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Introduzione: il 'problema del gerundio'

Nel documento con i bambini della scuola primaria (pagine 6-10)

0. Introduzione: il 'problema del gerundio' il 'problema del gerundio'

Avvicinandomi all'argomento "il gerundio italiano", non pensavo che mi sarei presto scontrata con un tema non proprio facile da trattare. Le ragioni di questa difficoltà sono legate innanzitutto alla natura stessa del gerundio, oggetto tanto semplice dal punto di vista formale quanto complicato funzionalmente e semanticamente. Un articolo di Anna Antonini (1974) si intitola emblematicamente Il problema del gerundio. Per l'autrice, il gerundio costituirebbe un fenomeno problematico in virtù della frammentarietà ed eterogeneità con cui viene trattato nella tradizione descrittiva della grammatica italiana, fatto che ho puntualmente riscontrato nella mia ricerca. Da un certo punto di vista, questa problematicità potrebbe essere interpretata in modo positivo, come incentivo per la ricerca.

In questo capitolo cercherò di offrire una panoramica il più completa possibile, anche se breve, sull'argomento, cercando di rispondere alla domanda: perchè il gerundio rappresenta un problema?

0.1 La bibliografia 0.1 La bibliografia

Il primo "problema" in cui mi sono imbattuta è la bibliografia. Allo stato della mia ricerca, constato che la bibliografia sul gerundio italiano non è ampia.

Noto che l'interesse per l'oggetto in questione è andato crescendo dagli anni Sessanta in poi, arrivando ad un culmine negli anni Novanta, quando la bibliografia si è significativamente arricchita inglobando i risultati più recenti di nuovi approcci di ricerca, grazie all'apporto di studiosi che hanno trattato l'argomento sotto punti di vista 'inediti'. Confrontando la definizione di gerundio data dalle grammatiche, dalle enciclopedie e dai dizionari della lingua italiana nell'ultimo secolo e mezzo, si può constatare che essa è stata poco a poco, ma significativamente, arricchita da osservazioni sulla sintassi, sulla semantica e sull'aspetto del verbo. Grande fervore a questo proposito si nota negli ultimi anni Ottanta del secolo scorso, quando videro la luce, nell'arco di brevissimo tempo, tre opere sistematiche di fondamentale importanza per la descrizione della lingua italiana. Mi riferisco alle grammatiche di Serianni, Renzi, Salvi e Cardinaletti, e di Schwarze, di cui avrò modo di parlare in seguito.

Dagli anni Settanta in poi si è registrato altresì un notevole crescendo di interesse nei confronti delle perifrasi gerundive (stare, andare / venire + gerundio), fenomeno che ricalca l'uso sempre più frequente (in particolar modo della perifrasi con stare) a tutti i livelli della lingua, scritta e orale. Gli studi di Bertinetto degli anni Ottanta e Novanta, in particolare, sviscerano a fondo le caratteristiche di questo fenomeno linguistico, a proposito del quale Gunver Skytte, nel 1991, lamentava la

sommarietà e superficialità delle descrizioni con cui il gerundio veniva trattato nelle grammatiche.

Un approccio del tutto nuovo alla materia si trova nei contributi di Ferreri (1983; 1988) e Solarino (1992; 1996): gli studi delle due autrici indagano, con titoli peraltro ironicamente emblematici, gli "aspetti" e i "tempi" del gerundio, partendo dalla considerazione della straordinaria polifunzionalità di questa forma verbale.

0.2 Contraddizioni 0.2 Contraddizioni

All'uso che del gerundio viene fatto nell'italiano contemporaneo accennano, en passant, due studi che, a mio parere, fanno affermazioni essenzialmente diverse.

Il primo è l'articolo Altre metodologie per la sintassi: tipi di gerundio e tipi di participio, in cui Policarpi e Rombi (1983) sostengono che la tendenza, nella storia evolutiva del gerundio, è quella di seguire una “curva decrescente” di frequenza di utilizzazione. Dall'italiano antico a quello moderno, dai registri alti e formali a quelli medi e informali, la contrazione riguarderebbe non solo la frequenza d'uso, ma anche la varietà semantico-sintattica: mentre l'italiano antico e quello letterario di registro alto presentano un'ampia gamma di valori semantico-sintattici, in quello medio e più vicino al parlato sono rappresentate poche o pochissime varianti, soprattutto nella forma grammaticalizzata della perifrasi con stare. Il gerundio emerge da questa descrizione come «una struttura in declino, sia a livello di uso sia per l'ampiezza delle potenzialità grammaticali e semantiche, avviata a un processo di grammaticalizzazione» (ivi, p. 317).

Tutt'altro leggo in Fra iconicità e paraipotassi: il gerundio nell'italiano contemporaneo, articolo in cui Rosaria Solarino espone l'argomento dell'iconicità sintattica e della polifunzionalità temporale del gerundio semplice, che quattro anni più tardi troverà ampia trattazione nella sua monografia I tempi possibili. Nell'introdurre l'oggetto di studio, l'autrice auspica che la sua analisi possa non solo gettar luce su un ambito ancora poco esplorato, ma anche rendere conto del sorprendente incremento dell'uso del gerundio nell'italiano contemporaneo e nelle varietà di acquisizione e della parallela crisi attraversata dal gerundio composto, forma ormai limitata a pochi contesti di lingua scritta e formale.

Dunque: il gerundio è una forma in declino oppure no? Sta subendo una contrazione o un incremento delle sue potenzialità? A complicare ulteriormente il panorama contribuisce la divergenza di opinioni che, a proposito dell'uso del gerundio nella lingua scritta, Michele Cortelazzo nota in due tipi diversi di testi: i manuali di scrittura chiara, da una parte, e il manuale di Federica Scarpa (2001) sulla traduzione specializzata, dall'altra.

Nei primi, soprattutto in quelli dedicati alla scrittura amministrativa, si suggerisce di evitare il

gerundio, laddove la plurivalenza semantica del gerundio rischi di generare ambiguità. Cortelazzo (2002, p. 88) a questo riguardo cita "l'aureo suggerimento" di Giovanni Nencioni:

Quando è opportuno sostituire al gerundio, che è un modo verbale con più funzioni implicite, quindi indefinito, un modo finito, esplicitando una di quelle funzioni? Quando – si può rispondere – sia opportuno eliminare l’ambiguità semantica insita nella plurivalenza del gerundio. “Tornando, troverai i vecchi amici” può significare “Quando tornerai…” (valenza temporale) oppure “Se tornerai…” (ipotetica); “Prenotando, sei sicuro di partire” può risolversi in “Se prenoti…” (ipotetica) o “Col prenotare…” (strumentale); “Ricusando di parlare a tua discolpa, ti condanni da te stesso” può significare “Se ricusi…” (ipotetica) oppure “Poiché ricusi…” (causale). In una promessa, in un contratto, in una testimonianza, in un interrogatorio la disambiguazione del gerundio può rendersi necessaria: ben diversa è infatti la portata pratica di un gerundio ipotetico da quella di un gerundio temporale o causale.

Di diverso avviso è invece Scarpa (2001, p. 40) che, in un testo dedicato a La traduzione specializzata. Lingue speciali e mediazione linguistica , in controtendenza rispetto ai manuali di redazione dei testi originali, promuove l’uso del gerundio per la «sua neutralità temporale», la «sua capacità di allungare l’estensione dei periodi», la possibilità di evitare «l’uso di pesanti costrutti nominali o di una secondaria esplicita». Quello che secondo Cortelazzo è un bene (utilizzare le più perspicue secondarie esplicite), in questo manuale viene visto come un difetto.

Il 'problema del gerundio' dunque si complica. Che la problematicità sia una sua caratteristica lo dimostra il fatto che faccia parlare di sè anche sul web, quasi fosse una rockstar dalla vita spericolata. L'articolo che inaugura la rubrica che la versione online della Gazzetta di Parma dedica alla lingua italiana si intitola infatti Gerundio: istruzioni per l'uso. Lo scritto, a mio parere, è a suo modo significativo, essendo il documento più recente in cui mi sono imbattuta nella ricerca sul gerundio. Il 1° luglio 2014 il giornalista, Tristano De Chicchis, esordisce così:

Diciamolo: è goffo. Appesantisce le frasi. Spesso si fa largo con una certa prepotenza nel periodo e toglie ritmo alle parole che lo circondano. Lettrici e lettori, ogni riferimento al gerundio è puramente voluto. Così amato da qualche sublime poeta (come Leopardi: «Ma sedendo e mirando…»), così odiato dai giornalisti, il gerundio sa dividere come pochi altri modi verbali.

Nel seguito dell’articolo, de Chicchis porta argomenti più solidi, oggettivi, fondati sulla grammatica del gerundio: le proposizioni al gerundio oscurano il nesso logico che si intende instaurare con la frase reggente, risultando spesso ambigue; inoltre, spesso si incontrano frasi nelle quali l’individuazione del soggetto del gerundio è problematica, in genere a causa di un debole dominio, da parte dello scrivente, delle regole che presiedono alla costruzione delle frasi implicite.

De Chicchis riporta, ad esempio, questa frase: «Allenandosi poco, l’allenatore non fa giocare il centravanti». Chi è che si allena poco? Nelle intenzioni del produttore del messaggio, il fatto di allenarsi poco va attribuito al giocatore; ma, per come è stata costruita la frase, la scarsa voglia di allenarsi non può che essere attribuita all’allenatore, circostanza che è evidentemente impossibile

dal punto di vista nozionale. Riporto un altro esempio tratto da un testo burocratico e citato da Cortelazzo in Gerundio a doppio taglio («Guida agli Enti Locali», 6 luglio 2002, p. 88): «Le modalità per l’assunzione a contratto sono definite dalle singole amministrazioni prevedendo comunque che il trattamento economico degli interessati non può essere inferiore a quello tabellare delle qualifiche di riferimento né superiore a quello in godimento del personale». Chi prevede come dev’essere il trattamento economico degli interessati? Le amministrazioni o le modalità? Dal punto di vista sostanziale cambia poco, ma il problema resta.

A fronte di questi punti deboli del gerundio, il giornalista cita un "merito indiscutibile": la sua duttilità. È grazie ad essa che, come ricorda con velata ironia De Chicchis, il gerundio abbonda nelle versioni dal latino degli studenti liceali: esso viene utilizzato per rendere proposizioni latine di cui non si capisce bene il valore (modale, temporale, causale, ipotetico?). Che lo studente liceale abbia compreso o no il significato di ciò che ha tradotto, in questo caso emblematico risulta chiaro che il gerundio viene utilizzato allo scopo non solo di contenere gli eventuali errori di interpretazione, ma anche di costruire frasi eleganti e sintetiche, il che, tornando al già citato manuale di Scarpa, è uno dei motivi per cui il gerundio si rivela spesso un utile strumento.

Se l'ambiguità del gerundio può essere giudicata problematica in contesti in cui dovrebbe essere prediletta la chiarezza, dal momento che «non rende visibile il soggetto della frase, costruisce frasi dense, complesse e con troppe informazioni, non rende esplicito il tipo di collegamento che c'è tra la frase al gerundio e la frase che la regge» (Cortelazzo 2002, p. 88), essa, vista dalla prospettiva della ricchezza di funzioni e di possibilità semantiche, può essere considerata stimolante per la ricerca.

Giunti a questo punto, e prima di imbastire una ricerca sulla comprensione che hanno gli studenti di questo modo verbale, ritengo importante riportare sinteticamente le informazioni che sul gerundio si trovano nelle opere di consultazione (dizionari e vocabolari enciclopedici, grammatiche) e in saggi specifici, al fine di avere una visione a tutto tondo della forma verbale in questione dal punto di vista della linguistica sincronica. Sarà utile poi accennare brevemente alla storia evolutiva del gerundio, dal latino, all'italiano antico, all'italiano moderno e contemporaneo: conoscere le potenzialità del gerundio in fasi precedenti della lingua può essere d'aiuto nel comprendere la portata della sua funzionalità nel momento attuale.

Nel documento con i bambini della scuola primaria (pagine 6-10)