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L’atteggiamento cinese

3. La cooperazione e gli scambi nel settore dell’istruzione e della formazione.

3.6 Gli studenti africani in Cina

3.6.1 L’atteggiamento cinese

Per quanto riguarda l’accoglienza che gli studenti africani hanno ricevuto in Cina nel corso del tempo, è opportuno prendere in considerazione alcuni documenti quali ad esempio il testo di Emmanuel J. Hevi, An African student in China del 1963385 e i testi di alcuni studiosi più recenti, come Sandra Gillespie che nel 2001 ha esaminato l’esperienza degli studenti africani in Cina386 e Barry Sautman che ha pubblicato un articolo in China Quarterly dal titolo Anti- black racism in post-Mao China387. Inoltre, vi sono poi altri documenti importanti come il lavoro di Frank Dikötter sulla lunga storia della stero tipizzazione razziale in Cina388 nonché il lavoro di Don J. Wyatt del 2010 dal titolo The Blacks of pre-modern China389.

Lo studio di Hevi e di Gillespie, seppur datati nel tempo, prendono entrambi in esame oltre cento studenti di origine africana che sono arrivati in Cina tra il 1961 e il 1963, in particolare all’istituto di Lingue straniere di Pechino. Nella sua opera, Hevi sottolinea come di questo centinaio di persone, la maggior parte di esse abbia fatto ritorno in Africa con diverse motivazioni tra cui: un indottrinamento politico non voluto, le difficoltà della lingua, degli standard educativi piuttosto poveri, ostilità, discriminazione razziale, spionaggio da parte della popolazione cinese390.

Tra i tanti motivi citati da Hevi la discriminazione razziale è la motivazione più importante e la più grave.

Sandra Gillespie ha evidenziato come le tensioni razziali siano una lente per capire l’esperienza degli studenti africani in Cina. Dal 1979 al 1989 si realizzò quello che l’autrice definisce nel suo libro “il decennio delle tensioni tra i campus”391 che culminò nel 1989 con la protesta degli studenti africani a Nanchino, durante la quale circa 3.000 studenti cinesi contestarono gli studenti africani in nome della democrazia e dei diritti civili.

Nel lavoro di Gillespie, risalente ad un’indagine del 1997 su 133 studenti africani provenienti da ventinove Paesi e iscritti nelle università di Nanchino, Pechino, Hangzhou e Shanghai, l’autrice ha evidenziato i commenti negativi e razzisti dei cinesi circa gli studenti africani. In particolar modo, i termini che l'autrice riporta definivano gli africani come: “diavoli neri”,

385 Ivi. 386 Sandra

GILLESPIE, South-South Transfer, op. cit.

387

Berry SAUTMAN, Berry, "Anti-Black Racism in post-Mao China", China Quarterly, N.138, 1994, pp. 413- 437.

388

Peter ZARROW, "Reviewed Work: The discourse of race in Modern China by Frank DIKOTTER", The China

Quarterly, N.134, 1993, pp. 336-337. 389

Maghan KEITA, "Review Work: The Blacks of Pre-modern China: Encounters with Asia by Don J. WYATT",

Journal of World History, Vol.22, N.4, 2011, pp. 828-830. 390

J. HEVI, An African student in China, Praeger, London, 1963, pp. 117-136.

391 Sandra

“sporchi”, “stupidi”, “non umani”, “brutti”, “alieni”, “poveri” e molto altro ancora. Per questo motivo occorre considerare che, al di là quindi della retorica ufficiale che considerava la relazione sino-africana una collaborazione Win - Win, gli africani venivano di fatto emarginati.

Oltre poi alla questione della discriminazione razziale, molti studenti africani giudicarono le borse di studio “inadeguate” a ricoprire i costi, e non potevano nemmeno sperare di trovare un lavoro a tempo determinato o part-time perché non era permesso. Durante gli anni novanta, in un periodo nel quale la RPC cominciava a crescere economicamente, gli studenti africani si ritrovavano in Cina in una condizione di estrema povertà.

Nell’articolo di Sautman risalente al 1994 vi sono i risultati di un’indagine condotta su circa 461 individui cinesi ai quali è stato chiesto di descrivere con una serie di attributi riguardanti diversi aspetti quali ad esempio il livello culturale, l’intelligenza, l’interesse nell’istruzione, nello sviluppo economico, i diversi gruppi di stranieri compresi gli africani. A proposito degli africani si legge392:

Gli africani erano ritenuti indisciplinati, selvaggi, ignoranti, disinibiti, primitivi, incivili, pigri, matti, brutti, deboli, rozzi, incapaci, arretrati, piantagrane, disturbatori, non benvenuti, i meno intelligenti della tribù degli scimmioni. Essi non erano abbastanza forti per resistere all’oppressione e mancavano delle capacità di progresso. Pochi studenti invece sottolinearono che gli africani erano onesti, ma anche sempliciotti e arretrati. Non vi erano delle caratteristiche particolarmente positive.

Più di dieci anni dopo, nel 2008, Sautman e Yan pubblicarono un’intervista a circa 300 africani dislocati in varie università cinesi come Tianjin. Il loro atteggiamento nei confronti del popolo e delle università cinesi e le università era generalmente più positivo393:

I risultati generalmente hanno dimostrato che gli studenti africani hanno generalmente un buon atteggiamento nei confronti dei cinesi e della Cina, non molto diverso da quello degli studenti africani verso le università africane.

In particolar modo l’indagine dei due studiosi ha dimostrato come non vi fosse traccia di razzismo, ma piuttosto di un’interazione positiva tra gli studenti africani e le università cinesi. Questo diverso atteggiamento e questo cambiamento maturato in pochi anni deve avere qualche giustificazione. Innanzitutto occorre sottolineare che l’indagine condotta dalla

392

Berry SAUTMAN, “Anti-Black Racism in post- Mao China”, op. cit., p.429.

393 Kenneth

Gillespie risale al 2001, quando il FOCAC era appena stato creato e non era ancora in piena funzione. Con l’avvento di questa istituzione infatti, il numero delle borse di studio e degli studenti che venivano a studiare in Cina venne formalizzato, anche se ciò non cambiò radicalmente il numero delle borse di studio destinate agli studenti africani e menzionate nell’Action Plan del 2000394. Ad ogni modo negli anni novanta, il numero degli studenti africani è stato di 5.569 mentre negli anni ottanta è stato solo di 2.245.

Inoltre, vi è da considerare che quando in occasione del Summit di Pechino del 2006 vengono nominate 4.000 borse di studio, esse sono offerte in un arco di tempo di circa quattro anni (fino al 2009), annualmente si contano 1.000 borse di studio. Per questo motivo, tra il 1997 - anno di indagine del lavoro di Gillespie - e il 2008 - anno di indagine del lavoro di Sautman e Yan - non vi sono state delle grandi differenze dal punto di vista del numero di borse di studio.

Il numero degli studenti è aumentato a partire dal 1989 grazie all’aumento di fondi privati e grazie all’avvio di corsi di studio di breve periodo a seguito del FOCAC II. Nel 2008 il FOCAC quindi aveva già permesso alla Cina di diventare un Paese donatore di aiuti in materia di istruzione a sostegno del continente africano. A partire poi dagli anni 2000, molte università cinesi realizzarono dei centri per gli studi africani. Tra queste si segnalano: nel 1999 la Yunann University, nel 2000 la Shanghai Normal University e nel 2003 la Zhejiang Normal University e la Tianjin University of Technology and Education’s centre for Aid to African Vocational Education. Agli inizi del nuovo millennio, alcune università cinesi cominciarono addirittura a tenere corsi in arabo, Hausa e Swahili e gli studiosi cinesi cominciarono ad interessarsi sempre di più dell’Africa facendo ricerca in questo continente. La Zhejiang Normal University costruì nel 2003 un piccolo centro di studio e nel 2007 questo istituto si trasformò in un vero e proprio centro per gli studi africani, che nel 2008 inaugurò il primo master in studi africani.

Questa nuova attenzione di tipo “accademico” verso l’Africa non riguardò esclusivamente le università o i centri di studi africani. Nuovi Istituti Confucio vennero aperti, nel 2005 Nairobi, capitale del Kenya, fu la sede del primo Istituto Confucio africano in partnership con l’università di Tianjin. In poco tempo in altre trenta università cominciarono a nascere Istituti Confucio.

Questa nuova “coscienza” africana, non fu espressa solo dagli ambienti universitari, ma anche da alcuni Presidenti africani come Nelson Mandela, Mubarack o Zenawi che furono premiati con degli importanti riconoscimenti e ottennero un ruolo importante durante le conferenze FOCAC.

394 Ian

Una crescente attenzione nei confronti del continente africano toccò il suo apice nel 2006, anno della pubblicazione del libro bianco China’s African policy che celebra l'anniversario della relazione sino-africana.

A questo proposito resta da analizzare quanto questo nuovo e crescente interesse nei confronti africani vada di pari passo al cambiamento dell’atteggiamento cinese constatato da Sautman e Yan nel 2008.

Una spiegazione di questo diverso atteggiamento da parte cinese può derivare dal fatto che dagli anni novanta agli anni duemila, la Cina abbia sempre di più raggiunto lo status di superpotenza.

Molte università cominciarono all'inizio del nuovo millennio ad allargare i propri alloggi, gli strumenti di ricerca e le librerie, garantendo in questo modo una miglior accoglienza agli studenti stranieri.

Da parte africana loro molti Paesi agevolarono i viaggi degli studenti verso la Cina, facendo si che questo Paese diventasse la prima scelta degli studenti africani che desideravano studiare all’estero.