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L’analisi della covarianza e dell’andamento di una serie

1. Il ruolo delle variabili latenti nello studio dei fenomeni finanziari

1.4 L’analisi della covarianza e dell’andamento di una serie

L’analisi dell’andamento dinamico della serie storica di una variabile finanziaria (per esempio, il rendimento di un titolo) ricopre un ruolo di primissimo piano nell’econometria finanziaria.

Nell’impostazione media-varianza della teoria standard del portafoglio di Markowitz e sotto l’ipotesi di efficienza dei mercati (Fama, 1970), il processo generatore dei dati di una serie storica dei rendimenti di un titolo azionario

{ }

T

t t

R =1

è approssimabile ad un random walk e, per questa ragione, i valori futuri di Rt

non sono prevedibili (Fama, 1965). Il valore atteso condizionato risulta essere

R R

E( tt1)=

dove Ιt1=

{

Rt1 ,Rt2 ,...

}

indica l’informazione disponibile fino al tempo t – 1. La volatilità, espressa in termini di varianza condizionata, è, anch’essa, ipotizzata come costante nel tempo:

2 1)

|

(Rt Ιt

Var .

Inoltre, in questa impostazione, i rendimenti sono assunti come indipendenti nel tempo, identicamente distribuiti e approssimativamente normali. Tuttavia, numerose analisi empiriche hanno evidenziato il fatto che queste ipotesi nella realtà fenomenica non vengono rispettate.

Per questa ragione, nella letteratura econometrica sono state introdotte alcune proposte metodologiche in grado di gestire la non stazionarietà e la non normalità delle serie storiche finanziarie, oltre alla dipendenza temporale esistente tra le osservazioni (modelli ARIMA, ARCH, ecc.). Più recentemente, è stato necessario anche affrontare altre due problematiche tipiche dei processi stocastici sottostanti le variabili finanziarie: il cambiamento dei regimi ed i break strutturali. Hamilton (1989) sottolinea come non curarsi di queste caratteristiche spesso presenti nelle

serie storiche finanziarie conduca ad uno scarso adattamento del modello ai dati osservati ed a una performance previsiva insoddisfacente.

Riprendendo il lavoro seminale di Goldfeld e Quandt (1973) sulla regressione con cambiamenti di regime, Hamilton propone una classe di modelli con parametri che variano nel tempo in base a processi stocastici di tipo markoviano (Hamilton e Raj, 2002). Questo approccio rappresenta una valida alternativa non lineare alle specificazioni ARIMA di Box e Jenkins o ai modelli di tipo ARCH e permette un miglioramento sostanziale nella precisione della previsione (Lamoureux e Lastrapes, 1993; Hamilton e Susmel, 1994).

Se l’andamento della serie dei rendimenti del titolo

{ }

T t t

R =1 è soggetto a

cambiamenti discreti nei regimi, ovvero a periodi in cui la dinamica della serie è marcatamente diversa, allora è utile considerare un modello che sfrutta il processo stocastico osservato per inferire su di un insieme di stati latenti discreti che caratterizzano un processo non osservabile sottostante in grado di spiegare le variazioni della serie osservata. Per esempio, i rendimenti dell’attività finanziaria possono essere caratterizzati da periodi di forte crescita, profondo declino o da fasi di stabilità ed i cambiamenti tra questi regimi possono essere modellati attraverso un processo markoviano che indaga la struttura di covarianza presente nella serie. Il ricorso ad una specificazione a catena di Markov offre non solo la possibilità di individuare le variazioni tra uno specifico stato ed un altro, ma permette anche di prevedere la dinamica futura della serie dei rendimenti.

Per queste ragioni, il latent Markov model (LMM) che rappresenta il modello a struttura latente particolarmente adatto per lo studio di serie storiche e dati longitudinali, comincia ad ottenere un discreto successo nell’analisi dei fenomeni finanziari (Rydén et al., 1998; Dias et al., 2008; Frühwirth-Schnatter e Kaufmann, 2008). Il LMM si basa sull’assunzione che gli stati latenti, interpretabili come i diversi regimi, non siano tra loro indipendenti ma seguano una struttura di tipo markoviano. In tal modo, il modello risulta piuttosto generale e flessibile e

permette di valutare la (auto)correlazione presente nei dati osservati attraverso una dipendenza che decresce a zero al crescere della loro distanza nel tempo.

La variabilità della serie storica osservata può quindi essere analizzata attraverso un LMM che ipotizza le osservazioni come appartenenti ad una di tante distribuzioni condizionali differenti, ognuna associata ad un diverso stato latente. In questo aspetto, il LMM è paragonabile all’analisi a classi latenti sia come modello di mistura di distribuzioni sia per l’efficiente metodo di classificazione che è in grado di fornire, raggruppando nello stesso stato latente le osservazioni temporali che presentano caratteristiche simili. Nel LMM, i gruppi, definiti stati latenti ed equivalenti alle classi dei modelli a classi latenti, sono interpretabili come i diversi regimi che caratterizzano l’andamento dinamico della serie oggetto di analisi. Inoltre, modellando le variazioni nei regimi tramite una mistura di distribuzioni (gaussiane, nel caso di

{ }

T

t t

R =1), il LMM permette di ovviare alla non

normalità della serie finanziaria, riuscendo a catturare quasi ogni allontanamento dalla distribuzione normale (Dias et al., 2008).

Negli ultimi anni, nella letteratura econometrica, lo studio del cambiamento dei regimi di una o più serie storiche finanziarie ha riscosso parecchio successo. L’inclusione di una componente latente caratterizzata da un processo markoviano nei modelli autoregressivi o per l’analisi dell’eteroschedasticità condizionata ha permesso di ottenere risultati piuttosto interessanti. Tuttavia, l’attenzione dei ricercatori si è rivolta principalmente allo studio della componente di rischio e, quindi, all’estensione della specificazione dei modelli per la varianza condizionata. In questo ambito, i principali riferimenti sono il modello ARCH con cambiamenti di regime, detto SWARCH e proposto da Hamilton e Susmel (1994) o i modelli GARCH con cambiamenti markoviani, MS-GARCH proposti da Duekel (1997) e ripresi, ad esempio, da Haas et al. (2004). L’approfondimento dello studio dei modelli per l’eteroschedasticità condizionata con cambiamenti di regime ha permesso di stimare i parametri time-variant e di individuare i periodi

caratterizzati da crisi finanziarie. Tuttavia, questo maggiore interesse per la componente di volatilità del processo stocastico si è tradotto nel trascurare una indagine rigorosa delle medie condizionate, ovvero della componente relativa al rendimento atteso. Queste o non vengono di fatto analizzate oppure risultano non significativamente diverse tra loro nei vari regimi (si veda, ad esempio, Ang e Bekaert, 2002). Tali risultati ipotizzano implicitamente che il rendimento atteso durante i periodi caratterizzati da crisi finanziarie sia il medesimo rispetto ai periodi di stabilità.

Per ovviare a questa forte incongruenza rispetto alla teoria economica, si è deciso di ricorrere al LMM che, nonostante possa essere considerato come un caso particolare dei modelli sopracitati, permette una misura piuttosto accurata delle medie condizionate e del profilo di rischio-rendimento rispetto ai vari regimi dei mercati finanziari. In particolare, riesce a discriminare le osservazioni temporali in base al rendimento medio e, oltre a distinguere i periodi di alta volatilità da quelli più stabili, consente anche uno studio approfondito delle fluttuazioni che caratterizzano i periodi di turbolenza finanziaria.

1.5 L’importanza dei modelli a struttura latente nello studio dei fenomeni