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Il secondo periodo dell’art. 117 c.p. prevede che, qualora il reato proprio del quale i compartecipi estranei siano chiamati a rispondere sia più grave di quello comune che sarebbe stato loro ascritto in assenza dell’elemento specializzante della qualifica subiettiva, il giudice possa ridurre la sanzione applicabile rispetto a coloro per i quali non sussistano le condizioni personali che hanno determinato il mutamento del titolo.

tema di art. 116 c.p., in Ind. pen., 1994, p. 323; CIANI, Brevi considerazioni sulla responsabilità del concorrente per reato diverso da quello voluto, in Cass. pen., 1996, p. 3644; GULLO, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto tra versari in re illicita e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, p. 1194; INSOLERA, Tentativo di una diversa lettura costituzionale dell’art. 116 c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1978, p. 1489; MORMANDO, Interpretazione letterale e interpretazione costituzionale dell’art. 116. c.p., in Riv. pen., 1991, p. 673.

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Ora, l’applicazione dell’attenuante facoltativa solleva complesse questioni interpretative.

Invero, ad una prima lettura, la norma sembra collegare la riduzione della sanzione alla mera assenza di titolarità della qualifica. In altre parole, la presenza di elementi di natura personale acuirebbe in se il disvalore del fatto realizzato in concorso e determinerebbe la commissione di un illecito più grave di quello che l’estraneo, quale autore singolo, avrebbe potuto integrare. Ecco dunque che il legislatore, mediante la previsione dell’attenuante, avrebbe inteso riequilibrare sul piano sanzionatorio la posizione dei vari compartecipi rispetto al disvalore del fatto, tenendo in giusto conto il diverso rilievo del contributo del concorrente estraneo, almeno sul terreno della commisurazione della pena applicabile.

La soluzione, apparentemente logica e suffragata dal dato letterale, non appaga sul piano sistematico. A parte infatti il contrasto con la facoltatività dell’attenuante,204 difficilmente giustificabile ancorando la riduzione della sanzione al solo dato oggettivo della carenza della qualifica,205 l’interpretazione configgerebbe con la prevista riduzione della sanzione limitatamente ai soli casi di mutamento del titolo. Invero, se la ratio dell’attenuante stesse semplicemente nell’esigenza di recuperare l’equità del trattamento sanzionatorio rispetto ai concorrenti in difetto delle richieste qualità personali, allora analoga previsione avrebbe dovuto essere stata contemplata

204 A tal proposito, la valutazione discrezionale del giudice, almeno secondo la prevalente dottrina (cfr. PAGLIARO, Il concorso dell’estraneo nei delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 980) deve far riferimento ai parametri di cui all’art. 133 c.p. Quanto alla “maggiore gravità” del reato realizzato, deve essere valutata avendo riguardo non solo alla necessaria diversità qualitativa, dipendente dal titolo, ma anche alla diversità quantitativa, con riferimento alla misura della pena. In giurisprudenza sul punto vd. Cass. pen., 9 giugno 1981, n. 7624, in Cass. pen., 1982, p. 1294.

205 Analogamente PELISSERO, Il concorso nel reato proprio, cit., p. 65.

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anche per i casi di reato proprio a qualifica fondante: se infatti, la diminuzione di pena si giustifica rispetto a illeciti propri ove l’elemento personale svolge un ruolo esclusivamente differenziale, tanto più una disciplina analoga avrebbe dovuto essere disposta per fattispecie nelle quali la qualifica del soggetto attivo costituisce l’elemento unico di discrimine tra l’agire lecito e il penalmente rilevante.206

Inutilizzabile appare, poi, anche il criterio adottato da alcuna dottrina, che, per individuare l’ambito applicativo dell’attenuante fa ricorso ad una differenziazione tra le condotte concorsuali, ritenendo, per questa via, che la riduzione di pena dovrebbe essere riconosciuta ai soli compartecipi estranei che abbiano apportato un contributo marginale alla realizzazione concorsuale dell’illecito.207 In altre parole, secondo la tesi esposta, gli unici concorrenti eventualmente meritevoli di un più mite trattamento sanzionatorio, in base al prudente apprezzamento del giudice, potrebbero essere solo quelli che operano come meri complici accessori, risultando perciò privi della signoria finalistica sul fatto, propria invece dei concorrenti cd. coautori.

L’impostazione, come è ovvio, risentendo degli influssi della cd. teoria dell’accessorietà, non può essere accolta nel nostro ordinamento, ove il legislatore ha optato per un modello unitario di tipizzazione del concorso, che prescinde, nell’applicazione della sanzione, dai diversi ruoli rivestiti dai concorrenti e ha

206 La soluzione è l’unica plausibile invece rispetto all’art. 1081 cod. nav., che esige la conoscenza della qualifica e ove la riduzione della sanzione è applicabile a qualsiasi fattispecie di reato proprio, e non solo ai casi di mutamento del titolo. Qui infatti, essendo richiesto expressis verbis l’elemento conoscitivo, è evidente che la ragione dell’applicazione dell’attenuante risiede nel minor disvalore che assume nell’economia del fatto il contributo del concorrente privo della qualifica richiesta dalla norma incriminatrice.

207 Vd. LATAGLIATA, I principi del concorso di persone nel reato, cit., p. 225 ss.

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riguardo al solo contributo causale da questi apportato alla realizzazione dell’offesa tipica.

L’inaccoglibilità dei risultati cui le tesi ora considerate conducono, ci induce pertanto a concordare con la dominante dottrina che circoscrive l’ambito di operatività della diminuente ai soli casi in cui gli estranei ignorino la qualifica soggettiva che ha determinato il mutamento del titolo e la conseguente responsabilità collettiva per il reato proprio realizzato.208 Del resto, come già detto, a nostro giudizio, l’applicazione dell’art.

117 c.p. esige, tra gli altri presupposti, la mancata rappresentazione delle condizioni e qualità personali dell’intraneo. È dunque evidente che i casi di partecipazione dolosa dell’estraneo ricadono sotto l’ambito operativo dell’art.

110 c.p., referente normativo generale di tutte le ipotesi di concorso, e non si porrebbero, pertanto, problemi di applicabilità dell’attenuante facoltativa, prevista per i soli fatti disciplinat i dall’art. 117 c.p.