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INTIMATE PARTNER VIOLENCE, CYBERBULLISMO E PERDONO: SIMPOSIO IN ONORE E RICORDO DI ANNA COSTANZA BALDRY

Nel documento BOOK OF ABSTRACTS (pagine 31-34)

Proponente: Stefano Pagliaro; Discussant: Camillo Regalia Aula Portico, Giovedi’ 12 Settembre ore 17.00-19.00

Il simposio ha l’obiettivo di ricordare e onorare la memoria di Anna Costanza Baldry, collega e amica prematuramente scomparsa lo scorso marzo. A questo scopo, il simposio ambisce a presentare alcuni recenti sviluppi sui temi di ricerca che hanno caratterizzato la vita scientifica e professionale di Anna: il cyberbullismo, l’Intimate Partner Violence, il perdono. Nel primo contributo, Sorrentino e Baldry indagano l’efficacia del programma Tabby Improved per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo. Cinquegrana e Baldry affrontano poi il tema della Situational Risk Recognition in riferimento alla violenza interpersonale, proponendo spunti di riflessione sulla prevenzione primaria del fenomeno. Paolini e colleghi analizzano le reazioni dei bystander ai casi non prototipici di violenza domestica, vale a dire quelli agiti all’interno di coppie omosessuali. Crapolicchio e Regalia indagano successivamente l’effetto di alcune variabili – il grado di dipendenza relazionale dal partner, il perdono accordatogli e i sentimenti di speranza di cambiamento – sulla decisione di una donna vittima di violenza di rischiare di riconciliarsi con il partner violento. Infine, De Piccoli e Martini presentano una ricerca che indaga la giustificazione alla violenza di genere, guardando al ruolo mediatore dell’accettazione dei miti dello stupro nella relazione tra giustificazione del sistema ed efficacia del bystander. I lavori presentati coniugano la

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ricerca di base con le sue applicazioni ai contesti di vita reale, testimoniando la vivacità della comunità scientifica italiana in riferimento ai temi della violenza domestica, del cyberbullismo e del perdono, tanto cari ad Anna Costanza Baldry.

La valutazione dell’efficacia del programma Tabby Improved per la prevenzione e contrasto del cyberbullismo

Anna Sorrentino1 & Anna Costanza Baldry1

1Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

Il cyberbullismo è un fenomeno, la cui diffusione coinvolge studenti di tutte le età e di tutto il mondo (Baldry, Blaya, & Farrington, 2018; Gaffney, Farrington, Espelage, & Ttofi, 2018; Tanrikulu, 2018; Baldry, Farrington & Sorrentino, 2016, 2015). Numerose, appaiono essere le conseguenze negative associate al coinvolgimento di bambini ed adolescenti in tale fenomeno (Gaffney, Farrington, Espelage, & Ttofi, 2018; Tanrikulu, 2018; Waasdorp, & Bradshaw, 2015, Sourander et al., 2010). Diversi programmi di prevenzione sono stati sviluppati, tuttavia, solo un numero limitato di essi è stato valutato rispetto all’efficacia nella prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo (Mishna et al., 2009). L’obiettivo del presente lavoro è indagare l’efficacia del programma Tabby Improved per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo. Esso è il primo programma di prevenzione e contrasto del cyberbullismo sviluppato combinando la teoria dei sistemi ecologici (Bronfenbrenner, 1977, 1979) e il metodo della valutazione della minaccia (Borum, Fein, Vossekuil, & Berglund, 1999; Fein & Vossekuil, 1999, 1998; Fein, Vossekuil, & Holden, 1995). Per valutare l’efficacia del programma Tabby Improved, è stato adottato un disegno di ricerca sperimentale che ha coinvolto 759 studenti (10–17 anni) assegnati in maniera casuale ad una delle condizioni previste dallo studio (sperimentale vs controllo). I risulti mostrano una significativa diminuzione degli incidenti di cyberbullismo tra gli studenti del gruppo

sperimentale, a distanza di sei mesi. In particolare, il programma appare essere maggiormente efficace per i ragazzi. I risultati sono discussi in termini di strategie di prevenzione ed intervento. Situational Risk Recognition e Intimate Partner Violence

Vincenza Cinquegrana1 & Anna Costanza Baldry1

1Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

La "Situational Risk Recognition" è la capacità di riconoscere sufficientemente i segnali di pericolo (ad es. nelle interazioni sociali) al fine di provvedere alla propria sicurezza personale (Bockers et al., 2014). Numerosi studi hanno rivelato deficit della Situational Risk Recognition in vittime di violenza sessuale (Wilson et al., 1999) ma poco è noto circa la violenza interpersonale (Witte & Kendra, 2009). L’obiettivo di questo studio è stato quello di analizzare retrospettivamente se le vittime di abusi psicologici nelle precedenti relazioni avrebbero mostrato un maggiore deficit nel riconoscere i comportamenti violenti comparate a quelle che non hanno subìto abusi. Il secondo obiettivo è stato quello di determinare quali fattori, all’interno di un approccio ecologico,

avrebbero spiegato la scarsa capacità di riconoscere taluni comportamenti come abusivi. Duecentotrentadue studentesse hanno letto una serie di scenari che riproducevano dei

comportamenti violenti (psicologici) che possono accadere nelle relazioni e hanno fatto ripetuti giudizi a riguardo. I risultati hanno suggerito che le studentesse con una precedente storia di violenze psicologiche hanno mostrato un maggiore deficit nel riconoscere tali comportamenti rispetto alle studentesse senza precedenti di violenze e che le precedenti violenze psicologiche subite, gli atteggiamenti supportivi alla violenza interpersonale e le credenze stereotipate su cosa sia la violenza domestica, sono stati i maggiori predittori di una scarsa capacità nel riconoscere i

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comportamenti abusivi. In termini di prevenzione primaria, i ricercatori dovrebbero focalizzarsi sull’abilità di riconoscimento dei primi segnali violenti per lo più psicologici all’interno delle relazioni di coppia che potrebbero anticipare forme di abuso più gravi.

La violenza domestica nelle coppie omosessuali: Antecedenti delle intenzioni di aiuto dei bystander eterosessuali e omosessuali

Daniele Paolini1, Stefano Pagliaro2, & Maria Giuseppina Pacilli3 1 “Sapienza” Università di Roma

2Università degli Studi di Chieti-Pescara 3Università degli Studi di Perugia

La violenza domestica (VD) rappresenta un fenomeno che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo. Sebbene possa verificarsi in qualsiasi tipo di relazione, i ricercatori hanno

prevalentemente focalizzato la loro attenzione sulla VD esercitata dall’uomo sulla donna. Ancora poco indagata risulta la VD all’interno di coppie omosessuali. La ricerca intende studiare,

attraverso due studi sperimentali, l’influenza delle valutazioni morali e dell’attribuzione di

responsabilità sulle intenzioni degli individui ad aiutare la vittima di VD in una coppia omosessuale. I partecipanti eterosessuali (studio 1) e omosessuali (studio 2) hanno letto un articolo fittizio in cui una vittima di VD, un uomo-gay descritto come femminile vs. maschile (studio 1) e un uomo-gay o una donna-lesbica (studio 2) ammetteva o no una presunta infedeltà all’aggressore.

Successivamente, hanno valutato moralità, competenza e socievolezza della vittima e dichiarato la misura in cui la ritenevano responsabile dell’accaduto. Infine, i partecipanti hanno espresso la loro disponibilità a fornire aiuto e sostegno alla vittima. Indipendentemente dalla stereotipizzazione di genere e dall’orientamento sessuale, quando la vittima ammetteva il tradimento veniva valutata come meno morale e più responsabile dell'episodio. Queste valutazioni hanno poi determinato una minore disponibilità a fornire aiuto alla vittima stessa. I risultati contribuiscono a una

maggiore comprensione del fenomeno della VD all’interno delle coppie omosessuali e forniscono indicazioni per interventi specifici.

Contrastare la violenza di genere: ricerca e intervento psicosociale per non restare nell’oblio

Norma De Piccoli1 & Mara Martini1 1Università di Torino

Partendo dalla premessa che, per contrastare sia atteggiamenti sessisti, sia comportamenti violenti è necessario modificare una cultura che legittima o sottovaluta le diverse forme di violenza agite ai danni delle donne, la ricerca che verrà presentata intende indagare la

giustificazione alla violenza di genere. Seguirà una breve riflessione sull’efficacia, e necessità, di percorsi formativi.

Lo studio ipotizza che l’accettazione dei miti dello stupro possa essere predetta dalla

giustificazione del sistema riferita al genere che, a sua volta, condiziona il livello di efficacia del bystander. I partecipanti sono stati 3986 studenti dell’Università e del Politecnico di Torino, che hanno compilato un questionario somministrato on-line. Sono state applicate le seguenti analisi: t-test, correlazioni, regressione gerarchica multipla, un modello di equazioni strutturali sia

sull’intero campione, sia specifico per uomini e donne. I dati dimostrano che l’accettazione dei miti dello stupro media la relazione tra giustificazione del sistema ed efficacia del bystander, e questa si presenta differentemente per uomini e donne.

Ai commenti ai risultati seguirà una riflessione volta a sottolineare la necessità di sviluppare studi che mettano a confronto le differenze tra uomini e donne e l'utilità che essi possono avere anche

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Questa riflessione verrà integrata da altri dati, che mostrano eventuali differenze tra diverse categorie sociali (studenti/esse e personale tecnico/amministrativo dell’Università e operai di una ditta privata) circa la valutazione di cosa è/non è violenza sessuale. Focus specifico verrà dedicato inoltre a rilevare eventuali differenze di genere.

Il ruolo della dipendenza relazionale, del perdono e della speranza sull’intenzione di tornare con un partner maltrattante

Eleonora Crapolicchio1 & Camillo Regalia2 1Università di Modena e Reggio Emilia

2Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Il rischio di rivittimizzazione nei casi di violenza domestica è elevato. Uno dei più importanti predittori di reiterazione della violenza è la riconciliazione con il partner. L’obiettivo di questo studio era esaminare se e in che misura alcune variabili quali il grado di dipendenza relazionale dal partner, il perdono accordato al partner e i sentimenti di speranza di cambiamento del partner, potessero spiegare la decisione per la donna di rischiare di riconciliarsi con il partner, dopo un tentativo di separazione. Lo studio è stato condotto con un campione di 62 donne vittime di violenza domestica contattate tramite ospedale o centri antiviolenza in diverse parti dell’Italia. Ad ogni donna è stato somministrato un questionario che comprendeva le variabili di interesse dello studio. Dall’analisi dei risultati è emerso che la dipendenza relazionale era indirettamente associata a intenzioni più elevate di tornare insieme al partner attraverso la dimensione positiva del perdono - ossia la dimensione di benevolenza - e la speranza di un cambiamento del partner. La dimensione positiva del perdono (benevolenza) in questa specifica fase relazionale, potrebbe rappresentare una fase del ciclo della violenza, durante la quale la speranza di un cambiamento nell’uomo, insieme alla convinzione che “abbia imparato la lezione”, possono sviluppare e aumentare la probabilità di riconciliazione. Questi risultati hanno delle implicazioni notevoli sia a livello teorico che pratico, poiché evidenziano alcuni fattori di rischio associati ad un

comportamento potenzialmente pericoloso ma frequente tra le donne vittime di violenza domestica, ovvero la disponibilità a dare all’ex-partner un’altra possibilità.

Nel documento BOOK OF ABSTRACTS (pagine 31-34)