende o gruppi aziendali, che sono a loro volta dei gruppi di interesse. Molti player della comunicazione sono loro stessi dei gruppi di interes-se, quindi è molto difficile che possa cambiare nel breve periodo questo mood. L’altro aspetto che potrebbe contribuire a modificare questo tipo di percezione potrebbe essere una normativa che tuteli la trasparenza e che permetta il ricono-scimento dei gruppi di interesse. Questo potrebbe far leggermente venire meno il velo di sospetto che c’è nei confronti dell’attività.

IM: Lei pensa che in futuro ci potrà effettivamente essere una disciplina di que-sto genere in Italia? Quali sono degli elementi fondamentali?

FB: In futuro ci potrà essere, anche se sono tanti anni che se ne parla e non si conclude nulla. Ma in futuro ci potrà essere.

149 1. l’iscrizione obbligatoria;

2. un Registro unico dei gruppi di interesse a tutti i livelli, che eviti la frammen-tazione dei Registri, della normativa, delle procedure che si devono seguire per l’iscrizione. Perché parlo di Registro unico? Perché altrimenti abbiamo un Registro alla Camera, uno al Senato, uno alla Presidenza del Consiglio, uno nei singoli Ministeri, uno nelle varie regioni, ecc. C’è stato un proliferare delle normative. Se invece avessimo un Registro unico a cui tutte le ammini-strazioni attingono per poter verificare chi sono gli interlocutori che hanno davanti, questo semplificherebbe tutto e aumenterebbe anche la trasparenza del sistema;

3. un sistema di sanzioni per chi non rispetta il Registro;

4. un sistema di incentivi che spinga i gruppi di interesse a iscriversi.

IM: Eventualmente anche un sistema di sanzioni che venga previsto anche per i decisori? Per il rispetto della trasparenza?

FB: Questo è il problema che frena qualsiasi tipo di discussione, perché è ovvio che se metti delle regole molto più ferree nei confronti dei decisori, questi sono molto meno portati ad approvarle. Un tema che riguarda le revolving doors, vero il passaggio tra gruppo d’interesse e processo decisionale e viceversa. È ov-vio che dovrebbe essere un sistema stringente, ma questo frena ovviamente molte decisioni soprattutto da parte di chi ricopre cariche elettive. Se non vengono rie-letti, molti pensano di poter fare i portatori di interesse.

IM: Ultima domanda. Alla fine del suo libro “Vent’anni da sporco lobbista” Lei auspica la nascita di un «nuovo lobbismo» in Italia, caratterizzato da una molti-plicazione delle lobby, riconosciuto dalle istituzioni e che possa diventare parte integrante del processo democratico. Dopo quasi un decennio, a che punto si trova il nostro Paese su questa strada, considerando che manca appunto una re-golamentazione?

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FB: In parte molto indietro, però sotto certi aspetti si sta verificando. La crisi dei corpi intermedi, quindi non solo dei partiti, ma anche dei sindacati, di Confindu-stria, degli Ordini professionali, ecc., non fa altro che moltiplicare gli interessi che non si sentono rappresentati all’interno di questi soggetti sociali e che, quin-di, chiedono ascolto in maniera autonoma rispetto ai vecchi canali di rappresen-tanza. La moltiplicazione degli interessi è un fenomeno che deriva dall’aumento della complessità della nostra composizione sociale. Quindi, da questo punto di vista, è un processo che sta andando avanti. Manca la presa d’atto di questo pro-cesso e quindi la necessità di avviare delle forme di regolamentazione che per-mettano a tutti gli interessi di emergere realmente alla luce del Sole.

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Sitografia

Si rimanda alle note dei capitoli per i rinvii a siti web di riferimento sui temi trat-tati.