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5. Dissertazione e analisi dei dati

5.4 L’attività “su misura”

Come accennato nel capitolo precedente l’attività proposta all’interno degli atelier viene modulata in base al singolo individuo ed è dunque flessibile e adattabile a chiunque. Nelle interviste è stata posta una domanda riguardante i principi base del modello dell’atelier dell’istituto. Il principio base emerso con più frequenza è che l’atelier considera al centro della sua attenzione la persona e le sue caratteristiche. “il principio base è quello di

considerare al centro la persona, l’utente. Quindi i suoi interessi, i suoi piaceri, i sui bisogni e calibrare lo strumento su di lui.” 23 Dunque, l’atelier è strutturato in maniera tale da

permettere ad ognuno di partecipare, anche se ogni persona ha capacità, risorse e limiti differenti. All’interno di un atelier vi saranno quindi attività diverse calibrate sulle abilità del singolo, e non tutti gli utenti devono svolgere gli stessi “compiti”. Questo concetto permette di mettere al centro dell’atelier ogni singola persona e di valorizzare le sue capacità. Uno degli obbiettivi delle attività svolte nei centri diurni è infatti quello di permettere all’utente di svolgere un’attività che rispetti e valorizzi le sue abilità (DSS, 2015). Come esposto da Charles Gardou ogni persona deve avere il diritto di esistere e sentirsi riconosciuto dagli altri (Gardou, 2015, p. 39). L’atelier che si adatta all’individuo consente ad ognuno di sentirsi valorizzato e riconosciuto come persona al di là della sua disabilità e consente anche di acquisire maggior autoconsapevolezza delle proprie capacità.

Trattandosi di atelier occupazionali e non di laboratori, l’obbiettivo non è produttivo ma consiste nel favorire il mantenimento o la crescita delle abilità della persona (DSS, 2015). Pur non dovendo realizzare dei prodotti, alcuni atelier del Miralago hanno ugualmente un obbiettivo secondario volto alla produzione di un oggetto, sia esso il giornalino dell’istituto, l’album fotografico o la semplice preparazione del pasto. “Inoltre, l’atelier è anche pensato

21 Vedi allegato 7: Trascrizione intervista 1 22 Vedi allegato 12: Trascrizione intervista 6 23 Vedi allegato 8: Trascrizione intervista 2

per avere come obbiettivo, se ci poniamo come obbiettivo quello della spoletta è la realizzazione di un prodotto, la realizzazione del giornalino, come può essere la

realizzazione di un oggetto, o la realizzazione del pranzo nell’atelier cucina.” 24 La creazione

di questi oggetti non è però pensata per la vendita, ma bensì l’attività di creazione del “prodotto” permette di favorire la crescita o il mantenimento delle capacità della persona.

“Però l’obbiettivo non è produrre per vendere, l’obbiettivo è fare qualcosa che possa servirti.”

25 Non vi è però come nei laboratori un obbligo di produttività, l’attività va costantemente

calibrata a seconda dei bisogni e dello stato psicofisico dell’utente. Dunque, come emerso in un capitolo precedente se un giorno un’utente mostra un grande affaticamento dovuto a fattori diversi, l’attività sarà organizzata in maniera tale da permettere all’individuo di recuperare le sue energie o non affaticarsi ulteriormente. L’attività svolta, oltre a permettere ad ognuno di raggiungere gli obbiettivi personali, consente di riconoscersi e farsi riconoscere in quello che si fa. “(…) noi non è che facciamo le cose per produrle, ma facciamo delle cose

per riconoscerci nelle cose che facciamo, per raggiungere degli obbiettivi attraverso degli strumenti, per stare bene insieme, per sentirci bravi e belli quando facciamo delle cose (…)”

26 Quindi pur non avendo uno scopo produttivo, l’oggetto creato, che può essere ad esempio

il pezzo teatrale esposto di fronte ai propri famigliari, consente all’utente di sentirsi protagonista e riconosciuto per le sue abilità. Nel catalogo dei servizi e delle prestazioni pubblicato dall’ufficio degli invalidi vi è tra gli obbiettivi dei servizi socio-occupazionali “Favorire la socializzazione della persona disabile”. Come emerge nella frase riportata precedentemente un altro aspetto fondamentale delle attività svolte nei centri diurni è l’interazione, la relazione e la socializzazione. “(…) si pone anche molto l’attenzione rispetto

alla socialità, quindi oggi se non hai piacere, non hai interesse a partecipare, (…), comunque partecipi alla vita sociale, quindi sei comunque inserito in un gruppo dove, per alcuni anche solo l’esserci, l’ascoltare è comunque fonte di piacere.” 27 Un’altra finalità degli atelier è infatti

quella di garantire ai partecipanti dei rapporti stabili e significativi (DSS, 2015). Per gli utenti del Miralago è inoltre fondamentale avere delle relazioni importanti anche al di fuori del proprio gruppo abitativo, ciò permette di aumentare i contatti sociali e confrontarsi con persone differenti da quelli presenti quotidianamente nel proprio gruppo di appartenenza. Avere delle attività da svolgere è altresì indispensabile per dare un senso alle proprie giornate ed evitare di provare sensazioni di solitudine (Piccinino & Santa Maria, 2013, p. 27- 28). Si tratta quindi di garantire all’utente una buona qualità di vita e concedergli delle occupazioni piacevoli e adatte ai propri obbiettivi personali che diano significato alla propria vita. “Il direttore precedente ha sempre parlato degli atelier come qualità di vita, nel senso

che lui diceva perché c’è questa distinzione tra la parte abitativa e la parte occupazionale, è un po’ come la nostra vita di tutti i giorni, tu hai la tua casa, la tua famiglia e poi svolgi comunque delle attività, vai al lavoro, i bambini vanno a scuola, e quindi lui ha sempre cercato di ritenere gli atelier …, è come dare uno stacco, non puoi neanche sempre vivere in casa, non puoi sempre vivere in famiglia, ma devi avere anche degli altri contatti, delle attività esterne che fanno parte di una vita “normale” che facciamo anche noi.” 28 Risulta

molto importante lavorare anche sulla creazione di un programma, che permetta di

24 Vedi allegato 8: Trascrizione intervista 2 25 Vedi allegato 9: Trascrizione intervista 3 26 Vedi allegato 11: Trascrizione intervista 5 27 Vedi allegato 8: Trascrizione intervista 2 28 Vedi allegato 12: Trascrizione intervista 6

distinguere l’attività dalla vita “famigliare”. L’educatore ha il compito fondamentale di sapere cogliere i desideri, le caratteristiche e i bisogni della persona che ha di fronte, per creare una pianificazione che abbia come punto centrale l’utente.

Tornando agli obbiettivi degli atelier, quello principale è perseguire gli obbiettivi personali degli utenti attraverso l’utilizzo dell’attività. “Per cui veramente l’obbiettivo principale è che

l’atelier vada incontro e soddisfi quelli che possono essere gli obbiettivi degli utenti.” 29

L’attività rappresenta quindi lo strumento che permette di raggiungere gli obbiettivi del PEI. Gli obbiettivi individuali consistono solitamente nel mantenere o accrescere una determinata abilità, e ciò viene fatto attraverso lo strumento dell’atelier e tramite strategie non predefinite. Perciò l’attività ha la finalità di mantenere ed incrementare le abilità della persona. Per la persona con disabilità che si ritrova nel processo di invecchiamento, gli obbiettivi consistono soprattutto nel mantenimento delle competenze ancora presenti (Melon, 2014, p. 49). Risulta quindi necessario e basilare adeguare ogni attività al bisogno della persona e ai suoi personali obbiettivi, senza perdere di vista la singola persona. Per garantire tutto questo bisogna partire dal singolo e dalle sue esigenze “(…) partiamo dai loro interessi, dalla loro

soggettività e dai loro piaceri per poterli inserire in diversi atelier.” 30

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