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L’ammissibilità dei c.d poteri impliciti nell’acquisizione probatoria

Il principio di legalità determina che l’esercizio dei poteri amministrativi avvenga sulla base delle attribuzioni di legge e secondo le modalità ivi stabilite.

La questione del livello di dettaglio della legge nella definizione dell’ambito di intervento della P.A. interessa anche la possibilità di configurare poteri amministrativi impliciti, ossia poteri non espressamente previsti, ma comunque riconducibili alla voluntas legis132.

Dirimente sul punto è proprio la compatibilità di simili poteri col principio di legalità133, connesso al principio democratico, a rigore del quale soltanto

l’atto espressione di volontà popolare può comprimere le posizioni di

131 La dottrina e la giurisprudenza amministrative sono divise su posizioni di netta

chiusura, da un lato, e di timida apertura, dall’altro (in particolare per le autorità amministrative indipendenti, le cui attribuzioni sono dettate in prevalenza per valori e per obiettivi, per cui sovente i provvedimenti vengono costruiti in funzione delle finalità perseguite, estendendone il contenuto tipico).

132 La tematica si pone nelle ipotesi che il legislatore abbia omesso di disciplinare

dettagliatamente l’ambito di azione della P.A., per una imperfetta tecnica redazionale delle disposizioni oppure per una genericità necessitata dall’indeterminabilità a priori, cui segue una volontaria “delega” all’organo amministrativo nella specificazione delle singole manifestazioni del potere a seconda del contesto di riferimento. Nel nostro settore, il problema di colmare un’eventuale lacuna ordinamentale tange la problematica del divieto di applicazione analogica, la cui osservanza impone di limitare la norma ai fatti ivi disciplinati espressamente e riconducibili secondo la tecnica dell’interpretazione estensiva. In disparte l’ulteriore interessante questione riguardo alla (in)operatività del divieto di analogia per le norme procedimentali, che non riguardano la disciplina sostanziale del tributo (quali quelle in tema di poteri istruttori).

133 Il cui riconoscimento costituzionale è solito rinvenirsi nell’art. 23 Cost. Nella dottrina

amministrativa si richiama spesso altresì l’art. 97 o il 113 Cost. In particolare l’art. 97 Cost. è enfatizzato nella parte della disposizione che contempla il ruolo della legge nell’organizzazione dei pubblici uffici e nell’assegnazione delle rispettive sfere di competenza ed attribuzioni. La parte dell’art. 97 Cost. riferita al principio di imparzialità, invece, pare concernere più che l’esistenza di un determinato potere amministrativo, le modalità del suo esercizio.

autonomia e libertà dei singoli individui, e col principio di divisione dei poteri e con lo Stato di diritto, a mente del quale i diritti individuali sono garantiti dal legislatore rispetto all’azione della P.A.

Qualora si ammettesse l’ammissibilità dei poteri impliciti, la P.A. sarà onerata comunque di un’interpretazione della norma giuridica che ne consenta la sussumibilità di questi; in caso di esercizio di potere totalmente privo di referente normativo si darebbe luogo ad un’ipotesi di nullità del provvedimento ex art. 21 septies L. 241/90134.

L’esercizio del potere deve, quindi, essere in ogni caso riconducibile alle previsioni di legge, attraverso la valorizzazione del nesso teleologico funzionale o strumentale tra i poteri e funzioni espressamente attribuiti e quelli dai medesimi implicati.

Appare pertanto fondamentale l’operazione ermeneutica della legge, di cui dare contezza nella motivazione del provvedimento che di detti poteri faccia applicazione.

In dottrina si è osservato che i poteri impliciti si muovano non al di fuori, ma all’interno dei confini dell’ambito ordinamentale coperto dalla norma attributiva, come misure concrete dell’interesse pubblico che vengono innominatamente conferite all’Amministrazione per graduare gli interventi in positivo consentiti dalla legge135.

A nostro parere la teorica dei poteri impliciti, riferita ai poteri regolamentari e ai poteri provvedi mentali, può ampliarsi fino a ricomprendere quella particolare branca del diritto amministrativo che è il diritto tributario.

In specie, per quel che ci interessa in questa sede, si potrebbe giungere fino ad ammettere poteri d’indagine tributaria atipici, ricavabili in via

134 Nullità per carenza di potere o difetto di attribuzione. Vizio questo indiscutibilmente

applicabile agli atti istruttori come agli atti impositivi.

135 Per la dottrina amministrativa che si è occupata del tema, si rinvia a BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano, 2001, 417; MORBIDELLI, Il principio di legalità

interpretativa dalle norme attributive dei poteri istruttori136; il che,

riguardando atti endoprocedimentali, sembra in realtà meno azzardato della previsione di poteri provvedimentali atipici137.

Con specifico riguardo ai poteri di indagine dell’Amministrazione finanziaria, parte della dottrina ha sostenuto che la loro introduzione e regolamentazione presuppone comunque un intervento legislativo, in ossequio al principio di legalità e alle riserve di legge poste a garanzia delle libertà fondamentali, che a sua volta soggiace ai canoni costituzionali della ragionevolezza, della necessarietà e della proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini138.

Si è affermato come la ricerca del punto di equilibrio tra libertà ed autorità debba essere appannaggio del legislatore anche laddove non sia prescritta una riserva di legge, in ossequio al principio di legalità dell’azione amministrativa139.

L’intervento della Consulta potrà allora censurare sotto il profilo della ragionevolezza le norme procedimentali sia nell’ipotesi di previsione normativa di poteri di indagine inidonei a consentire l’esercizio della funzione impositiva, sia nella evenienza che detti poteri siano talmente invasivi da sacrificare sproporzionatamente posizioni tutelate dalla Carta costituzionale.

136 Ed anzi, la fondatezza di una simile asserzione trova particolare pregnanza

nell’ordinamento tributario, laddove la chiara ed univoca fissazione legislativa dell’obiettivo, dello scopo finale da raggiungere, ossia l’equo riparto dei carichi pubblici attraverso una corretta contribuzione, farebbe propendere per la massimizzazione dei poteri conferiti all’A.F. per la prevenzione e contrasto all’evasione fiscale. In altri termini, il fine pubblico da perseguire renderebbe, ci sembra, superflua una tassativa elencazione dei poteri di indagine e, soprattutto, il loro dettaglio contenutistico ed operativo.

137 E comunque che non vi sia nell’ordinamento tributario un principio di tassatività dei

provvedimenti d’imposizione, perlomeno quanto a forma e nomen iuris, pare confermato dalla disciplina processuale dell’art. 19 D.Lgs. 546/92, laddove l’elencazione si considera, per dottrina dominante, tassativa nei soli “contenuti” di autoritatività dei provvedimenti tipici ivi indicati, che devono interessare il provvedimento “innominato” perché sia direttamente lesivo ed impugnabile.

138 Cfr. VIOTTO, cit., 17.

139 Conforme, ex pluribus, PERRONE, Discrezionalità e norma interna nell’imposizione tributaria,

5 e LA ROSA, Caratteri e funzioni dell’accertamento tributario, in DI PIETRO (a cura di),

Rimane comunque prerogativa del legislatore fissare i poteri e determinarne gli ambiti applicativi, anche in considerazione di altri principi di rango costituzionale, quali quelli dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa140.

Ciò detto con riguardo all’atipicità degli strumenti di prova, esistono comunque limiti precisi all’esplicarsi del potere istruttorio, rinvenibili principalmente dalla Carta costituzionale.

L’ordinamento tributario è infatti ispirato ai principi di legalità141 e

dell’inviolabilità dei diritti e libertà fondamentali della persona, presidiati da riserve di legge e di giurisdizione.

I poteri istruttori autoritativi di cui è dotata l’Amministrazione finanziaria consentono a questa di incidere sulle libertà fondamentali.

Si tratta di quei poteri che un’autorevole dottrina ha denominato “innovativi”, nel senso della loro attitudine, attraverso atti giuridici o materiali, a costituire, modificare ed estinguere posizioni, situazioni, qualità, altri poteri, rapporti giuridici.

Al riguardo si è parlato più propriamente di “potestà”, avendo riguardo alla posizione di supremazia, di superiorità, di autorità di cui è investito il titolare dei suddetti poteri rispetto ai soggetti che ne sono destinatari142.

5. Profili di discrezionalità e di vincolatività nell’esercizio dei poteri