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Le pronunce della Suprema Corte di Cassazione in materia di atti impugnabili.

3.1. INTRODUZIONE DEL TEMA

La delimitazione dei confini della giurisdizione tributaria nonché gli atti autonomamente impugnabili hanno sempre costituito questione tutt'altro che pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza.

A fronte di un quadro già problematico di suo, negli ultimi anni la situazione si è resa più gravosa, in termini di incertezza per il contribuente sugli atti da impugnare, vuoi a causa degli interventi legislativi sulla normativa già in vigore, che per essere stati condotti in maniera frammentata hanno finito per creare problemi di coordinamento e di coerenza del sistema, vuoi perché, conseguentemente, si sono susseguite svariate pronunce dei giudici di legittimità che per ridare coerenza al sistema stesso, ovvero per supplire all'inerzia del legislatore, hanno interpretato l'art. 19 del D.Lgs. n. 546/92, in materia di atti impugnabili, in maniera estensiva ed analogica.

Ciò, perché a parere dei giudici di piazza Cavour, l'ampliamento della giurisdizione, fino ai confini estremi della materia, sicuramente se non fa parlare oggi di esclusività della giurisdizione tributaria, sicuramente fa ritenere corretta una qualificazione della stessa in termini di generalità. Al riguardo, le Sezioni Unite della Cassazione hanno spesso richiamato la lettera dell'art. 2 del D. Lgs. n. 546/92, come novellato dall'art. 12, comma secondo, della Legge n. 448/2001, per sancire che la giurisdizione tributaria è divenuta una

giurisdizione a carattere generale, competente ogni volta che si controverta su uno specifico rapporto tributario o su sanzioni inflitte da uffici tributari97. I giudici, inoltre, hanno chiarito che restano al di

fuori di tale giurisdizione solo quelle controversie in cui non è direttamente coinvolto un rapporto tributario, ma viene impugnato un atto di carattere generale98 99 o si chiede il rimborso di una

somma indebitamente versata a titolo di tributo e di cui l'amministrazione riconosce pacificamente la spettanza al contribuente100101.

97 Vedi Cassazione, SS. UU., sentenza n. 7804 del 12 gennaio 2006. In questa pronuncia si parla di esclusività della giurisdizione delle Commissioni tributarie, ma in senso tecnico, rilevando che la giurisprudenza della corte ha puntualizzato che già nella disciplina risultante dall'art. 1 del DPR 636 del 72, ed ora dall'art. 2 del D. Lgs. n. 546 del 92 (ancor più nel testo sostituito dall'art. 12, comma secondo, della Legge n. 448 del 2001 ed integrato dalla Legge n. 248/2005), la tutela giurisdizionale dei contribuenti è affidata in esclusiva alla giurisdizione delle commissioni tributarie, concepita comprensiva di ogni questione afferente l'esistenza e la consistenza dell'obbligazione tributaria.

98 Vedi Corte di Cassazione sent. 16776/72005. A proposito tra i primi commenti resi circa la portata di tale sentenza è stato rilevato che l'impostazione della suprema corte conduce la giurisdizione delle commissioni tributarie perfettamente a ridosso di una giurisdizione esclusiva vera e propria, in quanto i confini all'interno dei quali la controversia rientra nella giurisdizione delle commissioni, vale a dire la nozione di rapporto di imposta, risulta estremamente lata se non generica. S. Muscarà Riv. Dir. Trib. n. 2006, II, pag. 32 ss..

99 Si ricorda, che ai sensi dell'art. 7, comma quinto, ultimo periodo, D. Lgs. n. 546/92 è ammessa la possibilità, per il giudice speciale tributario, di conoscere incidentalmente dei medesimi, ed in caso di disporne la disapplicazione.

Circa la possibilità di disapplicare incidenter tantum gli atti amministrativi generali, Corte di Cassazione, sentenza n. 6265/2006.

100 Vedi Cassazione, SS. UU., sent. 10725/2002; n. 11403/2001.

101 Per quanto concerne l'individuazione della giurisdizione in tema di tutela del diritto al rimborso si segnalano due pronunce delle sezioni unite della cassazione nelle quali il collegio ha precisato che il contribuente può rivolgersi al giudice ordinario o ottenere il rimborso di somme indebitamente versate a titolo di tributo, solo allorquando l'amministrazione finanziaria abbia già riconosciuto formalmente relativo diritto senza, però, aver provveduto ad effettuare materialmente il rimborso, o addirittura solo allorché difetti qualsiasi contestazione sulla sussistenza del debito. cfr corte di cassazione ss. uu. ordinanza numero 14332/2005 e

Pur tuttavia, a tale estensione della giurisdizione delle commissioni tributaria (c.d. limiti esterni) non è susseguito un allargamento dei c.d. limiti interni della stessa, limiti, che sono sanciti, come sappiamo, dall'art. 19, D.Lgs. n. 546/92.

Naturalmente, è facilmente intuibile come una estensione così generalizzata della giurisdizione tributaria sia entrata in frizione con l'elenco degli atti impugnabili che prevede una predeterminazione normativa degli atti suscettibili di instaurare un contenzioso.

Ed invero, l'assegnazione alle commissioni tributarie di una serie di prelievi (canoni, tariffe, ecc.) i cui procedimenti di attuazione sono disciplinati in maniera differente rispetto a quelli originariamente assunti a riferimento dal legislatore, ha imposto agli operatori del diritto - al fine di non favorire delle lacune e quindi dei vuoti di tutela - di tollerare una certa elasticità nell'interpretazione delle elencazione degli atti impugnabili e quindi di ammettere una interpretazione fortemente estensiva spingendosi fino a “rendere” evanescente e sbiadita qualsiasi assimilazione dell'atto, di volta in volta, ritenuto impugnabile ad uno di quelli tipicamente elencati nell'art. 19.

Ciononostante, si deve notare che il mantenimento della predeterminazione normativa degli atti impugnabili, costituisce la

condizione minima onde possa riconoscersi la caratteristica di processo impugnatorio al processo tributario ed invero ove vi fosse la totale libertà di ricorrere avverso qualsiasi atto verrebbe meno l'unica giustificazione di un tale sistema e, conseguentemente, verrebbe meno la limitazione delle occasioni di tutela a quelle in cui sussista un grado di incertezza del diritto particolarmente qualificato. Negli ultimi anni si sono susseguite svariate sentenze del Supremo Collegio con le quali è stata affermata la autonoma impugnabilità di atti non espressamente elencati ma definiti anche avvisi bonari di pagamento adottati in materia di Tarsu o di Tosap, ovvero in materia di contributi Consortili od anche in materia di accise o dazi doganali, nonché pronunce che hanno sancito l’impugnabilità delle fatture emesse dal gestore del servizio della TIA ed, infine, l’impugnabilità del preavviso di fermo.

Nelle occasioni in cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sugli avvisi di pagamento, ha stabilito che in queste comunicazioni bonarie sono presenti tutti quegli elementi per poter qualificare gli stessi come un avviso di accertamento o di liquidazione del tributo e, pertanto, debbano ritenersi immediatamente impugnabili.

Proprio in materia di impugnazione di un invito/avviso di pagamento, gli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione si sono alternati. Vi è da notare, che in altre sentenze, gli stessi giudici di piazza

Cavour, ritenendo tassativo l'elenco degli atti impugnabili contenuto nell'art. 19 hanno escluso la possibilità di ricomprendervi anche l'invito bonario al pagamento, ritenendolo non incisivo della sfera privata del contribuente, incisa soltanto con l'adozione di un provvedimento concretamente impositivo.

Altre significative pronunce sono state rese dalla Corte di Cassazione. In esse è stata riconosciuta la possibilità di impugnare una fattura con la quale l'ente gestore del servizio raccolta rifiuti richiede quanto dovuto a titolo di TIA (tariffa di igiene ambientale) che, come sappiamo, ha sostituito la Tarsu.

Un’altra significativa pronuncia in argomento può, senz'altro, essere individuata nella sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte n. 16776/2005 con la quale i giudici hanno ventilato il superamento tout court dell'art. 19 nella parte in cui prescrive un elenco tassativo di atti impugnabili.

Infine, un'altra interessante motivazione si rinviene nella sentenza n. 21045/2007 con la quale la Sezione Tributaria del Supremo Consesso ha elaborato la novella categoria degli atti facoltativamente impugnabili, atti cioè che consentono al contribuente di adire la commissione tributaria senza dover attendere l'emanazione di un atto tipico (nel quale dovrà essere, comunque, reiterata la pretesa),

ma che se non impugnati non cristallizzano i loro effetti e, pertanto, non sono suscettibili di divenire definitivi.

Nei paragrafi seguenti verranno esaminati gli arresti della Corte di cassazione sopra menzionati, nonchè le pronunce più significative in argomento.

3.2 Le sentenze che hanno ritenuto impugnabili gli