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ASPETTI TEORIC

1.1. Sul concetto di Internazionalizzazione della produzione

1.1.3. Comportamenti d’impresa per internazionalizzare l’attività produttiva

1.1.3.1. Gli Investimenti Diretti Esteri (IDE)

Gli IDE sono considerati la principale modalità competitiva per la realizzazione dei processi di internazionalizzazione della produzione d’impresa per due ragioni principali. In primis l’impresa che intende perseguire uno sviluppo a livello internazionale dev’essere in possesso dei vantaggi monopolistici (fattori che le consentano uno sfruttamento più efficiente di fattori naturali o di politiche locali di supporto all’industria). In secondo luogo perché l’impresa sopperisca all’imperfezione dei mercati nei quali essa intende operare (Casson, 1982).

Nell’ambito dell’attività economica internazionale, ogni qualvolta l’entità di un investimento sia sufficiente a dare controllo e interesse a lungo termine nella società costituita o acquisita all’estero, si configura un IDE. In generale:

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“Foreign direct investment reflects the objective of obtaining lasting interest by a resident entity in one economy (“direct investor”) in an entity resident in an economy other than that of the investor (“direct investment enterprise”). The lasting interest implies the existence of a long-term ralationship between the direct investor and the enterprise and a significant degree of influence on the management of the enterprise. Direct investment involves both the initial transaction between two entities and all subsequent capital transactions between them and among affiliated enterprises, both incorporated and unincorporated” (OECD, 1996).

In base alla definizione ufficiale dell’OECD (1996), il concetto di IDE viene delineato in maniera piuttosto generica in quanto allude alla persistenza di una relazione di lungo termine tra l’investitore e l’impresa estera quale condizione necessaria perché un investimento internazionale possa esser considerato IDE, ma non spiega come effettivamente tale relazione si possa concretizzare. In altri termini, questa definizione elude totalmente una delle questioni centrali in materia di IDE e di conseguenza di internazionalizzazione della produzione – controversia, peraltro, già introdotta dalla letteratura di settore circa trent’anni prima (Hymer, 1960) ed ancora oggi oggetto di dibattito (tra gli altri, Lipsey, 2001, Markusen e Maskus, 2002) - ovvero il problema relativo alla definizione del concetto del “controllo” proprietario/azionario, cioè della percentuale di capitale di rischio necessaria per assicurare il controllo dell’impresa estera da parte di un’altra impresa. Benché sia stato chiarito il modo in cui la percentuale di controllo di un’impresa oltre confine possa essere acquisita - nella fattispecie, via fusioni o acquisizioni (Mergers and Acquisitions, M&A) di un’impresa esistente nel paese di destinazione, oppure attraverso IDE

37 di tipo greenfield, cioè mediante la costituzione ex novo di una unità economica del tutto priva di capacità produttiva preesistente - resta ancora ad oggi aperto il dibattito relativo alla percentuale effettiva che un imprenditore deve possedere perché questo possa acquisire il controllo dell’impresa estera10

. Così definiti risulta, pertanto, impossibile collocare gli IDE in una tipologia “tipica”. Tuttavia, la letteratura economica ha tentato di collocare in un modello tipico la fattispecie IDE, suddividendoli in quattro differenti tipologie in base alle loro finalità, con l’intento di sintetizzarne la diversificazione nelle cause e negli effetti (Dunning, 1993a):

1. IDE di tipo Resource-seeking: attraverso questa tipologia di investimento l’impresa tenta di procurarsi l’accesso a risorse che nel proprio mercato domestico non sono disponibili o, qualora lo fossero, sono reperibili ad un prezzo decisamente più svantaggioso rispetto a quello praticato sul mercato locale del paese di destinazione dell’investimento. A loro volta gli IDE di tipo resource-seeking si dividono in tre sottocategorie:

1.A. Natural resources-seeking: le risorse che l’impresa ricerca sono classificate come risorse fisiche. Le motivazioni alla base di questa categoria di investimento consistono nell’assicurarsi una fonte di risorse necessaria per la produzione o comunque funzionale alla minimizzazione dei costi: le imprese che solitamente implementano

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Su questo argomento si tornerà con maggior dettaglio nel Capitolo 2, Parag. 2.4. quando, con riferimento al caso italiano in Romania, verranno affrontate le problematiche relative alla misurazione statistica dell’internazionalizzazione della produzione. Per il momento basti sapere che la statistica ufficiale ha sviluppato

soltanto in anni recenti una metodologia ad hoc per la rilevazione dell’attività delle

affiliate estere. A questo riguardo si veda: Eurostat (2007b), “Recommendations Manual on the Production of Foreign Affiliates Statistics (FATS)”.

38 questo tipo di investimento sono soggetti che lavorano raw materials o che operano nel settore manifatturiero.

1.B. Labour resources-seeking: in questo caso, le risorse ricercate dall’investitore concernono la forza lavoro, sia skilled che unskilled. Le imprese produttrici di beni che richiedono un processo labour intensive, possono trovare vantaggioso internazionalizzare parte delle proprie attività in paesi in cui sono disponibili ingenti masse di lavoratori

unskilled a basso costo. Questo tipo di investimento ha ragion d’essere

non solo nei casi in cui l’impresa richiede manodopera non qualificata, ma anche nei casi in cui esiste la necessità di avvalersi di personale altamente qualificato: esistono contesti locali in cui le risorse umane di alto profilo come ingegneri o tecnici avanzati sono disponibili a costi molto più contenuti rispetto a quelli esistenti nei paesi di prima industrializzazione. Ciò può giustificare l’internazionalizzazione di parte delle proprie attività (anche quelle ritenute più strategiche come la ricerca e sviluppo) al di fuori dei confini nazionali.

1.C. Intangible resources-seeking: oggetto di questo tipo di investimento sono capitali tecnologici o comunque intangibili; l’impresa attraverso l’investimento, mira a reperire soluzioni di alta tecnologia non disponibili sul proprio mercato interno. In quest’ottica si possono configurare operazioni come le cross-border acquisition: acquisizioni di impianti preesistenti dotati di un sistema tecnologico innovativo, attraverso le quali è possibile ottenere l’accesso a nuove tecnologie e quindi importarle nel proprio contesto locale.

In generale, all’interno degli IDE di tipo resource-seeking è individuabile un’ulteriore sotto-categoria: la ricerca di un buon livello di infrastrutture, intese sia fisicamente (rete stradale, ferrovie, telecomunicazioni, porti,

39 rete energetica, etc.) che in chiave istituzionale (servizi di contabilità, servizi legali, etc.). L’esistenza di buone infrastrutture fisiche è un incentivo importante per l’attivazione di canali di IDE, in quanto costituiscono un’importante determinante per i costi legati alla logistica. L’esistenza di uno scarso livello di infrastrutture rappresenta, invece, un fattore di disincentivo per gli IDE, anche se può paradossalmente rappresentare un incentivo per quei soggetti che possono supportare con il loro operato l’espansione ed il miglioramento della rete infrastrutturale. Altrettanto rilevanti sono le infrastrutture istituzionali: una scarsa qualità di quest’ultime genera un disincentivo per i potenziali IDE in entrata.

2. IDE Strategic asset-seeking: questa peculiare tipologia di IDE interessa imprese volte all’acquisizione di assets appartenenti ad imprese straniere per il perseguimento di obiettivi strategici di lungo periodo. Un simile obiettivo coincide di frequente con il mantenimento o l’avanzamento della posizione dell’impresa all’interno del ranking internazionale. L’esplicitazione di questo genere di IDE si manifesta attraverso l’ampliamento del portafoglio di una particolare tipologia di

asset dell’impresa con elementi provenienti da soggetti stranieri. Queste

acquisizioni non sono però finalizzate al raggiungimento di vantaggi di costo o di mercato; la finalità riguarda prima di tutto la posizione competitiva di una data impresa: gli assets acquisiti sono in grado di potenziare la posizione dell’intera impresa interessata all’investimento. Per esemplificare, l’acquisizione di un’impresa operante sullo stesso settore dell’investitore può rappresentare un modo per rafforzare la propria posizione nei confronti di un particolare competitor. Altri casi possono concernere l’acquisizione di un particolare network di supplier operanti in un dato paese. Infine un’impresa può acquisire un soggetto

40 straniero operante su un mercato complementare, in modo tale da offrire al cliente finale una più ampia gamma di prodotti e/o servizi. 3. IDE Efficiency-seeking: scopo di questo tipo di IDE è di razionalizzare la struttura ed il funzionamento di una data unità produttiva già operante nel proprio paese. In merito, Dunning (1993a) individua due particolari tipologie di efficiency-seeking IDE: il primo tipo di interventi riguarda Ide intrapresi in paesi con una struttura economica ed un livello salariale simile a quello del paese d’origine. L’obiettivo è la generazione di vantaggi derivanti dallo sfruttamento di economie di scala e di scopo, ottenibili attraverso la concentrazione geografica della produzione o attraverso la specializzazione del prodotto. Questa motivazione porterà le imprese a collocare i propri impianti produttivi laddove il costo operativo marginale è più basso e dove sia possibile catturare quei vantaggi che si creano dall’operare in network con altre imprese locali. Il secondo tipo è finalizzato a cogliere i vantaggi provenienti dalle differenze di costo e di disponibilità dei diversi fattori produttivi: per una produzione labour intensive, ad esempio, il costo del lavoro in un dato paese target sarà la determinante principale. Le produzioni maggiormente capital intensive non avranno bisogno di una grande mole di risorse umane a basso costo, ma piuttosto di un personale estremamente efficiente e produttivo.

4. IDE Market-seeking: in considerazione dell’attuale centralità in ambito economico di tematiche come la competitività internazionale delle imprese, queste ultime sono sempre più indirizzate alla ricerca di nuovi mercati in modo da consolidare o espandere la propria quota di mercato. L’attrattività di un dato mercato è funzione del proprio indice di crescita e delle proprie dimensioni: un trend di crescita più sostenuto agisce come calamita per gli IDE. Un altro importante fattore che rende

41 strategica la presenza su mercati stranieri è la possibilità che tale status conferisce all’impresa: essa, da tale posizione, è in grado di monitorare qualsiasi cambiamento avvenga sullo scenario globale, rendendo più facile e rapido l’aggiornamento della propria gamma di prodotti in funzione dei bisogni del mercato. E’ spesso importante modificare i propri beni o servizi in conformità con i bisogni e le preferenze locali; questa operazione è più facilmente perseguibile se l’impresa è presente in modo diretto sul mercato target. Oltre a ciò, essere dotati di una unità internazionalizzata consente di minimizzare gli svantaggi nei confronti delle imprese locali.