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E’ stato acutamente osservato che anche sul piano probatorio si manifesta il profilo autoritativo del potere tributario, attraverso quel particolare sistema di regole normative che stabiliscono la tipologia di prove che si formano nella fase procedimentale e la loro valenza anche in sede processuale125.

123 Vedasi MOSCHETTI, Evoluzione e prospettive dell’accertamento dei redditi determinati su base contabile, in PREZIONI (a cura di), Il nuovo accertamento tributario tra teoria e processo, Roma Milano, 1996, 122.

124 Attenta dottrina riferisce alcune libertà anche ai soggetti diversi dalle persone fisiche. 125 MAFFEZZONI, Profili di una teoria giuridica generale dell’imposta, Milano, 1969, 53 ss., si

esprime nel senso che l’accertamento tributario si configura come un’attività di precostituzione di prove, relative ai presupposti del legittimo esercizio del potere d’imposizione, nel senso che trattasi di un’attività giuridicamente disciplinata, che si compenetra e trasfonde interamente nell’attività d’imposizione, cioè nell’esercizio del potere. Tale teorica costitutiva si caratterizza perché riferisce l’efficacia costitutiva del procedimento d’imposizione soltanto con riferimento al diritto soggettivo alla prestazione a titolo d’imposta o sanzione in capo all’ente pubblico impositore; l’obbligo giuridico tributario nascerebbe sempre in virtù della legge, al momento del verificarsi del presupposto di fatto, senza che a questo corrisponda alcun diritto soggettivo, ma piuttosto un potere d’imposizione.

La connessione tra potere tributario e prova dei fatti giuridici raggiunge il massimo grado nelle prove la cui efficacia dimostrativa è predeterminata ex

lege126.

Il legislatore fiscale interviene sul piano probatorio allo scopo di riequilibrare la situazione di inferiorità conoscitiva in cui versa l’A.F. e talvolta con l’intento di sanzionare indirettamente comportamenti non collaborativi del contribuente.

La peculiare disciplina tributaria in tema di prove non fonda le sue radici esclusivamente nel profilo autoritativo che connota l’agire dell’A.F., ossia nel potere tributario.

D’altro canto, le regole dettate per l’istruttoria tributaria devono confrontarsi con esigenze di efficacia, precisione ed efficienza127.

La dimostrazione o il giudizio di fatto che l’Amministrazione è chiamata ad effettuare, non possono essere avulsi dal contesto storico di riferimento: l’A.F., pur avendo il potere di determinare unilateralmente come sono andati i fatti128, è tenuta a motivare le ragioni del proprio operato,

dimostrando in quale modo è pervenuta alla ricostruzione espressa nel provvedimento129.

126 Che si contrappongono alle prove la cui efficacia sulla formazione del convincimento del

giudice è rimessa alla libera valutazione di costui.

127 La lotta all’evasione va svolta attraverso una preventiva ed attenta attività di intelligence,

volta a selezionare le posizioni maggiormente a rischio, tenendo in conto non soltanto la conoscenza della realtà economica di riferimento, ma anche le esigue risorse materiali ed umane a disposizione rispetto al fenomeno, che quindi vanno indirizzate e concentrate in un’ottica di massimizzazione dei risultati, secondo parametri di proficuità comparata. Il che può significare concentrarsi su pochi controlli che consentano il recupero di enorme gettito; non va però trascurato l’incentivo alla tax compliance, che passa attraverso una rieducazione alla contribuzione, anche per mezzo del controllo diffuso sul territorio, poiché la numerosità dei controlli rende visibile la presenza del Fisco e costituisce efficace deterrente, assieme ad altre misure, all’occultamento dell’imponibile.

128 Nel far questo, non sono consentite ricostruzioni fattuali arbitrarie, non assistite da un

elevato grado di credibilità razionale.

129 Nel senso del testo, vedi CIPOLLA, cit., 238 239. L’A. ritiene che: <in un ordinamento

democratico la prova procedimentale si presenta come una sorta di stanza di compensazione tra la posizione di potere vantata dall’A.F. e la posizione di diritto soggettivo vantata dai contribuenti… Un ulteriore corollario della funzione assolta dalla prova procedimentale in uno Stato di diritto è rappresentato dal divieto degli uffici di utilizzare prove illecitamente raccolte>.

Ciò che è imposto al legislatore sul piano sostanziale, di forgiare il presupposto del tributo tenendo conto di una capacità contributiva del soggetto passivo concreta, effettiva ed attuale, trova un corrispondente obbligo in capo all’A.F. che, nei controlli fiscali, deve accertare quegli stessi fatti, atti o situazioni che manifestano quella capacità di concorrere alle spese pubbliche.

Vengono, quindi, in rilievo le esigenze di completezza conoscitiva che consentano all’A.F. la libera e consapevole formazione del proprio convincimento, attraverso: la partecipazione del contribuente al controllo130,

di indicare le prove della pretesa erariale nella motivazione dell’atto di accertamento, di applicare con congruità e ragionevolezza le disposizioni normative che prevedono preclusioni probatorie in capo al contribuente. Nel procedimento tributario l’acquisizione probatoria è caratterizzata da un sistema aperto, non essendo positivizzato un principio di tipicità dei mezzi di prova di cui può disporre l’Amministrazione finanziaria nell’accertare il corretto adempimento degli obblighi tributari dei contribuenti.

Pur in presenza di disposizioni volte a disciplinare i poteri istruttori a disposizione degli uffici fiscali, non soltanto il legislatore usa spesso l’espressione di “elementi di prova comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria”, ma la stessa elencazione dei mezzi di acquisizione sembra puramente esemplificativa.

130 La giurisprudenza ha costantemente negato l’esistenza di un principio generale di

partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento; ciò che, del resto, trova conferma nell’esclusione in materia del capo III della Legge 241/90 in tema di partecipazione procedimentale. Il coinvolgimento del contribuente in sede di controllo, laddove non espressamente positivizzato, resta perciò una facoltà per gli uffici finanziari. Cfr. ex multis Cass. 23 luglio 2008, n. 20268: <l’attività dell’Amministrazione finanziaria, avendo natura amministrativa, non è retta dal principio del contraddittorio, sì che l’art. 51, co. 2, n. 2 del D.P.R. 600/73, nel prevedere la convocazione del soggetto che esercita l’impresa con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all’Amministrazione una facoltà discrezionale e non un obbligo, con l’ulteriore conseguenza che il mancato esercizio di tale facoltà non trasforma in presunzione semplice la presunzione legale che riferisce i movimenti bancari all’attività svolta dal contribuente, su cui grava perciò l’onere della prova contraria in sede contenziosa, a norma dell’art. 32 D.Lgs. 546/92>. Vedasi anche le ivi richiamate Cass. 19947/2005 e 6232/2003.

Al riguardo, a parere di chi scrive, potrebbe trovare ingresso quella recente costruzione dogmatica, nata nel diritto amministrativo, circa l’ammissibilità dei c.d. “poteri impliciti”131.