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PRODUTTIVO COMMERCIALE NELLA VENETIA COSTIERA : UN PROFILO STORICO , POLITICO , ECONOMICO E SOCIALE

2.1.4 S INTESI D ‟ INSIEME

Un sottile fil rouge lega, dunque, i membri della gens Avillia attivi a Delo già nella seconda metà del II secolo a.C. e quelli che almeno a partire dal tardo I secolo a.C. si insediano nell‟Italia nord-occidentale, ad Augusta Praetoria e successivamente ad Industria, e riguarda le modalità di diffusione del culto isiaco nelle regioni italiche settentrionali. In possesso di un punto di partenza (Delo) e di uno d‟arrivo (Industria), la documentazione epigrafica dal canto suo ci permette di cogliere, pur su un piano indiziario, anche le tappe intermedie di tale direttrice di penetrazione del culto, individuabili rispettivamente nella città di Praeneste e di Patavium.

Alcuni cippi iscritti provenienti dal sepolcreto della Colombella e, ancor più, la probabile integrazione Av[illius] di un‟iscrizione prenestina relativa ad opera connesse al tempio di

Fortuna Primigenia permettono di ascrivere la gens al milieu aristocratico locale, nel cui

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CIL V, 2799 vd. pp. 1073, 1095 = CIL I2, 2171 vd. pp. 1089, 1091, 1092 = ILS 2992 = Pais 593 = InscrAq 9 = ILLRP 195 vd. p. 321 = IEA 24 = AE 1985, 452; ILS 2993.

200 Vd. Verzár Bass 1998, pp. 207-211.

201 Verzár Bass 1998, pp. 210-211, dove si delinea un essenziale quadro dei rapporti dei Gavii e dei Marii con Fortuna e Praenaeste. Per quanto riguarda la gens Avillia a Verona, varrà la pena segnalare la duplice attestazione femminile in CIL V, 3366: P(ublius) Fannius M(arci) f(ilius) / prim(us) pil(us) leg(ionis) VI /

praef(ectus) equit(um) IIIIvir i(ure) d(icundo) / Annia P(ubli) f(ilia) Avillia(!) uxo[r] e in CIL V, 3508: Avillia / ((mulieris)) l(iberta) / There.

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novero rientravano famiglie che svolgevano attività commerciali e finanziarie nel centro mercatoriale di Delo (come gli Anicii, i Magulnii e i Saufeii) e che, arricchitesi con i proventi degli affari svolti sull‟isola, dovevano aver svolto un ruolo finanziario di primo piano nella monumentalizzazione del complesso santuariale, risalente alle ultime decadi del II secolo a.C.

Ma dovette essere proprio la frequentazione delle regioni egee a favorire ben presto anche una graduale ridefinizione dei caratteri distintivi della divinità alla quale era intitolato il tempio prenestino, dal momento che già a partire dal tardo III secolo a.C. la titolare del Santuario viene identificata come Fortuna Primigenia (mutuata dalla Tyche Protogheneia greca, già oggetto di sincretismo con l‟egiziana Iside), testimoniata da una dedica promossa da Orcevia, moglie di Numerius, il cui nomen, per quanto simplex, non apparirà irrilevante, trattandosi di una delle gentes protagoniste della vita politica prenestina di età tardo- repubblicana, la quale svolse in più di un‟occasione incarichi amministrativi (censura e

pretura).

Se dalle poche ma significative attestazioni delie è possibile accertare una diretta connessione della gens Avillia con il culto isiaco (o meglio almeno di Decimus Avillius, già destinatario di specifici onori da parte di un gruppo melanefori e tra i finanziatori del teatro eretto nel santuario della dea Syria) non sembrerà dunque casuale la connessione con gli

opera nel santuario prenestino da intedersi non solo come volontà di promozione della

propria immagine di fronte alla comunità locale ma anche come ulteriore forma devozionale (la lacunosità e il formulario dell‟epigrafe non chiariscono le modalità dell‟intervento, anche se non è da escludersi aprioristicamente un diretto impegno economico). Non meno casuale potrà risultare inoltre il fatto che pur a distanza di un secolo, o poco più, proprio tale devozione dei membri della gens Avillia si manifesti in una delle principali sedi del culto in Italia settentrionale, quale era il centro santuariale di

Industria. Se tale presenza nel centro transpadano si inserisce pienamente nel solco di una

continuità religiosa, il più generale insediamento nell‟Italia settentrionale si inquadrerebbe all‟interno dello scenario economico post-mitridatico (e post-delio) con la necessità di sondare nuovi mercati emergenti e di sviluppare nuove attività, che troverebbe indiretta conferma proprio nei quasi totali silenzi sulla gens dell‟epigrafia egea. Sintesi ideale del nuovo successo è rappresentata dall‟opera monumentale fatta erigere da Caius Avillius

Caimus in una vallata nei pressi di Augusta Pretoria, la cui volontà evergetica si confonde

inequivocabilmente con l‟utilità personale dell‟opera, dal momento che il manufatto, munito di apposite condutture, era mezzo necessario al rifornimento di acqua per l‟estrazione di rame, stagno e piombo dai metalla della zona. Tale attività doveva essere

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presumibilmente gestita da Caius Avillius Caimus, dietro il quale non sarà azzardato identificarne un publicanus coadiuvato nelle funzioni da un gruppo di schiavi e liberti, puntualmente attestati per via epigrafica in alcuni centri limitrofi in un orizzonte cronologico quasi coincidente (Augusta Praetoria ed Eporedia). Nel tentativo di definire tempi e modalità di insediamento nella Cisalpina, particolare valore acquisisce nell‟occasione la volontà di esprimere la propria origo, dato che il documento epigrafico non restituisce solitamente con altissima frequenza, accreditandone inequivocabilmente una provenienza da Patavium, dove la gens figura già rientrare tra la locale élite (Caius Avilius e Caius Avilius Vindex, rispettivamente praefectus decurio e praefectus iure dicundo). Lo stesso agro patavino ha inoltre restituito una cospicua quantità di bolli laterizi con il nome di diversi individui (Cnaeus Avillius; Avillia Paeta, figlia di Manius; Caius Avilius Pudens), a testimonianza di una diffusa attività produttiva, forse non estranea al successo politico acquisito (difficile stabilire allo stato attuale quanto come non semplice è definire un reale rapporto tra le attestazioni bollate e gli Avillii dell‟aristocrazia patavina). Una vocazione commerciale della gens si rileverebbe nelle pur precarie informazioni desumibili da una laminetta plumbea concordiese che, stante la validità della restituzione proposta, potrebbe certificare una partita di gausapae, tessuto che a Patavium vi era una specializzazione produttiva.

Pur non possedendo alcun elemento anche indiziario che possa confermare una connessione nella Venetia tra la gens Avillia e le religioni orientali, taluni manifestazioni più o meno eloquenti del sincretismo Fortuna/Iside e la non rara presenza di oggetti a soggetto isiaco ascrivibili già al I secolo a.C., quali ad esempio una gemma da Altino, una testa di sacerdote egiziano in basalto da Aquileia202, sono testimonianze significative di un‟attiva presenza del culto, la cui penetrazione, certamente legata alle frequentazioni delle località portuali, dovrà presumibilmente ricollegarsi anche al background religioso delle gentes centro-italiche (conprendendo tra queste anche gli Avillii), che scelsero i più rinomati centri dell‟Italia settentrionale (almeno Padova ed Altino), quali nuovi luoghi di residenza.

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2.2 CARMINII

2.2.1 ORIGINE E DIFFUSIONE DEL GENTILIZIO

Sull‟origine della gens Carminia la critica si è generalmente divisa tra i sostenitori di una derivazione etrusca del gentilizio e coloro che ne hanno invece individuato con un certo grado di verosimiglianza l‟esito di trasformazioni linguistiche di un nome venetico203

. Se dunque la linguistica non contribuisce ad una decisiva soluzione della questione, la distribuzione e la cronologia delle attestazioni nel mondo romano sembrerebbero propendere per l‟Italia nord-orientale. In tale comprensorio, la gens è conosciuta in almeno ventitré iscrizioni, cifra che supera decisamente i cinque documenti provenienti dalle restanti regiones italiche (dalle quali sono però escluse Roma e Ostia) e che acquista ancora più rilevanza se rapportata al totale delle iscrizioni latine note nel mondo romano, circa una sessantina di documenti204. mentre più rilevante la provenienza aquileiese di quella che, estendendo l‟analisi anche alle altre tipologie di fonti, risulta essere la più antica testimonianza nel mondo romano.

Non dirimente si rivela il dato topografico, dal momento che il termine Carmignano, da più studiosi additato quale possibile esito del gentilizio Carminius, risulta essere noto nella zona di Firenze, nel Leccese e nel Padovano205.

Oltre alla X Regio, i centri con maggior concentrazione nel territorio italico risultano Ostia e Roma, che contano rispettivamente nove e sette attestazioni. Anche in questo caso non si sono prese in considerazioni le iscrizioni dei fasti, le uniche peraltro a menzionare direttamente il ramo familiare dei Carminii Veteres, che rivestì il consolato tra l‟età claudia e Caracalla.

203 A favore di un‟origine etrusca del nome si è espresso Schulze 1966, p. 174, che individua in carna il termine originario di derivazione; al contrario, più propenso a rilevarne la latinizzazione di un nome venetico è Untermann 1961, I, pp. 39, 109-110, 151, 176; che riconosce pur problematicamente in

Karanmnos (dal nominativo Kara.n.mn.s e dal dativo Kara.n.mnii.oi, attestati in due iscrizioni provenienti

rispettivamente da Este e Padova) il termine dal quale avrebbe avuto esito il gentilizio. Lo status

quaestionis è ripreso da Pellegrini, Prosdocimi 1967, I, pp. 109, 131; II, pp. 112-113. Le due tesi hanno

per lo più diviso anche gli storici dei decenni successivi, che tendono tuttavia a preferire l‟ipotesi centro- italica, vd. Càssola 1977, pp. 79-80; Càssola 1991, p. 29 e Chiabà 2003a, p. 92. Sia Càssola sia Chiabà ricordano che già Untermann rilevava una non perfetta continuità nel passaggio dal venetico Karamnos al latino Carminius, aspettandosi piuttosto *Caraminius.

204 I conteggi non tengono conto né dell‟instrumentum né delle attestazioni consolari, desunte da fasti o da usi eponimi.

205 Il collegamento con la toscana Carmignano (Firenze) è messo in evidenza da Schulze 1966, p. 270. Tuttavia, se il toponimo può rivelarsi una preziosa fonte informativa, anche se non certa, circa l‟esistenza di fundi appartenenti alla gens, non sembra qui attendibile per la statuizione dell‟origine del gentilizio, dal momento che il dato è privo di profondità temporale e potrebbe riferirsi anche alla piena età imperiale.

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Al di fuori dell‟Italia, ridotte presenze sono attestate in diverse province (Germania

Superior, Hispania Citerior, Lusitania, Noricum, Numidia, Pannonia Superior, Tripolitania). Un discorso a sé stante riguarda i numerosi Carminii presenti nell‟epigrafia

dell‟Asia Minore, in particolare ad Afrodisia e nella frigia Attouda, dove a partire dal II secolo d.C. diversi esponenti maschili e femminili della gens ricoprono incarichi consolari.