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5. Colonna A

5.1 Iscrizioni:

Si è ritenuto necessario effettuare una trascrizione dei tituli dell’intera colonna corredati dalle loro traduzioni e un’analisi puntuale degli aspetti formali – paleografici e linguistici – al fine di ottenere un quadro d’insieme. Tale procedura ha dimostrato che i tituli non furono

93 Demus 1984, I: Text, pp. 138-141. 94 Demus 1984, I: Text, pp. 140-141.

concepiti in versi e quindi non si presentano come frammenti di un testo organico ma come testi subordinati alle immagini. L’analisi formale vuole invece costituirsi come strumento per la verifica e il confronto con altre epigrafi veneziane.

A.IX + Virga Ioseph apparuit florida cui virgo fuerat commendanda

A.VIII + Ysach r Virgine(m) recipit in templo q(uae) n(u)llo iuvante p(er) se g(ra)d(us) asce ̂ A.VII + Munera cum lampadibus offeruntur Deo pro Virgine na ̂a

A.VI + Mater salutis nostre ducitur cum muneribus in te(m)plum A.V + offertur sacrifium Deo pro beata prole recepta

A.IV + Ioachim et ̂ a : mater Dei nascitur : munera offeruntur in templo A.III + item fatur angel(us) ad Ioachim et ad Annam de fecundita ̂e (con)ferenda

A.II adhortatur a(n)g(e)l(us) Ioachim et Annam p(rae)dicens eis filiam nascituram :

A.I + Ysachar pontifex despexit Ioachim et munera eius sprevit

5.1.1 Traduzione (da M. Da Villa Urbani 2015)

A.IX La verga di Giuseppe, al quale la Vergine doveva essere affidata, fiorì

A.VIII Isacar accoglie nel tempio la Vergine che sale i gradini da sola senza nessun aiuto A.VII Vengono offerti a Dio doni con fiaccole accese per la nascita della Vergine A.VI La madre della nostra salvezza viene condotta al tempio con doni A.V Viene offerto un sacrificio a Dio per la nascita della figlia beata

A.IV Gioacchino e Anna : La nascita della madre di Dio : Vengono offerti doni al tempio A.III Ancora l’angelo parla a Gioacchino e Anna della fecondità loro concessa

A.II Un angelo incoraggia Gioacchino ed Anna annunciando loro la nascita di una figlia A.I Il pontefice Isacar disdegna Gioacchino e disprezza i suoi doni

5.1.2 Commento formale

Sono presenti due rettrici, ovvero due linee singole parallele che fungono da guida, visibili in alcuni punti come sotto la E di pontifex dell’iscrizione A.I.1. La posizione delle iscrizioni è in genere regolare. Sono infatti sistemate al centro del campo epigrafico, anche se l’andamento presenta talvolta delle imperfezioni, come si può vedere in A.III.1 e in A.III.2. Il modulo tende ad assere verticalmente compresso, secondo un rapporto di circa 3:4. Il tratto si presenta di spessore costante in tutte le lettere con aste diritte ma dimostra una lieve modulazione in alcune lettere dai tratti curvilinei come nel caso di alcune O (vedi per esempio A.I.O2) e di alcune E in cui nelle parti superiore e inferiore mostrano un tratto leggermente più sottile (A.I.E6). Non è così per altre lettere con forme curvilinee come la S, la P e alcune R. Alcune lettere presentano delle terminazioni a spatola, come la E di pontifex (A.I.E1) o la C di Ysachar (A.I.C1). La lettera A è disegnata con un coronamento a ponte, talvolta spostato a sinistra o a destra (vedi per esempio A.II.A7). Allo stesso modo la lettera V presenta a volte una terminazione a ponte nella parte inferiore (vedi per esempio A.II. V1). Qualche volta l’asta destra della lettera A forma un angolo di 90° con la base (vedi per esempio A.III.A5). Solo la lettera E alterna la forma quadrata a quella onciale. Delle 45 E, 21 sono onciali. Inoltre, ci sono quattro abbreviazioni, due volte riguardano la parola angelus

(A.II.1, A.III.2), la parola nullo (A.II.3) e gradus (A.VIII.5), quattro abbreviazioni sillabiche: con (A.III.5), et (A.IV.1), quae (A.VIII.2) e per (A.VIII.5). Il nome di Gioacchino è troncato in un solo caso (A.IV.1). Ci sono inoltre sei nessi, quattro di due lettere (A.III.TE1, A.VII. TA1, A.VIII.AR1, A.VIII.ND1) e due di tre lettere (A.IV.ANA1, A.IX.AND1) e una sola lettera nana (A.V.INANA1).

Tutte le epigrafi della colonna A, così come le due ultime della colonna D, iniziano con un signum crucis. Gli altri tituli, invece, sono separati da tre puntini verticali. Tale variazione nella punteggiatura, che non è casuale, potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che le epigrafi dotate di signum crucis hanno uno stile discorsivo, con frasi articolate di senso compiuto, non prive, per esempio, di frasi subordinate; mentre le epigrafi separate da tre puntini sono estremamente brevi, più assimilabili a tituli semplici che a frasi vere e proprie. Possiamo pertanto affermare che nella colonna A, dove troviamo frasi articolate e nella D (zone VIII e IX), dove le due iscrizioni descrivono l’unico episodio raffigurato su ciascuna fascia, era necessario un segno che individuasse l’inizio95, vieppiù se consideriamo che in tutti questi casi si tratta di una scriptio continua. Vale la pena di rammentare che spesso le iscrizioni applicate su oggetti cilindrici o che comunque hanno un senso di lettura circolare hanno il loro inizio segnato da una piccola croce. Tale è il caso dei bastoni pastorali, delle campane, delle iscrizioni su anelli o quelle che girano intorno ai margini di molte lastre tombali, ma anche di iscrizioni intorno a un clipeo96. In un solo caso abbiamo sulla colonna A (A.III) la presenza sulla stessa zona di tre tituli diversi e quindi delle due punteggiature: la croce per indicare l’inizio e i tre puntini verticali per separare un episodio dall’altro.

Nonostante la scarsità di frasi articolate, è possibile fare qualche considerazione dal punto di vista sintattico a partire da A.VIII e A.IX dove compaiono le uniche due proposizioni subordinate. In entrambi i casi, e diversamente dal latino classico, il pronome relativo non è inserito in prossimità del termine a cui si riferisce.

Ysachar Virginem recipit in templo quae nullo iuvante per se gradus ascendit Virga Ioseph apparuit florida cui virgo fuerat commendanda

Sembra invece un vero e proprio refuso la parola sacrifium al posto di sacrificium di A.II, oppure si può ipotizzare che l’incisore abbia omesso il segno di abbreviazione per le due lettere mancanti.

95 Cfr. Ingrand-Varenne 2016, p. 227.

96 Cfr. Ingrand-Varenne 2016, p. 227. Vedi per esempio: l’arazzo conservato al Museo di Gerona ma

proveniente dalla cattedrale databile al 1075 circa (Debiais 2017, pp. 33-44), dove l’inizio delle due iscrizioni concentriche è segnato da una croce; la patena dell’abate Pelagio conservata al Louvre ma proveniente dalla chiesa spagnola di Santiago di Peñalba databile al XII secolo (Favreau 1993, pp. 31-48), le iscrizioni della croce di Teodorico della prima metà del XII secolo conservata al Tesoro del Duomo di Magonza, che presentano inoltre una scriptio continua (Debiais 2017, pp. 51-63), l’iscrizione del timpano della cattedrale di Jaca datato all’ultimo decennio del XI secolo, pure essa in scriptio continua (Favreau 19962, pp. 535-560).