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5. L’analisi conclusiva

I proverbi presi dalle raccolte dei differenti autori e le interviste rappresentano due aspetti della definizione di cultura, che con particolare riferimento alla cultura araba, ben distingue la lingua scritta dall‟orale. La cultura scritta si presenta, nel nostro caso, variegata, vasta e ponderata mentre quella orale è immediata, ristretta a poche locuzioni, che in utilità alla nostra ricerca, hanno prodotto dati caratterizzanti una certa staticità del genere orale rispetto allo scritto. Ripetizioni degli stessi detti, silenzi rispetto agli stessi argomenti, sono indice, di quello che molti definiscono come la fortuna del proverbio, la sua popolarità e diffusione.

La proporzione statistica si basa, circoscrivendosi nel contesto del nostro lavoro di ricerca, sull‟elemento qualitativo e non quantitativo dei dati. Quello che si vuol intendere è che, questo elemento statico di diffusione dei detti proverbiali è direttamente proporzionale al numero di persone intervistate. In altre parole, ciò che le staticità e le varianti di staticità, come i cambiamenti lessicali degli stessi proverbi, oppure come la variante legata alla sottocultura familiare o alla provenienza regionale e la formulazione di nuovi proverbi; possono essere soggetti a mutamenti in linea proporzionale rispetto al numero degli intervistati. Queste affermazioni sono state sopra esposte anche tenendo presente l‟utilizzo del dialetto che è più “limitato” nella sua espressione speculativa, rispetto all‟arabo classico, è il caso delle risposte degli intervistati alla domanda “secondo te cosa è un proverbio?”, dove molti risposte si sono espressi in arabo classico.455

La conclusione di questo capitolo è rintracciabile su tre punti conclusivi fondamentali:

I. il genere letterario dei proverbi è molto più diffuso in arabo classico che in dialetto, infatti, quest‟ultimo prende in prestito molti detti classici della tradizione islamica elaborandoli e/o confondendoli con quelli strettamente legati alla tradizione del luogo. 456

455

Si veda supra.

456 A supporto di quest‟affermazione il lavoro di ricerca di V. Sagaria Rossi, già citato in precedenza, che parla di: «[…] crocevia di un genere letterario[…]» dove: «[…]la vastissima produzione

166 II. La percezione di questo genere letterario folkloristico è ancora agli albori e non presenta, da parte degli studiosi indigeni e madrelingua, studi e lavori scientifici esaustivi che permettano una presa di coscienza della ricchezza sociale che questo genere rappresenta.

III. I proverbi saranno di supporto all‟analisi della personalità del popolo

tunisino, affrontata nelle pagine che seguono.

ḥaḏīṯ, mimetizzatesi attraverso processi e passaggi storico-linguistici risalenti presumibilmente all‟età preislamica[…]».. Cit. Op. cit. pag.9

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Capitolo III

1. Introduzione

Dopo aver presentato alcuni proverbi della tradizione tunisina, scelti su argomenti salienti per quanto riguarda l‟analisi sociale da noi voluta, si giunge ora alle conclusioni del nostro lavoro che, seppure teoriche e speculative, mirano a determinare un modello, che definisca comuni modi di pensare del popolo tunisino. Ciò è reso possibile grazie all‟acquisizione di un aspetto linguistico, quello dei proverbi, che va ben oltre la semplice comunicazione orale tra individui. Quello che si vuole dimostrare è che il linguaggio, con le varie espressioni e sfumature linguistiche, una volta acquisite, se ben modulate, può essere utilizzata per avvicinarsi al cuore di un popolo, nel rispetto dello stesso457, con il fine ultimo l‟acquisizione della conoscenza profonda ed empirica impregnata di teatralità pirandelliana.458 Nel primo capitolo del seguente lavoro nel paragrafo dedicato a ”La difficoltà

delle definizioni” 459

del genere proverbiale si è affrontato il tema del controllo

sociale che caratterizza il proverbio e ne definisce la propria forza persuasiva. Questa peculiarità fa sì che il proverbio diventi un‟ àncora di salvataggio che «[…] help us articulate our choices they cannot tell us how to

rank the available options[…]»460 ed è d‟ausilio a una «[…] co-evolution of

language and the brain[…]»461

che ha promosso il ricordo cognitivo ed evolutivo attraverso immagini prodotte dal linguaggio.462 Questo linguaggio per immagini è la base strutturale di uno o più modelli culturali su cui si plasmano le personalità popolari o nazionali. In accordo a quanto afferma Cardona: «[...] Assodato che le varie lingue non sono perfettamente

omologhe tra loro, si tratta di stabilire se in esse si esprime anche un pensiero differente che sente il bisogno di tradursi in categorie linguistiche differenti, oppure se le stesse categorie ma con distribuzione differente, oppure se la diversità linguistica ha portato con sé una diversità di

457 Si veda capitolo precedente pag. 12

458 Per approf. sul teatro mentale di Pirandello si consiglia un buon libro d‟antologia come: G. Baldi, Giusso, Razetti, Dal testo alla storia, dalla storia al testo, S.I., Paravia, 1998.

459

Si veda capitolo precedente pag. 14 460 Cit. Op. cit. pag. 1

461 Cit. Ibidem 462 Cfr. Ibidem

168

pensiero.[...]».463 Un esempio concreto preso dal nostro corpus di proverbi è

questo detto: “l-ba‟īd „ala l-„ayn, ba‟īd „ala l-qalb”(Lontano dagl‟occhi, lontano

dal cuore)464che presenta un‟analogia tra il detto tunisino e la sua traduzione

in italiano ma senza coincidere con il messaggio che il proverbio vuole comunicare nella cultura di riferimento. Differenza di pensiero o di distribuzione? A questo quesito Cardona risponde che: «[...]I sostenitori della

propria lingua affermano che la lingua informa di sé il pensiero di chi parla, perché è stata il mezzo per conoscere la realtà. Quindi il parlante non può conoscere della realtà che quello che la lingua gli porge già analizzato in termini linguistici[...]».465 Dunque se esiste una connessione tra lingua e

realtà, in questi termini il proverbio si definisce come un reperto archeologico di una cultura materiale presente su tutti i livelli di studio delle scienze umane, tra cui anche il linguaggio. Il linguaggio, come espressione personale della realtà in cui si vive, crea cultura e quest‟ultima si determina in un gruppo attraverso delle scelte collettive effettuate nel tempo466. Le scelte segnano un percorso ricco di esperienze cognitive fondamentali che definiamo come storia. La storia, essendo il risultato di scelte collettive, a sua volta, influenza la personalità dell‟individuo appartenente al gruppo e ne costituisce il suo pensiero e la sua identità. La formazione della personalità individuale si riflette, poi, nell‟identità del gruppo e di conseguenza, va a definirsi con il termine nazionale. In questo processo ciclico di formazione identitaria, derivato dall‟influenza reciproca di più elementi, cosa c‟è, dunque, di più rilevante del proverbio467 per comprendere la personalità e l‟identità di un popolo?

Riguardo al nostro lavoro l‟analisi paremiologica è attuata con lo scopo di far emergere le peculiarità identitarie e nazionali di un popolo attraverso l‟identità linguistica dialettale, folkloristica, che è, a nostro avviso, l‟essenza dell‟individuo. Ciò che viene proposto in seguito è l‟analisi storico-sociale del popolo tunisino che ha influenzato la visione della realtà in stretta connessione con ciò che i proverbi dicono.

463

Cit Op. cit. G. R. Cardona, Introduzione all‟etnolinguistica, 1976 pag. 106. 464

Si veda capitolo precedente pag. 43 465Cit. Ibidem

466 Si veda capitolo primo, paragr. 2 del seguente lavoro. 467 Si veda la definizione dello stesso nel capitolo 1.

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