3. LA CASTANICOLTURA NEL TARDO MEDIOEVO: IL CASO DELLE TRE VALL
3.2 La presenza del castagno
3.2.1 Inventari
Tra le varie tipologie di documenti che ci sono pervenuti, a prima vista quella che sembrerebbe meglio in grado di evidenziare la diffusione della castanicoltura nel medioevo delle Tre Valli è quella degli inventari. Purtroppo, però, questi sono relativamente rari rispetto ad altre tipologie. Il primo documento disponibile è piuttosto antico, risale al 1210 e si tratta, in realtà, di un elenco dei fitti spettanti alla chiesa di S. Eusebio di Iragna. Tuttavia benché riportati in denari, sono tutti garantiti da diversi fondi, 95 per l’esattezza. Su questi non si fa riferimento a castagni, solo a una poma (melo) e a una cireixa (ciliegio). Fanno, però, la loro comparsa 9
silve264. La stessa chiesa nel 1256 decide di fare un inventario che elenchi i beni di sua proprietà dati in locazione. Su 23 appezzamenti, appena 1 in Piota Valle è a selva, assegnato ad un tale Çobiani di Molare, in alta Leventina265. Certo non molto, ma di sicuro interesse l’attinenza del locatario, indice forse di un’importanza della castanicoltura già affermata per gli abitanti della medio-alta Leventina sulla fascia montana tra Personico e Lodrino. Nel 1270 l’inventario viene aggiornato. Ecco, allora che le selve sono 6. Gli altri appezzamenti tra prati, campi e vigne sono 41 in tutto, punteggiati qua e là da almeno una decina di castagni sparsi. La solita selva in Piota
Valle è ancora data a un vicino dell’alta Leventina, questa volta di Rossura. Una altra fetta di
beni, includente i castagni sparsi e tre selve, invece, è data agli eredi di Domenico, oriundo di Iragna266.
Figura 7 Ripartizione in percentuale degli appezzamenti secondo la tipologia nell'inventario della chiesa di S. Eusebio di Iragna (1270) 264 MDT, Riviera, 2. 265 MDT, Riviera, 5. 266 MDT, Riviera, 9. Campo 22% Prato 52% Vigna 7% Campo-Prato 4% Selva 13% Prato con castagni 2%
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Tabella 7 Quantità di appezzamenti per tipologia nell'inventario dei beni della Chiesa di S. Eusebio di Iragna (1270)
Campo Prato Vigna Campo-
Prato Selva Prato con castagni Prato con noci 10 24 3 2 6 1 1
Nel 1318 padre Michael è chiamato a deposizione giurata. Nell’elenco dei beni che l’ospedale della chiesa S. Maria di Pollegio possiede sul monte Citt a circa 800 msm, sopra Iragna, si contano 5 selve e almeno una decina di alberi sparsi, il tutto completato da 3 prati e 2 prati-campo267. Un anno più tardi, una non più giovanissima donna di Grumo (Chironico), tale Ghisla Bernardi, vede formalizzato da notaio il vitalizio che il figlio dovrà garantirle per gli anni a venire: oltre a mezzo granaio e una stalla qualche soldo e un vestito ogni tre anni, quali derrate di base le vengono assegnate 20 staia di biada268 di segale e 1 staio di orzo. Se non dovesse bastare potrà comunque contare anche su una vacca, una capra e un campo, mentre se vorrà togliersi lo sfizio di qualche castagna o dilettarsi nella preparazione di qualche focaccia, non le resterà che procurarsi la materia prima in tempo d’autunno, recandosi all’unica rossera269
che il figlio le ha lasciato in località Foisc.270
Ma torniamo indietro di qualche decennio per poterci questa volta addentrare in Valle di Blenio. Nel 1259 Martino Codora, vicino di Olivone (alta Valle di Blenio), si reca a Semione (bassa Valle di Blenio). Fa stimare i suoi beni che ivi possiede, tra case, sedimi, stalle e 13 pezze coltive, è inclusa pure una selva. Potrà così garantire alla moglie Isabella una dote di 20 lire più un dono di 5271. Per non essere da meno di Martino e della chiesa di Iragna, l’8 dicembre 1273, Girelda di Campo (alta Valle di Blenio), si reca a Largario per fare l’inventario dei suoi beni. Costerà 15 soldi, una pochezza per chi può vantare diversi crediti e un mantello di pelliccia. Può anche concedersi un po’ di tranquillità, i suoi animali (due vacche, un vitello, due capre, un capretto, metà di due buoi, un altro bue, 8 pecore e un maiale) sono custodite da fattori. Non resta allora che elencare i propri appezzamenti, in tutto 7 nella media valle di Blenio, con 4 castagni in tutto. Evidentemente Girelda non ama particolarmente le castagne e benché a inizio dicembre se ne possano trovare di fresche o secche, nelle sue dispense, preferisce tenere solo 11 moggia di biada e 9 staia di fave272. Nel 1392 a Malvaglia, Giovanni, non ancora emancipato rimane orfano di padre e madre. Guglielmo, sagrestano del paese,
267 MDT, Leventina, 106.
268 Una quantità corrispondente a circa 355 litri di tale bene (1 staio di Leventina = 16,9 litri). 269 Varietà locale di castagno.
270 MDT, Leventina, 110. 271 MDT, Blenio, 161.
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assieme a Vivenzio, procede alla designazione dei beni che il giovane orfano acquisisce dalla madre. Due prati-selva a Cregua, ai quali si aggiungono altri 5 fondi273. Nel 1419, infine, viene stilato un inventario dei beni immobili della cappella patronale dei SS. Protasio e Gervasio a Prosito (Lodrino), nel quale si annoverano 1 edifcio, 5 campi, 3 prati, 2 campi-prato e 4 selve274. Sulla base di questi inventari si possono fare alcune osservazioni, benché molto parziali.
In primis dal XIII secolo la castanicoltura sembrerebbe confermarsi una risorsa economica già
abbastanza affermata. Se la bibliografia attesta di mercati nei quali si scambiava farina di castagne a Bellinzona e Locarno intorno al 1200275, i documenti studiati testimonierebbero che nelle Tre Valli le selve erano già ben produttive nel XIII secolo, tanto da poter essere poste a garanzia di diversi fitti e in sette inventari su undici sono presenti riferimenti espliciti a castagni o selve. Tuttavia gli stessi inventari attestano una posizione della castanicoltura apparentemente subordinata (almeno nella quantità degli appezzamenti) a quella della campicoltura da cereali, in un contesto economico caratterizzato da sistemi poli-colturali. Dal punto di vista alimentare si può fare affidamento solo su, un paio di riferimenti, quello di Ghisla e quello di Girelda, che sembrerebbero confermare quanto fatto intuire dalla ricorrenza delle tipologie dei fondi, benché il ceto sociale potrebbe condizionare in maniera sensibile le abitudini e gli stili di vita nelle comunità medievali in questione. Ultima considerazione possibile che appare di un certo interesse è quella che riguarda le proprietà o i diritti di locazione su beni castanicoli. Alla luce delle proprietà che gli abitanti di alta Leventina e Blenio avevano almeno dal XIII secolo su selve e alberi nelle basse valli e in Riviera, si potrebbe supporre una certa importanza delle castagne per la fornitura di carboidrati alle comunità delle contrade meno favorite per quel che riguarda la cerealicoltura.