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Dove, invece, la dottrina non è d’accordo con la giurisprudenza è sul contenuto della motivazione degli avvisi di accertamento di tutte le

altre imposte. In particolare, l’appunto principale che viene mosso ai

giudici è quello di approfittare di una certa (innegabile) vischiosità

terminologica in tema di prove. Ed infatti, la pressoché totalità degli

autori non nega che gli « elementi di fatto », i « supporti argomentativi

» o i « fatti della realtà », ecc., di cui sopra siano elementi probatori

(v. quanto poc’anzi affermato con riferimento all’IVA); nondimeno,

essi evidenziano come, in realtà, i giudici, operino una perniciosa

confusione tra l’indicazione (nel senso di enunciazione) degli elementi

di prova e la verifica degli stessi, in tal modo precludendosi

(volutamente) la possibilità di analizzare a fondo la questione e di

capire che mentre il primo aspetto è parte essenziale della motivazione

dell’atto, siccome necessario ad assolvere le più volte citate funzioni

della stessa, il secondo (esso sì) è destinato ad essere effettuato

soltanto nella successiva (e, conviene sempre sottolinearlo, eventuale)

fase contenziosa

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Così F.GALLO, Motivazione e prova nell’accertamento tributario: l’evoluzione del pensiero della Corte, cit., 1092, per il quale « non vi è alcun dubbio al riguardo che la norma, nel riferirsi separatamente agli elementi probatori ed ai presupposti che danno fondamento alla rettifica, indica due fattori distinti, ma ambedue necessari ad identificare il contenuto della rettifica ». Ancora, secondo l’autore « l’indicazione degli elementi probatori comporta normalmente anche l’indicazione dei mezzi di prova intesi come mezzi istruttori e, cioè, come strumenti utilizzati per l’acquisizione della prova (ad esempio, la verifica fiscale, l’accesso, l’ispezione, il questionario, eccetera) ».

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Ed infatti, cfr., ex multis, C., 02.11.1992, n. 11879; C., 14.09.1991, n. 9599, nonché gli altri e numerosi riferimenti offerti da G. VANZ, Osservazioni critiche

sull’orientamento della Cassazione in tema di motivazione e prova dell’accertamento tributario, cit., 762.

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In questi termini A. VOGLINO, Lineamenti « definitivi » dell’obbligo di motivazione degli atti tributari, cit., 11. Tuttavia, tale appunto è presente oramai da diverso tempo negli scritti attinenti all’argomento. Già R.LUPI, Motivazione e prova nell’accertamento tributario con particolare riguardo alle imposte dirette e all’IVA, cit., 291, affermava che « la linea distintiva tra motivazione e prova […] può esprimersi nella formula secondo cui la motivazione descrive una serie di

argomentazioni », identificando « circostanze specifiche », mentre « la prova le dimostra » e che, quindi, « l’iter logico giuridico non deve […] essere inteso come » un mero elenco « degli atti e delle norme di cui l’ufficio ha preso visione, bensì come il ragionamento costituente il supporto argomentativo-giustificativo dell’accertamento, che spiega la ragione della rettifica con una serie di passaggi logici tra loro concatenati ». Il tempo, poi, ha corretto, integrato e raffinato questo genere di considerazioni. Ad oggi, una delle ricostruzioni più approfondite è quella di F.GALLO, Motivazione e prova nell’accertamento tributario: l’evoluzione del pensiero della Corte, cit., 1096, il quale scompone la nozione di prova « in prova quale elemento giustificativo della pretesa (e, quindi, attinente alla motivazione) e prova quale elemento dimostrativo della stessa (e, quindi, attinente al processo) ». Nel compiere una simile operazione, l’autore si rifà alla distinzione che la processualistica italiana opera tra la « prova quale elemento di conoscenza e giustificazione [e la] prova quale elemento di controllo », distinzione che, a sua volta, riprende quella, tipica dei sistemi di common law, tra evidence e proof. Dove « evidence è il mezzo di prova, ovverosia ogni elemento di natura documentale o logica che può essere impiegato, appunto, per la conoscenza del fatto o per la giustificazione della ricostruzione fattuale operata dall’autore dell’atto. E simmetricamente la proof è il risultato che deriva dall’acquisizione dei mezzi di prova nel processo e dalla loro valutazione da parte del giudice. Come proof la prova è sinonimo di dimostrazione e, più esattamente, di dimostrazione raggiunta che porta il giudice a ritenere attendibile l’enunciato fattuale sostenuto da uno dei contraddittori. La proof è, in altri termini, la dimostrazione del fatto che il giudice raggiunge sulla base dell’evidence e rappresenta, quindi, l’elemento di conferma e di controllo della versione fattuale offerta da una delle parti ». Pertanto, ritiene l’autore « è indubbio […] che l’evidence – in quanto elemento necessario di conoscenza e di giustificazione delle determinazioni assunte dall’ufficio – appart[enga] pienamente all’area della motivazione. Ne costituisce anzi un tassello e un passaggio necessario di cui l’ufficio deve dare in ogni caso atto nella ricostruzione che degli enunciati di fatto esso fornisce in contrapposizione a quella offerta dal contribuente ». Su questa polisemia del termine prova e sulla necessità di capire e distinguere tra le sue diverse accezioni si soffermano anche F.NICCOLINI,R.LUPI, Accertamento di un maggior reddito “per relationem” e nullità dell’atto per carenza di motivazione, cit., 165, che stigmatizzano il « persevera[re] nell’errore di confondere gli elementi che rilevano ai fini di una idonea e sufficiente motivazione […] con quelli che invece costituiscono la prova del fondamento dell’atto e della pretesa ivi contenuta »; S.SICCARDI, La motivazione dell’accertamento tributario tra illustrazione della pretesa fiscale e prova della sua fondatezza, cit., 895, per cui « una cosa è […] spiegare esaurientemente i motivi che hanno determinato l’accertamento, in capo ad un soggetto, di un certo obbligo tributario, mentre decisamente diverso è dimostrane la fondatezza in giudizio »; L. FERLAZZO NATOLI, P. MONTESANO, Motivazione e prova: elementi necessari per giustificare la pretesa tributaria, in Rivista di diritto tributario, 2002, 746, i quali sottolineano la necessità che nell’atto impositivo siano evidenziati « almeno un minimo di elementi probatori legittimanti la pretesa » (formula, per il vero, un po’ anodina), perché se è vero che la fondatezza della prova « dev’essere stabilita dal giudice in sede contenziosa » è « altrettanto corretto affermare […] che non può essere completamente ignorata la rilevanza giuridica

Ma le obiezioni non finiscono qui. Si fa altresì notare che