2. Tesi e dati essenziali
2.2 L’avanzamento istituzionale
I PIT si sono rivelati un’occasione importante per porre all’ordine del giorno la questione della governance verticale (tra diversi livelli istituzionali) e orizzontale (allo stesso livello istituzionale) non come opzione metodologica ma come principio organizzativo di un sistema decisionale policentrico, che richiede il consenso e l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti. Il policentrismo istituzionale e amministrativo e la frammentazione delle competenze non consentono che un progetto di sviluppo sia ideato e attuato
efficacemente da una sola istituzione. Ma il disegno di architettura istituzionale
— funzionale allo sviluppo locale e coerente con i principi e le riforme del nostro ordinamento — alla partenza dei PIT era tutto da costruire. Si trattava di:
• delineare un nuovo sistema di relazione tra l’ente Regione e la filiera delle istituzioni decentrate così come nuove forme di concertazione pubblico/privato;
• individuare l’assetto istituzionale per il “territorio di progetto”, ovvero il territorio pertinente per suscitare una massa critica di investimenti capaci di incidere sulle economie locali, coniugando obiettivi di coesione con finalità di promozione esterna delle realtà territoriali;
• identificare forme di interazione e cooperazione orizzontale tra le istituzioni locali capaci di evidenziare i vantaggi aggiuntivi per le singole collettività recati dall’agire in comune.
La messa a punto del sistema istituzionale e la sua normazione è stata perciò parte rilevante del processo di innovazione scaturito dai PIT, compito in gran parte direttamente sostenuto dalle istituzioni regionali e locali. Negli aspetti essenziali il modello adottato ha previsto un ruolo di regia regionale (criteri per la territorializzazione, indirizzo e orientamento, modalità e procedure di attivazione dei progetti, selezione e valutazione delle proposte) ed una responsabilizzazione (di diversa intensità in relazione ai singoli contesti regionali) delle istituzioni locali, aggregate normalmente a livello sovracomunale, nella formulazione delle proposte progettuali e nella fase di attuazione. Rilevanti criticità sono emerse però nella fase di attuazione del modello istituzionale quando si è trattato di realizzare cambiamenti sostanziali nei comportamenti e nell’interpretazione del ruolo dei diversi attori e soprattutto nel loro sistema di relazioni. Un processo di cambiamento è visibile ma presenta fragilità rilevanti e perciò merita di essere attentamente analizzato, monitorato e accompagnato. Dal suo consolidamento e dalla sua qualità sono attesi effetti non solo immediati ma anche strutturali, i soli che possono innescare meccanismi di sviluppo autosostenuto.
Le cifre della partecipazione
La progettazione integrata ha mobilitato una platea molto ampia di istituzioni, di partner economici e sociali, di altri attori dello sviluppo e del territorio.
Naturalmente, la forte partecipazione quantitativa non si traduce in modo automatico in qualità dell’azione collettiva. Le sue dimensioni non possono però non costituire un elemento su cui riflettere.
Alla concertazione sui Progetti Integrati Territoriali si sono registrate le presenze6 di oltre 3.700 attori, di cui 1.700 dei Comuni, oltre 200 provenienti da enti rappresentativi di interessi diffusi, 750 appartenenti a rappresentanze economiche e sociali (v. tabella che segue). Colpiscono l’estensione e l’articolazione della platea dei partner coinvolti, che include fra l’altro Università, Centri di Ricerca, istituti di credito, ossia numerosi attori che hanno potenzialmente un ruolo chiave in quanto portatori di conoscenze e capacità decisive per innalzare la qualità e la fattibilità di progetti. A volte la partecipazione è estesa ad attori generalmente non coinvolti nell’attuazione delle politiche di coesione, come le associazioni di utilità sociale e gli enti religiosi.
6 I dati esposti, in possesso delle task forces regionali del Formez, si riferiscono a presenze delle istituzioni e dei partner elencati. Questo comporta, ad esempio, che la stessa Amministrazione Provinciale presente al tavolo di concertazione di tre Progetti Integrati venga conteggiata tre volte.
Numero e tipologia dei Partner partecipanti alla concertazione dei Progetti Integrati Territoriali
Partner
Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia Totale
Comuni 129 409 362 233 196 365 1.694
Province - 9 67 5 - 13 94
Comunità Montane 13 23 32 2 13 - 83
Enti Parco 1 5 10 - 1 7 24
Soprintendenze 1 3 86 - 3 18 111
Amministrazioni Centrali - 3 63 - 1 - 67
Altri partner istituzionali 4 8 45 - 4 26 87
Organizzazioni datoriali 28 145 23 64 74 213 547
Organizzazioni sindacali 8 47 29 27 38 62 211
Org.ni per la promozione industriale 2 12 4 3 17 41 79
Università e centri S&T 1 11 4 10 3 30 59
Rappresentanze di interessi diffusi 22 44 1 - 7 137 211
Enti di prom. turistica e del territorio 70 51 1 3 5 16 146
Agenzie di sviluppo 3 14 4 2 3 35 61
Fondazioni bancarie - - -
Istituti di credito 2 14 - - - 36 52
Altri partner socioeconomici 184 18 1 - 15 30 248
TOTALE 468 816 732 349 380 1.029 3.774
È vero che in molti casi alla numerosità dei soggetti coinvolti non corrispondono impegni altrettanto specifici e finalizzati; ma è anche vero che la ampiezza della platea dei partner coinvolti costituisce una ricchezza ed un potenziale per le politiche di sviluppo locale.
Nei PIT non mancano attori chiave
L’analisi dei dati relativi alla composizione dei partenariati dei Progetti Integrati conferma la presenza di molti attori chiave — in grado di svolgere compiti determinanti per l’esito del Progetto Integrato. Nella tabella che segue, viene riportata il numero e la percentuale rispetto al totale dei PIT in cui sono presenti attori rilevanti come Università, Centri scientifici e di ricerca, Istituti di credito, ecc.
Presenza nei PIT di alcuni attori chiave di sviluppo
PIT in cui sono presenti uno o più degli attori elencati Attori chiave
Numero Percentuale sul totale dei PIT Università e Centri di Ricerca 39 28,9 Enti di ricerca e formazione 17 12,6 Istituti di credito 30 22,2 Organizzazioni per la facilitazione dell'accesso al credito 9 6,7
Soprintendenze 53 39,3
Agenzie di sviluppo, GAL, Società di Patto 40 29,6 Camere di commercio 49 36,3
La presenza di questi attori, a nostro avviso, è molto rilevante anche in termini di incidenza. Resta naturalmente da verificare se ed in che misura agli impegni presi siano seguiti impegni reali.
Ad esempio, l’Università di Messina si impegna a collaborare, nell’ambito del PIT Tindari Nebrodi in Sicilia, alla attuazione di progetti pilota nel settore della formazione innovativa nell’ambito dei beni culturali, conformi alle finalità presentati nell’ambito del PIT. Si impegna ancora a collaborare alla attuazione di progetti di formazione superiore e universitaria ed in particolare alla realizzazione del Master in gestione dei beni archeologici da realizzarsi nel territorio del PIT, anche in collaborazione con università straniere, secondo le finalità, gli standard di qualità e i contenuti indicati dal Soggetto rappresentante.
Osservatorio della Progettazione Integrata del Formez.
L’estensione della collaborazione fra Amministrazioni
L’opportunità di aggregazione offerta dai Progetti Integrati viene riconosciuta molto rilevante dai Manager dei Progetti Integrati, da diversi punti di vista.
Una parte cospicua dei Manager dei Progetti Integrati sottolinea che, successivamente all’avvio dell’esperienza della progettazione integrata, le Amministrazioni coinvolte hanno dato luogo ad accordi di collaborazione e condivisione di servizi e/o sportelli comuni, all’accesso a nuovi strumenti di sostegno dello sviluppo locale, alla formazione di reti cooperative con altri territori. In particolare, 20 dei 49 intervistati segnalano che sono stati realizzati accordi “aggiuntivi”, altri 11 segnalano che questi accordi sono in fase di start up. Sono invece 18 le risposte negative.
Nella maggior parte di casi, si tratta di aggregazioni nate per lo sviluppo di Sportelli Unici per le imprese, centri di servizi alle imprese, agenzie di sviluppo locale. Più sporadici ma comunque significativi — ovvero indicativi di una propensione all’innovazione non estesa ma comunque esistente — sono gli accordi maggiormente impegnativi o complessi sul piano istituzionale od amministrativo. Ad esempio, il PIT Grumo Nevano ha costituito una Unione di Comuni fra le Amministrazioni componenti il Progetto Integrato7. In Calabria, la partnership del Progetto ha dato vita ad un protocollo per la legalità ed alcune amministrazioni hanno intrapreso un percorso comune di riflessione sulla programmazione 2007-2013. Sempre in Calabria, un forte impulso alla collaborazione è derivato dalla pubblicazione dei bandi regionali per le azioni innovative dirette ai PIT, che ponevano il partenariato istituzionale allargato tra i criteri preferenziali per l’assegnazione delle risorse disponibili. In Sardegna la compagine partenariale di un PIT si è fatta promotrice dell’istituzione dei Sistemi Turistici Locali.
Elementi di innovazione si individuano anche nell’adozione di strumenti comuni di sviluppo. Il ricorso a progetti comuni di finanza di progetto (su scala intercomunale) è poco diffuso: solo 12 intervistati dichiarano che vi sono state forme di coinvolgimento del capitale privato (diverse dagli investimenti produttivi incentivate dai regimi di aiuto). Le limitate eccezioni riguardano la realizzazione di infrastrutture nei settori turistico, sportivo e culturale. Diversi Manager dei Progetti Integrati segnalano però altre forme di integrazione fra pubblico e privato, ad esempio per la valorizzazione del sistema agroalimentare (PIT Val d’Agri, in Basilicata), oppure per la realizzazione di un parco tematico, di un consorzio interprovinciale delle Terme e di un consorzio per la filiera del legno in Calabria; ed ancora per l’attuazione di un consorzio misto per la gestione turistica degli immobili recuperati in Campania (nel PI Borgo Terminio Cervialto).
La cooperazione fra Comuni è stata un’opportunità
Come testimoni dei processi di cooperazione, i Manager dei Progetti Integrati ritengono — in grande maggioranza — che i PIT costituiscano un’opportunità per il miglioramento della cooperazione fra Amministrazioni Comunali. I Manager
7 In quest’ambito, ricordiamo che in Basilicata sono state costituite otto associazioni di Comuni ai sensi dell' articolo 30 del DLgs 267/2000.
che si esprimono positivamente su questo aspetto sono 38. Le 11 risposte che segnalano l’esistenza di elementi critici (quindi non del tutto negativi) riferiscono tutte della difficoltà a stabilizzare il nuovo approccio cooperativo anche per il futuro.
Si tratta certamente di una visione di parte, espressa da una componente specifica del movimento della progettazione integrata, che ha interesse al mantenimento ed alla conferma delle organizzazioni tecniche locali. Va però colto un passaggio essenziale e largamente condivisibile delle argomentazioni dei Manager dei Progetti Integrati: l’intercomunalità è una risorsa essenziale per comuni piccoli, spesso collocati in aree con un modesto grado di coesione, per avere voce, organizzarsi efficacemente, condividere servizi, cooperare per il proprio sviluppo costruendo il proprio territorio.
Il PIT ha migliorato e irrobustito la cooperazione tra Comuni perché ha fatto crescere e consolidare l’idea di territorio-comprensorio come elemento di forza per un percorso di sviluppo integrato e sostenibile. [...] L’intercomunalità è una risorsa, forse l’unica per i piccoli comuni per essere valorizzati e rappresentati in un contesto regionale alla pari con i comuni più grandi.
Due Manager di PIT in Calabria.
Grazie al PIT, i Comuni — attraverso l’Assemblea delle Autonomie, gli incontri promozionali, i colloqui telefonici e i contatti telematici — realizzano una relazione duratura e concreta per affrontare e risolvere le problematiche del territorio. Il PIT ha costituito un “effetto alone” su tutto il territorio provinciale, che mantiene vivo e continuo l’interesse e l’attenzione dei Comuni. Oggi il PIT non è più una sigla sconosciuta ma è una realtà concreta di cui da più parti si prende consapevolezza e si dà valore come strumento di comunicazione, di confronto e di valorizzazione territoriale.
Un Manager di un PIT in Puglia.
L’opinione secondo cui l’esito finale dei processi di concertazione sia stato quello di ampliare la platea dei protagonisti, consentire il confronto di posizioni diverse ed il graduale allineamento delle preferenze dei singoli attori, condurre a scelte largamente consensuali, viene formulata anche da studiosi autorevoli. I processi di concertazione avrebbero cioè prodotto risultati positivi in termini di miglioramento della qualità sociale ed istituzionale dei territori. Essi hanno reso possibile il formarsi di reti più dense fra soggetti istituzionali e di rapporti più proficui fra istituzioni ed organizzazioni della società civile. Nel contempo hanno favorito il formarsi di competenze specifiche nel campo dello sviluppo economico; hanno consentito la diffusione di una rete di agenzie tecniche sul
territorio; hanno promosso la crescita di leadership locali con un parziale effetto di rinnovamento delle classi dirigenti locali.
Una maggiore coesione sociale e una migliore qualità istituzionale erano e sono obiettivi autonomi delle politiche di sviluppo locale. Il “come” si fanno le cose ha un suo rilievo autonomo e non è semplicemente servente al “perché” si fanno le cose. Il “come” si fanno le cose non solo incide sulla qualità della vita delle persone ma ha effetti profondi e di lungo periodo sulla loro sfera cognitiva, cambiandone i punti di vista sul mondo. In particolare, l’abitudine al dialogo, alla partecipazione ed alla cooperazione crea condizioni favorevoli al concepimento ed alla gestione di azioni collettive finalizzate alla produzione di beni pubblici. Questa tipologia di beni è particolarmente importante per lo sviluppo economico perché produce forti esternalità positive e riduce l’incertezza del contesto economico.
Guglielmo Wolleb, Intervista per il Progetto SPRINT (www.formez.it)
Le valutazioni finora svolte tendono a sottolineare il rilievo dei PIT come fattori di accelerazione o rafforzamento dei processi istituzionali ed amministrativi che sottendono le politiche per lo sviluppo territoriale. Come sottolinea il Rapporto 2004 del Dipartimento di Sviluppo e Coesione del MEF, anche dove sono maggiori le difficoltà incontrate nell’attuazione della progettazione integrata, il contributo di questa esperienza alla promozione di modalità partenariali fra Regioni e soggetti locali, per l’identificazione dei progetti più appropriati alle esigenze del territorio, è stato quanto mai significativo ed ha rappresentato senza dubbio un potente fattore di avanzamento istituzionale diffuso (MEF 2005)8. Secondo alcuni, il PIT si sarebbe anzi trasformato o si starebbe trasformando (almeno in alcune regioni) da modalità di attuazione del POR in strumento di governance territoriale, da utilizzare anche al di là della forma di intervento che l’ha generato. In questa logica, diventerebbe quindi fondamentale dotare i territori di strumenti di gestione idonei ad accompagnare e facilitare il percorso di sviluppo.
In maggioranza, i Manager dei PIT non ritengono che la cooperazione fra Comuni possa essere ritenuta ormai stabile: segnalano cioè il rischio concreto che questo processo sia controvertibile. L’intercomunalità è dunque un effetto positivo ed importante dei Progetti Integrati ma non viene percepita come una dimensione stabile della loro azione. Dalle risposte al questionario emerge
8 Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione (2005), Rapporto Annuale 2004 del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo sugli interventi nelle Aree Sottoutilizzate, Roma.
anche l’esigenza, avvertita dai Manager dei PIT, di una stabilizzazione della progettazione integrata (o di forme equivalenti) come modalità di intervento per lo sviluppo territoriale. Si chiede anche una conferma degli Uffici come
“motori” dei processi di attuazione dei PIT o addirittura una istituzionalizzazione di questi processi e strutture. Emerge infine anche un’esigenza di razionalizzazione e coordinamento dei diversi strumenti di intervento per lo sviluppo del territorio, così come l’importanza di agganciare il PIT ad infrastrutture di valenza regionale.
Uno scenario meno positivo sembra però presentarsi quando si estenda l’attenzione alla cooperazione verticale, fra istituzioni e soggetti collocati su diversi livelli di decentramento amministrativo.
L’esperienza dei PIT ha al centro un rapporto ambivalente fra Comuni ed Amministrazione Regionale, almeno nella visione dei Manager dei Progetti Integrati. Dei 49 intervistati, 26 danno un giudizio positivo dell’opportunità che i PIT hanno creato di migliorare o irrobustire i rapporti fra Comuni e Regione.
Pur introducendo spesso distinguo fra diverse componenti interne delle Amministrazioni Regionali, 8 intervistati ritengono invece che il PIT non sia stato per nulla in grado di produrre questo miglioramento di relazioni e 14 esprimono un giudizio critico (quindi non del tutto negativo).
Sembra di poter scindere sostanzialmente in due parti le opinioni dei Manager dei Progetti Integrati su questo aspetto. I rapporti con le autorità di programmazione ed in generale le relazioni di natura strategica vengono spesso valutati in modo positivo. Sembra essere solida, da questo punto di vista, la consapevolezza che i Progetti Integrati hanno creato strutture di contatto e canali di informazione fra Regione e Territori che prima erano labili o inesistenti; e che queste strutture e canali costituiscono l’infrastruttura primaria per la definizione partecipata e l’attuazione cooperativa delle politiche di sviluppo e coesione per il territorio. Più problematico appare invece il rapporto con gli snodi operativi dell’Amministrazione ed in particolare con i responsabili di misura. Dei 49 Manager dei Progetti Integrati intervistati, 24 ritengono insoddisfacente questo rapporto, 21 lo giudicano positivo e 4 segnalano come sia prematuro esprimere un giudizio. Noi ci limitiamo naturalmente a registrare questa opinione di parte ed a segnalare che, evidentemente, degli elementi di sofferenza in queste relazioni esistono e sono da risolvere.
L’UCG ha un rapporto costante con l’Autorità di Gestione e tutta la segreteria dei PIT. Pur rispettando i rispettivi ruoli, il rapporto è ottimo con alcuni responsabili di misura mentre è ancora poco strutturato con altri che, forse, non hanno ancora interiorizzato il concetto di progettazione integrata e difendono schemi mentali ed amministrativi obsoleti.
Un Manager di PIT in Calabria.
Definire la Regione come una unica entità è concettualmente un errore:
purtroppo gli uffici e/o i responsabili di misura non hanno funzionato, almeno secondo l’esperienza di chi scrive, con le medesime modalità. Trovo giusto sottolineare i meriti della Programmazione, i cui uffici hanno sempre risposto con sollecitudine e precisione. Requisiti, però, che non sempre sono stati presenti in altri uffici e che, purtroppo spesso, hanno determinato rallentamenti e procedure farraginose. In sintesi, le luci sono probabilmente più delle ombre.
Un Manager di PIT in Sicilia.
Sulla articolazione amministrativa ed operativa promossa dalla progettazione integrata nelle regioni e nei territori sembra interessante tornare. In ciascuna delle Regioni dell’Obiettivo 1, sono stati sperimentati (con esiti differenziati) sistemi organizzativi e relazionali ad hoc basati, per grandi linee, sulla costituzione di un livello di partenariato istituzionale, su istanze consultive per le parti economiche e sociali, su strutture di gestione, su articolazioni regionali di coordinamento della progettazione integrata ed infine su strutture e servizi di collegamento. Ancora, in tutte le Regioni dell’Obiettivo 1 sono state costituite delle strutture di riferimento per la progettazione integrata, con diverse funzioni e differenti carichi di responsabilità. Queste strutture, al di là dell’esperienza dei Progetti Integrati, costituiscono un’innovazione amministrativa di notevole rilievo in quanto introducono una positiva discontinuità nel modello organizzativo basato sulla competenza settoriale e sull’assistenza di strutture trasversali e di coordinamento sia interne alla regione sia di interfaccia con il sistema delle Autonomie. Un ruolo altrettanto interessante hanno assunto, in diverse regioni, i Nuclei di Valutazione.
Ad esempio, in Campania è stato istituito il Servizio di Supporto all’Autorità di gestione per la definizione delle procedure dei PI e per l’attivazione di coordinamento con gli interventi finanziati con i fondi nazionali per la definizione del rapporto annuale di esecuzione. Il Servizio istruisce, sotto il profilo tecnico, le pratiche inerenti i Progetti Integrati; assicura la puntuale esecuzione delle procedure di concertazione e di stesura dei protocolli d'intesa di ausilio per il superamento delle difficoltà eventuali riscontrate nell'attuazione delle azioni previste dai Progetti Integrati; sorveglia e verifica l'implementazione e l'avanzamento dei Progetti Integrati.
La riflessione sui limiti, sull’efficienza e sui rendimenti delle architetture istituzionali ed amministrative sperimentate con la progettazione integrata ha
rilievo per l’impostazione di qualsiasi nuova politica di coesione e sviluppo territoriale.
I PIT sono conosciuti dai cittadini?
Infine, è interessante commentare le risposte al questionario relative al grado di conoscenza del PIT e delle sue operazioni da parte della comunità e degli operatori locali. In questo caso il giudizio varia molto, sia fra le regioni che al loro interno. Le risposte negative (17 su 28) citano il problema di un posizionamento strategico non sufficientemente chiaro (che spesso genera confusione fra le varie politiche locali in atto), il sequestro della procedura PIT fra gli addetti ai lavori, l’esiguità delle azioni di comunicazione per mancanza di risorse. Le risposte positive (28 su 49) menzionano invece l’importanza dei processi di animazione del territorio e dell’informazione degli operatori privati, la capacità di utilizzare i mezzi della comunicazione e la telematica. Va comunque segnalata la consistente diffusione dei piani di comunicazione e del ricorso ad Internet per la pubblicizzazione dei Progetti Integrati.