CAPITOLO 3 L’EDIZIONE SVIZZERA
3. L A M AISON DES P ETITS DELL ’I NSTITUT J EAN J ACQUES R OUSSEAU
Quando nell’ottobre del 1913 Teresa Bontempi e Jeanne Barrère presentarono a Ginevra, nella cornice di un corso dell’Istituto, l’esperienza di Maria Montessori, sollecitando la presenza dei bambini per rendere la spiegazione più chiara, i genitori dei più piccoli, sedotti da quanto osservato, chiesero che l’esperimento fosse prolungato all’interno dell’Istituto. Hélène Antipoff, Marguerite Eugster e Marguerite Gagnebit, studentesse del Jean-‐Jacques Rousseau, s’impegnarono perché ciò avvenisse.
Dato il successo dell’approccio, la Maison des Petits, così nominata in riferimento alle Case dei Bambini montessoriane, fu subito aperta all’interno dell’Istituto, e trasferita poco dopo in una delle proprietà di Claparède immersa nel verde, al numero 16 del chamin Sautter382. Nel settembre del 1914383 venne
381 «Nous avons organisé dans l’Institut J. J. Rousseau une Maison des Petits où le systèm
Montessori est pratiqué dans une certaine mesure, et avec succès. Ce système réintroduit dans l’éducation des petits cette spontanéité, cette initiative, cette individualité, qui était dans les idées de Froebel, mais que ses successeurs me paraissent avoir trop réduite, en coulant leurs procédés dans un moule uniforme et rigide. L’avenir nous éclairera à ce sujet», ivi.
382 La Maison des Petits cambiò più volte locazione nel corso degli anni. Tra il 1919 e il 1929, i suoi
locali furono trasferiti al n. 9 di avenue de Champel (in un'altra villa a Claparède). Nel 1922, divenne una scuola pubblica e nel 1929 venne nuovamente spostata in Boulevard Carl-‐Vogt. Mina Audermars e Louise Lafandel ne restarono alla guida fino al 1945. Nel 1970, l'Institut Jean-‐Jacques Rousseau divenne Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione e, nel 1975, Facoltà. La Maison
des Petits (situata au quai Wilson) è la scuola di applicazione della Facoltà, mentre è sotto la
supervisione della Direction de l'Enseignement Primaire. La scuola è stata poi diretta dalla professoressa Germaine Duparc fino al 1978.
383 «Dès le début de nôtre expérience à la “Maison des Petits” (septembre 1914)», M. Audemars, L.
istituzionalizzata e affidata alla maestra Mina Audimars; l’anno seguente, quando una nuova classe fu aperta per accogliere i numerosi iscritti, Louise Lafandel si unì alla collega. Insieme, Audimars e Lafandel, entrambe provenienti dal movimento froebeliano, diressero la Maison des Petits per oltre tre decenni.
La Maison des Petits, nel parco della proprietà di E. Claparède (1920ca)384
Nel 1917, la scuola elementare Maison des Grands fu fondata e diretta da Paul Meyhoffer, fino a a quando, nel 1921, dovette chiudere per mancanza di fondi. Al contrario, la Maison de Petits non solo sfuggì questo triste destino grazie ai sussidi forniti dai genitori dei bambini, ma nel 1922 il cantone ginevrino la integrò nel sistema educativo statale385.
Nel 1923 Audermas e Lafandel miserono nero su bianco in una brochure dedicata «ai numerosi visitatori», così come «ai genitori degli allievi e agli amici» della scuola, «il racconto della loro esperienza»386.
Eccola… la Maison des Petits. Alcuni la considerano come un laboratorio
384 Cfr. https://www.unige.ch/archives/aijjr/fonds/mdp/
385 Cfr. R.KOHLER, Jean Piaget (London: Bloomsbury Library of Educational Thought, 2014): 66. 386 «Cette modeste brochure est destinée à répondre à un desir quotidiennement exprimé soit par
les nombreux visiteurs que nous accueillons dans notre maison, soit par les parents de nos élèves et les amis de l’école. Elle ne remplace pas, mais elle devance le petit volume dès longtemps annoncé:
dove il bambino è sottomesso a delle esperienze destinate soprattutto a soddisfare le ricerche degli psicologi. Ma quanto è più corretta la definizione data da un ispettore giapponese che, un paio di mesi fa, cercando di riassumere le sue impressioni, si esprimeva così: “Qui, È L’OSSERVATORIO DEL BAMBINO, scopriamo le sue possibilità e le coltiviamo387.
Un’altra comparazione che le due direttrici trovarono azzeccata fu quella avanzata da un’educatrice americana, che dopo aver osservato il lavoro svolto nella Casa per circa due settimane, descrisse l’influenza dell’ambiente sui bambini come quella «di un’INCUBATRICE»388.
La crescita del bambino non è disciplinata dalle stesse leggi che regolano la vita universale?
Non è solo perché il seme è un seme che diventerà un fiore!
Il seme darà il fiore, purché sia collocato in un ambiente favorevole alla germinazione e alla fioritura389.
Con questa metafora montessoriana, le autrici cercarono di spiegare il fulcro del loro lavoro svolto alla Maison des Petits: «l’osservazione intensiva» era l’unico vero elemento che permettesse all’educatore «di scoprire le possibilità di crescita» del bambino e che dettasse le leggi da rispettare. Solo osservando era possibile definire le condizioni dell’ambiente, che doveva essere «in armonia» con le esigenze dei fanciulli. Questi ultimi – scrissero le direttrici – avevano in sé tutti i
387 «C’est là … la Maison des Petits. D’aucuns la considèrent comme un laboratoire, où l’enfant est
soumis à des expériences destinées avant tout à satisfaire les recherches des psychologues. Mais combien plus juste cette appellation d’un inspecteur japonais qui, il y a tantot deux mois, essayant de résumer ses impressions, s’exprimait ainsi: “Ici, C’EST L’OBSERVATOIRE DE L’ENFANCE, on découvre les pouvoirs de l’enfant et on les cultive», M. AUDEMARS, L. LAFENDEL, La Maison des Petits
de l’Institut J. J. Rousseau (Neuchatel: Delachaux et Niestlé, 1923): 7.
388 «Un autre comparaison, non moins suggestive, fut celle d’une éducatrice américaine qui, ayant
assisté pendant deux semaines au travail journalier des enfants, assimilait l’influence du milieu à celui d’une COUVEUSE», ibidem.
389 «La croissance de l’enfant n’est-‐elle pas régie par les mêmes lois que celles qui président à la vie
universelle? Ce n’est pas seulement parce que la graine est graine qu’elle deviendra fleur! […] La graine donnera la fleur, à condition qu’elle soit placés dans le milieu favorable à la germination et à la floraison», ivi: 8.
principi per formare autonomamente il loro essere: «avidi interrogatori», avevano sete «di osservare di persona» e di sperimentare quelle «impressioni dirette», che solo un ambiente strutturato su misura avrebbe potuto garantire390.
Nella brochure Audemars e Lafendel descrissero precisamente il doppio scopo assegnato alla Maison. Per prima cosa era di fondamentale importanza cercare, sperimentare e verificare l’efficacia dei nuovi metodi pedagogici; in secondo luogo era altrettanto saliente guidare un team di giovani educatori a
contatto con le verità svelate dai bambini stessi. «Di giorno in giorno, l'educatore
che rispetta le leggi della crescita assiste a ogni tipo di manifestazione, a vere e proprie trasformazioni»391: anche la più piccola evoluzione del bambino era per i
tirocinanti-‐educatori una nuova lezione da apprendere e ricordare. Di fatto, l’Institut Jean-‐Jacques Rousseau permetteva agli studenti particolarmente
interessati all’educazione, di svolgere un tirocinio di «uno, due, a volta fin tre
anni»392, a seconda dell’obiettivo che volessero perseguire.
Le direttrici promossero un approccio eclettico, basato principalmente sull’educazione funzionale di Claparède, legata alla teoria dello sviluppo distinta in fasi. Inizialmente il bambino adattava le cose a se stesso, in un secondo momento l'attività motoria si combinava spontaneamente all'attività mentale, per arrivare al punto in cui avrebbe integrato le esigenze esterne alla sua realtà psichica, abbracciando il mondo che lo circondava con una curiosità quasi scientifica. A queste singole fasi corrispose l'organizzazione degli ambienti, ognuno dedicato a una specifica funzione e rivolto ad una specifica età: la stanza della costruzione, quella per la modellazione, una per il linguaggio e un’altra ancora per il calcolo, così come un laboratorio per gli apprendisti e uno per i ricercatori. I giochi vennero costruiti su misura, adattandoli alle esigenze e agli interessi delle diverse
390 «Une observation intensive de l’enfant met l’éducateur en mesure de découvrir toutes les
possibilités de croissance qui sont en lui. C’est cette observation qui impose rigoureusement les lois auxquelles il doit se conformer. C’est elle qui dicte les conditions du milieu qui doit être en harmonie avec ces lois. L’enfant part de lui-‐même pour aller à la recherche, à la conquête de tout ce qui est nécessaire à la formation de son être. Il a en lui tous les principes de croissance […]questionneur avide, il a soif de voir par lui-‐même. Il doit se nourrir d’expériences personnelles, il lui faut des impressions de première main», ibidem.
391 «De jour en jour, l'éducateur respectueux des lois de croissance assiste à des éclosions de tous
genres, à de véritables transformations», ivi: 13.
392 «Les élèves qui se destinent particulièrement à l'éducation des petits y font un stage de un, deux,
fasi.
In accordo con questi concetti vennero definiti i ruoli e le attività delle
educatrici così come quelli dei tirocinanti in formazione. Questi ultimi, che passavano alla Maison da uno a tre anni della loro formazione, avevano l’obbligo di presentarsi nella scuola tre mattine la settimana, scegliere in quale aula lavorare, osservare i bambini, studiare i programmi da presentare secondo le loro esigenze e poi discutere in gruppo le problematiche emerse e le impressioni che il lavoro aveva destato in loro. Al fine di preparare al meglio il materiale didattico, rispondendo alle «curiosità scientifiche» dei fanciulli, l’Istituto mise a disposizione dei tirocinanti un’intera biblioteca in cui questi potessero svolgere le loro
ricerche393.
La Maison des Petits rappresentò anche uno dei principali punti di forza dell’Istituto, che fin dall’inizio si era proposto anche come centro di ricerca per le nuove pratiche educative. Tre furono le principali ramificazioni di quest’ambito: il primo, specifico per le direttrici, si sviluppò all’interno della pratica educativa, permettendo, attraverso momenti di confronto e riflessione, di definire quali fossero le fasi di sviluppo dei bambini e di adattare a esse la pratica pedagogica stessa; il secondo riguardò principalmente i tirocinanti, a cui fu richiesto di condurre osservazioni e analisi sistematiche dei metodi applicati. L’ultimo, che fu soprattutto il risultato della ricerca inaugurare di Jean Piaget e dei suoi collaboratori, riguardò le possibilità della Maison di presentarsi quale terreno fertile per lo studio di una nuova psicologia infantile.
I tirocinanti del secondo anno, aspiranti al diploma della Maison des Petits erano responsabili di piccoli gruppi di bambini dai 6 ai 7 anni. A loro scelta, potevano studiare una materia particolare: Audemars e Lafandel riportarono
l’esperienza di chi scelse d’insegnare «la letteratura» e per questo fu avviato
all’approfondimento del metodo di «Decroly»; altri preferirono specializzarsi «in matematica», altri ancora si documentarono «sull’origine della navigazione»,
393 «Une bibliothpque bien fornie est à la disposition des élèves qui doivent se mettre à même de
poiché a questo si erano dimostrati interessati i bambini che avevano in custodia394.
Agli studenti più avanzati fu data la possibilità di presentare il loro lavoro personale, relativamente le pratiche svolte. Questo diede loro lo spazio di discutere del materiale utilizzato con i bambini, in base anche ai diversi metodi d’insegnamento attuati. Montessori, Froebel, Dewey e Decroly furono solo alcuni dei pedagogisti le cui teorie furono testate e approfondite nella Maison des Petits. Gli studenti interessati ad approfondire un metodo in particolare, potevano raggruppare un piccolo gruppo di bambini in una stanza riservata specificatamente allo scopo.
Forse sulla scia della Casa dei Bambini parigini, che aveva aperto le porte
anche agli insegnamenti di Alice Hérès e Emile Dalcroze395, forse nello spirito che
accomunò molte delle figure che scelsero di abbracciare la filosofia montessoriana senza tuttavia elevarla a unica pratica possibile d’insegnamento, o forse, semplicemente, nel pieno spirito di ricerca scientifica per cui si distinse l’Istituto Jean-‐Jacques Rousseau, la Maison des Petits, pur avendo nel nome un esplicito riferimento alle Case dei Bambini, scelse di abbracciare quante più pratiche pedagogiche possibili per poter studiare, allievi, insegnanti e direttrici assieme, quale fosse il miglior metodo (o l’insieme di metodi) per educare le nuove generazioni.
Più ortodosso, in questo senso, fu il lavoro delle allieve italiane di Maria Montessori, che non solo diffusero in maniera esemplare la pedagogia montessoriana nel Canton Ticino. Le stesse, permisero la creazione di una rete di relazioni straordinaria tra la Svizzera, la Società Umanitaria di Milano e Montessori stessa, con uno scambio continuo d’informazioni, materiali e direttrici, che rafforzò
le pratiche svolte tanto in Ticino quando in Italia396.
394 «Les stagiaires de deuxième année aspirant au diplôme de la Maison des Petits ont la
responsabilité de petits groupements d'enfants de 6 à 7 ans. A leur choix, elles étudient un sujet particulier; ainsi cette année l'une d'elle a choisi l'enseignement de la lecture et s'est initiée ò la méthode Decroly; une deuxième a choisi l'initiation mathématique et la troisième s'est spécialement documentée en vue de renseigner les enfants l'origine de la navigation», ivi: 29-30.
395 Vedi in questa tesi: 166.
396 Strumento irrinunciabile per la comprensione dell’evoluzione del movimento montessoriano in
Svizzera è il testo di H.BAUMANN, Hundert Jahre Montessori-‐Pädagogik. 1907-‐2007. Eine Chronik der