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John Noseda

Nel documento AUTODETERMINAZIONE E AIUTO AL SUICIDIO (pagine 72-78)

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Aiuto al suicidio ed eutanasia. – 3. Portata e condizioni del diritto al suicidio. – 4. Regolamentazione dell’aiuto al suicidio e rischi di abuso.

1. Introduzione

Nella legislazione svizzera, il rapporto dialettico fra tutela della vita e garan- zia dell’autodeterminazione è storicamente contraddistinto da un’impostazione legislativa e da un’interpretazione giurisprudenziale fortemente orientate verso il riconoscimento di un diritto individuale al rispetto della volontà di morire.

Già il tenore letterale dell’art. 115 c.p. (norma parallela, ma sostanzialmente diversa rispetto all’art. 580 del codice penale italiano) dimostra eloquentemente tale indirizzo. In effetti l’istigazione e l’aiuto al suicidio sono perseguibili uni- camente se l’autore agisce «per motivi egoistici» (selbstsüchtige Beweggründe) quali l’odio, la vendetta e il lucro, ad esclusione non solo di sentimenti di affetto, solidarietà e compassione, ma anche di atteggiamenti di disinteresse e indiffe- renza1.

Anche l’art. 114 c.p., relativo all’omicidio del consenziente, conferma la vo- lontà del legislatore svizzero di rispettare la volontà delle persone che decidono di porre fine alla propria esistenza. Nel corso del 1989 è stata infatti modifica- ta la norma introducendo una sanzione nettamente attenuata2 rispetto ad altre

legislazioni europee (come, per esempio l’art. 579 del codice penale italiano),

1 C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, Basilea, 2013, art. 115, n. 14; J. Hurtado-Pozo, Commen- taire Romand, Basilea, 2017, art. 115 c.p., n. 11; Decisioni Trib. Federale 136, II, 415, cons. 2.3.3. 2 Ossia una pena detentiva fra 3 giorni e 3 anni o una pena pecuniaria.

quando l’autore agisca con un «movente onorevole» in particolare per compas- sione nei confronti della vittima.

Entrambe le norme procedono pertanto da una concezione estremamente ancorata al diritto all’autodeterminazione sancito dagli artt. 8 CEDU e 10 cpv 2 Cost. fed. e al rispetto della dignità umana (artt. 3 CEDU e 7 Cost. fed.), che hanno progressivamente rafforzato anche in ambito penale il riconoscimento giurisprudenziale del diritto al suicidio.

Questa apparente coerenza della legislazione elvetica non è tuttavia esente da problemi applicativi rilevanti3 forse perché, come scriveva Lenin, «il diritto

non resiste alla testardaggine dei fatti». In effetti, la giurisprudenza degli ultimi anni attesta l’esistenza di tre problematiche, generali ma estremamente concre- te, la cui soluzione è giuridicamente tutt’altro che agevole.

La prima è costituita dalle conseguenze della delicata distinzione fra aiuto al suicidio ed eutanasia; la seconda concerne la portata e le condizioni di impunità dell’aiuto al suicidio; la terza è legata alle difficoltà incontrate nella regolamen- tazione delle strutture di assistenza al suicidio e alla prevenzione dei rischi di abuso.

2. Aiuto al suicidio ed eutanasia

A livello teorico, tanto la giurisprudenza quanto la dottrina svizzere4, appli-

cano i criteri distintivi riconosciuti internazionalmente fra eutanasia passiva ed attiva, nonché fra eutanasia attiva diretta o indiretta e valutano pertanto la loro possibile rilevanza penale nell’ambito degli artt. 114 e 115 c.p. in dipendenza dalle concrete modalità operative del decesso e del conseguente ruolo attivo o passivo svolto dall’autore e dalla vittima del decesso5.Tuttavia, a livello concreto

la distinzione tra omicidio del consenziente per motivi onorevoli (comunque punibile secondo l’art. 114 c.p.) e l’assistenza al suicidio per motivi non egoistici (non punibile secondo l’art. 115 c.p.) può comportare una prospettiva di tratta- mento disparitario, quando il decesso debba essere provocato con motivazioni e in condizioni sostanzialmente identiche e con l’unica differenza, puramente formalistica, che la vittima consenziente sia o meno fisicamente in grado di provocare materialmente la propria morte6.

3  J. Hurtado-Pozo, Euthanasie active, in L’homme et son droit, Friburgo, 2011, 221 e rif. 4  C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, cit., art. 111, n. 46 e rif.

5  Decisioni Trib. Federale 13.9.2016 (2 C 66/2015) cons. 3.1 e rif. Art. 114. – Chiunque, per mo-

tivi onorevoli, segnatamente per pietà, cagiona la morte di una persona a sua seria e insistente richiesta, è punito con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria. Art. 115. – Chiunque per motivi egoistici istiga alcuno al suicidio o gli presta aiuto è punito, se il suicidio è stato consumato o tentato, con una pena detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria.

Per ovviare a questa disparità di trattamento dottrina e giurisprudenza han- no escluso innanzitutto l’applicabilità dell’art. 114 c.p. nei casi di eutanasia pas- siva, quando il paziente capace di discernimento rifiuta le cure che potrebbero procrastinare il suo decesso7. Tale esclusione appare applicabile anche in caso di

eutanasia attiva indiretta, ovvero quando il paziente accetta l’adozione di cure mediche finalizzate ad abbreviarne le sofferenze con la conseguenza secondaria di accelerarne il decesso.

Il problema è invece più delicato in caso di eutanasia attiva diretta formal- mente punibile secondo l’art. 114 c.p. In una sentenza cantonale sostanzialmente approvata dalla dottrina8 un medico che aveva somministrato del «natrium-pen-

tobarbital» ad una paziente, affetta da grave malattia degenerativa incurabile e intenzionata a suicidarsi, venne prosciolto al termine dell’istruttoria, perché la scelta era stata adottata liberamente e in piena consapevolezza dalla paziente ed il medico era stato costretto ad intervenire attivamente iniettando in vena la dose letale per ovviare all’assoluta incapacità fisica di azione della donna.

Sotto il profilo giuridico la corte cantonale sostenne che le condizioni fos- sero identiche a quelle di un suicidio assistito (non punibile, essendo il medico intervenuto per ragioni ineccepibili) e che anche l’art. 114 c.p. fosse pertanto inapplicabile in considerazione del dovere del medico di abbreviare le sofferenze della paziente con conseguente riconoscimento di uno stato di necessità (art. 17 c.p.) e rispettivamente di adempimento di un dovere imposto per legge (art. 14 c.p.)9.

Tale interpretazione, che parte della dottrina ha considerato opinabile dal profilo della motivazione giuridica10,ha tuttavia raccolto l’avallo sostanziale an-

che da parte del legislatore che ha rinunciato ad introdurre un’esplicita aggiunta all’art. 114 c.p., che prevedesse espressamente la non punibilità dell’eutanasia attiva per motivi giustificati, sostenendo che l’interpretazione delle norme pe- nali in base ai principi della CEDU e della Costituzione federale permetteva già di assecondare attivamente le persone intenzionate (consapevolmente e libera- mente), a suicidarsi ma fisicamente impossibilitate a farlo11.

111, n. 5 e 6.

7  C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, cit., art. 111, n. 48 e rif.

8  J. Hurtado-Pozo, Euthanasie, cit., 219 e C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, cit., art. 111, nn.

21 e 67.

9Art. 14. – Chiunque agisce come lo impone o lo consente la legge si comporta lecitamente anche

se l’atto in sé sarebbe punibile secondo il presente codice o un’altra legge.Art. 17. – Chiunque commette un reato per preservare un bene giuridico proprio o un bene giuridico altrui da un peri- colo imminente e non altrimenti evitabile agisce lecitamente se in tal modo salvaguarda interessi preponderanti.

10  J. Hurtado-Pozo, Euthanasie, cit., 222.

3. Portata e condizioni del diritto al suicidio

Il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e la conseguente libera e non punibile facoltà di ottenere e prestare assistenza al suicidio comporta necessariamente il problema concreto delle modalità operative in cui esso viene attuato.

Il primo problema che la giurisprudenza ha dovuto affrontare è quello re- lativo alla carenza di strutture disponibili e in grado di intervenire nel campo del suicidio assistito. Il Tribunale federale aveva inizialmente interpretato l’art. 8 CEDU e l’art. 10 Cost. fed. nel senso che il diritto di morire non implicava il diritto di ottenere un suicidio assistito da parte dello Stato12.

In seguito a successive sentenze della CEDU13, che hanno confermato (oltre

al diritto individuale al suicidio) anche l’obbligo degli Stati di stabilire condi- zioni e modalità di accesso al suicidio assistito, pur se all’interno di un certo margine di apprezzamento, il Tribunale federale ha precisato la propria giuri- sprudenza in senso più estensivo14.

È stato così confermato il fondamento costituzionale di una norma ammi- nistrativa cantonale che obbliga le strutture sanitarie e ospedaliere pubbliche e private a garantire concretamente ed effettivamente l’assistenza al suicidio al proprio interno. Di conseguenza, pur non essendo la materia regolata in modo uniforme a livello federale, diversi cantoni hanno già introdotto l’obbligo a cari- co delle strutture sanitarie e ospedaliere di consentire al proprio interno i suicidi assistiti con relativa disponibilità delle necessarie infrastrutture.

Tale soluzione giurisprudenziale è stata espressamente motivata in base alla constatazione che le norme cantonali non si limitano a concedere un diritto po- sitivo delle persone ad ottenere l’assistenza al suicidio, ma ne prevedono espli- citamente condizioni e modalità con riferimento alle direttive elaborate dall’Ac- cademia svizzera delle scienze mediche15. Tali disposizioni prevedono che uno

specialista debba verificare la capacità di discernimento dell’interessato, che egli si trovi ad uno stadio terminale, in età avanzata o in condizioni di salute incura- bili e che abbia espresso il desiderio di morire liberamente rifiutando le possibili alternative terapeutiche dopo approfondita riflessione.

Di conseguenza le disposizioni amministrative, che obbligano le strutture sanitarie ed ospedaliere a prestare concreta assistenza al suicidio impongono contemporaneamente l’obbligo che gli interventi vengano preliminarmente ve- rificati sotto il profilo etico e scientifico.

12 Decisioni Trib. Federale 133, I, 58.

13  Sentenze CEDU Haas vs. Suisse 20.11.2011; Koch vs. Allemagne 19.7.2012; Gross vs. Suisse

14.5.2013; Lambert vs. France 5.6. 2015.

14  Decisioni Trib. Federale 13.9.2016.

4. Regolamentazione dell’aiuto al suicidio e rischi di abuso

Il riconoscimento legislativo e giurisprudenziale del diritto ad ottenere assi- stenza al suicidio e l’introduzione di un obbligo a carico delle strutture sanitarie di consentirne l’attuazione a chi adempie a precise condizioni di serietà e libertà della scelta completano sicuramente, sotto il profilo normativo, l’attuazione dei principi di autodeterminazione e di dignità individuale, senza compromettere il rispetto sostanziale della tutela della vita, ma lasciano ancora parzialmente scoperta la regolamentazione dettagliata delle procedure e delle strutture che si occupano concretamente dell’aiuto al suicidio.

In particolare, la rinuncia ad affidare l’assistenza al suicidio unicamente a strutture pubbliche e vincolate a norme cogenti non permette di escludere la nascita di strutture private scarsamente controllate e inclini a prassi permissive, se non addirittura redditizie, specialmente in considerazione del fatto che le legislazioni molto più restrittive di altri Stati potrebbero favorire quello che è stato definito in una mozione parlamentare «turismo dell’eutanasia»16.

La prassi elvetica17 ha avallato l’operato di due associazioni senza scopo

di lucro attive nel settore (Exit e Dignitas), ritenendo giustificato l’incasso del- le spese amministrative, sanitarie e medicamentose necessarie al suicidio, ma non ha stabilito chiari criteri di ammissibilità, rinviando a nozioni generiche quali «tariffe correnti» o «prezzi di mercato usuali» non meglio precisati. Anzi lo stesso Tribunale federale18 ha confermato l’obbligatorietà della promozione

di un procedimento penale da parte delle autorità inquirenti per verificare nei singoli casi gli importi concretamente percepiti dalle strutture private di assi- stenza al suicidio onde stabilire se essi possano configurare vantaggi parificabili ad un movente egoistico che fonderebbe l’applicabilità dell’art. 115 c.p. Questa latitudine di apprezzamento riservata (e per certi versi imposta) dal legislatore agli organi inquirenti nei singoli casi concreti potrebbe apparire insoddisfacente sotto il profilo della sicurezza del diritto19, ma è opportuno rilevare che l’inte-

ra materia, a livello internazionale, è confrontata con i progressi tecnologici e medici e con un’evoluzione in costante mutamento, con il conseguente rischio di una rapida obsolescenza delle regolamentazioni amministrative rigide e det- tagliate.

16  C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, cit., art. 115 n. 21. 17  C. Schwarzenegger, Basler Kommentar, cit., art. 115 n. 14. 18  Decisioni Trib. Federale 1 B 516/2011 cons. 2.4 e Id., 5 A 456/2013.

19  A. Eicker, S. Fich, Aktuelle juristische praxis, Zurigo, 2015, 591 ss.; S. Trechsel, Ch. Geht, Praxi- skommentar, cit., art. 115, n. 6 A.

Nel documento AUTODETERMINAZIONE E AIUTO AL SUICIDIO (pagine 72-78)