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La regolamentazione del fenomeno lobbistico

3. Il Regno Unito

All’interno del sistema istituzionale del Regno Unito il ruolo delle lobby è cen-trale e viene percepito come un fattore positivo, che porta all’arricchimento del processo decisionale. In questo contesto i gruppi di interesse sono sempre stati visti come un elemento caratteristico della democrazia parlamentare e, quindi, come qualcosa da gestire attraverso norme consuetudinarie e di auto-comportamento.

Questo sistema di regolamentazione non scritta è entrato in crisi negli anni 2000 in seguito ad alcuni scandali che hanno investito decisori pubblici e lobbisti

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za scrupoli e che hanno portato ad intraprendere un percorso per l'adozione di normative per regolare almeno alcune situazioni.

La prima legge organica sul lobbying nel Regno Unito è stata approvata all’inizio del 2014. Il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act, chiamato anche semplicemente Lobbying Act, ha in-trodotto per la prima volta l’obbligo per chi svolge l’attività di lobbying di iscri-versi ad un Registro per la trasparenza e ha contribuito a disciplinare il fenomeno anche sotto molti altri aspetti.

Nello specifico, la legge in questione si pone lo scopo di regolamentare i consul-tant lobbyists, ossia i lobbisti conto terzi che collaborano con i membri del go-verno. Vengono, invece, esclusi i lobbisti in-house delle maggiori aziende, gli studi di consulenza legale o finanziaria e le fondazioni e associazioni.

Il Registro per la trasparenza viene gestito da un organismo autonomo rispetto al governo, l’Office of the Registrar of Consultant Lobbyists, che è responsabile per quanto riguarda la sua creazione ed amministrazione, oltre che per la vigilanza circa il rispetto dell’obbligo di iscrizione. Nel Regno Unito, infatti, l’iscrizione nel Registro è abilitante per l'esercizio della professione, come se fosse un Albo professionale. Se i consultant lobbyists non risultano registrati, si costituisce l'i-potesi di reato di esercizio abusivo dell'attività120.

3.1 Finanziamento della politica, donazioni e gruppi di pressione

In Gran Bretagna, fino al 2000, il finanziamento da parte di soggetti privati ai partiti politici non era fondamentalmente regolato da normative. Proprio in quell’anno venne approvato il Political Parties, Elections and Referendums Act (PPERA), poi modificato nel 2009 dal Political Parties and Elections Act e nel 2014 dal Lobbying Act, che ha aperto le porte ad una disciplina basata sulla tra-sparenza delle donazioni da parte dei privati verso i partiti, delle fondazioni ad essi collegate, dei loro membri o dei movimenti politici.

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In base alla legge del 2014, i partiti politici e le associazioni o fondazioni ad essi collegate hanno l'obbligo di registrarsi presso l’Electoral Commission, un ente indipendente che vigila sui finanziamenti ai movimenti politici e che è stato crea-to appositamente con quescrea-to scopo. I membri dei partiti e delle fondazioni ven-gono definiti come regulated donees e possono ricevere doni solo dai permissible donors (ovvero dai donatori consentiti). Le donazioni possono consistere in dena-ro, proprietà, abbonamenti, forniture di beni, servizi o strutture, prestiti di denaro; l'importante è che ognuna di queste donazioni venga riferita all’Electoral Com-mission. Nel caso in cui il donatore faccia parte dei «donatori non consentiti» il partito ha l'obbligo di restituire la donazione (oppure, nel caso in cui il donatore non possa essere identificato, di consegnarla alla Commissione elettorale).

Per quanto riguarda l’importo delle donazioni, non è stato fissato un limite mas-simo; gli importi, però, superiori a 50 sterline devono provenire obbligatoriamen-te da donatori ammissibili (permissible donors).

Nel caso in cui la procedura di cui sopra venga violata, sono previste numerose sanzioni: nel caso di false dichiarazioni nei report periodici in cui vengono co-municate le donazioni, infatti, il responsabile del movimento o partito politico, oppure il singolo membro del partito, rischia una condanna fino ad un anno di carcere. Sono previste, inoltre, delle sanzioni pecuniarie come il pagamento di multe fino a 5.000 sterline nel caso in cui i partiti politici accettino donazioni il-legali (in questo caso, chiaramente, viene prevista anche la restituzione della do-nazione)121.

3.2 Decisori pubblici e trasparenza

Come si sa, quando si parla di regolamentazione del fenomeno lobbistico, il con-cetto di trasparenza deve essere applicato anche ai decisori pubblici.

In Gran Bretagna, la Camera dei Comuni ha compiuto i primi passi già a partire dal 1974, creando degli istituti con lo specifico obiettivo di garantire la

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renza degli interessi dei deputati, tra cui il Registro che raccoglie gli interessi dei parlamentari.

All’inizio di ogni legislatura, i parlamentari hanno l’obbligo di dichiarare, attra-verso il Registro, se svolgono altre professioni per società pubbliche o private, se hanno ottenuto sponsorizzazioni da privati durante la campagna elettorale, se hanno ricevuto doni o vantaggi economici di un certo valore economico (per consuetudine superiore a 1.000 sterline), se sono titolari di pacchetti azionari, obbligazioni o altri investimenti, se posseggono beni immobili sul suolo naziona-le o all’estero. Con la pubblicazione del Registro, quindi, i deputati e i Lord (dal 1996) hanno l’obbligo di informare, per iscritto, i segretari generali della rispetti-va Camera d’appartenenza riguardo gli interessi di cui sono portatori, direttamen-te o indirettamendirettamen-te.

Oltre al Registro per i parlamentari, tra il 1984 e il 1985, la Camera dei Comuni ha istituito altri tre registri: uno per gli all-party groups (gli intergruppi parla-mentari), uno per gli assistenti e i collaboratori dei parlamentari e, infine, uno per i giornalisti parlamentari.

Nel 1996 è stato introdotto un vero e proprio Codice di condotta che stabilisce delle norme a cui i parlamentari devono sottostare. Questi ultimi hanno il dovere di esercitare il loro mandato nell’esclusivo interesse della nazione e del collegio in cui sono stati eletti; si fanno portatori di interessi generali e, in virtù di ciò, ri-solvono eventuali conflitti tra questi e quelli privati, facendo sempre prevalere l’interesse della nazione. Nel Codice di condotta viene, inoltre, ribadito il divieto per i parlamentari di percepire pagamenti per sostenere o opporsi a mozioni, di-segni di legge, provvedimenti.

Come sottolineato in precedenza, in Gran Bretagna il legislatore non percepisce i gruppi di pressione come estranei al Parlamento. Proprio per questo è sufficiente una regolamentazione minimale che ha come unico obiettivo quello di assicurare

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la trasparenza del processo decisionale, più dal punto di vista interno (i parlamen-tari) che da quello esterno (i lobbisti)122.

3.2.1 Il Registro degli intergruppi parlamentari

Come accennato nel paragrafo precedente, esiste un ulteriore Registro il cui sco-po è quello di garantire la trasparenza delle attività svolte dai parlamentari, ovve-ro il Registovve-ro dei cosiddetti all-party govve-roups.

Questi intergruppi parlamentari sono formati da membri di differenti schieramen-ti polischieramen-tici e da soggetschieramen-ti estranei alle Camere che sono, però, unischieramen-ti da un comune obiettivo o da una posizione da sostenere condivisa (subject groups) o da un inte-resse o una passione in comune verso un Paese estero (country groups).

È facile comprendere, quindi, come tali intergruppi siano diventati lo strumento fondamentale per la rappresentanza degli interessi da parte delle lobby. Esse, in-fatti, possono in questo modo raggruppare parlamentari facenti parte di diversi partiti politici con lo scopo di sostenere il proprio interesse.

L’introduzione del Registro degli intergruppi parlamentari risale già al dicembre del 1985. Ogni all-party group ha l’obbligo di indicare il proprio obiettivo, i re-sponsabili, i componenti e la loro attività principale, le regole utilizzate per la vo-tazione interna e, ovviamente, ogni tipo di aiuto economico o materiale fornito da soggetti esterni al Parlamento. Ciò serve, comprensibilmente, per rendere traspa-rente ogni supporto fornito da parte di gruppi di pressione, società, aziende, mo-vimenti.

Gli intergruppi, essendo interni al Parlamento, godono di diversi strumenti per mettere in luce il proprio interesse. Possono, ad esempio, attivarsi per richiedere l’iscrizione all’ordine del giorno di interrogazioni e interpellanze, in modo da portare all’attenzione dei deputati, e soprattutto dell’opinione pubblica, l’interesse che supportano. In questo modo, inoltre, riescono anche ad incedere sull’agenda dei lavori del governo123.

122Ivi, pp. da 161 a 163. 123 Ivi, pp. da 163 a 165.

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