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dai principi generali) 363 ; la nuova deliberazione – si dice – « è

sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto ».

Agisce così, ad es., la già citata sentenza del tribunale di Verona,

22.07.1993, che se da un lato ribadisce il divieto in questione,

dall’altro rammenta, appunto, che per « escludere che possa essere

pronunciato l’annullamento di una delibera assembleare illegittima » è

sufficiente che « la delibera viziata sia integralmente sostituita con

altra che elimini e rimuova completamente il vizio »

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(in questo

senso, si può pensare ad una deliberazione che espliciti, integri,

modifichi, perfezioni, ecc., la motivazione della deliberazione

sostituita).

Orbene, come già traspare da queste prime righe, la caratteristica

essenziale di questo fenomeno giuridico è data dal fatto che l’efficacia

della deliberazione sostitutiva è (normalmente) ex tunc (del resto, non

avrebbe avuto alcun senso prevedere espressamente il potere per

l’assemblea di riemanare una sua deliberazione viziata con effetti ex

nunc, dal momento che tale potere sarebbe stato comunque ricavabile

dai principi generali)

363

; la nuova deliberazione – si dice – « è

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T. Verona, 22.07.1993, cit., 319. Sul punto, v. anche T. Cassino, 01.06.1990, cit. 379, secondo cui « non è idonea a sanare una deliberazione di riduzione del capitale sociale […], invalida per la mancata indicazione dei motivi della riduzione, l’integrazione apportata al verbale da un soggetto delegato dall’assemblea ad esporre le ragioni giustificative della riduzione, essendo all’uopo necessaria la sostituzione della deliberazione invalida con altra presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo ». In dottrina cfr., fra gli altri, S.A.VILLATA, Impugnazione di delibere assembleari e cosa giudicata, cit., 405, per il quale se è vero che « la facoltà di integrazione dei fatti costituivi non è consentita nel giudizio di impugnazione delle deliberazioni assembleari » è, però, altrettanto vero che « l’art. 2377, VIII comma, consente di sostituire la deliberazione impugnata con una conforme alla legge o allo statuto, [nuova deliberazione che] eventualmente potrà dare origine ad un nuovo processo ». Ad esempio, continua l’autore, « non [sarà] consentito, nel giudizio di impugnazione di una deliberazione di aumento del capitale con esclusione del diritto di opzione [art. 2441 c.c.], dare una giustificazione (supponiamo inizialmente non esplicitata) di tale scelta. La società potrà al massimo emanare un nuovo deliberato che dia conto della motivazione in principio omessa ».

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In questo senso v. C., 30.10.1970, n. 2263, cit., 1727, che ricorda come « la retroattività della deliberazione sostitutiva di precedente deliberazione impugnata [sia] un effetto previsto dalla legge ». E per vero, continua la sentenza, l’art. 2377, co. 8, c.c., « stabilendo che, una volta che viene adottata la nuova deliberazione, l’annullamento di quella sostituita è precluso, dà modo all’organo societario di stabilirne liberamente gli effetti nel tempo, sino alla completa retroattività »; sul punto, cfr. anche le considerazioni svolte a margine di detta pronunzia da C. GIANNATTASIO, Il problema della sinteticità od analiticità del verbale assembleare in una complessa vicenda di impugnazione di deliberazione sociale, 1734. Più in

generale, v. anche F.FERRARA jr., F.CORSI, Gli imprenditori e le società, 576;F. TERRUSI, L’invalidità delle delibere assembleari della spa, cit., 210; G. F.

CAMPOBASSO, Diritto delle società, cit., 349; S.SANZO, Commento all’art. 2377 c.c., in Codice commentato delle nuove società di capitali, cooperative, consorzi, reati societari, a cura di G. Bonfante [et al.], Assago, Ipsoa, 2004, 617, S.GISOLFI, La sostituzione delle delibere invalide ed altre questioni in tema di società, cit., 1311. Nonostante la giurisprudenza e la dottrina si interroghino da tempo sulla natura della sostituzione delle deliberazioni assembleari, la questione rimane controversa. Da ultimo, M.P.FERRARI, Invalidità delle delibere assembleari per vizi di convocazione, cit., 1011, ricorda come siano tre le tesi in campo, le quali riconducono detto fenomeno ora alla convalida, ora alla ratifica ed ora alla rinnovazione. Attualmente, si ritiene che la sostituzione delle deliberazioni assembleari vada riferita al fenomeno della rinnovazione negoziale (F. BELLINI, Sintetiche note su annullabilità e nullità delle deliberazioni assembleari, cit., 293). Nondimeno, quella in parola sembra essere più che altro un’opinione tralatizia, tant’è che gli studi più approfonditi sull’argomento hanno messo in luce la fallacia di tutt’e tre le tesi ed hanno affermato, al contrario, che poiché « il termine sostituzione non è riconducibile ad un preciso significato tecnico-giuridico », è decisamente meglio pensare alla sostituzione come categoria a se stante, tipica soltanto del diritto societario (sembra propendere per questa tesi S.GISOLFI, op. cit., 1315, nonché P. REVIGLIONO, La sostituzione delle deliberazioni (e decisioni) invalide nelle società di capitali, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2005, 915, per il quale sarebbe molto più corretto chiamare la seconda deliberazione non con l’aggettivo « sostitutiva », bensì con la locuzione utilizzata dall’art. 2479-ter c.c., relativo alla sostituzione delle deliberazioni invalide delle s.r.l., vale a dire « nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità »). Quanto, poi, alla ratio della norma in parola, si è concordi nel pensare che essa sia dettata dal bisogno di « garantire il massimo grado di stabilità delle delibere »; cfr. S.SANZO, op. cit., 618; S.GISOLFI, op. cit., 1312 che evidenzia proprio come la « conservazione ed il potenziamento della dimensione economica dell’impresa e delle connesse esigenze imprenditoriali » passino dalla stabilità delle decisioni della maggioranza assembleare (sul punto v. anche l’art. 4, co. 7, lett. b) della l. 03.10.2001, n. 366 (delega al governo per la riforma del diritto societario) che chiede, appunto, di « disciplinare i vizi delle deliberazioni in modo da contemperare le esigenze di tutela dei soci e quelle di funzionalità e certezza della attività sociale »). Da ultimo, giova soffermarsi brevemente sulla possibilità di sostituire le deliberazione nulle, dal momento che, per quello che dovrebbe comportare, ossia la stabilizzazione degli effetti di un atto che per definizione non dovrebbe produrne alcuno, essa non sembra accordarsi con i canoni che reggono la disciplina della nullità. Non è possibile, ovviamente, dar conto in questa sede del dibattito apertosi sul punto. Tuttavia, si ritiene opportuno riportare l’opinione di chi – come P. REVIGLIONO, op. cit., cit. (ma, similmente, G. PIAZZA, L’impugnativa delle delibere nel nuovo diritto societario: prime riflessioni di un civilista, in Corriere giuridico, 2003, 969 e S. A. VILLATA, Impugnazione di delibere assembleari e cosa giudicata, cit., 258) – pragmaticamente afferma che « alla luce della disciplina concretamente adottata dal legislatore [societario]» si deve ritenere che « l’azione volta a far valere il vizio invalidativo, tanto nell’ipotesi di

destinata a saldarsi con quella precedente, a consolidare i rapporti e le