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Il concetto di distretto industriale diventa popolare nel linguaggio comune e trova larga diffusione soprattutto grazie al suo riconoscimento giuridico che avviene nel 1991, tramite definizione e criteri d’individuazione.73 “La normativa è di due tipi: nazionale, che disegna la cornice di riferimento per l’individuazione territoriale dei distretti e per l’articolazione dei relativi interventi, e regionale cioè di pertinenza delle regioni che attuano gli indirizzi che, di volta in volta, sono contenuti nella normativa nazionale.”74

Il dibattito sui distretti industriali in Italia è stato molto fitto sia da parte della letteratura nazionale che internazionale e questo ha avuto un grande merito perché ha permesso di superare la visione dualistica fra piccola e grande impresa come unica motivazione del funzionamento economico di un’economia.75 Ha permesso di ricercare motivazioni diverse e più profonde,

basate sul ruolo giocato da fattori -diversi dalla dimensione aziendale- nella determinazione dei modelli di competitività e di crescita delle imprese italiane. Il distretto industriale dunque diventa uno strumento interpretativo che ha permesso di spiegare quello sviluppo locale italiano degli anni Settanta che il modello tradizionale fordista dello sviluppo industriale non riusciva a cogliere. Come conseguenza del sostegno sia teorico che empirico a questo dibattito ne è derivato un insieme di azioni e di politiche per lo sviluppo economico italiano ‘ad hoc’ e quindi maggiormente incentrate sulla dimensione territoriale76 (come ad esempio la programmazione del Quadro Strategico Nazionale che analizzeremo UC'a.'#&0./$'E1$'2.'2$RR$'C!UQ!\\!%$H8#8BE$'2.'J8EE&2.'8KJ/$B.'8#%>B0/8.2$'E&K$'i>$22.'.9$#0$'#&#'J8m'%8' 455'.%%$008d'i>$B0.'J/$E8B.@8&#$'/8B>20.'8KJ&/0.#0$'B$'E&KJ./.0.'E&#'2.'/.EE&K.#%.@8&#$*'%8'B&28'J&E18' K$B8'B>EE$BB89.*'J&/0.0.'%$22.'(&KK8BB8&#$'%$22$'E&K>#80X'`>/&J$$'8#'E>8'B8'I.00$@@.*'E&K$'J8EE&2.'$' K$%8.'8KJ/$B.*'i>$22.'E&#'K.BB8K&'4S5'%8J$#%$#08)g[#'i>$B0&'K&%&'2.'%8BE8J28#.'E&K>#80./8.' 8#0/&%>E$9.*'J$/'2.'%$H8#8@8&#$'%$22.'J8EE&2.'8KJ/$B.*'28K808'%8K$#B8&#.28'J8m'/$B0/800898'/8BJ$00&'.'i>$228' J/$98B08'%.22.'2$RR$'CU!Q!\\!)'V$/E8w*'.22&'BE&J&'%8'eH.9&/8/$'2.'J8m'.KJ8.'.JJ28E.@8&#$'%$22$'%8BJ&B8@8&#8' %$22.'J/$%$00.'2$RR$g*'82'=8#8B0/&'%$22D8#%>B0/8.*'%$2'E&KK$/E8&'$'%$22D./08R8.#.0&'%$E8B$'%8'eB&B080>8/$'2.' %$H8#8@8&#$'%8'5)662*"%)45,$0"%E&#'i>$22.'%8'J8EE&2.'$'K$%8.'8KJ/$B.'E&#0$#>0.'#$22.'%8BE8J28#.' E&K>#80./8.g'3a='%$2'!{'R8>R#&'!\\C*5eT%$R>.K$#0&'.22.'%8BE8J28#.'E&K>#80./8.'%$8'E/80$/8'%8' 8#%898%>.@8&#$'%8'J8EE&2.'$'K$%8.'8KJ/$B.'$'%$8'28K808'%8'8#0$/9$#0&'J/$98B08'%.22.';$RR$'#)'C!U'%$2'S'&00&I/$' !\\!g7)g'O&#0$'[B0.0' UN'[B0.0' US'V/8&/$*'".I$2'3!\ZN7' U6'(.8#$228'G)345547'

nel prossimo capitolo, le cui scelte strategiche non sono basate sulla politica ordinaria ma su quella regionale, i cui caratteri fondanti sono l’intenzionalità dell’obiettivo territoriale e l’aggiuntività).

Il concetto di distretto industriale risulta importante quindi per interpretare l’andamento dell’economia Italiana che negli anni Settanta vedeva fiorire la piccola impresa.

La crisi petrolifera in quel periodo aveva infatti scardinato il primato della grande impresa facendo della flessibilità produttiva una caratteristica aziendale necessaria “per fronteggiare una domanda drasticamente calata in virtù di un’inflazione a due cifre, dall’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, ma anche della saturazione dei beni proposti sui mercati.

È allora che le realtà economiche e territoriali periferiche cominciano a diventare centrali.”77

Cambia in quegli anni inoltre il modo di percepire l’economia; non si punta più esclusivamente sull’individualità ma si propone un nuovo paradigma teorico che si focalizza sul luogo in cui l’azienda è situata e sulle relazioni che pone in essere con l’ambiente e con le altre aziende locali. Si sposta l’attenzione dalla singola impresa “al luogo del quale essa fa parte, cioè all’ambiente socio-territoriale nel quale il processo produttivo si svolge, che diventa così la vera unità di produzione.”78

“I caratteri di questi territori sono noti: amplia diffusione di piccole e piccolissime imprese di origine artigianale e operaia, elevato tasso di flessibilità produttiva, gestione imprenditoriale di natura familiare, scarse relazioni con il potere istituzionale centrale e finanziario.”79

Si vengono a creare delle agglomerazioni d’imprese in cui i frutti delle singole aziende creano delle esternalità positive che si ripercuotono anche sul territorio creando dei benefici sinergici in tutta l’area; con il vantaggio che i distretti

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industriali hanno “dimostrato di possedere alcuni benefici aggiuntivi rispetto a quelli delle unità che li compongono”.80

Riuscito è il paragone fra le imprese e le api che da Beccatini quando afferma “l’impresa importa poco, importa capire la dinamica dello sciame fatta dalle tante api che appunto compongono lo sciame”81

Becattini individua alla base della nascita di questi cluster82 due mutamenti principali.

Il primo è identificato dal cambiamento delle dotazioni tecnologiche e della domanda finale di alcune grandi imprese, che hanno scelto di decentrare molte fasi del processo produttivo affidandolo a terzisti autonomi. In molte zone questo ha innescato una moltiplicazione di piccole e medie imprese che hanno puntato a sorreggere con forza la grande impresa locale specializzandosi in semilavorati. Inoltre la nascita di queste piccole imprese è derivata dal forte desiderio, in seno a dipendenti o ex lavoratori della grande azienda, di creare un loro piccolo business fondando quindi una piccola officina propria basata sullo stesso lavoro e specializzazioni di sempre, ma con una nuova prospettiva di indipendenza. A titolo esemplificativo portiamo il distretto Comet della Componentistica e Termoeletromeccanica.

“Un’area che presenta evidenti caratteristiche distrettuali è quella collocata all’intorno del Comune di Pordenone, dove si è venuto a formare un sistema di piccole e medie imprese specializzate nelle lavorazioni e nella componentistica meccanica, spesso per gemmazione (spin-off) da imprese esistenti, in particolare dalla Zanussi. A queste si aggiungono le imprese che producono macchine e apparecchi meccanici, ed altre specializzate nella realizzazione di componenti in gomma-plastica. Queste ultime costituiscono un aggregato che ha rilevanti collegamenti con l’industria meccanica. Da un lato, infatti, si tratta di una componentistica che risulta complementare a quella meccanica in molti prodotti finiti (a cominciare dagli elettrodomestici, a conferma delle origini storiche del distretto). Dall’altro, un importante settore di fornitura per le imprese in oggetto è rappresentato dagli “stampisti”, ossia dalle imprese che realizzano stampi in

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metallo per l’iniezione della plastica. L’aggregato costituisce un adeguato candidato alla qualifica distrettuale, sotto il profilo della concentrazione spaziale, della specializzazione settoriale ‘generica’ (nel senso che include al suo interno una varietà di specializzazioni più analitiche), delle relazioni tra imprese”83.

Il secondo punto della motivazione di Becattini fa riferimento alle “economie della localizzazione e dell’agglomerazione. Particolari condizioni di congruenza delle prime con le seconde su di un determinato ambito territoriale, spiegherebbero l’addensarvisi delle piccole imprese.”84

Il seguito della storia, sia nel pordenonese sia nel resto dell’Italia, è ben conosciuto: abbiamo avuto un proliferare di queste aziende artigiane fortemente radicate.

Per identificare un’area distrettuale come realmente tale non è sufficiente identificare un unico settore e quindi un omogeneo contesto produttivo, e nemmeno una zona produttiva territoriale; infatti quel “quid” che fa di questi aggregati un vero distretto industriale è il “campo di forze socio-culturali, cioè [..] un ambiente quotidiano di vita e di lavoro, realmente disegnato dai comportamenti umani.”85

È questa essenza infatti, cioè ciò che Marshall identificava con il nome di “atmosfera industriale”, la spiegazione della competitività e dell’efficienza di queste piccole imprese che grazie a queste forze possono paragonarsi con successo alle grandi imprese.

‘I segreti dell’industria sono nell’aria’, scriveva Marshall, ed è questo a nostro avviso che ha permesso ai nostri distretti industriali di sopravvivere fino agli anni nostri.

Dimensione aziendale, organizzazione interna, volumi di fatturato e numero di imprese all’interno dei distretti possono variare. Ciò che rimane, sorvolando questi indisturbati e inevitabili cambiamenti economici, sono le conoscenze e i valori ereditati dal passato; ed è proprio grazie al bagaglio culturale e alle ZC'`B0/.00&'%.2'2.9&/&'8#0$R/.2$'e[2'%8B0/$00&'%$22.'E&KJ&#$#08B08E.'$'%$22.'K$EE.#8E.'8#'J/&98#E8.'%8' V&/%$#&#$)'+$2.@8&#8'2&E.28'$'.J$/0>/.'8#0$/#.@8&#.2$g'E1$'2.'(.K$/.'%8'(&KK$/E8&'%8'V&/%$#&#$'1.' E&KK8BB8&#.0&'.R28'.>0&/8'^&/0&2>@@8'G)*'O>/2.#'T)*G/.#%8#$008'+)' ''ZN'^$E.008#8'G)'3455S7' ''ZS'^$E.008#8'G)'3455S7'

conoscenze pratiche portate avanti dai distretti che oggi possiamo ancora avere quel vantaggio commerciale mostrando con orgoglio la qualità del nostro ‘Made in Italy’, emulata ed imitata ancora da molti.