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Anche in questa ipotesi, però, si tratta di una fusione transnazio­ nale nel senso della Direttiva, dato che la Direttiva equipara a tutti

gli effetti la fusione propria alla fusione per incorporazione, a nulla ri­

levando che nella prima la società risultante dalla fusione verrà ad

esistenza soltanto a seguito dell’operazione, e quindi — prima della

fusione — non può ovviamente considerarsi « società di uno Stato

membro ». Al riguardo si fa anche presente che la definizione di scis- 111 112

fiscalmente riconosciuto degli stessi (art. 123, secondo comma, d.P.R. n. 917, citato). er le seconde al contrario, l’imputazione del disavanzo è irrilevante ai fini fiscali, e quindi non da luogo ad imposizione ma nemmeno incrementa il valore fiscalmente ri­ conosciuto dei beni (art. 2, primo comma, D.lgs. n. 544, citato). Sul punto vedi più dif­

fusamente infra. r

(111) ContraMa i s t o, The im plem entation, cit., p . 482.

(112) Sul punto, cfr. comunque quanto notato più diffusamente sub. 4 1 relati­ vamente ai regime delle scissioni transnazionali.

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sione, fornita tanto dalla Direttiva quanto dal D.lgs. n. 544, citato, espressamente prevede l’ipotesi di società beneficiarie di nuova costi­ tuzione, così confermando che una società costituita a seguito dell’o­ perazione può ben considerarsi « società di uno Stato Membro » ai fini del regime in oggetto.

Quindi l’ipotesi di fusione propria di cui sopra rientra nel campo di applicazione di questo regime purché la società risultante dalla fu­ sione soddisfi, una volta costituita, tutti i requisiti previsti dalla Di­ rettiva (113).

Prima di concludere sull’argomento trattato in questo paragrafo, si rileva che il D.lgs. n. 544, citato contiene delle imprecisioni riguar­ danti il campo di applicazione del regime delle fusioni transnazionali. In particolare, Part. 1 prevede l’applicazione delle disposizioni del de­ creto alle fusioni tra società « qualificate » italiane e società « qualifica­ te » residenti in un altro Paese membro (lett. a) ed alle fusioni tra più società « qualificate » non residenti con riguardo alle stabili organizza­ zioni in Italia oggetto delle operazioni stesse (lett. d), ma non anche con riguardo ai soci residenti in Italia delle società incorporate o fuse. In sostanza sembrerebbe che non rientri nel campo di applicazione del D.lgs. n. 544, citato, il caso di una fusione tra società non residenti nella quale i soci delle incorporate o fuse sono residenti dell’Italia. Ta­ li soci scambiano le loro partecipazioni in queste ultime società con le partecipazioni nella società incorporante o risultante dalla fusione. Non applicandosi il D.lgs. n. 544, citato, ed in specie il comma quinto dell’art. 2 (114), si potrebbe dubitare che il concambio non dia luogo a realizzo di plusvalori. In realtà, si ritiene che — pur in assenza di una norma espressa, come l’art. 2, comma quinto, citato — il concambio in occasione della fusione non dia comunque luogo ad imposizione, se­ condo i principi (115). 113 114 115

(113) Ma i s t o, The implementation, cit., p. 482, sembra ritenere che il requisito dell’appartenenza a Stati diversi vada rispettato, in un’ipotesi del genere, dalle società incorporate; mentre ritiene del tutto irrilevante la residenza e la forma giuridica della società di nuova costituzione. L’opinione qui espressa è invece che i requisiti soggetti­ vi, seppure ex post, devono comunque essere rispettati anche dalla società risultante dalla fusione.

(114) Questa norma prevede che: « Le operazioni di fusione ... non comportano realizzo di plusvalenze nè di minusvalenze sulle azioni o quote date in cambio, il cui valore viene assunto dalle azioni o quote ricevute... ».

(115) Si consideri che nemmeno l’art 123, d.P.R. n. 917, citato, prevede per le fusioni « domestiche » una previsione ad hoc come quella dell’art. 2 quinto comma, ci­ tato; eppure nessuno ha mai dubitato che il concambio possa costituire realizzo di plu­ svalenze o minusvalenze. Sul punto, cfr. Lu p i, Profili tributari, cit., p. 64. Considera­ zioni più approfondite saranno comunque formulate infra sub 3.5.

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Si tratta quindi di una imperfezione del testo legislativo che non produce reali effetti, a differenza di altre imprecisioni dello stesso ge­ nere che hanno ben altro rilievo, come si vedrà in seguito.

3.2. Il regime fiscale di una fusione con società incorporata in Ita­

lia. La neutralità come continuità dei valori in capo alla sta­ bile organizzazione post -pj fusione e la tassazione del trasferi­ mento di una stabile organizzazione all’estero.

Si comincia l’esame del regime fiscale italiano della fusione tran­ snazionale dal caso in cui l’Italia è lo Stato di residenza della società incorporata o fusa, cioè della società che, estinguendosi, trasferisce la titolarità del proprio patrimonio a favore di una società residente in un altro Stato membro.

Si suppone, per cominciare, che la società incorporata o fusa ita­ liana eserciti la propria attività d ’impresa interamente in Italia (116), e quindi la relativa azienda sia ivi localizzata.

In questo caso vale il principio — cardine della Direttiva, e cioè che la fusione non comporta il realizzo di plusvalenze o minusvalenze sui beni della società incorporata o fusa.

Questo principio, espresso dall’art. 4 della Direttiva (117), non viene formulato da alcuna esplicita previsione del D.lgs. n. 544, e ciò a differenza della disciplina delle fusioni (e scissioni) « domesti­ che » (118). L ’esistenza di un tale principio, oltre che ovviamente di- 116 117 118

(116) Si pensi all'ipotesi di una società residente in Italia che viene incorporata da una società che risiede in Francia. La società italiana esercita la propria attività produttiva interamente in Italia, e quindi non dispone di stabili organizzazioni all’e­ stero.

(117) Prevede questa norma in specie che: « La fusione o la scissione non com­

porta alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale

degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il loro valore fiscale. Si intende per: a)

« valore fiscale »: il valore che sarebbe stato preso in considerazione per il calcolo degli

utili o delle perdite ai fini della determinazione della base imponibile di un’imposta sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze della società conferente, se questi elementi d’at­ tivo o di passivo fossero stati venduti al momento della fusione o della scissione, ma

indipendentemente da tali operazioni; b) « elementi d’attivo e di passivo conferiti »: gli

elementi d attivo e di passivo della società conferente che, a seguito della fusione o del­ la scissione, sono effettivamente connessi alla stabile organizzazione della società bene­ ficiaria, situata nello Stato membro della società conferente e che concorrono alla for- mazione dei risultati presi in considerazione ai fini della determinazione della base im­ ponibile delle imposte ».

(118) In specie, tanto l’art. 128, al primo comma, con riguardo alle fusioni,

quanto 1 art. 123-bis, sempre al primo comma, con riguardo alle scissioni, esprimono il

principio di neutralità in termini chiari. La dottrina giustifica la mancata menzione di un simile disposto da parte del Dvlgs. n. 544 in termini di superfluità. Secondo Zizze,

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scendente dalla normativa comunitaria recepita, si ricava comunque anche dall’intera disciplina delle operazioni di riorganizzazione previ­ sta dal Decreto, nonché a contrariis dalla specifica norma di cui al comma settimo dell’art. 2, secondo cui si considerano realizzati al va­ lore normale i componenti dell’azienda oggetto dell’operazione di fu­ sione che non siano confluiti in seguito a tale operazione in una stabile organizzazione situata in Italia. Ed infatti, per effetto di tale norma, la condizione perchè la fusione non dia luogo in Italia al realizzo e conseguente imposizione delle plusvalenze sui beni dell’incorporata o fusa è che, a seguite della fusione, vi sia una stabile organizzazione in Italia della società incorporante (o risultante dalla fusione) non resi­ dente. Ove ciò non si verifichi, i plusvalori relativi ai beni non conflui­ ti nella stabile organizzazione ovvero da essa distolti dopo l’operazio­ ne si considereranno realizzati, e saranno quindi imponibili sulla base del loro valore normale (119).

Ciò perchè, per quanto notato più sopra, la neutralità dell’opera­ zione postula il vincolo della continuità dei valori fiscali dei beni pro­ venienti dall’incorporata o fusa, vincolo che in concreto impone il re­ quisito della stabile organizzazione. Relativamente al corollario della continuità dei valori, va rilevato che nella normativa italiana di rece- pimento questo è espresso dall’ultimo periodo dell’art. 2, comma se­ condo, del D.lgs. n. 544, citato, che recepisce il chiaro disposto del- l’art. 4, secondo comma della Direttiva, seppur con una infelice for­ mulazione ed un ancóra più infelice collocamento (120). 119 120

com m en to n on d eve colm are un « v u o to » n orm ativo, m a si sov rap p on e alla disciplina « ordinaria » della fusione, che a p p u n to già esplicita tale prin cipio. Ma is t o, The im ple- mentation, cit:, p. 483, sottolin ea ch e il m a n ca to realizzo di plusvalori o m inusvalori nella fu sione « is con sid ered an a u tom atic con seq u en ce o f thè m erger itself », e p erciò n on necessita di essere espressam ente p revisto.

(119) Si richiama sul punto quanto notato più sopra sub 2.2, ed in specie che tale disposizione è perfettamente coerente con il sistema, trattandosi di un caso di de­

stinazione dei beni a finalità estranee all’impresa. In questo senso anche Zizzo, Le

riorganizzazioni, cit., p. 342.

(120) Il secondo comma deH’art. 2, citato, riguarda infatti i conferimenti d’atti­ vo, che vengono prima disciplinati nell’ottica della società italiana conferente, e poi con riguardo alla società estera conferìtaria. Quest'ultimo aspetto è considerato dall’ul­ tima proposizione del comma, secondo cui: « Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei confronti del beneficiario non residente, con riferimento alla stabile organiz­ zazione nello Stato italiano, limitatamente agli elementi patrimoniali del conferente

residente o, nell’ipotesi di cui alla lettera d.) dell’articolo 1, non residente, in essa effet­

tivamente confluiti ». Questa norma,.sebbene inserita appunto nella disciplina dei con­ ferimenti, si ritiene applicabile anche nel caso di fusione, con riferimento alla valuta­ zione fiscale dei beni ricevuti dall’incorporante (o risultante dalla fusione) non residen­ te. Questo deriva anzitutto dall’applicazione del principio di neutralità alle fusioni in commento; principio che postula appunto il mantenimento dei valori fiscali e che per

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Sulla base di questa norma, le attività e passività ricevute, per