PROGETTO SPRINT III
C OOPERAZIONE FRA ATTORI E INNOVAZIONE AMMINISTRATIVA : I RISULTATI DEI
P ROGETTI I NTEGRATI T ERRITORIALI NELLE REGIONI O BIETTIVO 1
R ELAZIONE PROVVISORIA
Sommario
Introduzione ... 1
1. Le indagini svolte ... 3
1.1 Opinioni ed informazioni dei Manager dei Progetti Integrati ... 3
1.2 L’indagine sulla qualità progettuale ... 4
2. Tesi e dati essenziali... 5
2.1 La capacità progettuale... 5
2.2 L’avanzamento istituzionale ... 12
2.3 L’innovazione amministrativa... 22
3. Capacity building e sviluppo locale... 31
3.1 Fabbisogni e servizi per la progettazione integrata ... 31
3.2 Fattori di successo interni alla PA... 32
Conclusioni ... 40
Introduzione
Esiste oggi una domanda molto forte di informazione e valutazione sulla progettazione integrata. L’esigenza è di comprendere se ed in quale misura l’occasione dei Progetti Integrati sia stata sfruttata per produrre, su scala locale e regionale, le discontinuità, gli effetti strutturanti e gli avanzamenti istituzionali postulati dal Quadro Comunitario di Sostegno per le regioni italiane dell’Obiettivo 1. Per Amministrazioni Centrali, Regioni, partenariati istituzionali e socioeconomici, attori chiave delle economie territoriali, l’esigenza è anche di riflettere su come confermare e rilanciare il proprio apporto alle nuove politiche di sviluppo e coesione territoriale, in un contesto di pieno decentramento e sussidiarietà.
A questa domanda di informazione e valutazione non corrisponde, almeno allo stato attuale, un’offerta altrettanto ampia ed articolata. Ad esempio, l’informazione sull’attuazione finanziaria dei Progetti Integrati (e quindi sulla loro capacità di conseguire gli obiettivi di spesa) è ancora poco sistematica, anche se avanzamenti decisivi proverranno dalla prossima entrata a regime del progetto di monitoraggio georeferenziato sui Progetti Integrati, curato dalla Rete dei Nuclei di Valutazione delle regioni Obiettivo 1; mancano dati sull’efficienza procedurale nei Progetti Integrati; le valutazioni sui primi esiti della progettazione integrata sono ancora incomplete, poco sistematiche e spesso non fondate su una base analitica sufficientemente sviluppata — anche se non mancano rilevanti eccezioni, riferite ad ambiti e temi selezionati, come gli studi di caso realizzati dal Formez e l’indagine sui gruppi dirigenti dei PIT curata dal DPS.
Il Seminario del Formez del 19 dicembre, realizzato nell’ambito del Progetto SPRINT III, vuole cercare di far emergere un primissimo bilancio degli effetti prodotti dalla progettazione integrata territoriale, principalmente in termini di coesione istituzionale, cooperazione fra attori e capacity building delle Amministrazioni coinvolte. La ricostruzione di un quadro attendibile, trasparente e partecipato di valutazione dell’esperienza dei PIT è una condizione necessaria per aumentare le probabilità di successo di questa generazione di Progetti ed impostare nel migliore dei modi la prossima programmazione.
Il Seminario di SPRINT e le indagini preliminari che lo accompagnano hanno tre obiettivi immediati:
• individuare e diffondere, in collaborazione con le diverse Amministrazioni coinvolte nella progettazione integrata, primi dati ed informazioni sull’efficienza ed i rendimenti di questa politica pubblica per lo sviluppo del territorio che, indipendentemente dal giudizio di merito che si giungerà a darne, costituisce uno degli strumenti più interessanti della programmazione 2000 - 2006;
• dare spunti ed offrire un’occasione di confronto alle Autorità di Gestione ed ai decisori politici per impostare la programmazione degli interventi di sviluppo territoriale nel periodo 2007 – 2013;
• ampliare la base di informazioni e di elementi oggettivi necessari alla valutazione dei Progetti Integrati, anche per prevenire o correggere giudizi non sufficientemente basati sui fatti, che purtroppo non è infrequente ascoltare.
Questa nota introduce i contenuti essenziali del Seminario e riassume le informazioni e i dati salienti elaborati per la sua preparazione.
Gli ambiti in cui, in questa fase, si propone di discutere i primi risultati della progettazione integrata sono tre: la capacità progettuale dimostrata dai partenariati proponenti i PIT, verificabile attraverso un esame delle proprietà di integrazione, coerenza e fattibilità dei Progetti; l’efficienza finanziaria e procedurale riscontrabile in fase di attuazione dei Progetti Integrati; gli avanzamenti istituzionali ed amministrativi riconducibili alla esperienza della progettazione integrata. Appare invece certamente prematura l’indagine sugli impatti economici e sociali dei PIT.
La possibilità di conseguire gli obiettivi economici e sociali della progettazione integrata va collegata alla capacità progettuale locale ed alla capacità di governo dei processi che ne conseguono. Da queste capacità deriva, infatti, la creazione e la riproduzione delle condizioni di coesione e competitività dei sistemi territoriali e, quindi, il mantenimento e l’accrescimento dello stesso sviluppo locale. La tesi generale da cui partono sia il Seminario che la nostra riflessione è che queste capacità non derivino automaticamente dalle norme, dal metodo e dagli incentivi finalizzati a promuovere lo sviluppo territoriale e
la progettazione integrata. Forti resistenze si oppongono, infatti, allo sradicamento di sottoculture amministrative, di modelli di comportamento, di schemi organizzativi inefficienti che spesso producono effetti distorsivi delle politiche pubbliche, per la forza che le routines hanno nel piegare a sé anche approcci e strumenti innovativi.
Inoltre, l’estrema differenziazione dei territori e del loro potenziale induce a ritenere che anche norme, metodi e incentivi, applicati indistintamente, non possono produrre gli stessi risultati. Politiche differenziate appaiono opportune per tenere conto e ridurre il peso delle peculiari criticità dei diversi contesti.
1. Le indagini svolte
Per mettere a disposizione dei partecipanti al Seminario elaborazioni e dati utili a ricostruire giudizi sugli esiti della progettazione integrata, sono state realizzate due indagini, che descriviamo brevemente nei paragrafi seguenti.
1.1 Opinioni ed informazioni dei Manager dei Progetti Integrati
I Manager dei PIT sono uno dei gruppi più significativi di risorse amministrative impegnate sulla progettazione integrata1. Un’indagine sui primi esiti dei PIT non ha potuto che coinvolgerli pienamente. I quesiti a cui abbiamo chiesto loro di rispondere sono serviti sia a raccogliere informazioni sia a ricostruire giudizi sul conseguimento o meno di alcuni importanti risultati attesi della progettazione integrata. L’indagine è stata promossa attraverso la Comunità Professionale dei Manager dei Progetti Integrati, realizzata nell’ambito del Progetto SPRINT.
L’indagine non ha, naturalmente, valore statistico, anche perché le diversità dei contesti regionali di appartenenza — soprattutto in termini di stato di attuazione dei processi di PI — sono molto forti. Oltre che a fornire dati utili, le risposte ai questionari danno però, a nostro avviso, indicazioni interessanti sul clima in cui si sta svolgendo questa fase di attuazione dei Progetti Integrati. Le
1 Definiamo come Manager dei Progetti Integrati le figure dirigenziali incaricate del coordinamento delle strutture tecniche locali impegnate nell’attuazione e gestione dei PIT. Ricordiamo che, insieme ad altri leader tecnici ed amministrativi della PI, queste figure sono state oggetto di un’articolata indagine condotta dall’UVAL – DPS.
risposte ottenute sono riferite a 49 dei 135 Progetti Integrati delle regioni dell’Obiettivo 1 (il Molise non rientra nella rilevazione). Le risposte riflettono naturalmente i punti di vista dei Manager dei PI e non vanno intese come giudizi generali. Delle risposte e dei dati raccolti si dà diffusamente conto nel seguito di questa nota.
I quesiti su cui sono state raccolte informazioni e giudizi dai Manager dei Progetti Integrati riguardano due questioni fondamentali: la capacità dei Progetti di Integrati di rafforzare o costruire la cooperazione — in orizzontale ed in verticale — fra le istituzioni nel campo delle politiche di sviluppo e coesione, anche dando l’occasione per nuovi accordi ed intese fra le Amministrazioni; il contributo dei modelli di gestione della PI all’efficienza dell’attuazione dei Progetti Integrati, in particolare sul piano finanziario e procedurale.
1.2 L’indagine sulla qualità progettuale
La seconda indagine realizzata cerca di dare risposte a due quesiti: l’esperienza dei PIT ha creato un osservabile miglioramento della capacità progettuale dei territori, in termini di integrazione, coerenza, qualità dell’idea forza e capacità di mobilitazione delle risorse? E ancora: quali sono stati i limiti (ad esempio nel quadro di riferimento programmatico, nell’identificazione di risorse ed opportunità di sviluppo, ecc.) che hanno compresso o distorto la capacità progettuale dei partenariati che hanno costruito e proposto i PIT? Per rispondere a queste domande, è stata realizzata una valutazione — sia pure di massima — della qualità delle progettazioni, con riferimento a cinque unità critiche di valutazione: rappresentatività dell’idea forza, coerenza interna e continuità programmatica, Integrazione funzionale, concentrazione, capacità di mobilitazione (misurata attraverso la presenza di attori chiave all’interno della partnership: ad esempio fondazioni bancarie, università, centri di ricerca, ampia e caratterizzante rappresentanza di interessi diffusi, ecc.).
Il metodo di lavoro è stato basato su giudizi attribuiti alla qualità dei PIT dai componenti delle task forces SPRINT, regionali ed interregionale. Le valutazioni sono state tradotte in punteggi e sono state facilitate dal calcolo di dati ed indicatori di supporto alla valutazione — ad esempio, l’incidenza delle operazioni di maggiore dimensione sul totale, il numero di misure del POR interessate, il numero dei partner classificabili come “attori chiave” e così via.
I giudizi sono stati attribuiti secondo criteri di omogeneità, discrezionalità e
verificabilità. Essi sono stati validati attraverso procedure di incrocio e di controllo. L’analisi ha riguardato un campione di 47 Progetti Integrati delle Regioni dell’Obiettivo 1 (escluso il Molise), la cui numerosità è stata pari a circa un terzo del totale. Il campione è stato stratificato per regione e per tipologia di Progetto Integrato, secondo la classificazione in sette categorie formulata dall’UVAL.
L’indagine ha permesso di dare una valutazione coerente con i requisiti delineati dal QCS: una “massa critica” adeguata, una stretta applicazione del concetti di integrazione progettuale e di concentrazione, l’esplicitazione di un’idea guida di sviluppo esplicitata e condivisa, il riferimento territoriale del complesso delle azioni programmate, inteso non solo come destinatario di iniziative e di azioni di sviluppo, ma come contesto di cui si vogliono attivare le potenzialità latenti e/o presenti. Il giudizio sulla qualità dei Progetti, in questa fase, si associa chiaramente ad una valutazione sui potenziali di impatto rivelati dai Progetti stessi — l’attuazione di un Progetto coerente, integrato, concentrato e con una buona idea forza ha, ovviamente, una maggiore probabilità di produrre effetti significativi di sviluppo e coesione territoriale, rispetto ad un Progetto che non possegga queste qualità positive.
Naturalmente, obiettivi e contenuti dell’analisi non sono quelle tipiche della valutazione indipendente: il nostro lavoro ha piuttosto le finalità della ricerca azione — capire ed interpretare quanto accade per migliorare e calibrare la nostra azione di sistema.
2. Tesi e dati essenziali 2.1 La capacità progettuale
L’assunto del Programma di Sviluppo del Mezzogiorno secondo cui sono i soggetti locali ad esprimere livelli di più ampia conoscenza del territorio, delle sue risorse, dei suoi fabbisogni (e, quindi, sono i candidati naturali all’obiettivo di elevare la qualità dei progetti) si è rivelato, più che un dato reale, un difficile processo da costruire.
La nuova programmazione ha scommesso sulla capacità di innalzare la qualità degli investimenti pubblici (per creare beni pubblici e condizioni durevoli di convenienza ad investire da parte dei privati) attraverso la produzione di progetti capaci di generare vantaggi comparati effettivi. L’integrazione ha
costituito il principio su cui si è costruito il valore aggiunto di tali progetti, riconoscendo nella frammentazione e nella dispersione degli interventi una delle principali cause dell’inefficacia delle politiche per lo sviluppo.
L’integrazione degli interventi avrebbe spinto anche l’integrazione dei soggetti, ricomposto a livello territoriale la pluralità dei centri decisionali, stimolato la costruzione di coalizioni e di attori collettivi in grado di produrre effetti di sistema. L’idea forza, ovvero una combinazione innovativa di saperi e risorse, è stata posta a riferimento della qualità da raggiungere nel montaggio di interventi di diversa natura. Una forte mobilitazione locale avrebbe trasformato il progetto integrato in una visione credibile, capace di incidere sul cambiamento delle aspettative, dei comportamenti e delle pratiche amministrative.
A fronte di questo quadro di riferimenti, la qualità generale dei Progetti Integrati che emerge dalla nostra indagine è differenziata. Su un massimo di 10 punti attribuibili dai valutatori2, il punteggio medio per l’intero campione è 5,9. I punteggi riferiti alle singole modalità sono 1,2 per la rappresentatività dell’idea forza (su un massimo di due); 1,3 per la coerenza interna e la continuità programmatica; 1,0 per il grado di integrazione; 1,3 per la concentrazione; 1,1 per la capacità di mobilitazione.
Analizzando i risultati della valutazione, possiamo cercare di raggruppare i Progetti del campione in alcune tipologie.
I Progetti di buona qualità
La prima categoria è quella dei Progetti di eccellenza — o forse sarebbe più corretto parlare di progetti promettenti, visto che parliamo comunque di qualità della progettazione, che deve poi trasformarsi in efficienza dell’attuazione ed in risultati economici e sociali. Sono i Progetti che hanno ricevuto il punteggio più elevato e che hanno quindi, in primo luogo, un’idea forza chiaramente specificata, peculiare rispetto alla dotazione di risorse di un territorio, originale nelle motivazioni, facilmente comunicabile, immediatamente coerente rispetto alla programmazione in atto. Questi Progetti hanno una chiara coerenza fra i momenti dell’analisi e
2 I punteggi variavano fra 0 a 2 per ciascuna delle cinque caratteristiche valutate. Il Punteggio massimo complessivo attribuibile a ciascun PIT, come somma delle singole valutazioni, era dunque pari a 10.
dell’interpretazione del contesto, della determinazione dell’idea forza, della definizione degli obiettivi e delle singole operazioni. Si caratterizzano per l’integrazione e la completezza della maglia delle operazioni previste, ovvero per la loro capacità di individuare un insieme di operazioni, anche di natura eterogenea, serventi o principali, in grado di conseguire l’obiettivo condiviso di sviluppo del territorio. Si concentrano, ancora, su pochi obiettivi essenziali e prevedono una o più operazioni chiave (portanti), che caratterizzano l’ambito di intervento del Progetto stesso. Prevedono infine la presenza di attori chiave all’interno della partnership: ad esempio fondazioni bancarie, università, centri di ricerca, ampia e caratterizzante rappresentanza di interessi diffusi, ecc. Nel nostro campione, questi progetti sono 9 su 47 (il 19% del totale) del totale.
Proviamo a fare qualche esempio sui progetti di qualità.
Il PIT Alto Basento (Basilicata, provincia di Potenza) rappresenta un reale strumento di aggregazione ed integrazione finanziaria focalizzata alla continuità strategica nella realizzazione dell'idea forza, soprattutto attraverso il grande attrattore "Parco della Grancia". Il PIT presenta un buon grado di continuità rispetto alle azioni avviate con il Programma Leader.
Serre Cosentine (Calabria, provincia di Cosenza) è il PIT che in Calabria agisce in maniera più integrata e coerente. Pensato per incidere in maniera consistente su settori innovativi, altamente competitivi, il PIT annovera delle operazioni strutturate in maniera funzionale che basano la propria azione sugli elementi di eccellenza presenti all'interno della dotazione di capitale territoriale dell'area delle Serre. Il ruolo offerto, inoltre, a temi "tradizionali" (recupero urbano, tutela delle fasce deboli, ecc.) rivisitati in chiave innovativa, inoltre, fa sì che il PIT possegga un ampio spettro di potenzialità.
L'idea forza del PIT Valle dell’Irno (Campania, provincia di Salerno) è fortemente collegata al territorio. La forza del PI è rappresentata dalla coerenza degli interventi con gli obiettivi e da una buona integrazione tra le tipologie di operazioni. Il progetto prevede una notevole concentrazione di aiuti alle imprese (61%) nel settore industriale e dell'artigianato. Il coinvolgimento dell'Università di Salerno è strategico3.
L'idea forza del PIT Salentino Leccese (Puglia, provincia di Lecce) esprime una visione strategica coerente con la specializzazione produttiva del territorio.Gli obiettivi risultano coerenti rispetto alle esigenze di riposizionamento competitivo
3 Questo Progetto ha la finalità di integrare il polo dell'Università di Salerno, insediata nell'area di Fisciano, con il più ampio contesto territoriale dell'Alta Valle dell'Irno, un bacino territoriale caratterizzato da forte valenza industriale e da un considerevole patrimonio storico e artistico. Nel contesto della valorizzazione del rapporto tra territorio, tessuto produttivo e università, quest'ultima è individuata come soggetto attrattore, in grado di stimolare azioni di promozione e sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, la diffusione dei centri di ricerca e la promozione del sistema di accoglienza sul territorio.
dell'area, inoltre il PIT favorisce la promozione di ulteriori progetti di sviluppo. Il progetto integrato è plurisettoriale e si concentra su poche grandi operazioni strategiche.
Task forces regionali del Progetto SPRINT, Analisi della qualità della progettazione dei PIT.
Una buona progettazione non è naturalmente una condizione sufficiente per fare in modo che un PIT funzioni anche nella pratica. Una discreta progettazione può anche essere costruita a tavolino, da pochi ricercatori esperti che abbiano una percezione sufficiente dello stato di utilizzazione delle risorse del territorio, della domanda sociale e degli interessi degli stakeholder4. Certamente però una buona progettazione è una condizione necessaria perché un PIT funzioni. Un Progetto senza una chiara visione di trasformazione, che non identifica le risorse su cui concentrare gli interventi, che disperde a pioggia le risorse fra gli interventi ed i Comuni non può funzionare. Analogamente, non può funzionare un Progetto che già in fase di predisposizione non individui e coinvolga attori chiave, in grado di prendere impegni e di attuarli. Valutare oggi la capacità progettuale dei partenariati proponenti i Progetti Integrati significa anche verificare la capacità di impatto dei PIT, ovvero la probabilità che la loro attuazione produca effetti significativi nei tessuti economici di riferimento.
I piccoli POR
Una seconda categoria, con minori livelli di qualità, è quella che potremmo definire dei “piccoli POR”. Sono Progetti di dimensione territoriale e finanziaria per lo più modesta, con un’idea forza generica, con un ridotto grado di concentrazione degli interventi. Le progettazioni presentano per lo più una discreta coerenza di obiettivi ed interventi; esse rispondono inoltre a generiche
4 Questo non significa però che un Progetto Integrato ideato in questo modo possa raggiungere i suoi obiettivi. Una nostra indagine comparata sugli esiti delle valutazioni intermedie dei PIT nelle regioni dell’Obiettivo 1 ha messo in luce, come elemento condiviso, il fatto che il processo partecipato di redazione della proposta PIT ha potenzialmente consentito un significativo sviluppo delle capacità progettuali dei soggetti istituzionali coinvolti, inducendo una graduale crescita delle competenze rispetto alla definizione degli obiettivi di sviluppo. La definizione della proposta PIT, infatti, ha richiesto l’attivazione di meccanismi di partenariato economico-sociale che, attraverso il costante confronto tra le parti coinvolte, sembrano aver favorito sia una migliore percezione ed individuazione degli obiettivi e in parte degli strumenti più adeguati a perseguirli, sia lo scambio e la condivisione di competenze. Si veda Formez, Progetto SPRINT (2005), I Progetti Integrati Territoriali nei Rapporti di valutazione intermedia dei POR dell’Obiettivo 1, Rapporto provvisorio, a cura di M. Frasca, Roma.
esigenze di valorizzazione del territorio. Questi Progetti posseggono, presumibilmente, una capacità di impatto molto bassa, soprattutto a causa della frammentazione degli interventi. Manca in questi interventi il requisito di
“massa critica” indicato dal QCS. Nella nostra valutazione, questi Progetti sono 7 e pesano per il 15% nel campione.
I grandi progetti monosettoriali
Una terza categoria è formata dai grandi Progetti monosettoriali. Si tratta di Progetti fortemente caratterizzati sul piano settoriale (prevalentemente nei beni culturali), spesso imperniati su un solo asse, che in molti casi prevedono operazioni di notevole rilievo e qualità. Questi Progetti posseggono, in generale, massa critica ma non sono integrati, almeno considerando l’articolazione interna delle loro operazioni. Il ventaglio delle stesse operazioni è molto limitato, la loro maglia intersettoriale non è sufficientemente fitta, le operazioni serventi sono trascurate. Questi Progetti sono 3 e pesano, nel nostro campione, per il 6% del totale (ma avrebbero un peso molto maggiore in termini di costo). La loro capacità di impatto è abbastanza alta ma limitata dalla mancanza di integrazione. Spesso i partenariati coinvolti sono insufficienti per tipologia e per grado di mobilitazione. La piena efficacia di questi Progetti è condizionata alla loro integrazione con altri progetti e politiche in atto nel territorio. Ad esempio, è difficile che un progetto ambizioso di valorizzazione dei beni culturali possa funzionare se non sono previste, fra l’altro, operazioni che facilitino l’accessibilità al territorio; che migliorino la qualità complessiva del paesaggio e del territorio, aumentandone l’attrattività; che integrino risorse culturali e forze imprenditoriali nell’ambito di un adeguato modello di gestione delle infrastrutture culturali realizzate.
Gruppi di operazioni locali
I Progetti che condividono queste caratteristiche monosettoriali ma che non hanno dimensioni rilevanti, né in assoluto né rispetto al proprio territorio di riferimento, sono stati classificati come “gruppi di operazioni locali”. Anche questi Progetti hanno un grado di integrazione modesta, a volte sono insufficientemente specificati nell’idea forza e non posseggono adeguati requisiti di coerenza. Essi prevedono un numero limitato di operazioni che potranno presumibilmente essere utili per specifiche componenti del territorio e del sistema produttivo. Questi Progetti sono in grado, prevedibilmente, di produrre effetti limitati nel sistema economico di riferimento; la mancanza di
integrazione rischia comunque di comprometterne gli esiti. Nel nostro campione, questi Progetti sono 6 e pesano per il 13% del totale.
Progetti privi di mobilitazione territoriale
Sono ancora classificabili come Progetti privi di mobilitazione territoriale i PIT che, pur dimostrando una qualità accettabile in termini di coerenza, rappresentatività dell’idea forza, integrazione e concentrazione, sono manifestamente lacunosi sul piano dell’articolazione e della numerosità dei partner e per l’assenza di attori chiave, in grado di assumere impegni determinanti per il buon esito del Progetto. I Progetti di questo tipo sono 9 e pesano per il 4% del totale.
Partenariati senza progetto
Sul versante opposto, abbiamo classificato come partenariati senza progetto i PIT con un buon grado di mobilitazione territoriale, che non dispongono però di una progettazione di qualità sotto il profilo della rappresentatività dell’idea forza, della coerenza, dell’integrazione e della concentrazione. Nel nostro campione, sono stati classificati in questa categoria 5 Progetti, che pesano per l’11% del totale.
Progetti a basso impatto potenziale
I Progetti che hanno riportato punteggi bassi per tutti i caratteri indagati, e che quindi hanno caratteristiche opposte a quelle della categoria dei Progetti di qualità, sono stati classificati come Progetti a basso impatto potenziale, che in sostanza si caratterizzano per una modesta qualità della progettazione. I Progetti che, secondo la valutazione effettuata, rientrano in questa categoria sono 13 e pesano per il 28% del totale.
Un cenno specifico va rivolto alla qualità dell’idea forza che emerge dall’analisi effettuata. Questo aspetto non va sottovalutato; l’idea guida è una componente essenziale dei Progetti Integrati individuata dal QCS. Molti Progetti soffrono di questo limite. Idee forza generiche sono spesso propedeutiche alla costruzioni di “piccoli POR” o anche a cattive progettazioni tout court. Per il campione di PIT analizzati, la nostra valutazione è questa: 6 hanno un’idea forza generica e scarsamente ancorata alle risorse del territorio, 24 hanno un’idea in parte specificata secondo i requisiti di qualità a cui ci siamo riferiti, ma in complesso comunque carente; 17 hanno un’idea forza sufficientemente
comunicabile, peculiare, originale nelle motivazioni. Genericità nelle descrizioni, scarsa capacità di dimensionare l’idea forza rispetto al campo in cui il Progetto è in grado di intervenire, mancata distinzione dell’idea forza rispetto agli obiettivi del Progetto, ritualità nelle formule e bassa comunicabilità sono i difetti essenziali nella dichiarazione dell’idea forza.
Dalla nostra ricerca comparata sui PIT nei Rapporti di Valutazione Intermedia, citata in precedenza5, emerge come il processo di identificazione dell’idea- forza sia apparso più agevole nelle aree in cui vi fossero precedenti esperienze di programmazione territoriale, essendo già presente sul territorio la capacità gestionale e programmatica di alcuni organismi gestori già costituti o che avevano già partecipato allo svolgimento di tali funzioni. La cultura consolidata di guardare allo sviluppo del territorio in termini complessivi, tenendo conto delle sue vocazioni e avvalendosi della disponibilità di piani di sviluppo socio- economici, hanno agevolato quindi la predisposizione dei progetti.
Inoltre, nelle aree in cui il processo di definizione dell’idea forza è stato supportato da un’assistenza tecnica esperta e contestualizzata (ad esempio dei GAL, delle società di gestione dei Patti Territoriali e di altri organismi), questo si è rivelato un fattore determinante per il buon esito della concertazione poiché ha prodotto coinvolgimento e percezione di un clima di effettiva collaborazione tra i vari Enti coinvolti. Ancora, in alcune aree, la presenza di
“attrattori” turistici o di risorse culturali o ambientali da valorizzare ha dato impulso al processo di progettazione condivisa, perché queste risorse spesso rappresentano un importante fattore di coesione sociale ed un elemento catalizzatore nella costruzione del consenso per identificare un comune obiettivo di sviluppo economico delle aree interessate.
Capacità di progettazione e capacità di attuare
Si è detto in precedenza come una buona progettazione non sia una condizione sufficiente per ottenere esiti positivi dei Progetti Integrati. Essa può esprimere però una capacità dei proponenti locali che va oltre la fase della mera progettazione. Interessante è, da questo punto di vista, la situazione che si è creata in Sicilia, dove i Progetti Integrati meglio collocati nella graduatoria
5 Formez, Progetto SPRINT (2005), I Progetti Integrati Territoriali nei Rapporti di valutazione intermedia dei POR dell’Obiettivo 1, citato.
della fase di selezione sono anche quelli che si stanno dimostrando più capaci di spendere.
Una [...] osservazione riguarda la performance attuativa dei singoli PIT in rapporto a quanto emergeva nella fase di selezione. Su questo terreno si registrano importanti conferme in quanto nei primi sette posti della graduatoria dei PIT secondo la capacità di spesa per infrastrutture troviamo ben cinque dei PIT che si erano classificati ai primi sette posti nella fase di selezione delle proposte progettuali, all’interno del quale gli aspetti gestionali avevano ricevuto particolare considerazione.
F. Mazzola, Newsletter SPRINT Progettazione Integrata del 31 ottobre 2005.
Un ultimo cenno su questo aspetto riguarda la percezione che i Manager hanno della qualità dei propri Progetti, anche alla luce della prima fase di attuazione.
Questo aspetto è stato indagato attraverso il questionario somministrato ai Manager dei PIT nell’ambito dell’indagine di campo. La percezione della qualità dei Progetti è generalmente piuttosto alta: delle 49 risposte raccolte, 35 sono positive, 7 segnalano l’esistenza di elementi critici, 5 sono apertamente negative (le risposte mancate sono 2). Queste risposte segnalano un significativo scostamento fra l’opinione dei Manager dei PIT ed i risultati della nostra analisi. Fra gli aspetti positivi citati dai Manager viene fra l’altro citata la possibile propedeuticità del PIT per l’attivazione di altri strumenti di crescita economica del territorio. In alcuni casi, vengono menzionati come limiti alla qualità dei Progetti: l’insufficienza delle risorse finanziarie disponibili (che avrebbe impedito di proporre progettazioni complete ed integrate), il carente coinvolgimento degli operatori privati e lo stravolgimento dei contenuti della progettazione, che sarebbe seguita in qualche occasione alle procedure di valutazione regionali. Alcuni Manager dei PIT, in regioni specifiche, sottolineano come i ritardi nei bandi per regimi di aiuto e per la formazione avrebbero limitato nella pratica il rispetto dei principi di coerenza e di integrazione.
2.2 L’avanzamento istituzionale
I PIT si sono rivelati un’occasione importante per porre all’ordine del giorno la questione della governance verticale (tra diversi livelli istituzionali) e orizzontale (allo stesso livello istituzionale) non come opzione metodologica ma come principio organizzativo di un sistema decisionale policentrico, che richiede il consenso e l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti. Il policentrismo istituzionale e amministrativo e la frammentazione delle competenze non consentono che un progetto di sviluppo sia ideato e attuato
efficacemente da una sola istituzione. Ma il disegno di architettura istituzionale
— funzionale allo sviluppo locale e coerente con i principi e le riforme del nostro ordinamento — alla partenza dei PIT era tutto da costruire. Si trattava di:
• delineare un nuovo sistema di relazione tra l’ente Regione e la filiera delle istituzioni decentrate così come nuove forme di concertazione pubblico/privato;
• individuare l’assetto istituzionale per il “territorio di progetto”, ovvero il territorio pertinente per suscitare una massa critica di investimenti capaci di incidere sulle economie locali, coniugando obiettivi di coesione con finalità di promozione esterna delle realtà territoriali;
• identificare forme di interazione e cooperazione orizzontale tra le istituzioni locali capaci di evidenziare i vantaggi aggiuntivi per le singole collettività recati dall’agire in comune.
La messa a punto del sistema istituzionale e la sua normazione è stata perciò parte rilevante del processo di innovazione scaturito dai PIT, compito in gran parte direttamente sostenuto dalle istituzioni regionali e locali. Negli aspetti essenziali il modello adottato ha previsto un ruolo di regia regionale (criteri per la territorializzazione, indirizzo e orientamento, modalità e procedure di attivazione dei progetti, selezione e valutazione delle proposte) ed una responsabilizzazione (di diversa intensità in relazione ai singoli contesti regionali) delle istituzioni locali, aggregate normalmente a livello sovracomunale, nella formulazione delle proposte progettuali e nella fase di attuazione. Rilevanti criticità sono emerse però nella fase di attuazione del modello istituzionale quando si è trattato di realizzare cambiamenti sostanziali nei comportamenti e nell’interpretazione del ruolo dei diversi attori e soprattutto nel loro sistema di relazioni. Un processo di cambiamento è visibile ma presenta fragilità rilevanti e perciò merita di essere attentamente analizzato, monitorato e accompagnato. Dal suo consolidamento e dalla sua qualità sono attesi effetti non solo immediati ma anche strutturali, i soli che possono innescare meccanismi di sviluppo autosostenuto.
Le cifre della partecipazione
La progettazione integrata ha mobilitato una platea molto ampia di istituzioni, di partner economici e sociali, di altri attori dello sviluppo e del territorio.
Naturalmente, la forte partecipazione quantitativa non si traduce in modo automatico in qualità dell’azione collettiva. Le sue dimensioni non possono però non costituire un elemento su cui riflettere.
Alla concertazione sui Progetti Integrati Territoriali si sono registrate le presenze6 di oltre 3.700 attori, di cui 1.700 dei Comuni, oltre 200 provenienti da enti rappresentativi di interessi diffusi, 750 appartenenti a rappresentanze economiche e sociali (v. tabella che segue). Colpiscono l’estensione e l’articolazione della platea dei partner coinvolti, che include fra l’altro Università, Centri di Ricerca, istituti di credito, ossia numerosi attori che hanno potenzialmente un ruolo chiave in quanto portatori di conoscenze e capacità decisive per innalzare la qualità e la fattibilità di progetti. A volte la partecipazione è estesa ad attori generalmente non coinvolti nell’attuazione delle politiche di coesione, come le associazioni di utilità sociale e gli enti religiosi.
6 I dati esposti, in possesso delle task forces regionali del Formez, si riferiscono a presenze delle istituzioni e dei partner elencati. Questo comporta, ad esempio, che la stessa Amministrazione Provinciale presente al tavolo di concertazione di tre Progetti Integrati venga conteggiata tre volte.
Numero e tipologia dei Partner partecipanti alla concertazione dei Progetti Integrati Territoriali
Partner
Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia Totale
Comuni 129 409 362 233 196 365 1.694
Province - 9 67 5 - 13 94
Comunità Montane 13 23 32 2 13 - 83
Enti Parco 1 5 10 - 1 7 24
Soprintendenze 1 3 86 - 3 18 111
Amministrazioni Centrali - 3 63 - 1 - 67
Altri partner istituzionali 4 8 45 - 4 26 87
Organizzazioni datoriali 28 145 23 64 74 213 547
Organizzazioni sindacali 8 47 29 27 38 62 211
Org.ni per la promozione industriale 2 12 4 3 17 41 79
Università e centri S&T 1 11 4 10 3 30 59
Rappresentanze di interessi diffusi 22 44 1 - 7 137 211
Enti di prom. turistica e del territorio 70 51 1 3 5 16 146
Agenzie di sviluppo 3 14 4 2 3 35 61
Fondazioni bancarie - - -
Istituti di credito 2 14 - - - 36 52
Altri partner socioeconomici 184 18 1 - 15 30 248
TOTALE 468 816 732 349 380 1.029 3.774
È vero che in molti casi alla numerosità dei soggetti coinvolti non corrispondono impegni altrettanto specifici e finalizzati; ma è anche vero che la ampiezza della platea dei partner coinvolti costituisce una ricchezza ed un potenziale per le politiche di sviluppo locale.
Nei PIT non mancano attori chiave
L’analisi dei dati relativi alla composizione dei partenariati dei Progetti Integrati conferma la presenza di molti attori chiave — in grado di svolgere compiti determinanti per l’esito del Progetto Integrato. Nella tabella che segue, viene riportata il numero e la percentuale rispetto al totale dei PIT in cui sono presenti attori rilevanti come Università, Centri scientifici e di ricerca, Istituti di credito, ecc.
Presenza nei PIT di alcuni attori chiave di sviluppo
PIT in cui sono presenti uno o più degli attori elencati Attori chiave
Numero Percentuale sul totale dei PIT Università e Centri di Ricerca 39 28,9 Enti di ricerca e formazione 17 12,6 Istituti di credito 30 22,2 Organizzazioni per la facilitazione dell'accesso al credito 9 6,7
Soprintendenze 53 39,3
Agenzie di sviluppo, GAL, Società di Patto 40 29,6 Camere di commercio 49 36,3
La presenza di questi attori, a nostro avviso, è molto rilevante anche in termini di incidenza. Resta naturalmente da verificare se ed in che misura agli impegni presi siano seguiti impegni reali.
Ad esempio, l’Università di Messina si impegna a collaborare, nell’ambito del PIT Tindari Nebrodi in Sicilia, alla attuazione di progetti pilota nel settore della formazione innovativa nell’ambito dei beni culturali, conformi alle finalità presentati nell’ambito del PIT. Si impegna ancora a collaborare alla attuazione di progetti di formazione superiore e universitaria ed in particolare alla realizzazione del Master in gestione dei beni archeologici da realizzarsi nel territorio del PIT, anche in collaborazione con università straniere, secondo le finalità, gli standard di qualità e i contenuti indicati dal Soggetto rappresentante.
Osservatorio della Progettazione Integrata del Formez.
L’estensione della collaborazione fra Amministrazioni
L’opportunità di aggregazione offerta dai Progetti Integrati viene riconosciuta molto rilevante dai Manager dei Progetti Integrati, da diversi punti di vista.
Una parte cospicua dei Manager dei Progetti Integrati sottolinea che, successivamente all’avvio dell’esperienza della progettazione integrata, le Amministrazioni coinvolte hanno dato luogo ad accordi di collaborazione e condivisione di servizi e/o sportelli comuni, all’accesso a nuovi strumenti di sostegno dello sviluppo locale, alla formazione di reti cooperative con altri territori. In particolare, 20 dei 49 intervistati segnalano che sono stati realizzati accordi “aggiuntivi”, altri 11 segnalano che questi accordi sono in fase di start up. Sono invece 18 le risposte negative.
Nella maggior parte di casi, si tratta di aggregazioni nate per lo sviluppo di Sportelli Unici per le imprese, centri di servizi alle imprese, agenzie di sviluppo locale. Più sporadici ma comunque significativi — ovvero indicativi di una propensione all’innovazione non estesa ma comunque esistente — sono gli accordi maggiormente impegnativi o complessi sul piano istituzionale od amministrativo. Ad esempio, il PIT Grumo Nevano ha costituito una Unione di Comuni fra le Amministrazioni componenti il Progetto Integrato7. In Calabria, la partnership del Progetto ha dato vita ad un protocollo per la legalità ed alcune amministrazioni hanno intrapreso un percorso comune di riflessione sulla programmazione 2007-2013. Sempre in Calabria, un forte impulso alla collaborazione è derivato dalla pubblicazione dei bandi regionali per le azioni innovative dirette ai PIT, che ponevano il partenariato istituzionale allargato tra i criteri preferenziali per l’assegnazione delle risorse disponibili. In Sardegna la compagine partenariale di un PIT si è fatta promotrice dell’istituzione dei Sistemi Turistici Locali.
Elementi di innovazione si individuano anche nell’adozione di strumenti comuni di sviluppo. Il ricorso a progetti comuni di finanza di progetto (su scala intercomunale) è poco diffuso: solo 12 intervistati dichiarano che vi sono state forme di coinvolgimento del capitale privato (diverse dagli investimenti produttivi incentivate dai regimi di aiuto). Le limitate eccezioni riguardano la realizzazione di infrastrutture nei settori turistico, sportivo e culturale. Diversi Manager dei Progetti Integrati segnalano però altre forme di integrazione fra pubblico e privato, ad esempio per la valorizzazione del sistema agroalimentare (PIT Val d’Agri, in Basilicata), oppure per la realizzazione di un parco tematico, di un consorzio interprovinciale delle Terme e di un consorzio per la filiera del legno in Calabria; ed ancora per l’attuazione di un consorzio misto per la gestione turistica degli immobili recuperati in Campania (nel PI Borgo Terminio Cervialto).
La cooperazione fra Comuni è stata un’opportunità
Come testimoni dei processi di cooperazione, i Manager dei Progetti Integrati ritengono — in grande maggioranza — che i PIT costituiscano un’opportunità per il miglioramento della cooperazione fra Amministrazioni Comunali. I Manager
7 In quest’ambito, ricordiamo che in Basilicata sono state costituite otto associazioni di Comuni ai sensi dell' articolo 30 del DLgs 267/2000.
che si esprimono positivamente su questo aspetto sono 38. Le 11 risposte che segnalano l’esistenza di elementi critici (quindi non del tutto negativi) riferiscono tutte della difficoltà a stabilizzare il nuovo approccio cooperativo anche per il futuro.
Si tratta certamente di una visione di parte, espressa da una componente specifica del movimento della progettazione integrata, che ha interesse al mantenimento ed alla conferma delle organizzazioni tecniche locali. Va però colto un passaggio essenziale e largamente condivisibile delle argomentazioni dei Manager dei Progetti Integrati: l’intercomunalità è una risorsa essenziale per comuni piccoli, spesso collocati in aree con un modesto grado di coesione, per avere voce, organizzarsi efficacemente, condividere servizi, cooperare per il proprio sviluppo costruendo il proprio territorio.
Il PIT ha migliorato e irrobustito la cooperazione tra Comuni perché ha fatto crescere e consolidare l’idea di territorio-comprensorio come elemento di forza per un percorso di sviluppo integrato e sostenibile. [...] L’intercomunalità è una risorsa, forse l’unica per i piccoli comuni per essere valorizzati e rappresentati in un contesto regionale alla pari con i comuni più grandi.
Due Manager di PIT in Calabria.
Grazie al PIT, i Comuni — attraverso l’Assemblea delle Autonomie, gli incontri promozionali, i colloqui telefonici e i contatti telematici — realizzano una relazione duratura e concreta per affrontare e risolvere le problematiche del territorio. Il PIT ha costituito un “effetto alone” su tutto il territorio provinciale, che mantiene vivo e continuo l’interesse e l’attenzione dei Comuni. Oggi il PIT non è più una sigla sconosciuta ma è una realtà concreta di cui da più parti si prende consapevolezza e si dà valore come strumento di comunicazione, di confronto e di valorizzazione territoriale.
Un Manager di un PIT in Puglia.
L’opinione secondo cui l’esito finale dei processi di concertazione sia stato quello di ampliare la platea dei protagonisti, consentire il confronto di posizioni diverse ed il graduale allineamento delle preferenze dei singoli attori, condurre a scelte largamente consensuali, viene formulata anche da studiosi autorevoli. I processi di concertazione avrebbero cioè prodotto risultati positivi in termini di miglioramento della qualità sociale ed istituzionale dei territori. Essi hanno reso possibile il formarsi di reti più dense fra soggetti istituzionali e di rapporti più proficui fra istituzioni ed organizzazioni della società civile. Nel contempo hanno favorito il formarsi di competenze specifiche nel campo dello sviluppo economico; hanno consentito la diffusione di una rete di agenzie tecniche sul
territorio; hanno promosso la crescita di leadership locali con un parziale effetto di rinnovamento delle classi dirigenti locali.
Una maggiore coesione sociale e una migliore qualità istituzionale erano e sono obiettivi autonomi delle politiche di sviluppo locale. Il “come” si fanno le cose ha un suo rilievo autonomo e non è semplicemente servente al “perché” si fanno le cose. Il “come” si fanno le cose non solo incide sulla qualità della vita delle persone ma ha effetti profondi e di lungo periodo sulla loro sfera cognitiva, cambiandone i punti di vista sul mondo. In particolare, l’abitudine al dialogo, alla partecipazione ed alla cooperazione crea condizioni favorevoli al concepimento ed alla gestione di azioni collettive finalizzate alla produzione di beni pubblici. Questa tipologia di beni è particolarmente importante per lo sviluppo economico perché produce forti esternalità positive e riduce l’incertezza del contesto economico.
Guglielmo Wolleb, Intervista per il Progetto SPRINT (www.formez.it)
Le valutazioni finora svolte tendono a sottolineare il rilievo dei PIT come fattori di accelerazione o rafforzamento dei processi istituzionali ed amministrativi che sottendono le politiche per lo sviluppo territoriale. Come sottolinea il Rapporto 2004 del Dipartimento di Sviluppo e Coesione del MEF, anche dove sono maggiori le difficoltà incontrate nell’attuazione della progettazione integrata, il contributo di questa esperienza alla promozione di modalità partenariali fra Regioni e soggetti locali, per l’identificazione dei progetti più appropriati alle esigenze del territorio, è stato quanto mai significativo ed ha rappresentato senza dubbio un potente fattore di avanzamento istituzionale diffuso (MEF 2005)8. Secondo alcuni, il PIT si sarebbe anzi trasformato o si starebbe trasformando (almeno in alcune regioni) da modalità di attuazione del POR in strumento di governance territoriale, da utilizzare anche al di là della forma di intervento che l’ha generato. In questa logica, diventerebbe quindi fondamentale dotare i territori di strumenti di gestione idonei ad accompagnare e facilitare il percorso di sviluppo.
In maggioranza, i Manager dei PIT non ritengono che la cooperazione fra Comuni possa essere ritenuta ormai stabile: segnalano cioè il rischio concreto che questo processo sia controvertibile. L’intercomunalità è dunque un effetto positivo ed importante dei Progetti Integrati ma non viene percepita come una dimensione stabile della loro azione. Dalle risposte al questionario emerge
8 Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione (2005), Rapporto Annuale 2004 del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo sugli interventi nelle Aree Sottoutilizzate, Roma.
anche l’esigenza, avvertita dai Manager dei PIT, di una stabilizzazione della progettazione integrata (o di forme equivalenti) come modalità di intervento per lo sviluppo territoriale. Si chiede anche una conferma degli Uffici come
“motori” dei processi di attuazione dei PIT o addirittura una istituzionalizzazione di questi processi e strutture. Emerge infine anche un’esigenza di razionalizzazione e coordinamento dei diversi strumenti di intervento per lo sviluppo del territorio, così come l’importanza di agganciare il PIT ad infrastrutture di valenza regionale.
Uno scenario meno positivo sembra però presentarsi quando si estenda l’attenzione alla cooperazione verticale, fra istituzioni e soggetti collocati su diversi livelli di decentramento amministrativo.
L’esperienza dei PIT ha al centro un rapporto ambivalente fra Comuni ed Amministrazione Regionale, almeno nella visione dei Manager dei Progetti Integrati. Dei 49 intervistati, 26 danno un giudizio positivo dell’opportunità che i PIT hanno creato di migliorare o irrobustire i rapporti fra Comuni e Regione.
Pur introducendo spesso distinguo fra diverse componenti interne delle Amministrazioni Regionali, 8 intervistati ritengono invece che il PIT non sia stato per nulla in grado di produrre questo miglioramento di relazioni e 14 esprimono un giudizio critico (quindi non del tutto negativo).
Sembra di poter scindere sostanzialmente in due parti le opinioni dei Manager dei Progetti Integrati su questo aspetto. I rapporti con le autorità di programmazione ed in generale le relazioni di natura strategica vengono spesso valutati in modo positivo. Sembra essere solida, da questo punto di vista, la consapevolezza che i Progetti Integrati hanno creato strutture di contatto e canali di informazione fra Regione e Territori che prima erano labili o inesistenti; e che queste strutture e canali costituiscono l’infrastruttura primaria per la definizione partecipata e l’attuazione cooperativa delle politiche di sviluppo e coesione per il territorio. Più problematico appare invece il rapporto con gli snodi operativi dell’Amministrazione ed in particolare con i responsabili di misura. Dei 49 Manager dei Progetti Integrati intervistati, 24 ritengono insoddisfacente questo rapporto, 21 lo giudicano positivo e 4 segnalano come sia prematuro esprimere un giudizio. Noi ci limitiamo naturalmente a registrare questa opinione di parte ed a segnalare che, evidentemente, degli elementi di sofferenza in queste relazioni esistono e sono da risolvere.
L’UCG ha un rapporto costante con l’Autorità di Gestione e tutta la segreteria dei PIT. Pur rispettando i rispettivi ruoli, il rapporto è ottimo con alcuni responsabili di misura mentre è ancora poco strutturato con altri che, forse, non hanno ancora interiorizzato il concetto di progettazione integrata e difendono schemi mentali ed amministrativi obsoleti.
Un Manager di PIT in Calabria.
Definire la Regione come una unica entità è concettualmente un errore:
purtroppo gli uffici e/o i responsabili di misura non hanno funzionato, almeno secondo l’esperienza di chi scrive, con le medesime modalità. Trovo giusto sottolineare i meriti della Programmazione, i cui uffici hanno sempre risposto con sollecitudine e precisione. Requisiti, però, che non sempre sono stati presenti in altri uffici e che, purtroppo spesso, hanno determinato rallentamenti e procedure farraginose. In sintesi, le luci sono probabilmente più delle ombre.
Un Manager di PIT in Sicilia.
Sulla articolazione amministrativa ed operativa promossa dalla progettazione integrata nelle regioni e nei territori sembra interessante tornare. In ciascuna delle Regioni dell’Obiettivo 1, sono stati sperimentati (con esiti differenziati) sistemi organizzativi e relazionali ad hoc basati, per grandi linee, sulla costituzione di un livello di partenariato istituzionale, su istanze consultive per le parti economiche e sociali, su strutture di gestione, su articolazioni regionali di coordinamento della progettazione integrata ed infine su strutture e servizi di collegamento. Ancora, in tutte le Regioni dell’Obiettivo 1 sono state costituite delle strutture di riferimento per la progettazione integrata, con diverse funzioni e differenti carichi di responsabilità. Queste strutture, al di là dell’esperienza dei Progetti Integrati, costituiscono un’innovazione amministrativa di notevole rilievo in quanto introducono una positiva discontinuità nel modello organizzativo basato sulla competenza settoriale e sull’assistenza di strutture trasversali e di coordinamento sia interne alla regione sia di interfaccia con il sistema delle Autonomie. Un ruolo altrettanto interessante hanno assunto, in diverse regioni, i Nuclei di Valutazione.
Ad esempio, in Campania è stato istituito il Servizio di Supporto all’Autorità di gestione per la definizione delle procedure dei PI e per l’attivazione di coordinamento con gli interventi finanziati con i fondi nazionali per la definizione del rapporto annuale di esecuzione. Il Servizio istruisce, sotto il profilo tecnico, le pratiche inerenti i Progetti Integrati; assicura la puntuale esecuzione delle procedure di concertazione e di stesura dei protocolli d'intesa di ausilio per il superamento delle difficoltà eventuali riscontrate nell'attuazione delle azioni previste dai Progetti Integrati; sorveglia e verifica l'implementazione e l'avanzamento dei Progetti Integrati.
La riflessione sui limiti, sull’efficienza e sui rendimenti delle architetture istituzionali ed amministrative sperimentate con la progettazione integrata ha
rilievo per l’impostazione di qualsiasi nuova politica di coesione e sviluppo territoriale.
I PIT sono conosciuti dai cittadini?
Infine, è interessante commentare le risposte al questionario relative al grado di conoscenza del PIT e delle sue operazioni da parte della comunità e degli operatori locali. In questo caso il giudizio varia molto, sia fra le regioni che al loro interno. Le risposte negative (17 su 28) citano il problema di un posizionamento strategico non sufficientemente chiaro (che spesso genera confusione fra le varie politiche locali in atto), il sequestro della procedura PIT fra gli addetti ai lavori, l’esiguità delle azioni di comunicazione per mancanza di risorse. Le risposte positive (28 su 49) menzionano invece l’importanza dei processi di animazione del territorio e dell’informazione degli operatori privati, la capacità di utilizzare i mezzi della comunicazione e la telematica. Va comunque segnalata la consistente diffusione dei piani di comunicazione e del ricorso ad Internet per la pubblicizzazione dei Progetti Integrati.
2.3 L’innovazione amministrativa
La costituzione di strutture locali unitarie ed efficienti, con funzioni tecniche ed amministrative, si è rivelato uno dei fattori essenziali per l’attuazione e gestione dei Progetti Integrati Territoriali. È noto, in particolare, il rilievo che ha avuto nelle regioni dell’Obiettivo 1 la costituzione di Uffici Unici o Uffici Comuni, ossia di “luoghi gestionali unitari” costituiti — sulla base di convenzioni
— fra enti pubblici e destinati a svolgere, unitariamente e su tutto il territorio del PIT, le funzioni tecniche ed amministrative necessarie per la gestione del Progetto.
I numeri degli Uffici PIT
Nelle regioni dell’Obiettivo 1, sono stati costituiti 74 Uffici per lo sviluppo, di cui 43 Uffici Unici e 31 Uffici Comuni (v. tabella che segue). A 34 Uffici sono state assegnate funzioni “accentrate”, ovvero si sono delegate ad essi funzioni di stazione appaltante; in 40 casi, gli Uffici hanno invece svolto solo funzioni di coordinamento.
Uffici Unici e Comuni per l’attuazione dei PIT Con funzioni
“accentrate” Con funzioni
di “coordinamento” Totale
Uffici Unici 21 22 43
Uffici Comuni 13 18 31
Totale 34 40 74
Come funzionano gli Uffici PIT?
Sul tema dell’efficienza dimostrata dagli Uffici nel processo di attuazione della progettazione integrata, i Manager intervistati nell’ambito della nostra indagine esprimono una posizione generalmente positiva ma comunque articolata: 25 sono le risposte positive, 4 risposte esprimono aspettative positive per la prossima attuazione, 8 indicano che è prematuro dare giudizi, 12 danno un giudizio critico (quindi non del tutto negativo ma problematico)9. Possiamo cercare di sintetizzare le risposte in questo modo: gli Uffici Unici sono in grado di semplificare l’attuazione delle operazioni e di accelerare l’esecuzione finanziaria, fisica e procedurale; nella misura in cui essi diventino però snodi centrali dell’attuazione, i deficit nella dotazione di risorse (finanziarie, materiali ed umane) e/o i deficit di integrazione con strutture e processi regionali rischiano di compromettere la loro capacità di funzionamento e quindi di rallentare il processo di attuazione. Alcuni Manager intervistati ammettono esplicitamente che il PIT ha portato a rendere più complesse le procedure piuttosto che a semplificarle e che questo si è tradotto in una bassa performance attuativa. Sembra una posizione tutto sommato giustificata alla luce dei primi dati sull’esecuzione finanziaria dei Progetti, di cui parleremo fra breve.
9 Per buona parte dei Manager intervistati, il quesito sull’efficienza degli Uffici era prematuro o parzialmente applicabile: in alcuni contesti regionali gli Uffici per lo Sviluppo sono ancora in fase di avvio (come in Calabria ed in Puglia), non sono previsti (come in Campania, dove sono però previsti degli Uffici di Coordinamento e Supporto all’Ente Capofila) o non sono ancora stati costituiti (come in Sardegna, per quanto riguarda la fase attuale di ricostruzione della progettazione integrata).
Certamente sono stati accorciati i termini di progettazione e realizzazione di diverse opere anche in assenza di prefinanziamento della progettazione da parte della Regione Siciliana. Gli enti hanno spesso attinto alle risorse proprie per finanziare o cofinanziare progettazioni e realizzazioni proprio grazie al meccanismo del PIT che consente la scelta degli interventi all’aggregazione di enti locali che compone il Progetto Integrato.
Un Manager di un PIT siciliano
Si ritiene che il ruolo dell’Ufficio sia stato positivo, anche se è stato necessario superare alcune difficoltà iniziali legate all’introduzione di nuove procedure che prevedevano compiti e funzioni non espressamente definite fra Project Manager e Responsabili di Misura, che di fatto allungavano i tempi dell’attuazione. Una volta migliorate le procedure, l’UCG con la sua azione continua è riuscita, anche con iniziative coordinate da parte dell’AdG del POR, a motivare e responsabilizzare i soggetti attuatori attraverso un aiuto costante determinando la semplificazione di procedure necessarie per l’attuazione del progetto previsto nell’accordo di programma.
Un Manager di un PIT della Basilicata
Il giudizio di massima sul rapporto fra Ufficio PIT e Comuni è generalmente positivo, sia per quanto riguarda la facilitazione e la semplificazione delle relazioni, sia per quanto riguarda la risoluzione di situazioni complesse. Le risposte favorevoli sono 38, 11 segnalano l’esistenza di situazioni critiche. In pochi casi viene segnalata l’esigenza di incrementare e rendere più immediati i rapporti tra Ufficio e Comuni, ad esempio per il reperimento della documentazione necessaria all’esecuzione delle infrastrutture previste nel PIT.
Motivi di attrito, anche in questo caso, vengono segnalati a seguito della difficoltà, soprattutto per i piccoli Comuni, di reperire le risorse finanziarie necessarie al funzionamento dell’Ufficio. L’instabilità politica di alcune Amministrazioni viene anche segnalata, in alcuni casi, come un problema. La lentezza dei processi decisionali, la scarsa partecipazione delle Amministrazioni e l’insufficiente circolazione delle informazioni sono altri elementi negativi menzionati dalle persone intervistate.
Come si è detto in precedenza, il rapporto fra l’Ufficio PIT e gli snodi operativi dell’Amministrazione Regionale — in particolare i responsabili di misura — è frequentemente segnalato come un problema. Spesso i RdM vengono criticati perché adottano una gestione amministrativa centralistica, rallentano le procedure e non entrano in sintonia con le esigenze di attuazione proprie del PIT. Va comunque segnalato che le risposte variano notevolmente a seconda della regione e dello stadio complessivo a cui è giunta l’attuazione della procedura PIT. I giudizi cambiano anche rispetto alle singole persone, ritenute più o meno sollecite e collaborative, che svolgono il compito di RdM.
L’esecuzione finanziaria
Un banco di prova essenziale dell’efficienza dell’attuazione degli Uffici Unici è naturalmente l’esecuzione finanziaria, almeno nei contesti regionali di progettazione integrata che abbiano già maturato una spesa significativa. La valutazione di questo elemento è resa ancora difficile dalla scarsa sistematicità dei dati sull’avanzamento finanziario ma i primi dati riflettono una seria difficoltà. I dati sulla quota di spesa effettiva sulle risorse disponibili sono intorno al 6% in Sicilia, all’11% in Basilicata, al 13% in Sardegna, al 10% in Campania10. Questi dati non sono comparabili fra di loro, riflettono situazioni diverse e vanno interpretati anche considerando quando sono partiti i Progetti Integrati rispetto al POR nel suo complesso. Proviamo però ad entrare più in dettaglio nel commento dei dati esistenti.
La situazione in Sicilia
Un primo dato esemplificativo per valutare la capacità di attuazione dei Progetti Integrati è quello che riguarda l’esecuzione finanziaria degli interventi infrastrutturali. Il Dossier sullo stato d’attuazione dei Progetti Integrati Territoriali al 31.08.05 (realizzato dal Dipartimento della Programmazione della Regione Siciliana con il supporto del Formez) rappresenta la situazione esposta nel prospetto che segue11. Sui 676 milioni di euro assegnate alle infrastrutture dei PIT, al 31 agosto ne erano stati spesi 41,9, pari al 6,2% del totale.
Misurata rispetto al valore degli interventi dotati di decreto di finanziamento, la spesa è pari all’11,5%. Questo dato rispecchia più fedelmente la specifica capacità di esecuzione locale dei Progetti Integrati. Va sottolineato che gli importi dotati di decreto di finanziamento, ovvero approvati dai vari Dipartimenti Regionali incaricati del coordinamento delle diverse misure, sono pari a solo il 53,8% dell’importo totale ammesso a finanziamento ed al 78,5%
degli interventi trasmessi. Va però anche sottolineato che gli interventi trasmessi ai Dipartimenti di riferimento dagli Uffici sono pari al 68,6% del
10 I dati sull’esecuzione finanziaria sono tratti dal Dossier sulla Progettazione Integrata per la Regione Siciliana (31 agosto 2005) e da rilevazioni presso le Autorità di Gestione in Basilicata, Campania e Sardegna. Questi dati, come si è detto nel testo, non sono comparabili e non sono ufficiali. Vengono citati in questo Rapporto come primi indicatori della capacità attuativa dei Progetti Integrati.
11 I dati per la redazione del Dossier sono prodotti dal sistema Punto PIT, realizzato dal Formez nell’ambito del Progetto SPRINT e adottato dalla Regione Siciliana.
totale. In termini numerici, le operazioni infrastrutturali dotate di decreti di finanziamento sono 303; le operazioni in corso di redazione sono 165; le operazioni trasmesse ai Dipartimenti regionali di riferimento sono 94.
Esecuzione finanziaria delle operazioni infrastrutturali dei PIT in Sicilia (dati al 31 agosto 2005). Dati assoluti in milioni di euro.
Tipologia di interventi per stato di avanzamento Costo Incidenza sul finanziato
Interventi ammessi a finanziamento 677,0 -
Interventi trasmessi ai Dipartimenti di riferimento 464,2 68,6
Interventi dotati di decreto di finanziamento 364,5 53,8
Interventi che hanno attivato od espletato le procedure d'appalto 124,2 18,3
Spesa erogata (fonte Monitweb) 41,9 6,2
fonte: Regione Sicilia (2005), Dossier sullo stato d’attuazione dei Progetti Integrati Territoriali al 31.08.05.
In sintesi: ci sono tempi lunghi nel processo di trasmissione dei progetti esecutivi dai territori ai Dipartimenti Regionali; ci sono tempi altrettanto lunghi nella decretazione dei finanziamenti da parte dei Dipartimenti, ossia nell’assunzione degli impegni giuridicamente rilevanti a valere sulle diverse operazioni.
Esaminando poi la spesa a livello di singolo Progetto Integrato, si osserva un dato interessante: un maggior avanzamento nell’espletamento delle gare d’appalto da parte degli Uffici Comuni che hanno scelto come modalità gestionale quella dell’Ufficio con delega all’attuazione (ovvero con funzioni accentrate). Discutendo delle performance dei singoli PIT, il Dossier osserva che:
A fronte di una percentuale media del 35% di interventi dotati di decreto di finanziamento sugli interventi ammessi, si osservano eccellenze nella quantità di risorse dotate di decreto di finanziamento da parte degli uffici unici del PIT n. 14 Trapani, del PIT n. 35 Catania, del PIT n. 15 Demetra, del PIT n. 7 Palermo e del PIT n. 9, Ecomuseo del Mediterraneo (SR). Si rileva altresì un deficit in riferimento all’attuazione da parte del PIT n. 11 Enna, del PIT n. 19 Alto Belice Corleonese, del PIT n. 3 Gela.
A fronte di una percentuale media di spesa sugli interventi infrastrutturali pari al 15%, si osservano eccellenze riferite al PIT n. 28 Hyblon Tukles (SR) e al PIT n. 3 Gela (che compensa la scarsa attuazione riferita agli interventi decretati con una buona performance di spesa rispetto agli stessi), del PIT n. 24 Etna, del PIT n. 26 Aquae Labodes (AG), del PIT n. 11 Enna.
Il Dossier tenta anche una comparazione molto interessante fra tempi di espletamento delle procedure attuative, rispettivamente nei PIT e nel resto del POR, concentrando l’attenzione (per rafforzare l’omogeneità nella comparazione) sulla Misura 2.1. I risultati di questa comparazione sono questi:
• si rileva una chiara riduzione della tempistica attuativa negli interventi PIT rispetto agli interventi a regia regionale. La tempistica è stata misurata facendo riferimento alla data di pubblicazione del decreto di finanziamento come inizio della procedura ed all’ultimazione delle procedure di gara come fine della procedura stessa. I tempi necessari sono di circa 12 mesi per i PIT e di circa 34 per l’attuazione a regia;
• l’esecuzione finanziaria dei PIT, misurata come rapporto fra pagamenti ed impegni (46%) è sostanzialmente in linea rispetto al resto del POR: è leggermente inferiore rispetto alle procedure a regia (50%) ed è superiore rispetto alle procedure a titolarità (35%).
La situazione dell’attuazione su Azioni Pubbliche e regimi di aiuto, rappresentata dal Dossier siciliano, è maggiormente critica rispetto a quanto si registra per le operazioni infrastrutturali.
Per ciò che concerne le Azioni Pubbliche, la principale criticità è rappresentata, secondo il Dossier, dal ritardato avvio dell’attuazione; per la maggior parte delle misure sono già state concluse le istruttorie e definite le graduatorie, ma l’avvio delle azioni soprattutto per quanto riguarda il Fondo Sociale Europeo è ancora in ritardo. Di conseguenza, il 38% delle risorse programmate non è stato ancora attribuito. Gli impegni sono invece pari a 59,6 milioni di euro, pari al 62% del totale.
Il quadro dei regimi di aiuto lascia invece rilevare una forte criticità sia in relazione all’avvio che all’attuazione. Il 51% delle risorse programmate non è stato ancora assegnato; il 49% delle risorse (279,6 milioni di euro) è stato invece impegnato.
Questa criticità deriva da diversi fattori: (i) allineamenti temporali differenziati, (il FEOGA ha avuto una tempistica diversa da quella dettata dagli avvisi multiasse e multimisura); (ii) subordinazione dell’attuazione alla conclusione di strumenti o quadri di riferimento di programmazione regionali (come ad esempio il PIR rete ecologica per la misura 1.13); (iii) risposta territoriale sottodimensionata rispetto all’obiettivo della misura definito in fase di presentazione del progetto integrato territoriale; (iv) assenza nelle fasi di attuazione di un dispositivo di controllo condiviso tra territorio e regione sull’efficienza dell’attuazione (misura 4.19); (v)