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Un progetto per Padova città metropolitana A. IL CONTESTO

A.1 TRA CONCENTRAZIONE E DISPERSIONE

Diffusione, esplosione urbana, ammasso di mattoni, jam urbanisti-ca, sono solo alcuni dei termini, non sempre felici, con cui ci si riferisce a quel fenomeno di dispersione sul territorio vasto degli insediamenti di popolazione, delle attività e dei servizi.

Si tratta di termini evocativi di articolati paesaggi urbani che com-mentano e descrivono la compromissione del territorio, la trasforma-zione della campagna in città, la cancellatrasforma-zione del limes, ma che non sono in grado di valutare la portata effettiva del cambiamento né, tantomeno, di indicarne i possibili scenari futuri.

Il nostro tentativo, necessariamente ambizioso, è appunto quello di tentare di porre ordine in questo caos, che non è solo apparente o, quantomeno, di dare una dimensione al fenomeno al fine di porre le basi per un suo eventuale superamento.

Con una certa pigrizia intellettuale finora ci si è nascosti dietro la definizione, ormai quasi uno slogan, e come tale svuotata di significato, di città diffusa, senza riuscire a spiegare questa abnorme crescita, di ana-lizzarne la complessità valutandone i diversi aspetti ad una scala appro-priata. È proprio questo riferimento alla giusta dimensione della scala del fenomeno che può riuscire a spiegare il panta rei che ha portato alla nascita della città che si crea al di fuori delle mura, altrimenti connotata come città generica1.

1 Od anche città contemporanea, diversa dalla città moderna.

Il centro urbano, che fino ad oggi è stato il sistema socio-economico di riferimento, sta perdendo questa valenza a favore di nuove centralità, fortemente connesse con lo sviluppo delle attività umane, con il divenire.

Dalle origini fino al Medio Evo la società si è sempre identificata e differenziata tra chi viveva all’interno delle mura e chi fuori, tra il cittadi-no ed il contadicittadi-no, tra chi lavorava con la testa o vendeva le merci e chi produceva direttamente i beni che venivano poi commercializzati. Sem-plificando, possiamo ritenere che il simbolo di tutto ciò è stato la casa-bottega, quella serie di edifici lunghi e stretti l’uno accanto all’altro, che caratterizzano vasti brani di molti centri storici italiani, tra cui la stessa Padova. Sarà necessario attendere lo scossone dato dalla rivoluzione in-dustriale perché l’urbanesimo cambi completamente la forma della città, abbattendo definitivamente le mura per accogliere al suo interno un sem-pre crescente numero di persone. Nonostante la portata di questo cam-biamento, tale da spingere illustri urbanisti – a fine ‘800 – a teorizzare la città lineare, capace di connettere centri storici lontani tra di loro salva-guardando ed allo stesso tempo integrandosi con la campagna, il riferi-mento rappresentato dalla polis (intesa nella accezione greca di città come centro politico e culturale) è sempre rimasto forte, non è mai tramontato.

La città moderna o, a dirla come Martinotti, metropoli di prima gene-razione, melting pot di ciminiere e treni metropolitani, è cresciuta dal centro alla periferia lasciando ai luoghi storici dell’eccellenza le funzioni principali, quelle economiche ed i servizi superiori, e distribuendo sul territorio luoghi di specializzazione diversificati ed integrati tra di loro fino a creare una conurbazione talmente ampia da essere definita ora metropoli, ora megalopoli, ora città regione.

Si è trattato di un fenomeno complesso capace di interessare un terri-torio assai vasto che, a causa della molteplicità dei modi insediativi e so-ciali, ha comportato una articolazione piramidale dell’urbanity ed un’alta densità abitativa centrale, tanto da arrivare a dire che i ricchi abitano la cosa che costa meno (l’aria) mentre i poveri la vera ricchezza (la terra).

Successivamente la crisi della grande industria, incapace di mante-nere il passo dell’offerta produttiva a basso costo, lo sviluppo tecnologi-co e la sempre crescente domanda di beni di tecnologi-consumo, hanno favorito prima lo sviluppo di una specializzazione diffusa della produzione,

fon-data sulla piccola e media impresa (si pensi al fenomeno Nord-Est e ai distretti produttivi), alla quale ha fatto seguito una crescente richiesta del valore aggiunto rappresentato da quei servizi capaci di collegare in maniera sempre più stretta la ricerca scientifica, l’innovazione tecnolo-gica con lo sviluppo produttivo ed il mercato. Si tratta dunque di un sistema di interdipendenza in cui la piccola e media produzione non sono un mondo a se stante, ma la loro vitalità è sempre più legata alle relazioni che riescono ad attivare in tutte le fasi della filiera produttiva.

La portata del cambiamento ha comportato quindi trasformazioni anche dal punto di vista sociale. Diversa è oggi la struttura della fami-glia, più lunghe le aspettative di vita, crescente il numero dei singles, aumentato il livello di scolarizzazione. La sempre maggiore richiesta di servizi, sia alla persona che alla produzione, ha portato alla diffusione di nuove centralità come i centri commerciali, i cinema multisala, gli shopping malls, etc., che, per raggiungere una dimensione economica-mente conveniente ed un bacino clienti il più grande possibile, si sono localizzati in luoghi ad alta accessibilità, in particolare automobilistica.

Così dalla disseminazione delle imprese sul territorio si è passati alla mol-tiplicazione dei luoghi di servizio, con un cambiamento nell’andamento della rendita e nella stratificazione e insediamento della popolazione.

Il cuore urbano, un tempo unico luogo di eccellenza, ospita contem-poraneamente i ceti più poveri ed i più ricchi, le attività economiche a basso rendimento o di modesta innovazione con quelle ad alto rendi-mento, reddito e livello culturale, mentre il ceto medio, che rappresenta la grande parte della popolazione fortemente presa dai consumi, abita la prima cintura urbana. La prima conseguenza sono i forti flussi di pendolarismo obbligatorio, non più monodirezionale, ma rivolto verso una molteplicità di poli di produzione e di servizio. Sul territorio si è creata una densificazione delle zone urbanizzate sparse, senza che que-ste potessero raggiungere il rango di città, in una soluzione di contiguità negli insediamenti e nelle singole localizzazioni.

In sostanza quello che è avvenuto è una spinta centrifuga, per quan-to attiene la produzione materiale e dei servizi banali (la nascita del Grand Carrefour per citare Gottman), contrapposta a quella centripeta, per quanto attiene alle funzioni di governo e di indirizzo o rare.

Le soluzioni raggiunte nelle grandi città si diffondono nelle provin-ce: “questioni di mode, di stile, di tecnica, di movimenti, di idee”. Come vedremo, con il declinare della società industriale e con il diffondersi dei rapporti post-industriali, questo flusso trionfalmente sottolineato da Le Corbusier si invertirà e, almeno negli Stati Uniti, le grandi idee nasceranno in provincia per poi arricchire la città solo in un secondo momento. Dice Naisbitt nel suo Megatrends: “L’America è una società che si muove dal basso verso l’alto, in cui cioè le nuove tendenze e idee cominciano in città e comuni minori, per esempio Tampa, Hartford, San Diego, Seattle e Denver, non a New York o Washington”.

Gli amministratori e gli imprenditori che operano a livello urbano hanno sempre più bisogno di scenari attendibili in base ai quali prendere le loro decisioni: come evolveranno, nel prossimo futuro, le città italiane? Quali effetti avrà, sull’evoluzione delle città, il trend demografico?, e il progres-so tecnologico?, e la globalizzazione?, e i flussi migratori?, e il mercato del lavoro? Quali conseguenze deriveranno nel settore delle public utilities?

Quali servizi locali occorrerà offrire ai cittadini?

Alla luce di quanto pur sommariamente esposto vediamo di ipotiz-zare scenari, pronti ad usare il massimo della flessibilità nella consape-volezza che è, e rimane, puro esercizio accademico e che la processualità è sempre una presenza costante con la quale dobbiamo fare i conti.

A. 2 INDAGINE PREVISIONALE 2

La vita nella città è destinata a specializzarsi in senso strettamente funzionale ai servizi che offrirà: la presenza di reti telematiche, essenzia-li alla ricerca scientifica, e la cablatura saranno fattori essenziaessenzia-li di

svi-2 I paragrafi che seguono sono ispirati all’indagine previsionale, di cui si riporta-no, di seguito gli autori, indagine che ha cercato di individuare come evolveranno nel breve e nel medio periodo le principali dimensioni (demografica, politica, istituziona-le, economica, socio-culturaistituziona-le, tecnologica) che caratterizzano le città italiane.

Per dare una risposta a questi interrogativi, due organizzazioni - la Cispel, e la Federambiente - hanno commissionato alla S3-Studium, società specializzata in ricer-che previsionali, la ricerca a cui facciamo riferimento. Esso disegna uno scenario del-l’evoluzione urbana italiana riferito a due archi temporali: da qui al 2001 e da qui al

luppo. Ci sarà un forte divario tra le città che sono già in quest’area (Mila-no, Bologna, Pisa, Padova) e quelle che stentano a entrarci (Roma, Napo-li, Palermo). La tendenza verso una città di servizi è un dato di fatto ormai acquisito. È scontata l’accentuazione del declino delle attività manifattu-riere legate alle imprese, pubbliche e private, di grandi dimensioni.

L’utilizzazione delle aree dismesse sarà ancora per molti anni il pro-blema (e la risorsa) più importante per molte città. Decadenza dei fatto-ri di localizzazione: la prevalenza delle produzioni immatefatto-riali compor-terà la progressiva obsolescenza dei fattori di localizzazione tradiziona-li: nella pratica urbanistica non avranno più ragion d’essere lo zoning e le specializzazioni funzionali di matrice razionalista. Particolari esigen-ze di spazio, salvo impianti eccezionali di carattere infrastrutturale perlopiù connessi alla logistica, riguarderanno soprattutto le attrezzatu-re per il tempo libero. L’integrazione economica a scala planetaria, a differenza dei luoghi comuni in essere, non rappresenterà il fattore ca-pace di determinare i maggiori cambiamenti. Le città italiane non di-venteranno luogo di localizzazione di nuove istituzioni internazionali, di operatori trans-nazionali, di servizi specializzati (di tipo legale, pro-gettazione, pubblicità, certificazione, project management, formazione delle risorse umane). Assisteremo al potenziamento delle piccole im-prese operanti in settori specializzati sia del manifatturiero tradizionale (per esempio del recupero urbano) sia innovativo. Il nuovo volto delle città sarà influenzato dallo sviluppo del mercato della cultura. La sosti-tuzione delle grandi attività industriali con strutture per la cultura e per la scienza costituirà uno dei più interessanti aspetti del nuovo panorama urbano.

2010. La ricerca, condotta secondo una variante del metodo Delphi, è stata realizzata con il contributo scientifico di cinque esperti di problemi connessi alla vita delle città:

l’architetto Vezio De Lucia, che ha svolto attività operative presso la Giunta Bassolino del Comune di Napoli; Cesare de Seta, ordinario di Storia dell’Architettura e direttore del progetto “Atlas de la ville européenne” presso la Maison des Sciences de l’Homme a Parigi; Guido Martinotti, ordinario di Sociologia urbana; Giuseppe Roma, direttore generale della fondazione Censis e segretario generale dell’associazione per le città italiane RUR; Roberto Vacca, consulente di ingegneria dei sistemi.

Pertanto, in definitiva, le città avranno un assetto non molto dissimi-le da quello attuadissimi-le.

La fabbrica non scompare, ma finisce sempre più con il perdere la sua originaria funzione di principale elemento ordinativo del territorio.

Policentrismo. Già da decenni è scomparsa del tutto la distinzione storica tra città e campagna, sostituita da un’urbanizzazione diffusa, dif-ferenziata solo da diversi livelli di densità insediativa. L’assetto urbano assumerà sempre più un carattere policentrico, con riduzione dei quar-tieri specializzati. Assisteremo a vistose operazioni di rinnovamento ur-bano nelle periferie, con demolizioni e ricostruzioni e con la formazione di sobborghi residenziali di alta qualità in aree ben collegate con il resto del sistema insediativo, ai quali si contrapporranno estesi fenomeni di degrado e di marginalizzazione di ulteriori settori periferici 3. Spazi enor-mi si apriranno per ottienor-mizzare la scelta dei siti di attrattori pubblici, privati, commerciali: aziende, uffici pubblici, luoghi di spettacolo.

Vantaggi e svantaggi della vita urbana. Sulle metropoli graviteranno sempre più popolazioni di consumatori (city-users4) che entreranno in contrasto con le popolazioni di abitanti e finiranno con il provocare grandi sconvolgimenti quanto al dimensionamento dei servizi (mezzi di trasporto, scuole5, ecc). La nuova città dei city users sarà fragile, basan-do la sua sopravvivenza e i suoi successi sul presupposto di un contesto economico ad elevata produttività e intensità di scambi. I rischi e le paure saranno concentrati nelle grandi città. Si continuerà a pensare alla grande città come luogo di occasioni e di opportunità, contrappo-sto alla vita provinciale. La città (o meglio, i luoghi centrali della città

3 In pratica succede che la periferia finisce con l’autoalimentarsi.

4 Letteralmente fruitori della città ovvero persone che, non figurano tra i residenti dal punto di vista anagrafico e tuttavia fruiscono di molti servizi urbani (mezzi pubbli-ci, ecc), il che comporta problemi ai demografi nel momento di compiere le loro ana-lisi tradizionali.

5 In pratica verranno sconvolte le tradizionali analisi di base per il dimensionamento dei servizi. I city users infatti occupano la città per molte ore, ma solo di giorno, rara-mente vi risiedono con le famiglie, pertanto hanno bisogno di servizi non sempre tra-dizionali.

diffusa) continuerà a essere la sede propria delle elaborazioni culturali e dei conflitti (sociali, politici, etnici), il luogo deputato agli incontri reali.

La destrutturazione del lavoro e della vita. Questi sbocchi rappresenta-no l’esito naturale di un percorso millenario, segnato dalla persistente volontà umana di liberarsi dalle ataviche schiavitù imposte dall’ignoranza e dall’indigenza. Ne deriva un assetto sociale del tutto inedito nella storia dell’umanità: i parametri di riferimento sono costituiti dalla tecnologia elettronica; dalla prevalenza del lavoro intellettuale, soprattutto di tipo creativo; da un progresso connotato dalla complessità e dalla discontinuità;

dalla prevalenza dei bisogni “deboli”, soprattutto di natura estetica; dal soggettivismo; dalla dimensione transnazionale e post-internazionale dei problemi e delle loro possibili soluzioni; da una cultura post-moderna;

dalla diffusione di valori androgini; dal rifiuto delle ideologie.

Man mano che le macchine assorbono il lavoro ripetitivo ed esecuti-vo (fisico o intellettuale che sia), ai laesecuti-voratori resta il monopolio del lavoro ideativo, che impegna il cervello piuttosto che i muscoli e che, per sua natura, non trova sosta nel tempo ed è perfettamente conciliabile con la destrutturazione dello spazio lavorativo. D’altra parte, le tecno-logie disponibili realizzano (già qui e ora) il sogno antico dell’ubiquità, mentre la materia prima del lavoro intellettualizzato – le informazioni – è suscettibile, per sua natura, del massimo decentramento in tempo re-ale. In altri termini, il luogo di lavoro non costituisce più una variabile indipendente del teorema organizzativo e l’orario rigidamente sincro-nizzato non costituisce più un’esigenza reale, né per la produzione né per la città.

Nel medio termine tutte le tecnologie saranno più precise e sofistica-te di quanto occorra a coloro che le useranno. Ne consegue che non interesserà la scontata perfezione tecnica degli oggetti, ma soprattutto la loro qualità formale, il loro design. Le città saranno apprezzate in base alla loro bellezza e alle buone maniere della loro accoglienza.

Morfologia urbana. Salvo rare eccezioni, nonostante il freno che su-birà l’espansione abusiva, non rallenterà il ritmo dell’espansione e del consumo del suolo, ormai del tutto indipendente dalla crescita demografica e produttiva. Si svilupperanno interventi di trasformazio-ne degli spazi dismessi e di riqualificaziotrasformazio-ne delle periferie, con una più

equilibrata distribuzione delle funzioni rare o pregiate. Non trova con-senso la previsione secondo cui la topografia urbana sia destinata a di-ventare molto più orizzontale e molto meno geometricamente struttu-rata. Al 2010, quali politiche di sviluppo? Proseguiranno le politiche avviate negli anni precedenti (allestimento delle infrastrutture per il tra-sporto pubblico, parchi pubblici urbani e territoriali e spazi di verde attrezzato, infrastrutture per i rifiuti e per l’energia). Saranno realizzate:

o nuove costruzioni autostradali, ma rare e limitate all’aggiunta di terza corsia, ove la domanda è più notevole, o un sistema di ferrovie veloci che arrecherà un grande beneficio alle città collegate, o piattaforme logistiche alle porte delle grandi città in posizione e localizzazione stra-tegica rispetto al territorio economico e dei consumi.

Da questo punto – ovvero dal sunto, sopra riportato, dei dati ripor-tati nell’INDAGINE PREVISIONALE citata affatto improvvisata o su-perficiale, ma frutto, come si legge in nota, di uno studio appositamente commissionato ad esperti – è opportuno partire per capire i termini dei problemi che attengono alla Città Metropolitana di Padova, cercando nel contempo di cogliere tra questi dati quelli – ovviamente non tutti, ma solo una minima parte – più consoni alla realtà in esame (quella patavina).

Ad esempio cercare di discernere se questa espansione incontrollata sul territorio sia interpretabile sottoforma di continuum urbano, oppure se l’agglomerazione dei centri comunque coinvolti in un comune pro-cesso di sviluppo, mantenga i tratti tradizionali dell’eterogeneità e quin-di una mancanza quin-di integrazione tra gli stessi, o se le politiche metropo-litane siano solo un artificio di forma, atto a risolvere problematiche quali il traffico e la congestione, o, infine, se questi centri, analizzati in un’ottica dinamica, rappresentino un sistema di relazioni e di interessi in continua evoluzione e mutazione che pongono il territorio in uno stato di ininterrotto dinamismo e che necessitano di politiche di governance co-muni al fine di creare le sinergie vincenti per uno sviluppo armonico.

Se questa è la situazione attuale sulla quale si cerca di intervenire, non meno complessa è la configurazione degli scenari possibili e realistici sul medio periodo.

Tra questi scenari è piuttosto attendibile quello che prevede un superamento, o, meglio, una progressiva diminuzione, delle attività pro-duttive materiali dovuto alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo e la sostituzione delle stesse con relazioni di tipo immateriale basate sul-l’intensità degli scambi. A questo sarà associata una struttura territoria-le dei centri di tipo reticolare, basata sul policentrismo. Questi poi con-tinueranno ad essere i luoghi degli incontri reali (fisici), della cultura, dei conflitti (sociali, economici, etc.), mentre la virtualità e la globalizzazione porteranno alla destrutturazione spazio-temporale del lavoro tanto che, accanto alla città storica-città di pietra – crescerà la città telematica-città virtuale (Echeverria) – basata sul telelavoro e sull’audience.

Dal punto di vista della forma urbis, essa sarà chiamata a far fronte, oltre che alla sempre crescente popolazione di consumatori urbani (city users), anche alla nuova popolazione di persone che, come city users altamente specializzati, richiederanno lo sviluppo di funzioni ed attrezzature par-ticolari tanto che, prima o poi, si potrà incorrere in contrasti tra queste figure e la popolazione residente.

A. 3 LA CITTÀ DIFFUSA (verso un superamento)

Complessità e frammento sono caratteri comuni all’articolato pae-saggio urbano della città dispersa, nata dalla diffusione di funzioni sul territorio e da un uso estensivo degli spazi. Si tratta di fenomeni in anti-tesi uno con l’altro perché riferiti a scale territoriali di dimensioni diver-se, ma che sottolineano la complessità del tema metropolitano. Città diffusa, reti ed ambienti insediativi assumono dunque la forma di paradigmi da cui partire per fornire un contributo al governo e all’asset-to di Padova Città Metropolitana. La conoscenza quindi di questi aspetti, unita all’analisi dei tempi in cui il fenomeno si evolve e che hanno porta-to all’assetporta-to attuale, forniscono il primo tema che il gruppo di lavoro del DAUR 6 si propone di affrontare come contributo al gruppo di ri-cerca pluridisciplinare “Padova Città Metropolitana”.

6 Dipartimento di Architettura Urbanistica e Rilevamento. Facoltà di Ingegneria.

In questa fase del lavoro è quindi necessaria7 un’analisi quantitativa degli aspetti su indicati che sia capace di coniugare contemporanea-mente la globalità del fenomeno di area vasta con il particolare locale, le dinamiche di trasformazione passate con quelle previsionali, anche in considerazione del fatto che il fenomeno metropolitano non presenta orizzonti temporali lunghi, ma è in un continuo divenire.

La città pre-industriale ha raccolto nella sua cintura muraria le attivi-tà connesse all’artigianato, all’esercizio del potere politico e dell’ammi-nistrazione, alla funzione religiosa, all’acquisto e alla vendita dei pro-dotti agricoli. Nel momento in cui l’industria ha fatto irruzione nella

La città pre-industriale ha raccolto nella sua cintura muraria le attivi-tà connesse all’artigianato, all’esercizio del potere politico e dell’ammi-nistrazione, alla funzione religiosa, all’acquisto e alla vendita dei pro-dotti agricoli. Nel momento in cui l’industria ha fatto irruzione nella

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